In tema di contratto preliminare ed il recesso

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 16 ottobre 2020, n. 22429.

La massima estrapolata:

In tema di contratto preliminare, qualora una delle parti si sia impegnata ad assicurare un determinato risultato è legittimo il recesso dell’altra parte, a prescindere dalla mancanza di colpa in chi abbia promesso il risultato non raggiunto, trattandosi di garanzia che opera per il fatto oggettivo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza d’appello che ha ritenuto legittimo il recesso dal preliminare di quote di una società da parte della promissaria cessionaria, a fronte dell’inadempimento dei promittenti cedenti all’obbligo di garantire la titolarità in capo alla medesima società oggetto di cessione, della maggioranza delle quote di altra società).

Ordinanza 16 ottobre 2020, n. 22429

Data udienza 17 giugno 2020

Tag/parola chiave: SOCIETA’ – SOCIETA’ – SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE E PER AZIONI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18169-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2945/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata l’11/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- Nell’ottobre del 2006, i signori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS) hanno concluso un contratto preliminare di cessione di tutte le quote del capitale della s.a.s. (OMISSIS) con la s.r.l. (OMISSIS). “A titolo di caparra confirmatoria, ai sensi dell’articolo 1385 c.c.”, la promittente compratrice ha contestualmente provveduto a versare ai promittenti venditori una somma di denaro.
Tra le altre pattuizioni, il testo del preliminare ha stabilito che, al tempo di stipula del contratto definitivo, la (OMISSIS) risulti “titolare di quote societarie della s.r.l. (OMISSIS) per un valore nominale complessivo variabile tra il 51% e il 64%”: il possesso della maggioranza di quest’ultima societa’ costituendo il “motivo essenziale” dell’operazione di acquisto, in ragione del fatto che la (OMISSIS) e’ proprietaria di un immobile a destinazione alberghiera, nel settembre dello stesso anno concesso in locazione ad altra societa’; l’acquisto essendo in modo espresso subordinato all’effettiva sussistenza di tale circostanza (con promessa di compera formulata “se ed in quanto”).
2.- Nel periodo intercorrente tra la conclusione del preliminare e la data stabilita per la stipula del definitivo, e’ venuto a emergere che, in quel tempo, risultava “pendente un contenzioso (n. 3665/2006) tra i soci… che avrebbe anche potuto apportare un rilevante mutamento della compagine sociale della (OMISSIS)”. E’ seguito, attorno a questa circostanza, uno scambio di comunicazioni tra la promittente compratrice e i promittenti venditori. In esito al quale, la promittente compratrice ha dichiarato che “non avrebbe proceduto a rogitare, fino a che la causa pendente non fosse stata decisa”.
I promittenti venditori hanno allora dichiarato di considerare risolto il contratto per inadempimento della promittente compratrice e di “trattenere la somma ricevuta in garanzia, ai sensi dell’articolo 1385 c.c., comma 2”. A sua volta, la promittente compratrice ha dichiarato di recedere dal contratto, sempre ai sensi di questa norma, assumendo l’inadempimento dei promittenti venditori, perche’ “non erano nella piena e libera disponibilita’” delle quote della s.r.l. (OMISSIS); nel contempo, ha chiesto la corresponsione di una somma di denaro pari al doppio della versata caparra.
3.- Adito dalla s.r.l. (OMISSIS), il Tribunale di Forli’, con sentenza depositata nel giugno 2009, ha respinto le richieste attoree e accolto invece la domanda riconvenzionale dei convenuti, cosi’ dichiarando risolto il preliminare e legittima la
“ritenzione” della ricevuta caparra”.
La s.r.l. (OMISSIS) ha proposto appello.
4.- Con sentenza depositata in data 11 novembre 2017, la Corte di Appello di Bologna ha accolto l’impugnazione proposta, ritenendo la legittimita’ del recesso dal preliminare effettuato dalla promittente compratrice e condannando i promittenti venditori al pagamento del “doppio della caparra ricevuta”.
