In tema di bancarotta semplice i sindaci di una società dichiarata fallita

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28848.

In tema di bancarotta semplice, i sindaci di una società dichiarata fallita rispondono del reato di cui agli artt. 217, comma primo, n. 4, e 224 legge fall., per aver omesso di attivarsi per rimediare all’inerzia dell’amministratore che non abbia chiesto il fallimento in proprio della società, così aggravandone il dissesto, solo quando la situazione di insolvenza sia rilevabile dagli atti posti a loro disposizione, dovendo il giudice di merito verificare, mediante un giudizio controfattuale, se, qualora fossero state poste in essere le attività di impulso e controllo omesse, si sarebbe comunque realizzato l’aggravamento del dissesto.

Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28848

Data udienza 21 settembre 2020

Tag – parola chiave: Bancarotta semplice – Aggravamento del dissesto per omessa richiesta di dichiarazione di fallimento – Verifica della responsabilità dei sindaci della società – Carenza motivazionale della sentenza di merito – Rinvio al giudice civile in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato per prescrizione – Annullamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/12/2018 della CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LOY MARIA FRANCESCA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito l’Avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. (OMISSIS), che si e’ associato alle argomentazioni svolte dal codifensore;
udito l’Avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata e’ stata pronunziata dalla Corte di appello di Venezia il 3 dicembre 2018, che ha riformato quella del Tribunale di Vicenza che aveva condannato, sia agli effetti penali che civili, (OMISSIS) e (OMISSIS) per tre ipotesi di cui all’articolo 224, comma 1, n. 1) in relazione all’articolo 217, comma 1, n. 4, articolo 219, comma 1, L. Fall., contestate in corso con altri soggetti oggi non ricorrenti; per molte altre imputazioni oggetto del medesimo processo, gli imputati anzidetti erano stati assolti in primo grado.
1.1. La posizione degli odierni ricorrenti si colloca nell’ambito di un piu’ ampio procedimento – che ha riguardato anche altri soggetti e molte altre ipotesi di reato (fattispecie fallimentari, tributarie e societarie e di truffa ai danni dello Stato) – concernente le vicende di alcune societa’ facenti parte del medesimo gruppo, esercenti attivita’ nell’ambito dell’aviazione civile, societa’ riconducibili, anche di fatto, al coimputato (OMISSIS), che le controllava anche a mezzo dei propri familiari; (OMISSIS), per le imputazioni non prescritte, ha definito la propria posizione in appello ex articolo 599-bis c.p.p..
Le tre specifiche contestazioni a carico della (OMISSIS) e del (OMISSIS) (Capi 5, 17 e 29) di cui questa Corte deve occuparsi riguardano, rispettivamente, tre di dette societa’, la (OMISSIS) s.p.a., la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.p.a., di cui i due imputati erano stati sindaci (piu’ precisamente, la (OMISSIS) era stata presidente del collegio sindacale di (OMISSIS) e, per un certo periodo, anche della (OMISSIS), societa’ di cui (OMISSIS) era solo sindaco, mentre quest’ultimo era stato presidente del collegio sindacale della (OMISSIS), di cui faceva parte anche la (OMISSIS)). La (OMISSIS) era stata prima dichiarata in stato di insolvenza ex Decreto Legislativo n. 270 del 1999 il 30 ottobre 2009 e poi era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza il 2 febbraio 2010; la (OMISSIS) era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza il 30 ottobre 2009 e la (OMISSIS) il 26 febbraio 2010. Dette societa’, a partire dal 2004, erano state protagoniste di complesse operazioni societarie, analiticamente descritte sia nella sentenza impugnata che in quella di primo grado; in questa sede basti segnalare che la (OMISSIS) era la holding del gruppo e che la societa’ operativa era la (OMISSIS), cui la (OMISSIS) (gia’ societa’ operativa), nel dicembre 2006, aveva ceduto il ramo di azienda del trasporto aereo low Cost. Il 30 ottobre 2009 (quando ne e’ stata dichiarata l’insolvenza), (OMISSIS) era partecipata all’85,75 da (OMISSIS) e al 13,52% da (OMISSIS), mentre (OMISSIS) era partecipata all’84,97 da (OMISSIS), a sua volta partecipata al 92,52% da (OMISSIS), societa’ con partecipazione al 90% dei figli di (OMISSIS).
Agli imputati, nelle qualita’ sopra indicate, e’ contestato di avere concorso nella bancarotta semplice degli amministratori delle anzidette societa’ ex articolo 40 c.p., comma 2, omettendo di convocare l’assemblea dei soci per denunziare le gravi irregolarita’ commesse dagli amministratori (secondo il disposto di cui all’articolo 2406 c.c., comma 2) e di presentare al Tribunale denunzia ex articolo 2409 c.c., comma 7 chiedendo la revoca degli amministratori e la nomina di un amministratore giudiziario; dette omissioni avevano contribuito ad aggravare il dissesto delle societa’, i cui amministratori si erano astenuti dal richiedere il fallimento nonostante la situazione di insolvenza in cui esse si trovavano (dal dicembre 2006 la (OMISSIS), dal maggio 2006 la (OMISSIS), dall’aprile 2007 la (OMISSIS) secondo le contestazioni del pubblico ministero; dalla seconda meta’ del 2007 con consolidamento come conclamato dissesto nei primi mesi del 2008 per la (OMISSIS), dalla fine del 2007 per la (OMISSIS) e dai primi mesi del 2008 per la (OMISSIS), secondo il Tribunale; dal secondo semestre 2008 per tutte le societa’, secondo la Corte di appello).
1.2. La sentenza della Corte di appello di Venezia, reputando infondato l’appello di (OMISSIS) e parzialmente infondato quello della (OMISSIS), ha dichiarato la prescrizione dei reati di cui ai capi 5, 17 e 29 e riformato la pronunzia del Tribunale di Vicenza quanto agli effetti civili relativi alla (OMISSIS), con particolare riferimento alla quantificazione del risarcimento del danno a favore dei dipendenti della (OMISSIS) costituiti parti civili, rimettendola al competente Giudice civile. Giova altresi’ segnalare, a beneficio della migliore intellegibilita’ dei motivi di seguito riportati, che il terzo componente dei collegi sindacali, (OMISSIS), condannato in primo grado, e’ stato assolto dalla Corte di merito perche’ il fatto non costituisce reato, reputando assente Il coefficiente soggettivo.
2. La sentenza della Corte territoriale e’ stata impugnata con ricorso per cassazione da entrambi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
3. Il ricorso dell’Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) si compone di due motivi.
3.1. Il primo, lungo motivo di ricorso deduce erronea applicazione degli articoli 2409 e 2484 c.c. e dell’articolo 5 L.F. e illogicita’ della motivazione.
3.1.1. Esordisce il ricorrente sostenendo che le sentenze di condanna avevano fatto confusione tra scioglimento e liquidazione della societa’ ex articolo 2484 c.c. e insolvenza e fallimento della stessa ex articolo 5 L. Fall.. A seguire, la parte trascrive ampi passi di contributi dottrinari quale sostegno teorico alla tesi secondo cui la situazione sub iudice non contemplava alcuno stato di insolvenza, ne’ di squilibrio economico-patrimoniale e, quindi, di dissesto.
3.1.2. Di poi il ricorrente osserva, in fatto, che:
– non erano stati accertati falsi in bilancio;
– non vi erano deficit patrimoniali rilevanti ex articolo 2484 c.c., comma 1, n. 4);
– non vi era stata vendita a prezzi rovinosi dei propri servizi (avendo realizzato anche nel peggior esercizio, quello del 2008, 53 milioni di margine positivo sui costi diretti);
– non vi era stato ricorso ad usurai, l’imprenditore non si era reso irreperibile o latitante, ne’ erano stati chiusi i locali dell’impresa o era stato trafugato l’attivo;
– non vi erano stati pagamenti in natura;
– non vi era stata riduzione del capitale sociale ex articoli 2446 e 2447 c.c.;
– non vi erano stati fenomeni di corruttela ne’ trasferimenti di denaro.
