In tema di applicazione o di revoca delle misure cautelari personali

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 dicembre 2020| n. 36263.

In tema di applicazione o di revoca delle misure cautelari personali, la valutazione prognostica del giudice circa la concedibilità della sospensione condizionale della pena, richiesta dall’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., non può tenere conto dell’eventuale applicazione delle diminuenti previste per riti speciali astrattamente richiedibili dall’imputato, in assenza di elementi che consentono di ritenere concretamente prevedibile l’accesso a tali forme alternative di definizione del procedimento.

Sentenza|17 dicembre 2020| n. 36263

Data udienza 17 giugno 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Custodia cautelare in carcere – GIP – Incendio doloso – Configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza – Persistenza delle esigenze cautelari – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIANI Vincenzo – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – rel. Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 13/12/2019 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA ANNA SARACENO;
lette le conclusioni del PG CASELLA GIUSEPPINA che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano, accogliendo l’appello proposto dal Pubblico ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia, 19 novembre 2019, che ne aveva respinto la richiesta per insussistenza di esigenze cautelari, ha applicato all’indagata (OMISSIS) la misura cautelare della custodia in carcere perche’ gravemente indiziata del delitto di incendio, per avere appiccato il fuoco a due autovetture – una Toyota Yaris di proprieta’ di (OMISSIS) e un’Audi A1 di proprieta’ di (OMISSIS) -, parcheggiate nel portico pertinenziale allo stabile abitativo sito alla via (OMISSIS), cosi’ cagionando un incendio che investiva le predette auto, il portico e l’annesso box e che non si estendeva alla parte dello stabile, sovrastante il porticato, esclusivamente grazie al tempestivo e provvido intervento dei vigili del fuoco. Fatto commesso il (OMISSIS).
1.1. A fondamento della decisione il Tribunale, quanto al profilo della gravita’ indiziaria, esprimendo adesione alla valutazione operata dal giudice della cautela, osservava che non poteva dubitarsi della natura dolosa del fuoco; che gravi indizi a carico dell’indagata emergevano: a) dall’esistenza di un movente; b) dall’accusa, formulata dalla (OMISSIS) nell’immediatezza del fatto, consistente nell’addotta, misteriosa sparizione delle chiavi della porta di ingresso dell’appartamento delle due anziane donne con le quali conviveva in qualita’ di badante, volta ad accreditare, falsamente, l’ipotesi di essere stata chiusa all’interno dell’abitazione da terzi, autori dell’incendio; c) dai successivi e reiterati tentativi di depistaggio realizzati sia attraverso scritti ad essa riconducibili, sia nelle successive spontanee dichiarazioni.
La gravita’ del fatto in se’ e l’insistito tentativo di ostacolare le indagini rendevano evidente la sussistenza di esigenze cautelari che giustificavano la misura piu’ rigorosa, mentre l’applicazione della custodia domestica era preclusa dall’assenza di idoneo e comprovato domicilio.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso l’indagata a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con il primo motivo denunzia errori di giudizio, violazione di legge, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione ed erronea valutazione della sussistenza degli indizi di colpevolezza.
In polemica con il provvedimento impugnato sostiene innanzitutto erroneamente ignorata e travisata la circostanza che i vigili del fuoco, intervenuti la sera del 15 agosto 2018 per estinguere il rogo, e il loro comandante, recatosi il giorno successivo per effettuare un sopralluogo, avevano ripetutamente escluso la natura dolosa dell’incendio, “non avendone rinvenuto alcuno degli elementi caratteristici”.
