In tema di condominio negli edifici ed il c.d. “cappotto termico”

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 aprile 2021| n. 10371.

In tema di condominio negli edifici, il c.d. “cappotto termico” da realizzare sulle facciate dell’edificio condominiale, al fine di migliorarne l’efficienza energetica, non è opera destinata all’utilità od al servizio esclusivo dei condomini titolari di unità immobiliare site nella parte non interrata del fabbricato. Infatti, le opere, gli impianti o manufatti che, come il “cappotto” sovrapposto sui muri esterni dell’edificio, sono finalizzati alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, vanno ricompresi tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall’intera collettività condominiale (art. 1117, n. 3, cod. civ.), inclusi i proprietari dei locali terranei, e non sono perciò riconducibili fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, commi 2 e 3, cod. civ. Ne consegue che, ove la realizzazione del cappotto termico sia deliberata dall’assemblea, trova applicazione l’art. 1123, comma 1, cod. civ. per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.

Ordinanza|20 aprile 2021| n. 10371

Data udienza 2 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – CONDOMINIO – INNOVAZIONI E MODIFICHE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 12635/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) S.N.C. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 362/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 13/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONE DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in otto motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento n. 362/2015, pubblicata in data 13 novembre 2015,.
Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).
2. La Corte d’appello ha confermato la sentenza 20 maggio 2014 del Tribunale di Trento, con la quale vennero respinte tutte le domande proposte da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) in due distinti giudizi, poi riuniti, instaurati il 10 maggio 2012 ed il 29 agosto 2012 nei confronti del Condominio (OMISSIS). Le domande attenevano all’impugnazione di due Delib. Assembleari 10 aprile 2012 e Delib. Assembleari 2 agosto 2012, con cui erano state ripartite fra i condomini le spese straordinarie sostenute per la coibentazione dell’immobile condominiale (accollando agli attori l’importo pari ad Euro 13.648.42), all’accertamento dell’avvenuto pagamento ad opera di terzi e dell’indebita pretesa di contribuzione da parte del condominio, nonche’ alla restituzione di quanto gia’ corrisposto a seguito di intimazione di decreto ingiuntivo.
3. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c.. I ricorrenti hanno depositato memoria.
4. Gli otto motivi di ricorso recano in rubrica soltanto un rinvio alla parte della sentenza impugnata che ha rispettivamente rigettato i nove motivi di appello, nonche’ un sistematico riferimento ai numeri 3, 4, e 5 dell’articolo 360 c.p.c.
4.1. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e della (OMISSIS) s.n.c. si riferisce alla parte della sentenza impugnata in cui si e’ affermato che “l’onere della prova circa la natura di innovazione gravosa e voluttuaria incombeva sulla parte odierna appellante attrice in primo grado”. Nel corso della esposizione della censura si adduce l’omesso esame di fatti decisivi, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1121 c.c. e l’omessa motivazione. Si assume dai ricorrenti che i lavori eseguiti per la realizzazione del cappotto di coibentazione consistevano in innovazioni gravose e voluttuarie, le cui spese dovevano ripartirsi ai sensi dell’articolo 1121 c.c.. La Corte d’appello avrebbe altresi’ omesso di esaminare la “separata utilizzabilita’” dell’opera, agli effetti dell’articolo 1121 c.c., comma 2. I lavori di coibentazione non avrebbero riguardato i piani interrati, di cui sono titolari i ricorrenti.
