Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 25 giugno 2020, n. 19217.
Massima estrapolata:
In tema di attività venatoria di gruppo, costituendo l’esercizio della caccia con il fucile attività pericolosa, il cacciatore ha l’obbligo, al fine di preservare l’incolumità dei terzi, di accertare la sufficiente libertà e sicurezza del campo di tiro, con conseguente divieto di sparare contro un bersaglio non determinato e coperto da vegetazione, non rappresentando fatto imprevedibile, tale da escludere il nesso causale tra la condotta colposa e l’evento lesivo, l’improvviso spostamento di un altro cacciatore dalla originaria posizione assegnata. (Fattispecie di omicidio colposo nel corso di una battuta di caccia al cinghiale).
Sentenza 25 giugno 2020, n. 19217
Data udienza 21 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Diritto venatorio – Attività venatoria di gruppo – Battuta di caccia al cinghiale – Omicidio colposo – Rapporto di causalità tra la condotta colposa e l’evento lesivo – Esercizio della caccia con fucile costituisce attività pericolosa – Regole cautelari prudenziali – Sufficiente libertà e sicurezza del campo di tiro – Traiettoria del proiettile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere
Dott. TORNESI Daniela Ri – rel. Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/07/2017 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa TORNESI DANIELA RITA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. SPINACI SANTE;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore;
E’ presente l’avv. (OMISSIS) del foro di ROMA in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di CASSINO in difesa di (OMISSIS) che deposita nomina ex articolo 102 c.p.p. e chiede l’accoglimento del ricorso.
E’ altresi’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa del RESPONSABILE CIVILE che deposita memorie scritte a cui si riporta.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30 giugno 2015 il Tribunale di Cassino dichiarava (OMISSIS) responsabile del reato di cui all’articolo 589 c.p. e lo condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi due di reclusione. Inoltre il (OMISSIS) e il responsabile civile (OMISSIS) venivano condannati, in solido, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite che venivano liquidati in Euro 295.042,57 per (OMISSIS), Euro 295.042,57 per (OMISSIS), Euro 108.705,68 per (OMISSIS) ed Euro 95.117.48 per (OMISSIS), oltre interessi legali.
1.1. Al predetto imputato era ascritto di avere cagionato, con condotta colposa consistita in imprudenza ed inosservanza delle norme sulla modalita’ di esercizio della caccia, la morte di (OMISSIS); in particolare, mentre stava partecipando ad una battuta di caccia al cinghiale nell’azienda ” (OMISSIS)”, dopo avere sentito il sopraggiungere di alcuni cani che verosimilmente stavano inseguendo un cinghiale, esplodeva dei colpi di fucile in tale direzione, senza preoccuparsi dell’eventuale presenza di altri cacciatori, colpendo cosi’ la vittima.
In (OMISSIS).
1.2. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado in data 28 ottobre 2009 la squadra di caccia denominata “(OMISSIS)”, composta dal capo – responsabile (OMISSIS) e da quindici partecipanti, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS), organizzava una battuta di caccia al cinghiale nell’azienda faunistica-venatoria (OMISSIS). I partecipanti alla battuta si riunivano presto di mattina nel punto d’incontro prestabilito ove il (OMISSIS) assegnava i ruoli a ciascuno dei partecipanti i quali, muniti degli equipaggiamenti di sicurezza (tra cui i gilet e i cappellini catarifrangenti), andavano ad occupare le posizioni prestabilite. In particolare (OMISSIS), accompagnato dal piu’ esperto (OMISSIS), si recava appena fuori dalla predetta azienda, dopodiche’ quest’ultimo si allontanava spostandosi piu’ in alto, a circa 900 metri di distanza.
(OMISSIS), unitamente a (OMISSIS), veniva dapprima portato a bordo di una jeep sulla vetta della montagna e da qui i due raggiungevano a piedi la postazione loro assegnata. Dopo circa due ore il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) decidevano di raggiungere un’altra postazione sempre all’interno dell’azienda. I due cacciatori procedevano a lungo nel bosco per raggiungere la nuova meta quando, improvvisamente, sentivano avvicinarsi una muta di cani che presumibilmente, avendo avvistato un cinghiale, lo stavano inseguendo spingendo l’animale nella loro direzione. Il (OMISSIS), avvedutosi di cio’, si spostava ad una distanza di circa cinquanta metri dal compagno, prendeva posizione ed esplodeva un colpo di fucile; immediatamente dopo si sentivano i lamenti di (OMISSIS) che rimaneva attinto dal proiettile e decedeva nel giro di una decina di minuti.