Afferma, quindi, che erano illogiche e apodittiche, chiaramente forzate, le valutazioni del provvedimento impugnato in ordine:
– al rilievo attribuito all’annotazione redatta dai carabinieri e al fascicolo fotografico dai medesimi formato, in cui venivano individuati due distinti punti di innesco delle fiamme, cosi’ conferendo maggiore attendibilita’ alla valutazione operata dalla polizia giudiziaria rispetto a quella operata dai vigili del fuoco, sicuramente dotati di maggiore esperienza in materia di incendi;
– alla valenza dimostrativa assegnata alla presenza di un vaso di terracotta rotto e spostato dalla sua posizione abituale, laddove esso, originariamente prossimo al luogo dell’incendio, ben avrebbe potuto essere stato investito e sbalzato altrove dall’esplosione che aveva preceduto il divampare delle fiamme, ovvero essere stato frettolosamente rimosso nel corso delle successive operazioni di messa in sicurezza e di spegnimento dell’incendio;
– alla valorizzazione dei tentativi di depistaggio posti in essere dall’indagata; invero, sia che l’incendio fosse stato di natura accidentale sia che fosse di natura dolosa ad opera di terzi, la (OMISSIS) ben avrebbe potuto sfruttare la circostanza “per far passare il proverbiale c.d. brutto quarto d’ora” a persone con cui aveva rapporti conflittuali, ponendo in essere “una condotta biasimevole ed emulativa” e realizzando un’ipotesi di reato alternativa e sicuramente meno grave;
– all’omessa considerazione della possibilita’ che soggetti terzi avessero potuto essere gli autori del fatto, pretermettendo, nella valutazione operata, le dichiarazioni rese dalla vicina, (OMISSIS), che aveva riferito di aver scorto pochi giorni prima un uomo stazionare nei pressi dell’abitazione, guardando attraverso le finestre.
Altrettanto carente, apparente, contraddittoria e manifestamente illogica era la motivazione in punto di riconducibilita’ del fatto all’indagata con riguardo:
– all’illogica considerazione dell’assenza di segni di effrazione, giacche’ l’incendio si era sviluppato all’interno del cortile, separato dalla pubblica via da una recinzione e da un cancello facilmente scavalcabili, e il caposquadra dei vigili del fuoco, Andrea Rivolta, aveva precisato di avere aperto manualmente l’ingresso carraio, alzando i chiavistelli;
– al valore fortemente indiziario attribuito ai tentativi di depistaggio asseritamente posti in essere dall’indagata, in particolare attraverso le informazioni rese il 23 agosto 2019, non contraddette – diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale – dalle ondivaghe dichiarazioni di (OMISSIS), delle quali non era stata operato adeguato apprezzamento contenutistico;
– all’omessa considerazione che, al momento del fatto, l’imputata si trovava chiusa all’interno dell’adiacente appartamento, senza possibilita’ di uscire e di mettersi in salvo, non essendo logicamente sostenibile che la donna, dopo aver appiccato un rogo di vasta portata, si fosse volontariamente rinchiusa nell’appartamento attiguo a rischio della propria incolumita’, facendo affidamento sul tempestivo intervento dei vigili del fuoco.
2.2. Con il secondo motivo deduce l’erronea qualificazione del fatto alla stregua di incendio anziche’ di danneggiamento seguito da incendio, osservando che: erano rimasti imprecisati modalita’ e strumenti utilizzati per appiccare il fuoco; la famiglia (OMISSIS)- (OMISSIS) era in ferie e, dunque, era da escludersi la volonta’ di mettere in pericolo l’incolumita’ dei suoi componenti; non v’era prova di alcun rapporto di animosita’ con i residenti degli stabili limitrofi e, dunque, non v’era ragione di metterne in pericolo l’incolumita’; non v’era prova di intenzioni suicide ne’ che l’indagata volesse attentare alla vita delle due anziane donne di cui era badante, trovandosi nella medesima abitazione delle stesse e con esse condividendo il pericolo di essere attinta dalle fiamme.
2.3. Con il terzo motivo denunzia violazione di legge e vizio di motivazione sull’an della cautela, sostenendo che mancavano seri elementi sia in ordine all’attualita’ e concretezza del pericolo di inquinamento probatorio (essendo stati gli asseriti depistaggi realizzati subito dopo il fatto e avendo la ricorrente rassegnato le proprie dimissioni e trovato una nuova occupazione presso un diverso nucleo familiare), sia per una prognosi di pericolosita’, stante la sua incensuratezza, la permanenza in Italia da oltre 18 anni senza aver mai destato l’attenzione delle forze dell’ordine, mentre del tutto congetturale appariva il profilo psicologico dell’indagata tracciato dal Tribunale.
