In tema di autoriciclaggio

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 30 settembre 2020, n. 27228.

In tema di autoriciclaggio il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non coincide con il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal reato presupposto, consistendo invece nei proventi conseguiti dall’impiego di questi ultimi in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative (nella specie, un’attività di ristorazione di proprietà di una s.a.s. intestata ad un prestanome dell’indagato, sui conti della quale erano state riversate le somme provenienti dalle truffe e appropriazioni indebite contestate all’indagato medesimo).

Sentenza 30 settembre 2020, n. 27228

Data udienza 15 settembre 2020

Tag – parola chiave: Misura cautelare reale – Sequestro preventivo finalizzato alla confisca – Truffa – Appropriazione indebita – Autoriciclaggio – Intestazione fittizia del bene – Terzo avente la disponibilità del bene – Profitto del reato di riciclaggio – Nozione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere

Dott. SGADARI G. – est. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 12/02/2020 del Tribunale di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dr. Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Romano Giulio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Matera aveva emesso un decreto di sequestro nei confronti di (OMISSIS) Michele, padre dell’odierno ricorrente, indagato per vari reati di truffa e appropriazione indebita (capi da A ad N) e per reati di autoriciclaggio (capi O e P) e intestazione fittizia di beni (capo Q).
2.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Matera rigettava parzialmente la richiesta di riesame proposta dal ricorrente (OMISSIS), quale terzo interessato e legale rappresentante della (OMISSIS) s.a.s..
Secondo la contestazione provvisoria, il padre del ricorrente, (OMISSIS), essendo direttore di una banca, aveva sottratto somme di danaro a vari clienti, commettendo i reati di truffa e appropriazione indebita, trasferendo parte di tali proventi sul conto intestato a (OMISSIS) s.a.s. della quale il figlio, individuato nella sostanza dell’accusa quale suo prestanome, era legale rappresentante.
Il Tribunale precisava che il decreto di sequestro doveva intendersi riferito, quanto ad Euro 261.755, come disposto ex articolo 648-quater c.p., in relazione ai reati di autoriciclaggio di cui ai capi O e P e quale profitto dei medesimi reati e, quanto ad Euro 515.698, quale prodotto dei reati di truffa e appropriazione indebita e come disposto ex articolo 321 c.p.p., comma 1, sempre nei riguardi del padre del ricorrente.
3. Ricorre per cassazione (OMISSIS), deducendo:
1) violazione di legge per non avere il Tribunale esattamente determinato il valore del profitto dei reati di truffa ed appropriazione indebita, che non sarebbe stato dell’importo indicato nell’ordinanza impugnata ma di importo inferiore (pari ad Euro 330 mila circa) tale da rendere del tutto superfluo e sproporzionato il sequestro preventivo dell’attivita’ commerciale di proprieta’ della (OMISSIS) s.a.s. appartenente al ricorrente e non nella disponibilita’ dell’indagato;
2) violazione di legge per avere il Tribunale mantenuto il sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., comma 1, sull’attivita’ commerciale di proprieta’ di (OMISSIS) s.a.s. denominata 19.ma Buca ed intestata al ricorrente. Tale titolo del sequestro sarebbe illegittimo in quanto tale attivita’ non sarebbe individuabile quale prodotto o profitto dei reati di truffa ed appropriazione indebita contestati al padre del ricorrente.
Il Tribunale avrebbe confuso i vari titoli cautelari reali in relazione ai beni oggetto di sequestro, il che, oltre che valere per l’attivita’ commerciale prima indicata, vale anche per l’autovettura Fiat 500X acquistata dalla (OMISSIS) s.a.s. riconducibile al ricorrente;
3) violazione di legge per avere il Tribunale esteso il sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., comma 1, alla attivita’ commerciale della (OMISSIS) s.a.s. ed all’autovettura acquistata da tale societa’.
Il ricorrente rivendica il proprio diritto a censurare la legittimita’ del sequestro su tali beni ex articolo 321 c.p.p., comma 1, da cio’ discendendo la possibilita’ di ottenerne la restituzione;
4) violazione di legge per avere il Tribunale esteso il sequestro finalizzato alla confisca a beni del ricorrente – quali quelli indicati nei precedenti motivi – pur essendo costui estraneo alle condotte illecite commesse dal genitore indagato; per quanto indicato ai fg. 8 e 9 del ricorso, il ricorrente sarebbe anche l’effettivo titolare di detti beni, da lui amministrati sulla base di specifiche competenze tecniche;
5) violazione di legge in ordine al sequestro dell’autovettura indicata nei precedenti motivi di ricorso, non qualificabile come prodotto o profitto dei reati di truffa, appropriazione indebita o autoriciclaggio contestati a (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato.
I motivi possono essere affrontati congiuntamente in ragione di quanto segue. 1.L’ordinanza impugnata correttamente individua i limiti dei diritti del terzo che intervenga in un procedimento cautelare reale avviato nei confronti di altro soggetto.
E’ pacifica la regola giurisprudenziale secondo cui, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, puo’ dedurre, in sede di merito e di legittimita’, unicamente la propria effettiva titolarita’ o disponibilita’ del bene e l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza potere contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700; Massime precedenti Conformi: N. 42037 del 2016 Rv. 268070).
