In tema di assistenza sanitaria pubblica

Corte di Cassazione, sezione unite civile, Sentenza 18 giugno 2019, n. 16336.

La massima estrapolata:

In tema di assistenza sanitaria pubblica, il regime dell’accreditamento introdotto dall’art. 8, comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992 non ha inciso sulla natura del rapporto tra struttura privata ed ente pubblico, che resta di tipo concessorio, atteso che la prima, a seguito del provvedimento di accreditamento, viene inserita in modo continuativo e sistematico nell’organizzazione della P.A. ed assume la qualifica di soggetto erogatore di un servizio pubblico, con la conseguenza che la domanda di risarcimento del danno erariale cagionato dall’accreditato in seguito alla violazione delle regole stabilite dal predetto regime è devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti.

Sentenza 18 giugno 2019, n. 16336

Data udienza 19 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez.

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez.

Dott. ARMANO Uliana – Presidente di Sez.

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Presidente di Sez.

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 4078/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
PROCURATORE REGIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL LAZIO, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 290/2016 della CORTE DEI CONTI – PRIMA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO, depositata il 29/07/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2018 dal Presidente Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

La Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Lazio convenne dinanzi al giudice contabile (OMISSIS) s.p.a., proprietaria della casa di cura (OMISSIS) di Cassino, nonche’ numerosi dipendenti della AUSL di Frosinone e della Regione preposti alle dovute attivita’ di controllo, chiedendo che venisse accertata la responsabilita’ in via principale ed a titolo doloso della societa’, e quella sussidiaria, a titolo colposo e pro-quota, dei dipendenti, in relazione ad indebiti rimborsi di prestazioni sanitarie ottenuti dalla prima negli anni 2007/2009, con conseguente condanna di ciascuno dei convenuti, in ragione degli illeciti rispettivamente loro imputabili, al risarcimento del danno erariale subito dal Servizio Sanitario Nazionale e da quello Regionale.
Il giudice adito, con sentenza non definitiva del 13.1.2014, respinse, fra l’altro, l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione avanzata da (OMISSIS) s.p.a.; quindi, con la sentenza definitiva del 23.9.014, ritenute sussistenti quattro voci di danno erariale, (pagamenti extra budget; pagamenti di prestazioni derivanti da sotto-utilizzazioni dei posti letto accreditati; pagamenti di prestazioni non remunerabili; pagamenti di prestazioni eseguite per una durata inferiore alla tre ore giornaliere) condanno’ in via principale la societa’, e con essa – in via sussidiaria e sino alla concorrenza dei danni loro rispettivamente ascrivibili- alcuni dei dipendenti convenuti, al pagamento a titolo risarcitorio in favore del SSN e della AUSL di Frosinone della somma di oltre 41 milioni di Euro.
Tutte le parti soccombenti interposero separati gravami contro la sentenza non definitiva e contro quella definitiva.
La sezione giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei Conti, riuniti gli appelli, ha accolto solo parzialmente quello avanzato da (OMISSIS) s.p.a., riducendo la condanna risarcitoria alla somma di Euro 31.492.909,13. In particolare, per cio’ che in questa sede ancora rileva, il giudice del gravame ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione riproposta dalla societa’ nel grado ed ha escluso che il primo giudice avesse ravvisato la responsabilita’ della casa di cura in fatti tardivamente allegati dalla Procura e diversi da quelli originariamente contestati.
La sentenza, depositata il 29.7.2016, e’ stata impugnata da (OMISSIS) s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi e illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso il Procuratore generale presso la Corte dei Conti.
Le altre parti intimate non hanno svolto attivita’ difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) s.p.a. eccepisce il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, sostenendo che, a seguito del passaggio dal regime di convenzionamento a quello di accreditamento, non ricorre piu’ il rapporto di servizio fra P.A. e struttura sanitaria privata necessario a radicare la giurisdizione del giudice contabile in materia di danni subiti dalla prima a seguito del rimborso di prestazioni illecitamente ottenuto dalla seconda.