4.2. Il secondo motivo di ricorso censura la parte della sentenza della Corte di Trento che ha affermato che l’obbligo degli appellanti di partecipare alle spese sostenute per la coibentazione del fabbricato discendesse dalla Delib. approvazione delle opere 20 giugno 2011, non impugnata, non avendo quindi rilievo le Delib. 10 aprile 2012 e Delib. 2 agosto 2012, le quali avevano unicamente ripartito le spese derivanti da quelle opere. Questa censura sostiene che i ricorrenti non avessero interesse ad impugnare la Delib. 20 giugno 2011, in quanto, quali proprietari dei magazzini interrati, essi non erano titolari di diritti reali su nessuna delle unita’ immobiliari beneficiate dalla coibentazione: riguardo a tale Delib., si dice che “non imputava loro alcuna spesa, limitandosi ad approvare, quale presupposto necessario per la loro esecuzione, i lavori di installazione del cappotto”. La Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare la “godibilita’ in misura diversa della coibentazione” e la “natura delle spese de quibus”, e cosi’ pure violato e/o falsamente applicato l’articolo 1123 c.c..
4.3. Il terzo motivo di ricorso si riferisce alla parte della sentenza impugnata ove e’ stato affermato che fosse onere degli attori provare “una eventuale autonomia strutturale dei locali di proprieta’ rispetto al corpo condominiale”. Si contrappone dai ricorrenti che essi avevano provato che i locali loro appartenenti non beneficiavano della coibentazione.
4.4. Il quarto motivo di ricorso attiene alla parte della sentenza inerente al motivo di gravame sulla non appartenenza agli attori di diritti in ordine ai tredici appartamenti, in quanto titolari di unita’ immobiliari interrate. La Corte di Trento ha affermato che non era stato allegato ne’ provato che i locali degli appellanti fossero strutturalmente autonomi rispetto al corpo condominiale. I ricorrenti oppongono di aver “documentalmente provato (…) che i locali de quibus sono strutturalmente autonomi e che non beneficiano – non potendo beneficiarne ne’ potenzialmente ne’ effettivamente – della coibentazione”.
4.5. Il quinto motivo di ricorso lamenta che la Corte d’appello, trattandosi di “interventi sui muri perimetrali” di “tinteggiatura, conseguente all’applicazione del cd. cappotto e riposizionamento delle grondaie”, e dunque di “spese comunque comuni a tutti i condomini”, non abbia considerato la mancata dimostrazione di un “miglioramento del decoro architettonico di cui avrebbe beneficiato la facciata dell’edificio”, miglioramento, anzi, smentito dalle risultanze istruttorie.
4.6. Il sesto motivo di ricorso censura la parte della sentenza che ha ritenuto non applicabile l’articolo 1180 c.c., essendo state pagate le fatture della impresa Postai direttamente dal Condominio (per godere dei benefici fiscali connessi all’esecuzione dei lavori finalizzati al risparmio energetico) e non dai singoli condomini pro quota, e percio’ sussistendo la legittimazione dello stesso Condominio ex articolo 1203 c.c., n. 3, ad esigere il pagamento di tali importi dai morosi. La complessa censura contenuta nel sesto motivo sostiene che “l’obbligazione condominiale, sia essa interna o esterna, ha natura parziaria e concerne il rapporto fra ciascun condomino ed il suo creditore”. Nel caso di specie, gli altri condomini, soggetti terzi, avrebbero adempiuto all’obbligazione arbitrariamente imputata ai ricorrenti, senza peraltro surrogarsi nei diritti del creditore, con tutte le conseguenze di cui all’articolo 1180 c.c.. Si critica pure l’affermazione della Corte d’appello che ravvisa altrimenti una “donazione indiretta” priva di causa compiuta dal condominio.
4.7. Il settimo motivo di ricorso si riferisce alla parte della sentenza che avrebbe omesso ogni motivazione in ordine alla domanda, formulata in via sumrdinata, correlataall’accertamento che la somma di Euro 13.517,48 non fosse dovuta perche’ mai approvata dall’assemblea condominiale. La Corte di Trento aveva spiegato che tali spese trovavano il loro fondamento nella Delib. 20 giugno 2011, la quale aveva approvato il preventivo delle spese di coibentazione. Sul punto i ricorrenti ritengono “sufficiente richiamare quanto gia’ sopra dedotto”.