Nel caso in esame, il procedimento penale e’ stato avviato nei confronti del padre del ricorrente, accusato di diversi reati di truffa e appropriazione indebita ed anche di autoriciclaggio.
In particolare, per quel che rileva in questa sede e secondo quanto emerge dal provvedimento impugnato, i beni intestati al ricorrente (OMISSIS) sono stati oggetto di sequestro finalizzato alla confisca ai sensi dell’articolo 648 quater c.p. in quanto ritenuti profitto del reato di autoriciclaggio.
L’ipotesi accusatoria e’, infatti, quella secondo la quale il padre del ricorrente, ottenendo illecite somme di danaro quale profitto dei reati di truffa ed appropriazione indebita, le avrebbe in parte riversate sui conti della (OMISSIS) s.a.s., societa’ formalmente riferibile al di lui figlio ma in realta’ gestita dall’indagato (OMISSIS), che si premurava anche di pagare i canoni di affitto e quanto dovuto all’Agenzia delle Entrate.
La (OMISSIS) s.a.s, sostanzialmente riconducibile a (OMISSIS), aveva acquistato una attivita’ di ristorazione ((OMISSIS)), sempre con somme riconducibili a (OMISSIS) (fg. 4 del provvedimento impugnato).
Contestare tali dati significa entrare nel merito della vicenda attraverso censure che ineriscono a presunti vizi motivazionali non deducibili in questa sede.
Infatti, secondo l’articolo 325 c.p.p., comma 1, il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, e’ ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’ condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) (tra le tante, sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, Bevilacqua).
La piu’ autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n. 25932 del 2008, Ivanov).
Ne consegue che non sono ammissibili le argomentazioni volte a rappresentare il ricorrente come titolare effettivo della (OMISSIS) s.a.s. e della attivita’ di ristorazione acquistata da detta societa’ ed a lui formalmente riconducibile.
2. Cio’ posto, correttamente il Tribunale ha individuato la natura del sequestro disposto sui beni solo formalmente riferibili all’indagato, ma, in realta’, appartenenti al di lui genitore.
Si e’ fatto buon uso del principio secondo cui, in tema di autoriciclaggio il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non coincide con il denaro, i beni o le altre utilita’ provenienti dal reato presupposto, consistendo invece nei proventi conseguiti dall’impiego di questi ultimi in attivita’ economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative (Sez. 2, n. 30401 del 07/06/2018, Ceoldo, Rv. 272970).
Pertanto, l’acquisto della attivita’ commerciale di ristorazione (OMISSIS) con i proventi dei reati presupposti di truffa e appropriazione indebita, costituisce profitto del reato di autoriciclaggio e legittima il sequestro ex articolo 648 quater c.p..
E cio’, con particolare riferimento al comma 2 della norma citata, posto che il sequestro si e’ esteso su beni del prestanome dell’indagato e, dunque, nella disponibilita’ di questi per interposta persona.
3. Tenuto conto della causale e della natura del sequestro, rimane non deducibile dal ricorrente la circostanza che tali beni, a lui solo formalmente riconducibili, possano essere stati contemporaneamente gravati da altro titolo cautelare reale, vale a dire dal sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., comma 1.
Una volta posta la legittimita’ del sequestro ex articolo 648-quater c.p., comma 2, il ricorrente, sulla base delle regole giurisprudenziali prima citate, non ha interesse a dolersi della legittimita’ di altro titolo cautelare indipendente, che non servirebbe ad escludere il vincolo nei suoi confronti e che riguarda la posizione del di lui padre.
Non sono ammissibili, pertanto, le argomentazioni che vorrebbero censurare, anche sotto il profilo della “estensione quantitativa”, la correttezza del sequestro ex articolo 321, comma 1, c.p.p. e che non possono che riferirsi solo al pericolo relativo alla libera disponibilita’ dei beni da parte dell’indagato (OMISSIS) e non da parte del ricorrente.
4. Infine, anche con riguardo al sequestro dell’autovettura intestata alla societa’ (OMISSIS) s.a.s., l’ordinanza e’ priva di vizi di legge, poiche’ la ragione del vincolo e’ stata fatta discendere dal fatto che tutta tale compagine, compresi i suoi beni strumentali come l’automobile, fosse alimentata con capitali rivenienti dalle truffe e appropriazioni indebite attribuite al padre del ricorrente, che gestiva il tutto attraverso il figlio suo prestanome ed odierno istante.
Sicche’, e’ stata fatta corretta applicazione della regola, analogicamente estendibile al caso in esame, secondo la quale, il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato di cui all’articolo 648-ter c.p., puo’ riguardare una intera societa’ e il relativo compendio aziendale quando sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attivita’ della stessa, cosi’ da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita. (Nella concreta fattispecie, si trattava di una societa’ che aveva utilizzato capitali di provenienza illecita, riconducibili al gestore del patrimonio di un sodalizio di stampo mafioso, per coprire crisi di liquidita’, onorare gli impegni assunti con le banche e i fornitori, ed incrementare l’attivita’ aziendale) (Sez. 1, n. 2737 del 21/12/2010, dep. 2011, Tassielli, Rv. 249178).
Le argomentazioni svolte dal ricorrente in ordine alla tempistica di acquisizione del mezzo ineriscono alla motivazione e non configurano alcuna violazione di legge. Quanto detto fin qui assorbe ogni ulteriore argomentazione difensiva e determina il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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