5.- I promittenti venditori – ha rilevato il giudice “non hanno correttamente provveduto ad adoperarsi ai loro impegni contrattuali assunti con il contratto preliminare, ovvero a fare si’ che la societa’ (OMISSIS), al momento della conclusione del contratto definitivo, fosse effettivamente titolare della quota di maggioranza della societa’ (OMISSIS)”: essi si “erano impegnati a garantire… la consistenza e il valore di ambo le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS)”; a tali impegni gli stessi si sono resi inadempimenti.
Nei fatti, l’esito del contenzioso in essere tra i soci della (OMISSIS) “avrebbe potuto modificare la compagine sociale e dunque la successiva improduttivita’ degli obblighi garantiti nel contratto preliminare”: la eventuale “violazione del patto di prelazione nei confronti dei soci pretermessi” – ha proseguito la pronuncia – “comporta effetti reali tramite la nullita’ e inefficacia della cessione della stessa e il divieto dell’acquirente di divenire socio, iscrivendosi nel relativo libro sociale”. L’inadempimento dei promettenti venditori e’ dunque risultato “grave e rilevante ex articolo 1455 c.c.”.
Di conseguenza, (OMISSIS) “ha correttamente esercitato il suo diritto di rifiutare di adempiere alla sua obbligazione, ovvero quello di sottoscrivere il successivo contratto definitivo, ai sensi dell’articolo 1460 c.c.”. La stessa e’ altresi’ da ritenere, in via correlata, “legittimata a invocare il proprio diritto di recesso ex articolo 1385 c.c.” dal contratto preliminare.
6.- Avverso questo provvedimento i signori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, esponendo sei motivi.
Ha resistito, con controricorso, la s.r.l. (OMISSIS).
7.- I ricorrenti hanno anche depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8.- Col primo motivo, i ricorrenti assumono la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 20 comma 1, nonche’, con riferimento all’articolo 112 c.p.c., un'”omissione di pronuncia, giacche’ la sentenza ha ravvisato l’ammissibilita’ dell’appello nonostante la mancanza di specificita’ dei motivi e nonostante tale mancanza sia stata oggetto tanto di eccezione di parte, quanto di rilievo di ufficio”.
Nel concreto del suo contenuto, il motivo fa espressamente leva su un passaggio della sentenza impugnata, che risulta cosi’ concepito: “la societa’ (OMISSIS) non formulava specifici motivi, offrendo una ricostruzione dei fatti che cosi’ puo’ riassumersi”. Sulla base della formulazione di questo passo, i ricorrenti sostengono che la sentenza, che accoglie l’appello, si pone in “palese e insanabile violazione delle regole… che configurano univocamente un dovere d’ufficio, il cui esercizio e’ stato sollecitato piu’ volte dalla parte, il che comporta pure una omissione di pronuncia”.
9.- Il motivo non puo’ essere accolto.
La doglianza si sostanzia nello stralciare una singola frase della motivazione svolta dalla sentenza impugnata, astraendola dal contesto a cui essa, peraltro, risulta indissolubilmente legata. In effetti, la pronuncia – alla frase sopra riportata – fa subito seguire il dettaglio della “ricostruzione dei fatti” proposta dall’appellante (e oggi resistente), come per l’appunto contrapposta a quella che era stata per contro fornita dal Tribunale di Forli’.
D’altra parte, e’ pure da osservare che, secondo l’orientamento accolto dalla giurisprudenza di questa Corte, l'”appellante, che intenda dolersi di una erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice del primo grado puo’ limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove gia’ raccolte e sottoporgli le argomentazioni difensive gia’ svolte in primo grado, senza che cio’ comporti di per se’ l’inammissibilita’ dell’appello” (cfr. Cass., 8 febbraio 2018, n. 3115; Cass., 12 febbraio 2012, n. 2814).
10.- Il secondo e il terzo motivo di ricorso vanno esaminati insieme, in ragione della loro stretta contiguita’.