4.8. Con l’ottavo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa motivazione in relazione alla domanda di declaratoria di nullita’ o annullamento della Delib. Condominiale 2 agosto 2012. La Corte di Trento ha ritenuto che i motivi 8 e 9 di appello fossero inammissibili ex articolo 342 c.p.c.. Sostengono i ricorrenti che “gli argomenti in quella sede svolti, diversamente da quanto ritenuto dal secondo giudice, non sono astratti poiche’ si riferiscono, in generale, all’intera sentenza di primo grado”.
5. Tutti i motivi di ricorso, ad eccezione del sesto, possono essere esaminati congiuntamente, in quanto all’evidenza connessi, ed anzi del tutto interdipendenti, essendo basati su identiche considerazioni di diritto e di fatto.
5.1. I motivi primo, secondo, terzo, quarto, quinto, settimo ed ottavo del ricorso denotano diffusi comuni profili di inammissibilita’: ciascuna censura e’ infatti strutturata nel senso di premettere una determinata parte del giudizio espresso nella sentenza impugnata e poi di individuarne l’errore mediante richiamo dei corrispondenti motivi di appello, che si assumono insoddisfatti dalla motivazione espressa in secondo grado.
Non sussistono le ipotizzate molteplici violazioni dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., in quanto la sentenza della Corte d’appello di Trento contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
Non sussiste neppure alcuno degli altrettanto molteplici vizi ipotizzati di omesso esame ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), giacche’ nessuna delle censure fa riferimento realmente ad un “fatto storico”, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Tutti i “fatti”, come tutte le “questioni” e le “domande”, poste dagli attori ed appellanti e richiamate in ricorso, risultano, invero, presi in considerazione dalla Corte d’appello, non essendo altrimenti significativo, ai fini della cassazione della sentenza, che la stessa non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Sono piuttosto i motivi di ricorso che, non osservando i requisiti imposti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dimostrano di non considerare alcune argomentazioni decisorie essenziali della sentenza impugnata, quale, ad esempio, quella ivi contenuta a pagina 9, dove veniva detto che la natura di innovazione gravosa e/o voluttuaria non si attagliava al caso di specie, “posto che i lavori di coibentazione permettono a lungo termine un risparmio energetico che ripaga ampiamente la eventuale gravosita’ della spesa iniziale, peraltro in parte fiscalmente detraibile”.
I sette motivi in esame sono, inoltre, fondati su tre delibere assembleari, il cui contenuto non viene specificato, come prescritto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
Tutte queste censure sono poi essenzialmente rivolte a sovvertire gli accertamenti di fatto che sono a base della decisione della Corte di Trento e che costituiscono frutto dell’apprezzamento riservato ai giudici dei merito, auspicandosi inammissibilmente dalla Corte di cassazione un rinnovato accesso diretto agli atti ed una diversa valutazione inferenziale delle risultanze istruttorie.
6. Si ha riguardo, per quanto accertato in fatto, ad un intervento di miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato condominiale consistente nella realizzazione di un isolamento termico delle superfici che interessano l’involucro dell’edificio (cosiddetto “cappotto termico”), nonche’ nella esecuzione delle collegate opere accessorie e di ripristino della facciata, intervento variamente agevolato normativamente anche sotto il profilo fiscale (si vedano indicativamente l’articolo 1120 c.c., comma 2, n. 2, come inserito dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, e da ultimo Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 119, come sostituito dalla Legge di Conversione 17 luglio 2020, n. 77 e poi modificato dal Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126).
Parimenti e’ accertato in fatto che l’intervento di coibentazione era stato approvato con deliberazione approvata dall’assemblea del Condominio (OMISSIS) il 20 giugno 2011, mentre poi le Delib. 10 aprile 2012 e del Delib. 2 agosto 2012, impugnate ex articolo 1137, nel presente giudizio, avevano provveduto alla ripartizione delle spese per l’innovazione precedentemente deliberata.