A fronte di questi dati positivi – prosegue il ricorso – era accaduto che:
– il direttore amministrativo e finanziario delle societa’ aveva dichiarato al collegio sindacale che, essendo fallita (OMISSIS) (in realta’ era (OMISSIS)), erano fallite anche le societa’, ipotesi smentita dalle successive verifiche del collegio sindacale e da altri atti istruttori;
– l’unico segnale di insolvenza era l’apertura dell’indagine per bancarotta prefallimentare da parte della Procura della Repubblica di Vicenza il 19 marzo 2009 ed il conferimento di incarico di consulenza tecnica;
– detta consulenza era giunta a conclusioni errate, confondendo clamorosamente insolvenza e squilibrio patrimoniale;
– l'(OMISSIS) aveva revocato la licenza di operatore aereo alla societa’ il 22 luglio 2009, con questo configurando la causa di scioglimento ex articolo 2484 c.c., comma 1, n. 2), per sopravvenuta impossibilita’ di conseguire l’oggetto sociale;
– la Procura della Repubblica aveva depositato istanza di fallimento il 25 luglio 2009;
– la societa’ operativa (OMISSIS) era stata dichiarata insolvente e fine ottobre 2009 ed a seguire tutte le societa’ del gruppo.
3.1.3. Dopo aver ricordato che le ipotesi di bancarotta da falso in bilancio erano state ritenute insussistenti gia’ in primo grado, il ricorrente assume che gli esiti dell’istruttoria dibattimentale – nella parte in cui era stato smentito il teorema accusatorio – avrebbero dovuto condurre a ritenere che non vi fossero irregolarita’ da denunziare al Tribunale, ne’ dissesto, ne’ insolvenza, quest’ultima esclusa, fino al 2009, dallo stesso Tribunale di primo grado. Piu’ nel dettaglio, l’impugnante sostiene che, essendo state escluse falsita’ nei bilanci 2006 e 2007 (ma cio’ sarebbe vero anche per il 2008) per tutte le societa’, ne doveva conseguire inevitabilmente che i relativi bilanci rappresentassero in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della societa’ e il risultato economico dell’esercizio come richiesto dall’articolo 2423 c.c., comma 2; con la conseguenza che nessuna della societa’ del gruppo, nel 2006 e nel 2007, versava nelle condizioni di riduzione del capitale sociale di cui agli articoli 2446 e 2447 c.c. Da queste proposizioni deriverebbe – secondo il ricorrente – una ulteriore conseguenza, vale a dire che nessuna delle societa’ era sciolta di diritto ai sensi dell’articolo 2484 c.c., comma 1, n. 4), non vi era squilibrio economico patrimoniale giuridicamente rilevante ne’ dissesto e nulla il collegio sindacale avrebbe potuto denunziare ex articolo 2409 c.c. o articolo 2446 c.c.. Ancora: si legge nel ricorso che, alla luce del mancato verificarsi della causa di scioglimento, ne doveva conseguire l’applicazione dell’articolo 2423 bis c.c., n. 1), per cui il bilancio andava redatto nella prospettiva della continuazione dell’attivita’.
La Corte di appello non era giunta a nessuna di queste conclusioni e, anzi, in termini illogici, aveva reputato sussistente uno squilibrio patrimoniale progressivo e ingravescente che, tuttavia, dai bilanci veri e reali non emergeva.
Il ricorrente insiste, poi, sulla Delib. 15 giugno 2009 con cui era stato approvato il bilancio 2008 con una perdita di 29 milioni di Euro ed era stato contestualmente deliberato un aumento di capitale di 50 milioni di Euro (circostanza ignorata da entrambi i Collegi di merito, come affermato in piu’ punti del ricorso), che era stato poco dopo seguito dalla revoca della licenza da parte dell'(OMISSIS), il che aveva concretizzato una causa di scioglimento di diritto della societa’ per la sopravvenuta impossibilita’ di conseguire l’oggetto sociale ex articolo 2484 c.c., comma 1, n. 2).
A sostegno del proprio assunto, il ricorso trascrive ampi passaggi di una memoria depositata alla Corte di appello dall’imputato. In particolare, nei passaggi della memoria trascritti, oltre ad avanzare critiche analoghe a quelle sopra sintetizzate, la parte insisteva sulla circostanza che l’Erario, nel giugno 2009, aveva riammesso la (OMISSIS) e la (OMISSIS) al beneficio del maggior termine per il pagamento rateale dei debiti tributari (escludendo, cosi’, qualunque ipotesi di crisi, dissesto o insolvenza), che il sistema bancario aveva continuato ad appoggiare (OMISSIS) e che non vi era stato occultamento della situazione patrimoniale, come sostenuto in alcuni passaggi della sentenza di primo grado pure trascritti.
3.1.4. Sarebbe errato – si legge ancora nell’impugnativa – il giudizio di condivisione, da parte della Corte di merito, dello scrutinio del Tribunale circa l’emersione di molteplici indici di insolvenza della societa’ a far data dal secondo semestre 2008, mentre detti indici erano assenti fino a 2009 inoltrato.
La Corte distrettuale – ribadisce nuovamente il ricorrente – aveva errato nel trascurare il fatto che non si erano verificate le condizioni di cui agli articoli 2446, 2447 e 2484 c.c., si’ da imporre l’intervento del collegio sindacale.
Non aveva rilievo in senso accusatorio che lo stato passivo al 14 luglio 2014 ammontasse a 66 milioni di Euro, perche’ detto squilibrio patrimoniale si era concretizzato solo il 22 luglio 2009 quando si era passato dalla doverosa redazione dei bilanci nella prospettiva di continuazione dell’attivita’ come previsto dal principio contabile n. 5 (OIC 5), alla redazione dei bilanci di liquidazione per effetto del venir meno di ogni prospettiva futura a causa dell’intervenuto scioglimento di diritto ex articolo 2484 c.c., comma 1, n. 2), conseguente alla revoca della licenza di operatore aereo da parte dell'(OMISSIS). Cio’ che fino a quel giorno era investimento per il futuro, diventava, quindi, un costo puro e semplice e l’attivo di bilancio doveva essere girato a perdita.
3.1.5. Contestando una proposizione che si legge a pag. 23 della sentenza impugnata, il ricorrente osserva inoltre che:
l’andamento economico non era in perdita ma in fortissimo utile, nella sola accezione scientificamente e giuridicamente rilevante, con 69 milioni di margine positivo sui costi diretti nel 2007 e 53 milioni nel 2008 (come si evince dalla relazione del commissario giudiziale a pag. 86);
non vi era il ritenuto “accumularsi di ingenti debiti verso le banche e l’Erario” perche’ entrambi i creditori avevano garantito il pieno appoggio a (OMISSIS) sino a maggio-giugno 2009 e la somma di entrambe le posizioni debitorie per (OMISSIS) e (OMISSIS) era inferiore al 10 del fatturato;
non vi era “crisi generale del mercato” perche’ le compagnie low cost in Italia sono cresciute dell’80% dal 2004 al 2010;
quanto alla “definitiva bocciatura del progetto di quotazione”, i mercati mondiali erano collassati a settembre 2008 e le prime valutazioni negative di Ernst & Young sono del 3 luglio 2008;
in ogni caso, nessuno di questi fattori rientra tra le cause codificate di liquidazione, che sono tassativamente previste dalla legge, ne’ il capitale sociale era stato intaccato ex articoli 2446 e 2447 c.c..
3.1.6. Con riferimento alla (OMISSIS) (par. 4.3. e pag. 25 della sentenza impugnata) ed alla (OMISSIS) (pag. 28), la Corte di appello aveva scritto che le societa’ erano sostenute solo dal valore delle partecipazioni e che queste ultime, nella redazione del bilancio 2007, dovevano essere svalutate, contraddicendo, cosi’, quanto sostenuto a pag. 10 primo capoverso a proposito della congruita’ dei valori di iscrizione della partecipata (OMISSIS).
3.1.7. Nel prosieguo dell’impugnativa, la parte osserva ulteriormente che:
– la Corte di appello ha erroneamente reputato sussistere una condizione di insolvenza, agitando a sostegno della critica la circostanza che il Tribunale di Vicenza aveva affermato l’assenza di segnali significativi in tal senso fino al 2009 (pag. 73), pur tuttavia ritenendo cio’ erroneamente privo di pregio;
– non vi era stato falso in bilancio;
– non si erano verificate le cause di scioglimento di cui all’articolo 2484 c.c., comma 1, n. 4), e che l’assemblea, il 15 giugno 2009, aveva addirittura deliberato il piu’ volte evocato aumento di capitale di 50 milioni di Euro, oltre ad essersi verificata la decadenza del collegio sindacale. Inoltre l’Erario aveva ammesso (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rateizzazione del debito tributario e (OMISSIS) aveva continuato ad ottenere l’appoggio del sistema bancario fino alla fine di maggio 2009.
