In tema di associazione per delinquere

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28868.

In tema di associazione per delinquere, la esplicita manifestazione di una volontà associativa non è necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza dell’associato essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione. (Fattispecie di associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di plurime condotte di frode informatica ex art. 640-ter cod. pen., commesse mediante captazione di codici identificativi di carte di credito, clonazione delle stesse e conseguente svolgimento di una pluralità di operazioni bancarie caratterizzate dall’uso del pos collegato all’attività commerciale dell’imputata)

Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28868

Data udienza 2 luglio 2020

Tag – parola chiave: Associazione a delinquere finalizzata alla frode informatica – Truffa – GIP – Gravità probatoria delle captazioni telefoniche acquisite nell’istruttoria dibattimentale – Reiterazione di censure già scrutinate nel giudizio di merito – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirel – Presidente

Dott. IMPERIALI Lucia – Consigliere

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere

Dott. PAZIENZA V. – Consigliere

Dott. TUTINELLI – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/11/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO TUTINELLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CENICCOLA ELISABETTA, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Napoli ha
confermato la sentenza 2 novembre 2016 del GIP del Tribunale di Napoli di condanna dell’odierna ricorrente per i delitti di cui agli articoli 416 e 640 ter c.p. per come contestati in imputazione previo assorbimento in tale reato delle condotte contestate ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 55.
1.1. A fondamento della decisione, le intercettazioni telefoniche in atti (in particolare Rit. 4586/13 progr. 2, 65, 86, 376, 412; Rit. 4451/13 progressivo 707; Rit 4718/2013 progr. 595, 743) per come richiamate nelle pagg. 5/6 della motivazione del provvedimento di secondo grado nonche’ gli esiti degli accertamenti bancari che hanno permesso di individuare tutte le transazioni eseguite con i POS intestati alla (OMISSIS), compiutamente elencate alle pag. 4142-43 della sentenza di primo grado.
In particolare, la Corte territoriale:
– ha affermato che dalle captazioni medesime potesse desumersi la presenza di un vincolo stabile e di un programma criminoso indeterminato in conseguenza del fatto che l’imputata risultava essersi rappresentata l’operativita’ – successivamente al proprio contributo e avvalendosi dello stesso per commettere una indeterminata pluralita’ di condotte successive – di plurimi sodali finalizzata a captare i codici identificativi di carte di credito e ad effettuarne la donazione e il conseguente svolgimento di una pluralita’ di operazioni che volta per volta sarebbero state caratterizzate dall’uso del POS ricollegato alle proprie attivita’ commerciali;
– ha escluso che il contributo offerto dalla ricorrente potesse essere considerato di minima importanza in ragione del carattere determinante dello stesso nell’economia del programma criminoso e in relazione alla commissione dei delitti fine;
– ha ribadito la sussistenza di elementi per affermare il concorso dell’imputata nel delitto di cui all’articolo 640 ter c.p. in quanto soggetto che “conferiva” il sistema informatico e comunque sulla base della considerazione per cui procurare ai correi i conti correnti ed i relativi POS, e’ stato, certamente, determinante ai fini della realizzazione della frode e, pertanto, causalmente equivalente ai contributo materiale e morale reso dagli altri soggetti concorrenti;
– ha escluso la possibilita’ di riconoscere le circostanze attenuanti generiche valorizzando in particolare della gravita’ del reato consumato e tentato di frode informatica, la rilevanza del danno economico per le vittime;
2. Propone ricorso per cassazione l’imputata (OMISSIS) articolando i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’articolo 192 c.p.p. e articoli 110 e 416 c.p. e vizio di motivazione affermando l’impossibilita’ di individuare gli elementi materiali del reato associativo in difetto di affectio societatis e in presenza di un pactum sceleris del tutto occasionale e puntuale non essendo comunque possibile desumere dalle intercettazioni la stabilita’ del rapporto e comunque trovandosi in presenza di transazioni truffaldine effettuate da altre persone.
2.2. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 114 c.p. e articolo 62 bis c.p. e vizio di motivazione in conseguenza del mancato riconoscimento dell’attenuante della partecipazione di minima importanza e comunque delle attenuanti generiche.
2.3. Violazione dell’articolo 133 c.p. e vizio di motivazione in relazione alla affermata eccessivita’ del trattamento sanzionatorio.
3. Il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dott.ssa Ceniccola Elisabetta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile in quanto manifestamente infondato e meramente reiterativo di questioni gia’ congruamente affrontate e risolte dai giudici del merito.
2. Quanto al primo motivo di ricorso, va premesso che l’esplicita manifestazione di una volonta’ associativa non e’ necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza dell’associato essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione (Sez. 3, Sent. n. 20921 del 14/03/2013 Rv. 255776 – 01). In quest’ottica, anche gli elementi certi relativi alla partecipazione di determinati soggetti ai reati fine effettivamente realizzati possono essere influenti nel giudizio relativo all’esistenza del vincolo associativo e all’inserimento di costoro nell’organizzazione, specie quando siano dimostrativi del tipo di criminalita’, della struttura e delle caratteristiche dei singoli reati, nonche’ delle modalita’ della loro esecuzione. (Sez. 5, Sent. n. 21919 del 04/05/2010 Rv. 247435 – 01).