Dagli accertamenti svolti dai Carabinieri del comando della stazione di Sora, intervenuti nella immediatezza, emergeva che il (OMISSIS) e la vittima si trovavano ad una distanza di circa settanta metri l’uno dall’altro, in posizione quasi frontale e pressoche’ sullo stesso piano, e che la visuale era impedita dalla presenza di arbusti. Al momento dello sparo il (OMISSIS) si trovava all’interno dell’azienda e a distanza di circa cento/centocinquanta metri dalla postazione originariamente assegnatagli mentre il (OMISSIS) era lontano da essa.
Dall’esame autoptico risultava che la causa della morte era da attribuire al grave shock emorragico irreversibile conseguente alla lesione determinata dal colpo d’arma esploso; nella specie il proiettile era penetrato al livello del gluteo destro, e, dopo aver impattato contro la superficie ossea – acetabolare destra, determinandone la frattura, e aver colpito la branca ileo-pubica omolaterale fuoriusciva, attraverso la parete anteriore dell’addome, a destra della linea mediana e a circa cinque centimetri dall’ombelico.
Il consulente chiariva che il giovane era stato attinto da un proiettile esploso entro una distanza di 150-200 metri e che aveva percorso una traiettoria diretta dal basso verso l’alto.
1.3. Il Tribunale di Cassino ravvisava la sussistenza del reato contestato evidenziando che la condotta in concreto tenuta dal (OMISSIS) era connotata da grave imprudenza, avendo esploso repentinamente un colpo di fucile ad altezza d’uomo senza scrupolosamente accertare, tenuto conto della intrinseca pericolosita’ dell’arma utilizzata avente una enorme potenza, gittata e capacita’ lesiva, che sulla traiettoria non si trovassero, lungo la traiettoria, altre persone potenzialmente raggiungibili dal proiettile; il tutto senza avere nemmeno preventivamente individuato la presunta preda in quanto la presenza di arbusti impediva una corretta visuale. In tal modo il (OMISSIS) poneva in essere una situazione di gravissimo pericolo per l’incolumita’ di terzi, considerate anche le circostanze concrete in atto al momento dello sparo caratterizzate dallo spostamento dei cacciatori e, in primis, dello stesso imputato dall’iniziale postazione assegnata.
2. Con sentenza del 4 luglio 2017 la Corte d’appello di Roma ha concesso il beneficio della non menzione al (OMISSIS) confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
3. (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza elevando i seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione all’articolo 178 c.p.p. e articolo 24 Cost. sostenendo che la Corte distrettuale abbia omesso di decidere sull’eccezione processuale sollevata nell’atto di appello e riproposta anche dal responsabile civile nei motivi aggiunti. In particolare evidenziava che la sezione distaccata di Sora (cui erano stati trasmessi gli atti per competenza dal Tribunale di Cassino), all’udienza del 22 gennaio 2013, accoglieva, ancor prima del compimento degli atti introduttivi, l’istanza avanzata dal suo difensore di fiducia che adduceva concomitanti impegni professionali e rinviava all’udienza del 10 aprile 2013 senza pero’ disporre la doverosa notifica del verbale nei suoi confronti. Nel corso di tale successiva udienza alla quale non aveva presenziato, non avendo avuto alcuna notizia al riguardo, il Tribunale di Sora procedeva alla escussione di alcuni testi del Pubblico Ministero. Solo all’udienza dell’8 ottobre 2013 veniva disposta la notifica del verbale di udienza all’imputato per cambio di sede dalla sezione distaccata di Sora al Tribunale di Cassino.
3.2. Con il secondo motivo lamenta il vizio motivazionale in ordine alla ricostruzione del fatto in quanto la Corte distrettuale ha confermato la pronuncia di primo grado omettendo di valutare il compendio probatorio da cui emerge che la presenza della vittima sulla traiettoria del colpo e’ stata del tutto imprevedibile ed eccezionale. Rappresenta, al riguardo, che l’imputato, al momento dello sparo, era perfettamente consapevole della posizione degli altri cacciatori che partecipavano alla battuta di caccia, essendosi divisi tra loro i compiti e le zone mentre la vittima era rimasta all’esterno dell’azienda faunistica venatoria (OMISSIS), non essendo autorizzata ad accedervi. Afferma altresi’ che le emergenze processuali escludono che l’imputato abbia sparato ad altezza d’uomo e che, nel momento dello sparo, si trovasse in una posizione piu’ bassa rispetto a quella della vittima.