A dire della ricorrente, nell’attuale sistema di accreditamento, la Regione, previa verifica della ricorrenza dei requisiti richiesti dalla legge, abilita semplicemente un soggetto a vendere prestazioni alle AA.SS.LL. in favore dell’utenza mediante specifici contratti di diritto privato, che individuano la qualita’ e la quantita’ di dette prestazioni ed il loro prezzo: e’ solo da tali contratti che sorge il diritto al rimborso, mentre al soggetto privato non sarebbero piu’ devoluti poteri pubblicistici autoritativi propri dell’amministrazione, che ne consentirebbero l’inserimento funzionale e temporaneo nell’apparato organizzativo della P.A. quale organo tecnico e straordinario della stessa; ne’, d’altro canto, potrebbe ritenersi sufficiente a configurare il necessario rapporto di servizio, solo in presenza del quale si puo’ radicare la giurisdizione contabile, la sussistenza di un semplice nesso funzionale e strumentale dell’attivita’ svolta con l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione.
Il motivo e’ infondato.
Come e’ noto, la L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, subordinava l’esercizio di attivita’ sanitaria da parte di operatori privati al rilascio di autorizzazione dell’ente regionale. Le convenzioni stipulate dalle unita’ sanitarie locali con i privati, in conformita’ a schemi tipo (articoli 44 e 45 L. cit.), avevano natura di contratti di diritto pubblico da cui derivavano rapporti qualificabili come concessioni amministrative: le relative controversie, ai sensi dell’allora vigente della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, articolo 5, comma 1, erano pertanto devolute alla giurisdizione esclusiva, in primo grado, dei tribunali amministrativi regionali, fatta eccezione per le questioni concernenti indennita’, canoni ed altri corrispettivi, devolute alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi del comma 2 della medesima norma (cfr., per tutte, Cass. SS.UU. n. 9500/97).
In quel sistema, la scelta dell’assistito di accedere alle strutture private convenzionate era sottoposta alla duplice condizione che il servizio pubblico non fosse in grado di soddisfare la richiesta della prestazione entro un tempo determinato e che la USL territorialmente competente avesse rilasciato apposita autorizzazione alla struttura privata.
La disciplina e’ stata riformata dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il cui articolo 8, comma 5, ha introdotto il c.d. regime dell’accreditamento, improntato alla parificazione ed alla concorrenzialita’ tra strutture pubbliche e strutture private. In questo regime l’organizzazione del servizio sanitario nazionale e’ conformata ad un modello di tipo anglosassone, di “concorrenza amministrata” o “quasi mercato”, caratterizzato dalla piena liberta’ di scelta del cittadino di farsi assistere da soggetti privati erogatori, le cui prestazioni vengono rimborsate attraverso tariffe standard dall’ente pubblico finanziatore (Cass. n. 1740/011).
Le S.U. di questa Corte, chiamate piu’ volte a decidere quale sia il giudice munito di giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto il rapporto fra la struttura sanitaria privata e la P.A. instaurato nel vigore della nuova disciplina, hanno tuttavia costantemente affermato che la giurisdizione permane in capo al giudice amministrativo, in quanto tale rapporto resta di tipo concessorio (Cass. SS.UU. nn. 88/99, 12940/01, 9284/02, 10381/03, 14335/05, 28501/05, 473/015).
La particolarita’ del nuovo regime, rispetto a quello preesistente e, in genere, rispetto alla natura ed alla disciplina delle concessioni, consiste nel fatto che si e’ passati ad un sistema di concessione ex lege, nel quale la disciplina dei singoli rapporti e l’individuazione dei diritti e degli obblighi delle parti non e’ piu’ dettata nelle singole convenzioni ma e’ contenuta in via generale nella stessa legge, pur con rinvii integrativi a normative di secondo grado o regionali (Cass. S.U. n. 88/99).
Non v’e’ dubbio, pero’, che (cosi’ come accadeva in passato all’atto della stipula delle singole convenzioni) attraverso l’accreditamento sia demandata anche al soggetto privato in possesso dei requisiti richiesti dalla legge la realizzazione dell’interesse pubblico, di rango costituzionale, alla salute dei cittadini e che l’attivita’ sanitaria esercitata dalla struttura o dal professionista accreditati si concreti nell’erogazione di un servizio pubblico, il cui esercizio e’ sottoposto, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, al potere di direzione e di controllo dell’amministrazione ed e’ remunerato con risorse pubbliche.