3.1.8. Il ricorrente contesta altresi’ l’affermazione della Corte di merito secondo cui la gravita’ della situazione non era seriamente compensata dall’accampata prospettazione di un nuovo piano industriale non suffragato dalla messa a disposizione degli organi di controllo di documenti che attestassero una concreta, significativa immissione di liquidita’; tale affermazione – si sostiene nel ricorso – non terrebbe conto sia della non gravita’ della situazione piu’ volte predicata dal ricorrente, sia della Delib. di aumento del capitale sociale. Altra critica dell’impugnativa e’ diretta alla proposizione della sentenza impugnata concernente la sostanziale inadeguatezza della capitalizzazione della neo costituita (OMISSIS), reputandola falsa e, comunque, irrilevante.
3.1.9. Riportando nuovamente un ampio passaggio della memoria redatta dall’imputato a beneficio della Corte di appello, il ricorso ritorna sul tema dei debiti verso l’Erario e verso l’INPS, sostenendo che l’Erario aveva emesso le cartelle esattoriali il 22 maggio 2009 per debiti fiscali, cosi’ riammettendo (OMISSIS) e (OMISSIS) al beneficio del termine del pagamento ed escludendo, cosi’, l’inadempimento ex articoli 1185 e 1186 c.c. delle societa’ contribuenti, il loro dissesto e la loro insolvenza; non solo: il debito era stato anche rateizzato e pagato il 22 giugno 2009 (come risulterebbe dalla produzione documentale del Prof. (OMISSIS)).
3.1.10. In ordine all’attivita’ di cui si contesta l’omissione, il ricorso – dopo aver trascritto integralmente la lettera di dimissioni del sindaco (OMISSIS) (assolto dalle imputazioni in esame) – contesta che i sindaci avessero l’obbligo di promuovere un giudizio ex articolo 2409 c.c., dal momento che gli effetti che avrebbero potuto discenderne si erano gia’ aliunde realizzati, giacche’ la societa’ era in quel momento sotto ispezione della Guardia di Finanza e il consiglio di amministrazione era decaduto il 9 aprile 2009 per le dimissioni del componente (OMISSIS), come previsto dall’articolo 34 dello statuto. Peraltro, a comprova dell’insussistenza delle condizioni che imponessero al collegio sindacale di attivarsi, il ricorrente trascrive un ampio tratto dell’arringa del difensore del (OMISSIS).
3.2. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione di legge quanto alla mancata estensione ex articolo 587 c.p.p. anche al (OMISSIS) della decisione della Corte di appello sull’impugnazione degli effetti civili, concernente la coimputata (OMISSIS).
La Corte territoriale ha riformato la sentenza di primo grado con riferimento alla quantificazione del danno che la (OMISSIS) doveva rifondere ai dipendenti della (OMISSIS) – rimettendone la determinazione al Giudice civile – e detta statuizione non era fondata su un motivo esclusivamente personale, donde la statuizione favorevole doveva estendersi anche al (OMISSIS), la cui posizione era del tutto sovrapponibile a quella della (OMISSIS).
4. Il ricorso dell’Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi.
4.1. Il primo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’individuazione della condizione di insolvenza, gia’ ritenuta dal Tribunale ed avversata nei motivi di appello; la prova di detta condizione era stata erroneamente fondata, dalla Corte territoriale, sul progressivo aggravamento della situazione debitoria, sulla mancanza di una concreta e significativa immissione di liquidita’, sulla sostanziale inadeguatezza della capitalizzazione della neocostituita (OMISSIS) e sul ricorso reiterato ad operazioni societarie straordinarie che patrimonializzavano la societa’ senza effettiva immissione di liquidita’.
Ebbene – sostiene la ricorrente – quelli elencati sono indici di crisi di impresa a non certo di insolvenza (con squilibrio economico-patrimoniale progressivo, ingravescente ed irreversibile, tale da generare dissesto), i cui indicatori difettavano – quantomeno fino alla primavera del 2009 – mentre esistevano diversi indici di segno contrario (evidenziati alle pagg. 42-44 dell’atto di appello), ignorati dalla Corte territoriale. La crisi dell’impresa – allorche’ quest’ultima e’ in disavanzo – non puo’ essere identificata con l’insolvenza; cio’ a voler trascurare che il risultato operativo di (OMISSIS), negli anni 2006 e 2007, registrava un forte utile positivo. A seguire, la ricorrente sottolinea la rilevanza a discarico dell’accertata assenza, per gli anni 2006 e 2007, di falsita’ nei bilanci e la circostanza che nessuna della societa’ del gruppo, in tali anni, aveva fatto registrare anomale riduzioni del capitale sociale tali da dover condurre allo scioglimento di diritto ex articolo 2484 c.c., comma 1, n. 4). Costituirebbe un’insanabile contraddizione sostenere l’esistenza di un dissesto dato da una capitalizzazione inadeguata e da una patrimonializzazione apparente quando detto assunto e’ contraddetto da bilanci ritenuti veritieri.
Quanto piu’ specificamente attiene al concetto di insolvenza, assume la ricorrente che sarebbe un errore quello di farla coincidere con un semplice inadempimento, peraltro temporaneo, mentre e’ richiesta un’irreversibile impossibilita’ di adempiere alle proprie obbligazioni che generi un definitivo dissesto. Inoltre, nella determinazione dello stato di insolvenza, ex articolo 15 L. Fall., contano solo i debiti scaduti, ma nessuna della societa’ ne aveva per importo superiore a 30.000 Euro. Quanto al debito con l’Erario, era stata concessa la rateizzazione e, come evincibile dalla documentazione depositata dall’Avv. (OMISSIS) all’udienza del 17 ottobre 2014, le prime rate erano state pagate. Cio’ a voler trascurare il fatto che, come ricavabile dalla relazione del Prof. (OMISSIS), una significativa esposizione verso l’Erario risponde ad una logica tipica della societa’ neonate in fase di sviluppo.
La Corte di appello, inoltre, avrebbe offerto una motivazione illogica e contraddittoria laddove aveva piu’ volte citato la situazione economica in forte perdita, la progressione debitoria, le passivita’ di esercizio, la mancanza di liquidita’ e la situazione deficitaria, ignorando, tuttavia, quanto sostenuto nell’appello a proposito del margine positivo sui costi diretti del 2007 e 2008 di (OMISSIS) (come da relazione del commissario giudiziale (OMISSIS)), il pieno appoggio di banche ed Erario a (OMISSIS) sino a maggio-giugno 2009 (come affermato anche alla pag. 73 della sentenza di primo grado) e la consistenza non ingente delle posizioni debitorie di (OMISSIS) e (OMISSIS), che, per entrambe, era inferiore al 10% del fatturato.
Altro tema addotto con l’appello ma ignorato dalla Corte territoriale era costituito dal fatto che il deficit di 66 milioni di Euro evidenziato dal curatore era sorto solo con la revoca delle licenze di volo da parte di (OMISSIS), giacche’ era cosi’ cessata la continuita’ aziendale e i costi degli investimenti si erano trasformati in perdite, determinando il dissesto della societa’.
Anche sul versante della sostanziale inadeguatezza della capitalizzazione della neocostituita (OMISSIS), la Corte di merito non aveva risposto ai motivi di appello, che facevano osservare la contraddizione tra il riconoscere la correttezza dei bilanci, anche sotto il profilo della sufficiente capitalizzazione, salvo poi ritenere quest’ultima inadeguata.
Ne’ la Corte territoriale aveva spiegato perche’ la mancanza di liquidita’ potesse identificarsi con l’insolvenza, posto che la sufficienza o insufficienza dei mezzi finanziari e’ assolutamente irrilevante per il successo di qualunque impresa.
Quanto agli indicatori agitati dalla Corte di merito – l’andamento economico in perdita, l’accumularsi di ingenti perdite verso le banche e verso l’Erario, la crisi generale del mercato o la definitiva bocciatura del progetto di quotazione – la ricorrente osserva che le cause di scioglimento e liquidazione di una societa’ sono tassativamente previste dalla legge e nessuna norma prevede le situazioni anzidette.
Altro profilo di contraddittorieta’ della sentenza impugnata sarebbe costituito dall’aver ritenuto che le partecipazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS) in (OMISSIS) andassero svalutate nel bilancio 31 dicembre 2007 (pagg. 25 e 28) e, nello stesso tempo, che i valori di iscrizione dell’avviamento della (OMISSIS) erano risultati congrui (pag. 10).