2.4. Con il quarto motivo denunzia violazione di legge e vizio di motivazione sull’adeguatezza della misura disposta: gia’ solo la scelta del rito alternativo avrebbe portato il minimo edittale a due anni di reclusione; la possibilita’ di una prognosi favorevole avrebbe certamente consentito il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, senza considerare poi la franca possibilita’ di riconduzione del fatto nella fattispecie del danneggiamento seguito da incendio; in ogni caso la pena irrogabile non avrebbe prevedibilmente ecceduto i tre anni di reclusione, tal che non avrebbe potuto disporsi il piu’ afflittivo presidio cautelare.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento per l’udienza del 17 luglio 2020 ai sensi del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83 convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, Dott. (OMISSIS), ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto con rinvio per nuovo giudizio sul punto, assorbito ma non precluso il tema, strettamente connesso, delle esigenze cautelari e della applicabilita’ di misure gradate.
3.1. Con memoria, recante la data del 10 giugno 2020, il difensore della ricorrente ha eccepito l’omessa notifica all’indagata dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, chiedendo rinviarsi la trattazione del procedimento con restituzione nel termine per presentare motivi aggiunti e richiedere la trattazione orale; ha, quindi, replicato alle conclusioni del P.G. in punto di sussistenza della gravita’ indiziaria, dolendosi in particolare dell’omessa o apparente motivazione del provvedimento in ordine alla natura dolosa dell’incendio e al movente del reato. Per il resto ha reiterato le censure formulate in ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va disattesa l’istanza di rinvio dell’udienza per omesso avviso all’imputata. La disciplina dettata dall’articolo 127 c.p.p. deve essere coordinata e adeguata alle peculiari connotazioni e alla specifica regolamentazione del giudizio di cassazione; invero, a norma dell’articolo 613 c.p.p., comma 4, nel procedimento camerale dinanzi alla Corte di cassazione nessun avviso dell’udienza di discussione del ricorso compete all’imputato, essendo dovuto esclusivamente al suo difensore, abilitato al patrocinio in sede di legittimita’. Soltanto nelle ipotesi in cui il ricorrente sia privo di difensore o quello di fiducia non sia abilitato all’anzidetto patrocinio e’ dovuto l’avviso alla parte personalmente nonche’ al difensore d’ufficio appositamente nominato (tra le molte, Sez. 3, n. 46146 del 21/06/2016, Di Stasi, Rv. 268141; Sez. 5, n. 29763 del 28/05/2010, Longo, Rv. 248263; Sez. 1, n. 1794 del 19/03/1996, Romanelli, Rv.204642).
2. Tanto posto, osserva il Collegio che il ricorso appare per ogni aspetto inammissibile.
3. Del tutto plausibilmente, in piena sintonia con la decisione appellata e non trascurando nella sostanza alcuna delle deduzioni difensive meglio indicate nella sintesi riportata a p. 3 del provvedimento, il Tribunale ha ritenuto che non poteva dubitarsi della natura dolosa dell’incendio giacche’, pur in assenza di tracce di materiale infiammabile, i primi sospetti erano gia’ sorti nell’immediatezza del fatto, avendo (OMISSIS), proprietaria dell’appartamento abitato dalle anziane zie e dalla badante, constatato nelle ore immediatamente antecedenti il fatto che un vaso di terracotta era stato spostato dalla posizione abituale ed era stato rotto; sospetti divenuti certezze all’esito dei rilievi effettuati dai militari che avevano individuato due punti di innesco delle fiamme: l’uno nei pressi della ruota posteriore sinistra della Toyota Yaris, l’altro nella parte posteriore dell’autovettura Audi.