L’instaurazione del rapporto concessorio di accreditamento comporta, in buona sostanza, l’inserimento dell’accreditato, in modo continuativo e sistematico, nell’organizzazione della P.A. relativamente al settore dell’assistenza sanitaria.
Contrariamente a quanto sostiene (OMISSIS), tanto e’ sufficiente a radicare la giurisdizione della Corte dei Conti per il danno cagionato dall’accreditato in conseguenza della violazione delle regole stabilite dal regime di accreditamento: la responsabilita’ erariale dei soggetti (autori dell’illecito) non ricompresi nell’apparato amministrativo ricorre, infatti, non solo nel caso in cui siano stati loro traslati poteri pubblicistici di direzione, di controllo e di intervento, ma tutte le volte in cui la loro relazione con l’amministrazione integri un rapporto di servizio in senso ampio, in virtu’ del quale essi debbano ritenersi inseriti in modo continuativo nell’organizzazione dell’ente, assumendo particolari vincoli ed obblighi funzionali ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali cui l’attivita’ dell’ente medesimo e’ preordinata (cfr., in fattispecie analoga alla presente, Cass. S.U. n. 473/015, nonche’ Cass. SS.UU. nn. 19291/014, 3165/011, 15559/08, 22652/08).
E’ pur vero che i termini entro i quali puo’ di fatto esercitarsi il servizio pubblico demandato alle strutture sanitarie private sono stabiliti a valle dagli accordi contrattuali, di cui all’articolo 8 quinquies Decreto Legislativo n. 502 del 1992, da queste conclusi con le AUSL territorialmente competenti, aventi ad oggetto la definizione degli obiettivi, del volume massimo di spesa e del corrispettivo delle prestazioni erogabili, e che, ai sensi dell’articolo 8 quater, comma 2, del Decreto Legislativo cit. la qualita’ di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori di tali accordi.
Nella specie, la natura e l’ammontare delle prestazioni sanitarie erogabili da (OMISSIS) s.p.a. in regime di accreditamento, e dunque remunerabili dal S.S.N., sono stati definiti nell’accordo siglato dalla casa di cura con la AUSL di Frosinone.
L’ulteriore tesi della ricorrente, secondo cui l’obbligazione risarcitoria dedotta in giudizio, siccome derivante dal preteso suo inadempimento a detto negozio – vincolante per le parti secondo le comuni regole civilistiche – sarebbe devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, non tiene pero’ conto che la stipulazione dell’accordo presuppone il preventivo, necessario rilascio dell’accreditamento, e costituisce nient’altro che modalita’ di attuazione del rapporto concessorio gia’ sorto, in forza del quale la struttura sanitaria privata e’ investita dello svolgimento di attivita’ funzionale al perseguimento dell’interesse generale alla realizzazione del diritto alla salute.
Va peraltro ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la responsabilita’ erariale del soggetto esterno non e’ esclusa dall’eventuale natura privatistica dello strumento negoziale attraverso il quale si realizza quel rapporto di servizio in senso ampio che comporta il suo inserimento nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico (Cass. SS.UU. nn. 155599/09, 20886/06, 14473/02). Pertanto, non essendo dubitabile che proprio con l’accordo concluso ai sensi dell’articolo 8 quinquies cit. e’ demandato in concreto all’operatore sanitario privato – entro l’ambito delimitato dall’individuazione delle prestazioni rimborsabili e dell’obiettivo massimo di spesa – lo svolgimento di funzioni istituzionalmente spettanti all’amministrazione, all’ipotizzata insussistenza di un collegamento fra l’accordo in questione e il precedente provvedimento di accreditamento non conseguirebbe il venir meno della giurisdizione del giudice contabile.
2) Col secondo mezzo, che denuncia eccesso di potere giurisdizionale per violazione delle regole basiche del giusto processo quali definite dall’articolo 111 Cost. e dagli articoli 6 e 13 CEDU, (OMISSIS) s.p.a. lamenta che il giudice d’appello abbia respinto il motivo di gravame con il quale era stata dedotta la nullita’ della sentenza impugnata, per aver il giudice di primo grado pronunciato su contestazioni diverse da quelle che formavano oggetto dell’atto introduttivo del giudizio, condannandola per fatti tardivamente allegati dalla pubblica accusa.