Di conseguenza, la ripetuta commissione, in concorso con i partecipi al sodalizio criminoso, di reati-fine puo’ integrare, per cio’ stesso, gravi, precisi e concordanti indizi in ordine alla sussistenza di un programma delittuoso comune partecipazione al reato associativo. Inoltre, va ribadito che, a differenza di quanto affermato dalla difesa ricorrente, anche le intercettazioni possono costituire prova della partecipazione alla associazione finanche quando non vedano coinvolto l’indagatolimputato (Sez. 6, Sentenza n. 8211 del 11/02/2016 Rv. 266509 – 01).
2.1. Fatte queste premesse, deve rilevarsi come nel caso di specie la Corte territoriale abbia evidenziato una serie di elementi da cui desumere non solo la partecipazione ai reati fine, ma anche la presenza di un accordo stabile finalizzato alla commissione di una pluralita’ indeterminata di reati a danno di una altrettanto indeterminata pluralita’ di persone non identificate avvalendosi di una struttura predisposta separatamente che – tramite la spendita del nome e la prospettazione del coinvolgimento delle attivita’ della (OMISSIS) – veniva messa a disposizione di coloro che successivamente e volta per volta avrebbero dovuto occuparsi delle attivita’ piu’ prettamente tecniche. La Corte ha cosi’ preso atto della consapevolezza dell’imputata e dei rimanenti associati ciascuno dell’operato degli altri (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 13844 del 02/12/2016 – dep. 21/03/2017 -Rv. 270370 – 01) e ha evidenziato come in particolar modo l’attivita’ della ricorrente avesse una portata organizzativa generale e di predisposizione degli strumenti indispensabili per lo svolgimento successivo di una pluralita’ ipoteticamente infinita’ di condotte proprio per effetto dell’accordo preesistente con i correi.
Ne consegue la presenza di una motivazione non solo legittima e conforme ai consolidati principi di diritto espressi da questa Corte ma anche logica, lineare, congrua, coerente con il contenuto del fascicolo processuale che – per tali caratteri – non risulta suscettibile di ulteriore sindacato in sede di legittimita’.
3. E’ parimenti manifestamente infondata la doglianza relativa alla mancata concessione dell’attenuante della partecipazione di minima importanza.
3.1. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione (articolo 114 c.p.), non e’ sufficiente una minore efficacia causale (peraltro inipotizzabile nel caso concreto) dell’attivita’ prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri ma e’ necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi’ lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso. Ne deriva che, ai fini dell’applicabilita’ dell’attenuante in questione, non sufficiente procedere a una mera comparazione tra le condotte dei vari soggetti concorrenti, ma occorre accertare – attraverso una valutazione della tipologia del fatto criminoso perpetrato in concreto con tutte le sue componenti soggettive, oggettive e ambientali – il grado di efficienza causale, sia materiale, sia psicologica, dei singoli comportamenti, rispetto alla produzione dell’evento, configurandosi la minima partecipazione, di cui all’articolo 114 c.p., solo quando la condotta del correo abbia inciso sul risultato finale dell’impresa criminosa in maniera del tutto marginale, cioe’ tale da poter essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell’evento. (Sez. 3, Sent. n. 9844 del 17/11/2015, dep. 09/03/2016, Rv. 266461).
3.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha al contrario correttamente valorizzato il carattere determinante del contributo offerto dalla ricorrente nell’economia del programma criminoso e in relazione alla commissione dei delitti fine. Tale carattere, affermato sulla base di considerazioni logiche e massime di esperienza consolidate, risulta vieppiu’ ove si consideri che l’utilizzo dei POS e dei conti correnti della ricorrente risultano essere – sia alla luce sia di una valutazione ex ante che di una verifica ex post – elemento indispensabile per la realizzazione del progetto criminoso e per la stabilita’ dell’organizzazione finalizzata alla commissione degli illeciti in contestazione.
4. Il rigetto delle circostanze attenuanti generiche e’ fondato su motivazione esente da manifesta illogicita’ che, pertanto, e’ insindacabile in Cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419) dovendosi ribadire il principio affermato da questa Corte secondo cui non e’ necessario che il giudice di merito, nel motivare il giudizio di valenza delle circostanze e in particolar modo delle circostanze attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (nella specie: gravita’ della condotta e del danno arrecato alle persone offese dai reati fine) rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244) potendo il giudice, ai fini della determinazione della pena e della valutazione delle circostanze attenuanti generiche, il tenere conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato piu’ volte sotto differenti profili per distinti fini senza che cio’ comporti lesione del principio del “ne bis in idem” (cfr. Sez. 2, Sent. n. 24995 del 14/05/2015 Rv. 264378).
5. Allo stesso modo, in applicazione degli appena esposti principi, deve ritenersi congruamente e logicamente motivata la parametrazione della pena in coerenza con i profili ritenuti rilevanti (gravita’ della condotta e del danno patrimoniale arrecato). Va ricordato al proposito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che l’esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e’ inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), cio’ che – nel caso di specie – non ricorre.
6. Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso e, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2000,00.
6.1. L’inammissibilita’ del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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