3.3. Con il terzo motivo deduce il vizio motivazionale in relazione alla statuizione concernente il diniego della concessione delle attenuanti generiche sottolineando che e’ stato pretermesso un adeguato apprezzamento dell’apporto offerto dalla vittima nella causazione dell’evento di danno. Inoltre sottolinea che i giudici di secondo grado, nonostante la sua incensuratezza, la condotta processuale tenuta e l’avvenuto risarcimento del danno nel corso del giudizio, hanno comunque ravvisato la sussistenza di profili di colpa di particolare intensita’.
3.4. Conclude chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso non presenta profili di inammissibilita’ per cui sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 1, l’intervenuta causa estintiva del reato in relazione al quale e’ stata pronunciata la condanna essendo spirato, in data 26 settembre 2017, tenuto conto del tempus commissi delicti, il termine di prescrizione massimo ai sensi del combinato disposto degli articoli 157, 160 e 161 c.p.p. di anni sette e mesi sei, cui vanno aggiunti gg. 123 di sospensione.
Tanto chiarito, si rammenta che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Sez. U. n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273) hanno affermato il principio per cui il disposto dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, laddove impone di dichiarare la causa estintiva quando non risultino evidenti i presupposti per una pronuncia assolutoria, deve coordinarsi con l’ipotesi in cui sia stata pronunciata la condanna in favore della parte civile costituita, il che impone, ai sensi dell’articolo 578 c.p.p., di pronunciarsi sull’azione civile.
In tale ipotesi infatti la valutazione della res iudicanda non deve avvenire secondo i canoni di economia processuale.
Pertanto, atteso che nel caso in esame il Tribunale di Cassino ha condannato l’imputato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, statuizione confermata dalla Corte di appello, si deve procedere, pur in presenza della causa estintiva, ad un esame approfondito dei motivi di doglianza rilevanti ai fini della responsabilita’ civile.
2. Quanto al primo motivo, si premette che dalla disamina degli atti – sempre consentito ed anzi doveroso, quando sia denunciato un error in procedendo ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), rispetto al quale la Corte di cassazione e’ “giudice anche del fatto” (Sez. U. n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, risultano le seguenti circostanze:
– con decreto del 6 dicembre 2011 il (OMISSIS) veniva rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di Cassino e all’udienza del 12 aprile 2012 il giudice rilevava che, in base ai criteri di ripartizione interna, il processo andava assegnato alla sezione distaccata di Sora e, pertanto, disponeva la trasmissione degli atti al Presidente della sezione penale per la designazione di altro giudice;
– il decreto di citazione a giudizio del 2 maggio 2012 con cui veniva fissata la udienza del 22 gennaio 2013 dinanzi al Tribunale di Sora veniva regolarmente notificato all’imputato;
– l’udienza del 22 gennaio 2013 veniva preliminarmente rinviata al 10 aprile 2013 per legittimo impedimento del difensore del (OMISSIS) e nel verbale veniva annotato che l’imputato era “libero assente”;
– il 10 aprile 2013 l’imputato veniva dichiarato “libero gia’ contumace” e, dopo l’escussione di alcuni testi, il giudice disponeva il rinvio all’udienza dell’8 ottobre 2013 presso il Tribunale di Cassino in considerazione della prevista soppressione ex lege delle sezioni distaccate;
– l’8 ottobre 2013 il giudice del Tribunale di Cassino disponeva in via preliminare il rinvio all’udienza del 25 febbraio 2014 avendo rilevato che all’imputato non era stato notificato l’avviso dell’udienza contenente il luogo di celebrazione del processo;
– il 25 febbraio 2014 il giudice rilevava la regolarita’ della notifica al (OMISSIS) e veniva dichiarata la sua contumacia. Il processo si articolava in altre successive udienze dibattimentali sino a quella del 30 giugno 2015 nella quale veniva pronunciata la sentenza.
2.1. Cio’ posto, e’ assorbente rilevare che l’eccezione processuale e’ tardiva in quanto formulata dal difensore del (OMISSIS) solo con l’atto di appello e dal responsabile civile nei motivi aggiunti al gravame.
Secondo la giurisprudenza di legittimita’ piu’ recente cui il Collegio intende dare continuita’ (Sez. 5, n. 26585 del 19/04/2017, Giordano, Rv. 270873; Sez. 6 n. 28299 del 10/11/2015 – dep. 2016 -, Bonomelli, Rv. 267046; Sez. 1 n. 18147 del 02/04/2014, Messina, Rv. 261995), l’omesso avviso del rinvio dell’udienza all’imputato non comparso che non abbia allegato alcun legittimo impedimento e che non sia stato dichiarato contumace non comporta infatti una nullita’ assoluta, non essendo configurabile, in tale ipotesi, un’omessa citazione dell’imputato ma una nullita’ di ordine generale a regime intermedio che deve essere eccepita dal difensore nella prima occasione utile ai sensi dell’articolo 182 c.p.p., comma 2.