4.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta mancanza di motivazione e erronea applicazione dell’articolo 40 c.p., comma 2, articolo 224, comma 1, n. 1) e articolo 217, comma 1, n. 4), L.F. quanto all’apporto causale della (OMISSIS) alla commissione dei reati.
Benche’ l’imputata, nell’atto di appello, avesse lamentato la mancanza di motivazione quanto all’incidenza causale delle omissioni a lei contestate sull’aggravamento del dissesto, la Corte di appello aveva reiterato l’errore del Tribunale. Non basta, infatti, il mero ed asserito ritardo nell’esercizio dei poteri impeditivi, ma occorre che quest’ultimo abbia avuto un’incidenza eziologica nella produzione dell’evento, che, nella specie, si identifica con l’aggravamento del dissesto. Andava cosi’ effettuato il giudizio controfattuale al fine di valutare l’idoneita’ dell’esercizio dei poteri affidati dalla legge al sindaco (OMISSIS) a contribuire ad impedire l’evento.
Nel prosieguo l’imputata argomenta circa l’assenza di una sua colpevole inerzia, predicando che, al contrario, ella aveva dato luogo, a partire dall’autunno 2008, ad una continua azione di monitoraggio dell’andamento aziendale, con sollecitazioni agli amministratori a porre rimedio allo stato di grave crisi, sino alla convocazione dell’assemblea dei soci nel mese di aprile 2009 ex articolo 2406 c.c..
Su questi temi la Corte di merito aveva mancato di rispondere ai motivi di appello, affidandosi ad una mera motivazione di stile.
4.3. Il terzo ed ultimo motivo di ricorso denunzia illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione quanto al coefficiente soggettivo in capo alla (OMISSIS).
La Corte di appello, in risposta al corrispondente motivo di gravame, ha ritenuto che la situazione delle societa’ che avrebbe imposto ai sindaci di intervenire era da questi ultimi conosciuta sulla base dei bilanci, delle relazioni della societa’ di revisione, dei verbali del Consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Ma detti documenti non evidenziano la presenza di segnali di allarme, tanto che il Tribunale, per dare conto della conoscenza di questi ultimi, aveva fatto riferimento a documenti diversi.
La ricorrente evidenzia altresi’ che il Tribunale l’aveva assolta quanto alle bancarotte semplici di cui ai capi 6) ((cosi’ il ricorso, ma dovrebbe trattarsi del capo 4)), 16) e 28) per irregolare tenuta della contabilita’, il che confermava l’assenza di anomalie, rilevabili nell’attivita’ di controllo sindacale, tali da tradursi in segnali di allarme giuridicamente rilevanti.
Quanto alla differenziazione della posizione del sindaco (OMISSIS) (assolto) da quella della ricorrente, la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria siccome legata a presunti legami personali tra la (OMISSIS) e le societa’ facenti capo al (OMISSIS), senza precisare la natura e, soprattutto, l’incidenza di tali legami sulla condotta tenuta dall’imputata.
L’addebito evocato circa la carica rivestita in (OMISSIS) s.r.l. ed il coinvolgimento nell’operazione, a presunta finalita’ dissimulatoria (dissimulazione peraltro smentita da una consulenza tecnica), dell’operazione di conferimento del ramo di azienda in (OMISSIS) s.r.l., aveva visto la (OMISSIS) prosciolta in udienza preliminare come da sentenza prodotta dalla sua difesa il 9 maggio 2014.
Altro aspetto ignorato dalla Corte di merito e’ quello concernente l’assoluzione della ricorrente per i reati di cui alle lettere Cl e C2 del capo 19), per carenza di elemento soggettivo, accuse relative ai falsi in bilancio aventi ad oggetto il valore della partecipazione (OMISSIS) e l’esigibilita’ dei crediti vantati da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS).
Conclude l’impugnante rimarcando che (OMISSIS) era stato assolto – cosi’ dando luogo ad una motivazione contraddittoria ed illogica – senza pero’ tenere conto del fatto che gli interventi critici dal medesimo effettuati erano stati svolti a nome del collegio sindacale e che il predetto – pur con manifestazioni di dissenso – non aveva tenuto, in definitiva, un atteggiamento diverso da quello inerte che viene contestato alla ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati e, per l’effetto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Giudice civile competente per valore in grado di appello.
2. Le impugnative di entrambi gli imputati contengono, infatti, proposizioni critiche idonee a mettere in crisi l’assetto motivazionale della pronunzia della Corte di appello. Il Collegio deve rilevare, inoltre, che l’apporto censorio di ciascuna delle impugnazioni e’ differente, ma che le doglianze che sono state reputate fondate non attengono a motivi esclusivamente personali dell’uno o dell’altro ricorrente, donde esse giovano anche al concorrente nel reato ex articolo 587 c.p.p..
Cio’ posto, va altresi’ precisato che la sentenza impugnata, e’ caratterizzata da una tecnica argomentativa che ha visto riportati, fino a pag. 36, l’intestazione, i capi di imputazione, il sunto della sentenza di primo grado e degli appelli, per poi fare posto alle ragioni della delibazione della Corte territoriale dalla pag. 37 in poi, dove la parte concernente la (OMISSIS) e il (OMISSIS) si colloca fino a pag. 48.
E’, pertanto, su detta sezione della pronunzia avversata che occorre appuntare l’attenzione onde valutare le censure dei ricorrenti, essendo il resto della pronunzia frutto di un’attivita’ redazionale meramente riepilogativa e compilativa.
Ebbene, alcune delle doglianze colgono nel segno, evidenziando – come anticipato – omissioni ed aporie argomentative che impongono un nuovo vaglio della regiudicanda da parte del Giudice di merito.
3. Come gia’ illustrato nel “ritenuto in fatto”, il processo a carico degli odierni ricorrenti ha riguardato anche altri soggetti e molte altre ipotesi di reato (fattispecie fallimentari, tributarie e societarie e di truffa ai danni dello Stato) ed attiene alle vicende di alcune societa’ facenti parte del medesimo gruppo, esercenti attivita’ nell’ambito dell’aviazione civile, societa’ riconducibili, anche di fatto, al coimputato (OMISSIS), che le controllava anche a mezzo dei propri familiari; (OMISSIS), per le imputazioni non prescritte per cui aveva riportato condanna in primo grado, ha definito la propria posizione in appello ex articolo 599-bis c.p.p..
3.1. Le tre specifiche contestazioni a carico della (OMISSIS) e del (OMISSIS) (Capi 5, 17 e 29) di cui questa Corte deve occuparsi riguardano, rispettivamente, tre di dette societa’, la (OMISSIS) s.p.a., la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.p.a., di cui i due imputati erano stati sindaci (piu’ precisamente, la (OMISSIS) era stata presidente del collegio sindacale di (OMISSIS) e, per un certo periodo, anche della (OMISSIS), societa’ di cui (OMISSIS) era solo sindaco, mentre quest’ultimo era stato presidente del collegio sindacale della (OMISSIS), di cui faceva parte anche la (OMISSIS)). La (OMISSIS) era stata prima dichiarata in stato di insolvenza ex Decreto Legislativo n. 270 del 1999 il 30 ottobre 2009 e poi era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza il 2 febbraio 2010; la (OMISSIS) era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Vicenza il 30 ottobre 2009 e la (OMISSIS) il 26 febbraio 2010. Dette societa’, a partire dal 2004, erano state protagoniste di complesse operazioni societarie, analiticamente descritte sia nella sentenza impugnata che in quella di primo grado; in questa sede basti segnalare che la (OMISSIS) era la holding del gruppo e che la societa’ operativa era la (OMISSIS), cui la (OMISSIS) (gia’ societa’ operativa), nel dicembre 2006, aveva ceduto il ramo di azienda del trasporto aereo low Cost. Il 30 ottobre 2009 (quando ne e’ stata dichiarata l’insolvenza), (OMISSIS) era partecipata all’85,75 O/0 da (OMISSIS) e al 13,52% da (OMISSIS), mentre (OMISSIS) era partecipata all’84,97 da (OMISSIS), a sua volta partecipata al 92,52% da (OMISSIS), societa’ con partecipazione al 90% dei figli di (OMISSIS).