Ha, quindi, osservato che gravi indizi a carico della (OMISSIS) emergevano:
– da quanto riferito da (OMISSIS) (residente con il marito e le due figlie nel medesimo stabile delle zie, in un appartamento adiacente) in ordine ai rapporti conflittuali con l’indagata che mal tollerava l’ingerenza della nipote nella gestione delle anziane donne (“voleva comandare e avere il controllo della situazione senza essere ripresa da nessuno”), trovando ogni espediente per avanzare le sue lamentale e minacciando finanche di sporgere denunzia perche’ disturbata dal miagolio del gatto;
– dalla rilevata assenza di segni di effrazione e di scasso e dal fatto che la sera dell’incendio le uniche persone presenti nel complesso abitativo erano la badante e le due anziane dalla medesima accudite;
– dalla addotta misteriosa sparizione delle chiavi della porta di ingresso dell’appartamento, volta ad accreditare falsamente la tesi di essere stata chiusa in casa dagli autori dell’incendio;
– dai successivi tentativi di depistaggio effettuati recapitando alla figlia della (OMISSIS), (OMISSIS), due missive sgrammaticate (la prima ritrovata nella posta ordinaria il giorno successivo, la seconda ritrovata la mattina del 17 agosto affissa alla porta dell’appartamento), contenenti apprezzamenti di carattere sessuale e volte ad accreditare la pista di un misterioso spasimante che confessava di essere l’autore dell’incendio (“ti ho bruciato la macchina…volevo quello.. mi bruciava il pisello… (OMISSIS) puttana”);
– dalla riconducibilita’ all’indagata delle missive apocrife, accertata dal consulente dell’accusa che aveva riscontrato la presenza di ben otto caratteristiche grafologicamente significative ricorrenti sia nelle missive che negli scritti di comparazione;
– dalle successive dichiarazioni rese dalla donna il 23 agosto 2019, allorche’ aveva riferito di avere scorto, nella notte dell’11 agosto, la presenza sul luogo di alcuni ragazzi che, dopo avere riaccompagnato a casa la (OMISSIS), si sarebbero fermati in loco preannunciando aggressioni sessuali in danno della stessa e utilizzando, nel racconto reso dall’indagata, le medesime espressioni contenute nelle missive vergate dalla ricorrente.
Con altrettanta coerenza ha, quindi, osservato, che ove l’incendio fosse stato accidentale, la (OMISSIS) non avrebbe avuto alcun motivo per concepire ed attuare siffatti depistaggi, certamente ad essa riconducibili, tentando maldestramente di far ricadere la responsabilita’ su terzi; che la tesi difensiva della sparizione misteriosa delle chiavi dell’appartamento in cui viveva e della congiura ordita ai suoi danni, impossibilitata a mettersi in salvo perche’ rinchiusa all’interno dell’abitazione, era intrinsecamente inverosimile ed anzi perfettamente coerente con il tentativo di dissimulazione e depistamento posto in essere dall’indagata.
A fronte, il ricorso ripropone tesi, di mero fatto, alle quali il Tribunale ha gia’ dato risposte coerenti, neppure completamente considerate, risolvendosi nella prospettazione di questioni di merito riferibili alla valutazione degli elementi di prova, appannaggio dei giudici di merito, e, come detto, completa e logica e percio’ non censurabile in sede di legittimita’.
Manifestamente infondate sono quindi le osservazioni con cui si sostiene che il Tribunale avrebbe omesso decisive informazioni probatorie e travisato le prospettazioni difensive e non avrebbe colto le plurime lacune delle indagini condotte dagli inquirenti. E’ lo stesso ricorso che insiste, difatti, nell’affermazione, meramente ipotetica e adeguatamente confutata, secondo la quale era possibile al piu’ ipotizzare un’artificiosa strumentalizzazione dell’incendio da parte dell’indagata, dettata da una “motivazione biasimevole ed emulativa nei confronti della famiglia (OMISSIS)”. Mentre il Tribunale ha piu’ che adeguatamente valorizzato la circostanza che la natura dolosa dell’incendio era stata confessata dalla stessa ricorrente nelle missive indirizzate alla (OMISSIS) e nell’insistito tentativo di prospettare false piste in esecuzione di una strategia concepita sin dall’inizio con il ventilato sequestro di persona ad opera di terzi, autori dell’incendio, che l’avrebbero chiusa in casa insieme alle due anziane signore, impedendole di uscire.
4. Anche in punto di qualificazione giuridica del fatto, incontestato nel ricorso l’elemento oggettivo del reato, l’ordinanza non merita censure, non potendo dubitarsi, allo stato degli atti e alla stregua della concreta evidenza disponibile, della sussistenza del corrispondente elemento soggettivo dal momento che, come rilevato dai giudici di merito, i due punti di innesco erano stati appositamente collocati e distanziati in corrispondenza delle due autovetture (gia’ di per se’ idonee a consentire una grave propagazione delle fiamme per la presenza all’interno delle stesse di carburante) per avere la certezza o quanto meno chiaramente prefigurandosi un evento di vaste proporzioni, diffusivo e distruttivo.