3. Quanto al secondo motivo, si premette che le sentenze di primo e di secondo grado concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni dando origine ad esiti decisionali organici con una struttura motivazionale della sentenza di appello che si salda perfettamente con quella precedente si’ da costituire un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep. 2012 -, Valerio, Rv. 252615). In presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilita’ va peraltro ritenuta l’ammissibilita’ della motivazione della sentenza d’appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli gia’ esaminati e disattesi in quanto la Corte d’appello, nell’effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non e’ tenuto a riesaminare le questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice con argomentazioni ritenute condivisibili.
Si rammenta altresi’ che il sindacato del giudice di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione impugnata e’ circoscritto alla verifica dell’assenza in quest’ultima di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione della logica o connotati da insormontabili incongruenze oppure inconciliabili con atti del processo specificatamente indicati dal ricorrente che siano dotati di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli il ragionamento svolto determinando al suo interno radicali incompatibilita’ cosi’ da rendere manifestamente incongrua la motivazione.
Ne consegue che alla Corte di cassazione restano precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito (Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
4. Orbene, nel caso in esame la sentenza impugnata fa buon governo del materiale probatorio ed offre una ricostruzione degli eventi immune da vizi logico – giuridici.
Ed invero la decisione va esente dalle censure critiche sollevate dal (OMISSIS) in questa sede in quanto fondata su una motivazione del tutto lineare sul piano della coerenza logica e della consequenzialita’ argomentativa e risulta conforme a diritto.
In linea generale occorre partire dal rilievo che anche azioni permesse dal diritto possono essere di per se’ pericolose e che in tali ipotesi una colpa dell’agente e’ ravvisabile in relazione a quei danni rappresentabili e prevenibili mediante l’adozione di particolari cautele o con l’astensione da modalita’ che non devono incidere sulla essenzialita’ del comportamento consentito.
Cio’ posto, l’esercizio della caccia con fucile costituisce attivita’ pericolosa che impone al cacciatore, al fine di preservare l’incolumita’ di terzi, di accertare, con riferimento alle specifiche peculiarita’ di luogo e di tempo e alle concrete modalita’ di svolgimento, anche in base a regole cautelari prudenziali dettate dalla comune esperienza, di avere la sufficiente liberta’ e sicurezza del campo di tiro al fine di evitare che altre persone si trovino potenzialmente lungo la traiettoria del proiettile; il che preclude il compimento di azioni di fuoco “alla cieca”, anche con l’esplosione di colpi di fucile verso il basso, contro un bersaglio non determinato e coperto da vegetazione che impedisce di avere una completa visibilita’ della zona (Sez. 4, n. 8361 del 02/06/1981, Tofani, Rv. 150242; Sez. 4, 16/03/1981, Anticelli; Sez. 4, n. 9942 del 19/06/1980, Manti, Rv. 146104). Nell’ambito dell’attivita’ venatoria di gruppo, coma la battuta di caccia al cinghiale, non costituisce fatto imprevedibile tale da escludere la sussistenza del rapporto di causalita’ tra la condotta colposa e l’evento lesivo, l’improvviso spostamento di un altro cacciatore dalla originaria posizione al medesimo assegnata (Sez. 4, n. 12948 del 05/03/2013, Mugiri, Rv. 255511; Sez. 4, n. 7029 del 05/02/1982, Comis, Rv. 154660).
4.1. In applicazione di tali principi deve, dunque, escludersi, che l’affidamento invocato dal (OMISSIS) circa la presenza, all’interno dell’azienda faunistico – venatoria, solo dei compagni di squadra autorizzati ed esclusivamente nei posti originariamente assegnati, possa in alcun modo sollevare il ricorrente dal dovere di verificare scrupolosamente l’eventuale presenza di persone potenzialmente raggiungibili dall’esplosione di un colpo di fucile; e cio’ tanto piu’ considerando che nel caso in esame lo stesso ricorrente, oltre ad essere accompagnato dallo (OMISSIS), il quale non era tesserato (al pari di (OMISSIS)), si era spostato dalla iniziale postazione.
5. Tale esito decisorio rende superflua la disamina del terzo motivo.
6. Alla stregua di quanto sopra esposto la sentenza impugnata va annullata senza rinvio agli effetti penali perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
Il ricorso va rigettato ai fini civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perche’ il reato e’ estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso ai fini civili.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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