3.2. Secondo i Giudici del merito, gli odierni ricorrenti sarebbero responsabili, nelle qualita’ sopra indicate, di avere concorso – ex articolo 224, comma 1 n. 1), L.F. – nella bancarotta semplice degli amministratori, i quali avevano aggravato il dissesto delle tre societa’ astenendosi dal richiederne il fallimento, cosi’ commettendo il reato di cui all’articolo 217, comma 1, n. 4), L.F. nonostante la situazione di insolvenza in cui esse si trovavano (dal dicembre 2006 la (OMISSIS), dal maggio 2006 la (OMISSIS), dall’aprile 2007 la (OMISSIS) secondo le contestazioni del pubblico ministero; dalla seconda meta’ del 2007 con consolidamento come conclamato dissesto nei primi mesi del 2008 per la (OMISSIS), dalla fine del 2007 per la (OMISSIS) e dai primi mesi del 2008 per la (OMISSIS), secondo il Tribunale; dal secondo semestre 2008 per tutte le societa’, secondo la Corte di appello).
Il concorso del (OMISSIS) e della (OMISSIS) nella bancarotta semplice degli amministratori come sopra contestata dal pubblico ministero e ritenuta nella pronunzie di merito fonderebbe sull’articolo 40 c.p., comma 2, giacche’ i ricorrenti – nella loro qualita’ di sindaci – avevano omesso di convocare l’assemblea dei soci per denunziare le gravi irregolarita’ commesse dagli amministratori (secondo il disposto di cui all’articolo 2406 c.c., comma 2) e di presentare al Tribunale denunzia ex articolo 2409 c.c., comma 7, chiedendo la revoca degli amministratori e la nomina di un amministratore giudiziario.
4. Ebbene, il percorso lungo il quale il giudicante avrebbe dovuto muoversi per poter ritenere accertata la responsabilita’ dei due sindaci e’ piuttosto complesso, nel senso che esso si articola in una serie di verifiche l’una conseguenziale all’altra. L’illustrazione di quali sarebbero stati i passaggi corretti per addivenire ad una conferma del giudizio di responsabilita’ degli imputati vale, altresi’, come premessa teorica al fine di chiarire quali direttrici abbiano guidato la decisione odierna del Collegio e per semplificare la trattazione – nel prosieguo – dei singoli aspetti ritenuti meritevoli di censura.
4.1. Tale itinerario avrebbe dovuto muovere necessariamente dalla verifica circa la sussistenza dei presupposti per la richiesta, da parte dell’organo amministrativo, di autofallimento che si assume omessa; vale a dire dalla verifica se le societa’ si trovassero in una situazione di insolvenza rilevante ex articolo 5 L. Fall., se avessero, cioe’, dato luogo ad “inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non e’ piu’ in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.
4.2. Non solo: sarebbe stato altresi’ necessario verificare se tale ritardo fosse dovuto a colpa grave dell’organo amministrativo; la giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato il principio secondo cui, per l’integrazione della fattispecie, e’ richiesto tale coefficiente soggettivo, superando, cosi’, le difficolta’ interpretative legate all’ambiguita’ della norma, che vede l’indicazione della “altra colpa grave” dopo quella della mancata richiesta di fallimento, cosi’ apparentemente contrassegnando solo le condotte diverse da quella della mancata richiesta del fallimento in proprio; si e’ escluso, di contro, che tale coefficiente soggettivo sia insito nello stesso ritardo nella richiesta di fallimento in proprio, si’ da non doverlo accertare aliunde, negandosi la sussistenza di una presunzione in tal senso (Sez. 5, n. 18108 del 12/03/2018, Dolcemascolo, Rv. 272823; Sez. 5, n. 38077 del 15/07/2015, Preatoni, Rv. 264743; Sez. 5, n. 43414 del 25/09/2013, Zille e altri, Rv. 257533).
La sentenza Zille, in particolare, ha precisato che “non e’ difficile comprendere come il ritardo nell’adozione della senza dubbio grave decisione dell’imprenditore di richiedere il proprio fallimento possa essere ricollegato ad una vasta gamma di dinamiche gestionali; che si estende dall’estremo dell’assoluta noncuranza per gli effetti del possibile aggravamento del dissesto a quello dell’opinabile valutazione sull’efficacia di mezzi ritenuti idonei a procurare nuove risorse. L’eterogeneita’ di queste situazioni rende improponibile una loro automatica sussunzione nella piu’ intensa dimensione della colpa. Il dato oggettivo del ritardo nella dichiarazione di fallimento, in altre parole, e’ ancora troppo generico perche’ dallo stesso possa farsi derivare una presunzione assoluta di colpa grave; dipendendo tale carattere dalle scelte che lo hanno determinato”.
4.3. L’omessa dichiarazione di fallimento, per essere rilevante ex articolo 217, comma 1, n. 4), L. Fall., avrebbe dovuto anche determinare un aggravamento del dissesto delle societa’, che e’ l’evento del reato. Come sancito da Sez. 5, n. 32899 del 25/05/2011, Mapelli e altri, Rv. 250934 (in motivazione), “per dissesto deve intendersi, non tanto una condizione di generico disordine dell’attivita’ della societa’, quanto una situazione di squilibrio economico patrimoniale progressivo ed ingravescente, che, se non fronteggiata con opportuni provvedimenti o con la presa d’atto dell’impossibilita’ di proseguire l’attivita’, puo’ comportare l’aggravamento inarrestabile della situazione debitoria, con conseguente incremento del danno che l’inevitabile, e non evitata, insolvenza finisce per procurare alla massa dei creditori”.
4.4. Una volta vagliata la sussistenza oggettiva e soggettiva della fattispecie “base” di cui all’articolo 217 L.F. e venendo alla posizione dei sindaci quali titolari di un potere di controllo e non di attivazione diretta, sarebbe stato essenziale:
– verificare se i sindaci fossero in condizione di conoscere la reale situazione delle societa’ ovvero, in altri termini, se fossero emersi segnali di allarme, percepibili dall’organo di controllo, che avrebbero dovuto indurli a comprendere che le societa’ non fossero semplicemente in crisi, ma che si fosse determinata una situazione di insolvenza rilevante ex articolo 5 L. Fall.;
– in caso positivo, compiere il giudizio controfattuale e verificare se, qualora le attivita’ che si assumono omesse fossero state poste in essere, l’evento del reato – vale a dire l’aggravamento del dissesto – si sarebbe egualmente verificato.
Entrambe le suddette valutazioni andavano svolte tenendo a mente due dati di fatto per come ricostruiti nelle sentenze.
In particolare, l’apprezzamento di cui sopra andava effettuato tenendo presente che la Corte di appello – rispetto a quanto ipotizzato dal pubblico ministero ed a quanto ritenuto dal Tribunale – ha circoscritto il periodo in cui si sono manifestati gli indici di insolvenza che avrebbero dovuto allarmare il Collegio sindacale imponendogli di assumere le iniziative ex articoli 2406 e 2409 c.c., vale a dire “nel corso del secondo semestre del 2008”. E non trascurando, altresi’ che, sempre secondo quanto risulta dalle pronunzie di merito, nell’aprile 2009, il Collegio sindacale convoco’ l’assemblea ex articolo 2406 c.c., il che circoscrive ulteriormente il periodo in cui si sono protratte le omissioni, quantomeno quella di procedere alla convocazione suddetta.
4.5. Il vaglio circa la responsabilita’ omissiva dei sindaci, ancora, andava attuato tenendo conto delle iniziative di informazione o di sollecitazione rispetto all’operato degli amministratori che si sono registrate nel torno di tempo come sopra delimitato e che pure la sentenza di primo grado ha dettagliatamente ricostruito.
4.6. Ogni delibazione sui limiti di intervento dei sindaci, infine, avrebbe dovuto tenere conto dell’esegesi di questa Corte quanto all’ambito dei poteri/doveri di controllo dei medesimi.
Come ricostruito da Sez. 5, n. 26399 del 05/03/2014, Zandano, Rv. 260215 (in termini, Sez. 5, n. 15360 del 05/02/2010, Rv. 246956), nella disciplina codicistica sostanziale, sia nel previgente regime che nell’assetto novellato dalla riforma del diritto societario di cui al Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, il collegio sindacale e’ tipico organo di controllo, chiamato a vigilare sull’amministrazione della societa’, con il compito di garantire l’osservanza della legge ed il rispetto dell’atto costitutivo nonche’ di accertare che la contabilita’ sia tenuta in modo regolare. L’obbligo di vigilanza non e’, pero’, limitato al mero controllo contabile, ma deve estendersi anche al contenuto della gestione (ai sensi dell’articolo 2403 c.c., commi 1, 3 e 4; oggi dell’articolo 2403 bis c.c.), cosicche’ il controllo sindacale, se non investe in forma diretta le scelte imprenditoriali, non si risolve neppure in una mera verifica contabile limitata alla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende anche un minimo di riscontro tra la realta’ effettiva e la sua rappresentazione contabile (Sez. 5, n. 14045 del 22/03/2016, De Cuppis e altri, Rv. 266646; Sez. 5, n. 18985 del 14/01/2016, A T e altri, Rv. 267009; Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco e altri, Rv. 211368).