6.1. La Corte d’appello di Trento ha affermato che l’intervento oggetto di lite non potesse qualificarsi come “innovazione gravosa e/o voluttuaria”, ai sensi dell’articolo 1121 c.c., i quanto i lavori di coibentazione eseguiti permettono un risparmio energetico che compensa l’investimento iniziale e producono un costo parzialmente detraibile fiscalmente.
L’argomentazione dei giudici di merito e’ conforme all’interpretazione che questa Corte presceglie della norma indicata: si intendono innovazioni voluttuarie, per le quali e’ consentito al singolo condomino, ai sensi dell’articolo 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa, quelle nuove opere che incidono sull’entita’ sostanziale o sulla destinazione della cosa comune che sono tuttavia prive di oggettiva utilita’, mentre sono innovazioni gravose quelle caratterizzate da una notevole onerosita’ rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e cio’ sulla base di un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimita’ se sorretto da motivazione congrua (Cass. Sez. 2, 18/01/1984, n. 428; Cass. Sez. 2, 23/04/1981, n. 2408).
In particolare, le innovazioni voluttuarie, consentite dal comma 1 e vietate dal comma 2 dell’articolo 1121 c.c., a seconda che consistano, o meno, in opere suscettibili di utilizzazione separata, sono quelle che, per la loro natura, estensione e modalita’ di realizzazione, esorbitino apprezzabilmente dai limiti della conservazione, del ripristino o del miglior godimento della cosa comune, per entrare nel campo del mero abbellimento e/o del superfluo (Cass. Sez. 2, 08/06/1995, n. 6496).
6.2. L’inapplicabilita’ della disciplina di cui all’articolo 1121 c.c., nel caso in esame, discende altresi’ dall’essenziale considerazione che tale norma postula che il condomino che non voglia partecipare alle spese per una innovazione gravosa o voluttuaria, approfittando della eccezionale causa di esonero dalla obbligatorieta’ per tutti i partecipanti supposta dall’articolo 1137 c.c., comma 1, manifesti il suo dissenso in assemblea o con la tempestiva impugnazione della deliberazione (Cass. Sez. 2, 17/04/1969, n. 1215), mentre la Delib. 20 giugno 2011, che approvo’ il preventivo dell’impresa appaltatrice fu approvata all’unanimita’ e non fu impugnata.
6.3. D’altro canto, la realizzazione di un “cappotto termico” sulle superfici esterne dell’edificio condominiale, in quanto volta a migliorare l’efficienza energetica dello stesso, non da’ luogo ad opera che possa ritenersi suscettibile di utilizzazione separata, agli effetti dell’articolo 1121 c.c., comma 1, ne’, una volta eseguita, configura una cosa che e’ destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell’intero fabbricato, sicche’ le relative spese possano intendersi da ripartire in proporzione dell’uso o da porre a carico del solo gruppo dei condomini che ne trae utilita’.
6.4. Gli articoli 1120 e 1121, da una parte, e 1123, dall’altra, riguardano fattispecie diverse: le prime due norme regolano il momento dell’approvazione collegiale delle opere di trasformazione che incidono sull’essenza della cosa comune, individuando i presupposti e i limiti del potere assembleare, mentre l’articolo 1123 c.c., regola la ripartizione delle spese necessarie, oltre che per la conservazione ed il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi di interesse comune, anche proprio per le innovazioni validamente deliberate dalla maggioranza. Se l’innovazione che l’assemblea intende approvare e’ destinata a servire solo una parte dell’edificio condominiale, e percio’ la relativa spesa deve far carico esclusivamente al gruppo di condomini che ne trae utilita’, lo stesso computo delle maggioranze indicate dall’articolo 1120 c.c., deve operarsi con riferimento ai soli condomini interessati, ossia a quelli facenti parte di detto gruppo (cfr. Cass. Sez. 2, 08/06/1995, n. 6496).