Col secondo motivo si sostiene, in particolare, che la sentenza della Corte bolognese ha errato perche’ ha preso in considerazione – in relazione al punto dell’inadempimento dei promettenti venditori – il mero “fatto storico materiale”, senza tenere in alcun conto dell’aspetto inerente all'”imputabilita’ del fatto stelo a titolo di dolo o colpa”. Per poi ammonire che – ai fini della risoluzione del contratto, come pure del recesso ex articolo 1385 c.c. – a contare, in ogni caso, e’ solo l’inadempimento che nei fatti si manifesti imputabile.
Col terzo motivo si assume poi, e in via consecutiva, che la sentenza non ha proprio preso in considerazione la circostanza secondo cui, all’epoca dei fatti, i promittenti venditori mandarono due “missive a mezzo legale” alla promittente compratrice in cui si dichiarava che il “libello introduttivo di quel contenzioso (in essere tra i soci della (OMISSIS)) si trovava “a disposizione” presso lo studio del legale”.
11.- Il secondo e il terzo motivo sono infondati.
Per avviare in modo adeguato l’esposizione, si manifesta opportuno osservare che la sentenza del giudice bolognese ha inquadrato la previsione, relativa al possesso da parte della s.a.s. (OMISSIS) (e quindi dei soci di questa, promittenti venditori) della maggioranza delle quote della s.r.l. (OMISSIS), nell’ambito degli “impegni di garanzia”, dal contratto preliminare posti a carico dei promittenti venditori (cfr. sopra, nell’ultimo periodo nel n. 5).
La Corte territoriale ha ritratto questo inquadramento dal tenore testuale del patto; come pure, e in via di conforto ulteriore, dalla funzione concreta della promessa di vendita (cfr. nel secondo capoverso del n. 2). Questa prospettiva – e’ anche da precisare non e’ stato contestata dagli attuali ricorrenti.
12.- Ora, all’inquadramento, cosi’ raggiunto, consegue che il detto impegno implica – da parte dei promettenti venditori che lo hanno assunto stipulando il preliminare – l’assicurazione del risultato che viene cosi’ promesso, come in concreto rappresentato dalla titolarita’ della maggioranza delle quote della s.r.l. (OMISSIS) (per il tramite della s.a.s. (OMISSIS), la totalita’ delle quote di questa fungendo da oggetto diretto dell’operazione).
L’impegno in discorso si trova dunque inserito nell’ambito della categoria tradizionale – e di amplissimo riscontro nella pratica – dei c.d. obblighi di garanzia di risultato, di cui ad esempio fanno parte, nell’ambito degli obblighi di fonte legale, la garanzia per evizione (articoli 1483 ss. c.c.) e quella della veritas nominis in ipotesi di cessione dei crediti (articolo 1266 c.c.) ovvero, nel contesto degli obblighi di fonte negoziale, della garanzia di buon funzionamento (come figura contemplata dalla norma dell’articolo 1512 c.c.).
13.- E’ consentaneo all’assunzione di un impegno di garanzia del risultato che l’obbligato risponde per il caso di mancato verificarsi del risultato promesso anche quando cio’ non si leghi al suo dolo o alla sua colpa: qui in effetti, la legge o il contratto pone direttamente in capo a un dato soggetto il rischio connesso al verificarsi di un dato risultato. E cosi’, sempre a titolo di esempio, il venditore risponde nei confronti del compratore per l’evizione della cosa che gli ha alienato anche se, al tempo della convenuta alienazione, non era in mala fede.
In ragione di quest’ordine di rilievi, la giurisprudenza di questa Corte viene a escludere che, per ravvisare la sussistenza dell’inadempimento agli obblighi di questa specie, occorra un riscontro di colpevolezza del soggetto tenuto (cfr., tra le altre, Cass., 28 novembre 2019, n. 31314; Cass., 21 aprile 2015, n. 8102; Cass., 21 maggio 2012, n. 8002).
Si tratta – cosi’ si e’ venuto per l’appunto a precisare di “garanzia che opera per il fatto oggettivo”.