Tale attivita’, e’ svolta a tutela non solo dell’interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali (Sez. 5, n. 18985, cit.).
5. Fatta questa premessa in diritto, il Collegio non puo’ che rilevare che, nell’iter seguito dalla Corte territoriale per rispondere ai motivi di appello, diversi aspetti – che sarebbero stati essenziali per la ricostruzione della responsabilita’ degli imputati – sono stati trascurati o vagliati con argomentazioni incomplete o viziate da manifeste illogicita’ motivazionali, che hanno inciso profondamente su piu’ aspetti della regiudicanda, compromettendo la complessiva tenuta della pronunzia avversata e rendendola vulnerabile rispetto alle censure mosse nei ricorsi.
Cio’ si coglie con particolare riferimento all’unica delle tre societa’ che era operativa, la (OMISSIS), ma, data la partecipazione, diretta o mediata, in quest’ultima delle altre due, e’ evidente che le anomalie rilevate si ripercuotono sulla tenuta dell’intera pronunzia, data l’interdipendenza tra le sorti delle tre realta’ imprenditoriali.
L’illustrazione dei principi che i Giudici di merito avrebbero dovuto osservare di cui supra al § 4 – e che hanno ispirato l’odierna decisione consente una disamina piu’ snella dei singoli aspetti che hanno indotto all’annullamento, di seguito riportatati secondo un ordine che cerca di riprodurre l’anzidetta sequenza ricostruttiva.
6. Quanto alla condizione di insolvenza delle societa’ del gruppo, questa Corte deve, in primo luogo, rilevare un’omissione motivazionale da parte dei Giudici di appello, laddove – come rimarcato nei ricorsi – non hanno fornito risposta alle osservazioni, contenute alle pagg. da 42 a 44 dell’atto di appello della (OMISSIS) ed alle pag. 8 e segg. dell’appello di (OMISSIS). Si tratta delle proposizioni critiche concernenti la presenza di indicatori positivi vari circa la situazione economico-finanziaria delle societa’ del gruppo ed il verificarsi di eventi positivi per le vicende societarie che contraddirebbero la ritenuta condizione di insolvenza; condizione che avrebbe dovuto condurre gli amministratori delle societa’ alla richiesta di autofallimento e che, di conseguenza, avrebbe imposto ai sindaci l’assunzione delle iniziative di cui agli articoli 2406 e 2409 c.c. quali atti di impulso verso l’organo gestorio. Si tratta di plurimi dati di fatto che questa Corte non puo’ naturalmente vagliare nel concreto e che appare qui superfluo riportare ma, rispetto ai quali, non si colgono, nella sentenza impugnata, specifiche riflessioni atte a verificare la tenuta del ragionamento del Tribunale nonostante dette obiezioni concrete degli appellanti. Tanto impone una nuova disamina della vicenda che le affronti e che, appunto, ne vagli l’impatto rispetto al ragionamento probatorio della sentenza di primo grado.
7. Un altro profilo in cui il ricorso della (OMISSIS) coglie nel segno e’ quello che concerne la risposta della Corte distrettuale quanto alle fonti di conoscenza accessibili ai sindaci, da cui questi ultimi avrebbero dovuto attingere le informazioni per assumere le iniziative che si reputano omesse e, in particolare, percepire gli indicatori dell’insolvenza e la ricorrenza dei presupposti per chiedere l’autofallimento. Orbene, la pronunzia della Corte di merito e’, sul punto, sibillina, limitandosi ad un’elencazione, in piu’ punti del costrutto motivazionale, di atti da cui i sindaci avrebbero dovuto trarre le indicazioni utili ad agire – i cosiddetti segnali di allarme – che avrebbero dovuto stimolarne l’assunzione di iniziative. Tale elencazione, tuttavia, non costituisce una risposta effettiva alle censure dell’appello (OMISSIS), per due diverse ragioni.
7.1. In primo luogo, l’elencazione comprende anche atti che potevano non essere a conoscenza del collegio sindacale, sia perche’ non a quest’ultimo indirizzati (si pensi alle interlocuzioni tra revisori contabili, il direttore (OMISSIS) e il Consiglio di amministrazione), sia perche’ frutto di un’elaborazione successiva all’inizio delle procedure concorsuali e portatori di un patrimonio conoscitivo certamente ricostruito a posteriori (si pensi alle considerazioni del commissario giudiziale (OMISSIS) o dei curatori dei fallimenti (OMISSIS) e (OMISSIS)), mentre sarebbe stato necessario effettuare un’istantanea della situazione conoscibile ai sindaci in quei mesi.
7.2. In secondo luogo, la mera elencazione che si legge in sentenza a proposito, per esempio, dei verbali del Consiglio di amministrazione, del collegio sindacale e delle relazioni della societa’ di revisione appare troppo generica per reputare adempiuto il dovere argomentativo incombente sul Giudice di appello, messo di fronte a specifiche censure concernenti proprio il profilo delle fonti di conoscenza. Sarebbe stato necessario, invece, evidenziare perche’ ciascuna relazione/verbale fosse significativa quale portatrice di un segnale di allarme; a maggior ragione in quanto, nell’appello della (OMISSIS), si era contestato che il Tribunale avesse fatto riferimento ad atti non conosciuti dai sindaci.
8. Altra censura che pure si reputa fondata attiene al passaggio motivazionale in cui la Corte territoriale ha valorizzato i dati dei bilanci quali indicatori della “sostanziale inadeguatezza della capitalizzazione della neocostituita societa’ (OMISSIS)”, facendo riferimento a non meglio specificati “espedienti” utilizzati che contraddirebbero l’apparente equilibrio patrimoniale che emerge dai bilanci, ancorche’ questi ultimi non fossero stati ritenuti tacciabili di falsita’. Va ricordato, infatti, che il Tribunale aveva assolto gli imputati quanto alle ipotizzate bancarotte da falso in bilancio per le tre societa’ in esame (ad eccezione delle annotazioni nel bilancio (OMISSIS) concernenti il valore della partecipazione e dei crediti rispetto alla societa’ (OMISSIS)), con ampia ed approfondita motivazione; in particolare, con riferimento a quelli relativi agli anni 2005 (in discussione per la sola (OMISSIS)), 2006 (in discussione solo per (OMISSIS) e (OMISSIS)) e 2007, aveva escluso le falsificazioni, reputando corretti i criteri contabili adoperati; per quelli del 2008, il Tribunale aveva reputato insussistente il nesso di causalita’ tra i mendaci contestati e la produzione o l’aggravamento del dissesto (data la prossimita’ temporale tra l’approvazione del bilancio ed il precipitare della situazione in ragione, tra l’altro, della revoca della licenza di volo da parte di (OMISSIS)) e, quanto a quelli della (OMISSIS) e della (OMISSIS), aveva anche negato l’idoneita’ decettiva.
Cio’ posto, l’evocazione di quegli stessi bilanci per trarne indicazioni circa l’inadeguatezza della patrimonializzazione avrebbe richiesto, proprio in ragione della tesi liberatoria della sentenza del Tribunale, una specifica illustrazione di quali fossero gli espedienti contabili “incriminati” e come questi ultimi, pur essendo stati ritenuti corretti dal Collegio di prime cure, potessero essere ritenuti eloquenti, agli occhi dei sindaci, circa l’insolvenza delle societa’ del gruppo. Una tale specificazione manca del tutto nella sentenza impugnata.