6.5. Il “cappotto termico” da realizzare sulle facciate dell’edificio condominiale, al fine di migliorarne l’efficienza energetica, non e’ opera destinata all’utilita’ o al servizio esclusivo dei condomini titolari di unita’ immobiliare site nella parte non interrata del fabbricato, come sostengono i ricorrenti (proprietari di locali interrati serviti da autonomo ingresso).
Le opere, gli impianti o manufatti che, come il “cappotto” sovrapposto sui muri esterni dell’edificio, sono finalizzati alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, vanno ricompresi tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall’intera collettivita’ condominiale (articolo 1117 c.c., n. 3), inclusi i proprietari dei locali terranei, e non sono percio’ riconducibili fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’articolo 1123 c.c., commi 2 e 3. Ne consegue che, ove la realizzazione del cappotto termico sia deliberata dall’assemblea, trova applicazione l’articolo 1123 c.c.ma 1, per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprieta’ di ciascuno (arg. da Cass. Sez. 2, 25/09/2018, n. 22720; Cass. Sez. 2, 15/02/2008, n. 3854; Cass. Sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; Cass. Sez. 2, 17/03/1999, n. 2395; Cass. Sez. 2, 23/12/1992, n. 13655).
6.7. Deve aggiungersi che, a differenza di quanto ritengono le censure, stando alla ricostruzione fattuale prescelta dalla Corte d’appello, e’ proprio la Delib. 20 giugno 2011,che assumeva valenza costitutiva dell’obbligo gravante sui ricorrenti per la contribuzione alle spese di coibentazione del fabbricato, in quanto le Delib. 10 aprile 2012 e Delib. 2 agosto 2012, avevano unicamente ripartito le relative spese.
La dottrina ravvisa un duplice oggetto della deliberazione assembleare che approvi un intervento di ristrutturazione delle parti comuni: 1) l’approvazione della spesa, che significa che l’assemblea ha riconosciuto la necessita’ di quella spesa in quella misura; 2) la ripartizione della spesa tra i condomini, con riguardo alla quale la misura del contributo dipende dal valore della proprieta’ di ciascuno o dall’uso che ciascuno puo’ fare della cosa.
Se, allora, l’approvazione assembleare dell’intervento, ove si tratti di innovazioni o di lavori di manutenzione straordinaria, ha valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese, la ripartizione, che indica il contributo di ciascuno, ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un gia’ preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge (o da un’eventuale convenzione) (arg. da Cass. Sez. U., 09/08/2010, n. 18477; Cass. Sez. 2, 03/12/1999, n. 13505; Cass. Sez. 2, 15/03/1994, n. 2452; Cass. Sez. U., 05/05/1980, n. 2928).
6.8. A proposito del quinto motivo, basta specificare che una delibera che disponga una innovazione diretta al miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al “miglioramento del decoro architettonico” della facciata, essendo, ai contrario, l’eventuale alterazione del decoro architettonico un limite imposto alla legittimita’ della innovazione (articolo 1120 c.c., u.c.).
6.9. A fronte degli enunciati principi, tutti i motivi di ricorso in esame risultano privi di concreta idoneita’ a determinare la cassazione della sentenza impugnata.
Anche l’omessa motivazione e gli errores in procedendo dedotti nell’ottavo motivo di ricorso, con riguardo ai punti 8 e 9 dell’appello, sono irrilevanti, in quanto i giudici del merito sono comunque pervenuti ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al loro esame (Cass. Sez. U., 02/02/2017, n. 2731).
7. Il sesto motivo di ricorso e’, infine, manifestamente infondato, pur dovendo al riguardo correggersi la motivazione della sentenza impugnata, la quale ha ritenuto sussistente “la legittimazione del Condominio a rivalersi sul condomino inadempiente ex articolo 1203 c.c.”.