A dire della ricorrente la Corte si sarebbe illegittimamente sostituita all’attivita’ della Procura contabile, giungendo a modificare ex se l’originaria causa petendi, in tal modo violando palesemente il suo diritto ad un processo giusto e imparziale.
Il motivo e’ inammissibile.
E’ principio consolidato che le Sezioni Unite di questa Corte, dinanzi alle quali siano impugnate decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione, possono rilevare unicamente l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo loro consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui la giurisdizione e’ stata esercitata (cfr., fra le ultime, Cass. S.U. nn. 31107/2017, 30210/2017, 12497/2017).
Ebbene, con la censura in esame la ricorrente rimprovera al giudice contabile non gia’ di aver oltrepassato i limiti esterni della propria giurisdizione, ma di non aver rispettato quelli interni, incorrendo in un error in procedendo per violazione dell’articolo 112 c.p.c..
E’ appena il caso di osservare che il vizio denunciato non integra alcuna delle ipotesi “estreme” in cui, secondo un orientamento di questa Corte, gli errores in iudicando o in procedendo compiuti dal giudice speciale – qualora si siano tradotti in un sostanziale diniego di giustizia, ovvero in “una decisione anomala o abnorme, tale da condurre a un radicale stravolgimento delle norme Europee di riferimento, cosi’ come interpretate dalla Corte di Giustizia” (Cass. S.U. n. 2242/015) – sono sindacabili sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale: nella specie, infatti, (OMISSIS) s.p.a. ha avuto pieno accesso alla tutela giurisdizionale ed ha ottenuto un accertamento su tutte le censure svolte in sede d’appello, ancorche’ in buona parte difforme da quello auspicato.
Vale la pena, comunque, di rilevare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 6 del 18 gennaio 2018, n. 6, ha ritenuto non corretta tale estensione della nozione del vizio di giurisdizione ed ha affermato che “l’eccesso di potere giudiziario denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, come e’ sempre stato inteso, sia prima che dopo l’avvento della Costituzione, va riferito (..) alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioe’ quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore, o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non puo’ formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonche’ a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici”.
Secondo il giudice delle leggi, la concezione c.d. dinamica o evolutiva della giurisdizione, nella misura in cui riconduce ipotesi di errores in iudicando o in procedendo ai motivi inerenti alla giurisdizione e comporta “una piu’ o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso” previsti rispettivamente dell’articolo 111 Cost., comma 7 e 8, “non e’ compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale” e, in una prospettiva di sistema, mette in discussione la scelta di fondo dei costituenti dell’assetto pluralistico delle giurisdizioni: a norma dell’articolo 111 Cost., comma 8, la Cassazione, quale supremo organo regolatore della giurisdizione, puo’ soltanto vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma non puo’ vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione.
Nella parte appena richiamata, la sentenza, benche’ abbia dichiarato inammissibile la questione scrutinata, ha carattere vincolante, dato che ha identificato gli ambiti dei poteri attribuiti alle differenti giurisdizioni dalla Costituzione, nonche’ i presupposti ed i limiti del ricorso ex articolo 111 Cost., comma 8, cosi’ decidendo una questione che involge l’interpretazione di norme costituzionali e l’identificazione dei confini tra poteri da queste stabiliti (con riguardo a quelli tra le giurisdizioni contemplate dal parametro), che spetta alla Corte costituzionale, quale interprete ultimo delle norme medesime.
Va pertanto escluso in radice che il controllo di questa Corte sui limiti esterni della giurisdizione possa estendersi al caso in cui la decisione del giudice amministrativo o contabile sia frutto di un’interpretazione “abnorme” di norme sostanziali o processuali. 3) Al rigetto del ricorso non consegue una pronuncia sulle spese, dal momento che la Procura Generale presso la Corte dei Conti e’ parte solo formale del procedimento (cfr. S.U. n. 5105/03).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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