14.- Col quarto motivo, i ricorrenti assumono che la Corte bolognese ha errato nel ritenere che “la cessione delle quote dai signori (OMISSIS) + 4 a (OMISSIS) sarebbe messa a rischio dal contenzioso promosso” tra i soci della (OMISSIS), “per la presunta inosservanza della prelazione sull’assunto che tale contenzioso in caso di successo comporterebbe il riscatto delle quote”.
15.- Il motivo e’ infondato.
La sostanza propria dell’affermazione della Corte bolognese – per cui la cessione di quote di s.r.l., che avvenga nel mancato rispetto del patto di prelazione statutario, rimane inefficace nei confronti della societa’ – risponde al tradizionale orientamento di questa Corte (cfr., tra le altre pronunce, Cass., 22 giugno 2016, n. 12956: la “prelazione statutaria ha efficacia reale e, in caso di violazione, e’ opponibile anche al terzo acquirente”).
16.- Il quinto motivo di ricorso afferma che il contenzioso intercorso tra i soci della s.r.l. (OMISSIS) ha “visto la soccombenza dei soci che l’avevano promosso”, come diversi, quindi dai ricorrenti attuali. E, rilevato che di tale sopravvenienza si faceva cenno nella “memoria conclusionale di appello (p. 5)”, assume la decisivita’ di tale circostanza per l’esito del presente giudizio: “la presunta inosservanza della prelazione risultava irrilevante in base a una ricognizione ex post, oltreche’… in base a una previsione ex ante”.
17.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Esso difetta del necessario requisito dell’autosufficienza, posto che il testo del ricorso non ingloba ne’ il dispositivo, ne’ la motivazione delle decisioni a cui fa riferimento. Come pure sarebbe stato necessario, atteso che la sentenza della Corte bolognese, che qui e’ stata impugnata, non fa cenno alcuno dei provvedimenti che i ricorrenti intendono richiamare.
Per altro verso, appare opportuno per completezza anche aggiungere che l’esito della controversia intercorsa tra i soci della s.r.l. (OMISSIS) non potrebbe in ogni caso stimarsi evento “decisivo” per le sorti del giudizio qui in esame. La decisione relativa a questa controversia, infatti, non potrebbe possedere effetto negativo sullo scioglimento del preliminare di vendita delle quote della s.a.s. (OMISSIS) a suo tempo intervenuto tra le parti, ne’ carattere purgativo del comportamento tenuto dagli attuali ricorrenti (come per l’appunto affermativo dell’intervenuta risoluzione del contratto) a fronte della dichiarazione di (OMISSIS) di sospendere l’esecuzione del preliminare fino alla sopravvenuta decisione di detta controversia (per il rilievo che la proposizione di una domanda giudiziale e’ fatto in se’ stesso idoneo ad abilitare il contraente, protetto da un impegno di garanzia, a sospendere l’esecuzione della propria prestazione v. la gia’ citata Cass., n. 31314/2019; Cass., 18 novembre 2011, n. 24340).
18.- Il sesto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, e dell’articolo 112 c.p.c., “omissione di pronuncia su tutte le argomentazioni dei signori (OMISSIS) + 4, nonche’ su tutte le questioni da valutarsi ex officio nell’interesse dei signori (OMISSIS) + 4, ossia carattere soltanto apparente della motivazione”.
“La sentenza oggetto di gravame” – cosi’ si rileva “trascura le eccezioni dei signori (OMISSIS) + 4 a livello non di singole deduzioni ma nel loro insieme, giacche’ nessun argomento riceve qualsivoglia menzione prima ancora che valutazione”: non quello di cui al primo motivo; non quello di cui al terzo motivo; non quello di cui al quinto motivo.
D’altra parte – incalzano i ricorrenti – “la sentenza oggetto di gravame trascura pure le questioni da valutarsi ex officio nell’interesse dei signori (OMISSIS) + 4”: non quella di cui al secondo motivo; non quella di cui al quarto motivo.
19.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Lo stesso si sostanzia infatti nel ripetere – e in termini di mero riepilogo – delle doglianze precedentemente dedotte. Il mancato accoglimento di ciascuna di queste viene pertanto a riflettersi direttamente sulla sorte di quest’ultima.
20.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 8.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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