9. Quanto, poi, in concreto, alla condotta dei sindaci che si reputa omessa, del pari manca, in sentenza, un’adeguata valutazione delle iniziative concretamente assunte dal collegio sindacale (e segnalate nell’appello (OMISSIS) a pag. 61 e segg.), a fortiori laddove la Corte di merito ha circoscritto il periodo in cui i sindaci hanno operato con la asserita – consapevolezza del dissesto. Non si nega, infatti, nella sentenza impugnata, che il collegio sindacale abbia assunto diverse iniziative tese a compulsare gli amministratori della (OMISSIS) in ordine alla crisi che la societa’ stava attraversando, chiedendo conto delle iniziative assunte per farvi fronte. Orbene, di fronte alla ristrettezza del periodo temporale in cui l’azione doverosa che si reputa omessa avrebbe dovuto avere luogo – dal secondo semestre 2008 fino alla deliberazione del collegio sindacale per la convocazione dell’assemblea dei soci ex articolo 2406 c.c. dell’aprile 2009 – ed all’assunzione di alcune iniziative di sollecitazione e di verifica da parte del collegio sindacale nel medesimo contesto temporale, la motivazione – a fronte di specifiche censure nell’appello (OMISSIS) – circa l’omissione di iniziative piu’ incisive avrebbe dovuto essere puntuale. Cio’ e’ tanto piu’ rilevante in quanto andava accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, che i sindaci non avessero agito con un approccio non gravemente imprudente ma solo votato alla prospettiva di un superamento della crisi, ritenendo di affrontarla mediante le attivita’ di stimolo rivolte al Consiglio di amministrazione e non a mezzo del coinvolgimento dell’assemblea o del Tribunale. In altre parole, la risposta della Corte di merito, a fronte di una specifica censura nell’appello della (OMISSIS), sembra non valutare le altre iniziative, di natura sollecitatoria, messe in campo dal collegio sindacale – per quanto di interesse in questa sede – dal primo luglio 2008 in poi.
9. La sentenza presenta, poi, un radicale vuoto motivazionale quanto al giudizio controfattuale, che, come sopra precisato, costituisce un passaggio necessario per validare la tesi dell’eziologia della contestata condotta omissiva dei sindaci rispetto all’aggravamento del dissesto delle societa’ del gruppo. Tale giudizio manca del tutto, ancorche’ proprio la Corte di appello, nella premessa in diritto dei motivi della decisione, ne avesse segnalato l’indispensabilita’.
10. Un’ulteriore lacuna motivazionale va rilevata per quanto concerne l’argomento, ampiamente coltivato dal (OMISSIS) nel suo appello, che riguarda il riconoscimento della rateizzazione del debito tributario e comunque della consistenza effettiva di quest’ultimo, tema che la Corte distrettuale ha affrontato semplicemente evocando un precedente di questa sezione, senza tuttavia sviscerare la questione dell’esposizione delle societa’ con il fisco. Altro argomento che avrebbe richiesto uno specifico riscontro motivazionale – che e’, invece, mancato – concerne il sostegno che la societa’ continuava a ricevere dal sistema bancario, nonche’ la percentuale di esposizione con il medesimo, che, nella prospettiva dei ricorrenti, rientrava in un limite del tutto fisiologico per quel tipo di societa’, aspetto su cui non si colgono espliciti riscontri argomentativi da parte della Corte distrettuale.
11. Venendo, poi, al distinguo attuato dalla Corte di appello quando ha assolto il terzo componente dei collegi sindacali, (OMISSIS), il Collegio osserva che la sentenza impugnata si presenta manifestamente illogica allorche’ ha operato una differenziazione tra gli imputati anche legata a pregressi rapporti professionali del (OMISSIS) e della (OMISSIS) ed a rapporti personali di quest’ultima con (OMISSIS), senza chiarire, tuttavia, perche’ detti rapporti fossero indicativi di una compiacenza nei confronti dell’organo amministrativo, pur a fronte delle attivita’ di sollecitazione poste in essere dall’organo di controllo nel suo complesso – di cui facevano parte tutti gli imputati – nei riguardi dell’apparato gestorio delle societa’ del gruppo.
12. Per tutto quanto sopra osservato, la sentenza impugnata – assorbita ogni altra censura – va annullata con rinvio, affinche’ la regiudicanda venga nuovamente esaminata evitando di incorrere nei vizi rilevati e senza la necessita’ di soffermarsi sul solo punto oggetto della pronunzia rescindente, rispetto al quale, tuttavia, il Giudice del rinvio dovra’ evitare di incorrere nuovamente nel vizio rilevato, fornendo in sentenza adeguata motivazione in ordine all’iter logico-giuridico seguito (Sez. 5, n. 33847 del 19/04/2018, Cesarano e altri, Rv. 273628; Sez. 5, n. 34016 del 22/06/2010, Gambino, Rv. 248413).
13. Quanto al Giudice dinanzi al quale deve essere effettuato il rinvio, si ritiene che, in applicazione dell’articolo 622 c.p.p., esso debba individuarsi nel Giudice civile competente per valore in grado di appello, dal momento che l’annullamento concerne solo i capi che riguardano l’azione civile, stante la gia’ dichiarata prescrizione dei reati in appello.
13.1. Tale scelta trova conforto, in primo luogo, nella giurisprudenza maggioritaria di questa Corte, secondo la quale il rilievo, in sede di legittimita’, della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione, unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla responsabilita’ dell’imputato, comporta l’annullamento senza rinvio della stessa e, ove questa contenga anche la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, l’annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (Sez. 5, n. 26217 del 13/07/2020, dep. 17/09/2020, Giarmoleo, allo stato non massimata; Sez. 4, n. 13869 del 05/03/2020, Sassi, Rv. 278761; Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, Milanesi, Rv. 278943; Sez. 4, n. 34878 del 8/06/2017, Soriano, Rv. 271065; Sez. 4, n. 29627 del 21/04/2016, Silvam, Rv. 267844; Sez. 5, n. 15015 del 23/02/2012, Genovese, Rv. 252487; Sez. 5, n. 594 del 16/11/2011, Perrone, Rv. 252665).
Della questione si sono occupate anche le Sezioni Unite.
La sentenza Sciortino (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Rv. 256087) e’ intervenuta in un caso in cui la Corte di appello, una volta accertata la maturazione del termine prescrizionale, non aveva motivato in ordine alla responsabilita’ dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, limitandosi ad affermare che, tenuto conto delle prove acquisite, non era ravvisabile alcun elemento idoneo a ritenere che i fatti contestati non sussistessero o che l’imputato non li avesse commessi, cosi’ applicando la regola di giudizio di cui all’articolo 129 c.p.p. e sottraendosi al dovere di esaminare compiutamente i motivi di appello a fini civilistici. In questa occasione, il supremo Consesso ha ritenuto che, una volta rilevata e dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione, non possa residuare alcuno spazio per ulteriori pronunce del giudice penale e non abbia piu’ ragion d’essere la speciale competenza promiscua (penale e civile) attribuita al giudice penale in conseguenza della costituzione di parte civile, venendo meno quell’interesse penalisti’co alla vicenda che giustifica il permanere della questione in sede penale. In virtu’ del principio di economia processuale, quindi, la decisione sugli aspetti civili va rimessa al giudice civile, competente a pronunciarsi sia sull’an che sul quantum della pretesa del danneggiato dal reato.
Del rinvio al Giudice civile competente per valore in grado di appello aveva detto, sia pure incidentalmente, anche la ben piu’ risalente sentenza delle Sezioni Unite Conti (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti D, Rv. 221403), allorche’ aveva sancito che il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita’ sancito dall’articolo 129 c.p.p. impone che, nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullita’ processuale assoluta e insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l’operativita’ della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullita’, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio. Ebbene, per quanto di specifico interesse in questa sede, in motivazione le Sezioni Unite avevano affermato che, nel caso di condanna anche agli effetti civili, una volta rilevata la nullita’ che aveva caratterizzato il processo e che aveva inficiato la sentenza di appello, il rinvio andava effettuato verso il Giudice civile.
Non va trascurato, infine, che la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 176 del 2019 – nel dichiarare non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale dell’articolo 576 c.p.p. nella parte in cui prevede che la parte civile possa proporre al Giudice penale anziche’ al Giudice civile impugnazione ai soli effetti della responsabilita’ civile contro la sentenza di proscioglimento pronunziata nel giudizio – ha tenuto distinto, dalla disposizione sub iudice, il caso del rinvio al Giudice civile previsto dall’articolo 622 c.p.p. – dandolo, dunque, per scontato – dal momento che quest’ultima disposizione trova applicazione in una fase finale dell’intero processo.
Cosi’ inquadrata la questione, si ritiene che l’esegesi sopra compendiata possa trovare applicazione anche in un caso come quello oggi sub iudice, quando – cioe’ – la prescrizione sia gia’ stata dichiarata dal Giudice di appello e la sentenza di quest’ultimo, laddove e’ stata esaminata funditus la responsabilita’ dell’imputato a fini civilistici, sia stata impugnata dall’imputato ai soli effetti civili e sia stata reputata, dalla Corte di cassazione, affetta da vizi motivazionali.