7.1. Il sesto motivo di ricorso trascura l’oggettiva diversita’ del fondamento dell’obbligazione dei condomini ricorrenti di contribuire alle spese condominiali derivanti dall’innovazione approvata dall’assemblea del Condominio (OMISSIS) (obbligazione di cui, in realta’, si discute in questo giudizio) con l’obbligazione che invece lega il medesimo Condominio all’impresa Postai esecutrice dei lavori, invocando la fattispecie e gli effetti dell’adempimento del terzo ex articolo 1180 c.c., sul presupposto che gli altri condomini avevano provveduto al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatrice.
7.2. Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale (si veda indicativamente Cass. Sez. U., 08/04/2008, n. 9148), il credito che il terzo creditore, in forza di contratto concluso dall’amministratore nell’ambito delle sue attribuzioni, puo’ far valere anche direttamente nei confronti del singolo condomino, in proporzione della rispettiva quota millesimale, e’ cosa giuridicamente diversa (seppur economicamente coincidente) rispetto al credito per la riscossione dei contributi condominiali che puo’ far valere l’amministratore di condominio. Il primo credito ha, invero, natura di prestazione sinallagmatica e trova causa nel rapporto contrattuale col terzo approvato dall’assemblea e concluso dall’amministratore in rappresentanza di tutti i partecipanti al condominio. L’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante ha, per contro, causa immediata nella disciplina del condominio, e cioe’ nelle norme di cui agli articoli 1118 e 1123 c.c. e segg., che fondano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni.
Questa Corte ha gia’ affermato che l’obbligo del singolo partecipante di pagare al condominio le spese dovute e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori rimangono del tutto indipendenti, tant’e’ che il condomino non puo’ ritardare il pagamento delle rate di spesa in attesa dell’evolvere delle relazioni contrattuali tra condominio e soggetti creditori di quest’ultimo, ne’ puo’ utilmente opporre all’amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si e’ detto, cio’ altererebbe la gestione complessiva del condominio: sicche’ il singolo deve sempre e comunque pagare all’amministratore, salva l’insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso per gli avanzi di cassa residuati (Cass. Sez. 2, 29/01/2013, n. 2049).
E’ stato anche detto che, ponendosi il condominio, nei confronti dei terzi, come “soggetto di gestione” dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini attinenti alle parti comuni, l’amministratore di esso assume la qualita’ di necessario rappresentante della collettivita’ dei condomini, e cio’ sia nella fase di assunzione degli obblighi verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, sia, all’interno della medesima collettivita’ condominiale, in quanto unico referente dei pagamenti ad essi relativi; con la conclusione che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex articolo 1123 c.c. (Cass. Sez. 6-2, 17/02/2014, n. 3636).
Appare dunque evidente in giurisprudenza la diversita’ tra le attribuzioni dell’assemblea a ripartire le spese e dell’amministratore a riscuotere i contributi condominiali (articolo 1135 c.c., articolo 1130 c.c., n. 3 e articolo 63 disp. att. c.c., comma 1), e la pretesa di pagamento del corrispettivo contrattuale spettante al terzo creditore verso il singolo condomino sul presupposto della riferibilita’ diretta dei debiti condominiali ai singoli membri del gruppo.
Cio’ esclude ogni interferenza sul presente giudizio delle vicende inerenti al contratto d’appalto concluso con la (OMISSIS) s.r.l., e smentisce ogni dubbio sulla legittimazione del Condominio (OMISSIS) a ripartire e riscuotere i contributi dovuti dai ricorrenti.
E’, cioe’, cosa estranea a quella oggetto della presente lite la qualificazione della pretesa spettante semmai al condomino, il quale abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai morosi e voglia poi ottenere da costoro il rimborso di quanto da loro (su questo cfr. Cass. Sez. 2, del 20/05/2019, n. 13505).
8. Il ricorso va percio’ rigettato e i ricorrenti vanno condannati in solido a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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