13.2. Il Collegio e’ consapevole che – giungendo a conclusioni prima solo isolatamente emerse nella giurisprudenza delle sezioni semplici – si e’ fatta strada, di recente, nella giurisprudenza penale di questa Corte, un’esegesi che mette in discussione l’individuazione del Giudice del rinvio in quello civile, nel caso in cui, pur venuta meno la regiudicanda penale per prescrizione, la decisione sulla sorte dell’azione civile dipenda dalla fondatezza del ricorso dell’imputato agli effetti penali.
Come compiutamente ricostruito dalla recentissima sentenza Giarmoleo di questa sezione (Sez. 5, n. 26217 del 13/07/2020, allo stato non massimata), l’innesco del mutamento ermeneutico e’ rappresentato, a sua volta, da un revirement della giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte, secondo cui il giudizio di rinvio ex articolo 622 c.p.p. non costituisce la fase rescissoria dell’impugnazione svoltasi davanti alla Corte di cassazione penale e la prosecuzione in senso stretto del giudizio penale, poiche’ esso si configura, invece, come giudizio autonomo che, sia sul piano strutturale sia su quello funzionale, segue le regole processuali e probatorie del processo civile (Sez. 3 civ, n. 25918 del 15/10/2019, Rv. 655377; Sez. 3 civ, n. 25917 del 15/10/2019, Rv. 655376; Sez. 3 civ, n. 16916 del 25/06/2019, Rv. 654433; Sez. 3 civ, n. 22729 del 12/09/2019, Rv. 655473; Sez. 3 civ, n. 15859 del 12/06/2019, Rv. 654290; Sez. 3 civ, n. 9358 del 12/04/2017, Rv. 644002).
Preso atto di tale mutamento di giurisprudenza, alcuni collegi delle sezioni penali sono stati indotti a mettere in discussione il rinvio al Giudice civile competente per valore in grado di appello qualora – stante l’intervenuta prescrizione del reato – la sentenza impugnata sia annullata ai soli effetti civili; in particolare, cio’ e’ avvenuto in ipotesi in cui il motivo dell’annullamento era rappresentato dalla mancata rinnovazione della prova dichiarativa in caso di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria di prime cure.
In particolare, secondo Sez. 6, n. 31921 del 06/06/2019, De Angelis, Rv. 277285, la sentenza, in questo caso, deve essere annullata senza rinvio, ferma restando la possibilita’, per la parte civile, di esercitare ex novo l’azione civile nella sua sede propria.
Secondo Sez. 2, n. 9542 del 19/02/2020, G, Rv. 278589, Sez. 4, n. 11958 del 13/02/2020, imputato Palisi, Rv. 278746 e Sez. 3, n. 14229 del 09/01/2020, H, Rv. 278762, invece, l’annullamento deve essere con rinvio, ma il Giudice della fase rescissoria va individuato nel Giudice penale.
Il nuovo indirizzo si fonda in sintesi – pur nelle differenti declinazioni impresse al ripensamento esegetico in ciascuna delle sentenze citate – sul rilievo che:
– permane, nonostante l’irrevocabilita’ della sentenza di proscioglimento, un interesse penalistico alla vicenda, sotto il profilo della necessaria applicazione del “giusto processo” di rilievo costituzionale ovvero, piu’ in generale, delle regole proprie del processo penale, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa;
– il rinvio al giudice civile imporrebbe a quest’ultimo di procedere all’accertamento del fatto applicando le regole di acquisizione probatoria proprie del diritto penale processuale;
– il rinvio al giudice penale anziche’ a quello civile, peraltro, costituisce una garanzia del diritto di tutte le parti a non vedere stravolte, alla fine di un lungo processo, le regole probatorie e quelle logiche sulla responsabilita’ che lo hanno governato fino a quel momento.
13.3. Tanto premesso, la questione rileva anche in questa sede, pur nella diversita’ della situazione processuale verificatasi rispetto a quelle su cui si innestano i precedenti appena evocati, giacche’, nel presente procedimento, non vi e’ questione di ribaltamento della pronunzia assolutoria di primo grado e di mancata rinnovazione della prova dichiarativa: la lettura delle sentenze di cui sopra evidenzia, infatti, come, ad essere messa in discussione, sia, in generale, la competenza stessa del Giudice civile in sede di rinvio, laddove questi applichi le regole procedurali e probatorie proprie del diritto civile.
Orbene, in linea con quanto sostenuto nella sentenza Giarmoleo (gia’ citata), il Collegio ritiene di dover dissentire dalla nuova esegesi.
L’articolo 622 c.p.p. disciplina la fase in cui, all’esito del giudizio di cassazione, la regiudicanda penale si sia esaurita (“Fermi gli effetti penali della sentenza”), quand’anche per prescrizione (cfr. Sezioni Unite Sciortino) e il giudizio debba proseguire con riferimento alla sola responsabilita’ civile da reato; esso, dunque, verte – come si legge nell’articolo 622 c.p.p. – sulle sole “disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile” per la semplice ragione che e’ solo su questi ultimi che puo’ incidere la delibazione del Giudice di rinvio, a prescindere dalle ragioni che hanno condotto a ritenere viziata la sentenza impugnata dinanzi al Giudice di legittimita’.
Se questo e’ il dato testuale, il Collegio non condivide le alternative esegetiche che ne riguardano l’applicazione come sopra precisate, spinte dalla preoccupazione che le aspettative delle parti possano risultare in vario modo frustrate dal prosieguo in sede civile, dove le regole probatorie e quelle logiche sulla responsabilita’ che hanno governato il processo fino a quel momento – altresi’ determinando le strategie processuali delle parti – sono destinate a mutare profondamente.
A questo dubbio, come suggerito dalla sentenza Giarmoleo, gia’ Sezioni Unite Sciortino avevano fornito una risposta “rassicurante”.
L’autorevole precedente, infatti, aveva ritenuto irrilevante che la parte civile potesse essere pregiudicata dall’applicazione, nel giudizio di rinvio, delle regole e delle forme della procedura civile, che potrebbero ritenersi meno favorevoli agli interessi del danneggiato dal reato rispetto a quelle del processo penale, dominato dall’azione pubblica di cui puo’ ben beneficiare indirettamente il danneggiato dal reato. Cio’ in quanto il danneggiato, quando sceglie di azionare la pretesa risarcitoria nel processo penale, sa che quest’ultimo puo’ concludersi senza un accertamento della responsabilita’ penale dell’imputato per estinzione del reato o improcedibilita’ e che il processo potra’ proseguire dinanzi al Giudice civile, ritornando, cosi’, nella sua sede naturale.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi quanto al punto di vista dell’imputato, giacche’ egli ha la facolta’ di stabilizzare definitivamente la sua posizione nel processo penale rinunziando alla prescrizione, cosi’ assicurandosi il prosieguo della sua vicenda, nelle sue evoluzioni punitive e risarcitorie, dinanzi al Giudice penale.
13.4. A stemperare le preoccupazioni circa le paventate ripercussioni sulle aspettative delle parti occorre, poi, osservare che un giudizio circa la vantaggiosita’ delle regole del processo civile rispetto a quello penale e viceversa, dal punto di vista dell’imputato e da quello della parte civile, non sembra poter essere netta. Il Collegio osserva, infatti, che, date le diverse declinazioni, sostanziali e processuali, delle regole che presidiano l’accertamento della responsabilita’ civile da reato in ciascuna delle due sedi, penale e civile, non e’ neanche agevole l’individuazione di quale sia il regime deteriore per l’una o per l’altra parte, si’ da attribuirvi con certezza una patente di maggiore garanzia e da giustificare la forzatura interpretativa che potrebbe condurre ad individuare nel Giudice penale il Giudice di rinvio per il prosieguo civilistico di una vicenda penale definitivamente esauritasi.
13.5. Va, infine, rilevato che sembra esservi, alla base del revirement esegetico di cui si e’ detto, un errore di metodo. La circostanza che vi sia stato il mutamento interpretativo nella giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte di cui si e’ detto non puo’ indurre ad un ripensamento dell’orientamento tradizionale penalistico circa l’individuazione del Giudice della fase rescissoria, giacche’ si tratterebbe – a giudizio del Collegio – di una non condivisibile inversione del corretto iter logico-giuridico che va seguito; l’interpretazione dell’articolo 622 codice di rito e l’individuazione del Giudice competente per la fase del rinvio, infatti, e’ operazione preliminare rispetto a quella della enucleazione delle regole che quest’ultimo dovra’ applicare.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.

 

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