E’ noto, infatti, che il criterio per distinguere il reato di danneggiamento seguito da incendio e quello di incendio e’ basato sull’elemento psicologico del reato, nel senso che per configurare questa seconda fattispecie e’ richiesto il dolo generico, inteso quale volonta’ di cagionare un incendio, ossia un evento di non lievi proporzioni, diffusivo e non facilmente estinguibile, mentre il danneggiamento previsto dall’articolo 424 c.p. viene punito a titolo di dolo specifico, consistente nell’utilizzo del fuoco al solo scopo di danneggiare un bene, senza che l’agente preveda la verificazione di un incendio con le caratteristiche indicate o il pericolo di tale evento. Appartiene dunque al costante insegnamento di questa Corte l’affermazione secondo la quale, quando le fiamme siano appiccate per danneggiare e tale condotta sia assistita dalla coscienza e volonta’ di provocare un fenomeno di entita’ notevoli, secondo la nozione di incendio richiesta per integrare il delitto di cui all’articolo 423 c.p., e’ applicabile quest’ultima norma e non l’articolo 424 c.p., nel quale l’incendio e’ contemplato come evento che esula dall’intenzione dell’agente. In linea con tale interpretazione, i giudici dell’appello cautelare hanno sottolineato, al fine di sostenere la configurabilita’ anche sotto il profilo soggettivo del delitto di cui all’articolo 423 c.p., la vastita’ e consistenza delle fiamme che hanno attinto non solo le due autovetture, ma il portico e l’annesso box e che non si sono propagate alle parti soprastanti dell’edificio solo grazie al salvifico e tempestivo intervento dei vigili del fuoco: hanno dunque ancorato il giudizio in ordine al dolo a solidi dati fattuali, esaminati con rigore logico e non contraddetti da risultanze contrarie, stimando non degno di considerazione l’assunto difensivo secondo cui la confermata qualificazione giuridica del fatto mal si concilierebbe con la presenza dell’indagata in luogo contiguo e con l’impossibilita’ per la stessa di mettersi in salvo, dal momento che nessun credito poteva riconoscersi alla tesi che terzi si fossero appropriati delle chiavi dell’appartamento, chiudendo in esso le sue occupanti e impedendo loro ogni via di fuga.
Sul punto il ricorso e’ meramente confutativo e nemmeno autosufficiente laddove riferisce che i vigili del fuoco avrebbero escluso la natura dolosa del fuoco; sostiene in modo generico l’insufficienza degli elementi di prova; non pone in dubbio, ma anzi condivide la reale verificazione di un incendio corrispondente alla relativa nozione giuridica, mentre sull’elemento soggettivo non deduce precise circostanze fattuali in grado di smentire le argomentazioni della ordinanza impugnata, la quale ha assegnato rilevanza all’innesco dei due diversi focolai, appiccati dall’imputata in punti differenti e la certa prefigurazione da parte della stessa – non limitata nella sua liberta’ di movimento e in grado di mettersi in salvo – di cagionare fiamme diffuse e di dimensioni idonee a creare pericolo per la pubblica incolumita’, avendo il fuoco gia’ interessato il portico e l’annesso box ed essendo in grado di propagarsi al soprastante fabbricato, destinato a civile abitazione, quindi dotato di impianti tecnologici che, attinti dalle fiamme, erano in grado di potenziarne le caratteristiche di propagazione; fabbricato non isolato ma insistente in zona urbana e nel quale erano presenti le anziane donne, impossibilitate per eta’ e condizioni fisiche a mettersi in salvo.
5. Altrettanto adeguata e corretta, e percio’ incensurabile in questa sede, e’ la motivazione del provvedimento impugnato riferita alle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura applicata, nonche’ alla impossibilita’ di concedere misure gradate.
Impeccabilmente il Tribunale ha richiamato, da un lato, le conclamate e ripetute condotte di depistaggio, denotanti la (OMISSIS) propensione della ricorrente a tale tipo di comportamenti che potrebbero riproporsi per accreditare la sua versione dei fatti stante l’accanimento dimostrato, sin nell’immediatezza, nel tentare di ostacolare e sviare le indagini; ma soprattutto ha motivato piu’ che adeguatamente la sussistenza dell’esigenza specialpreventiva, valorizzando la gravita’ del fatto in se’, la negativa personalita’ dell’indagata, incapace di dominare i propri sentimenti di ostilita’ e di insofferenza, intollerante verso le ingerenze altrui e, dunque, capace di ripetere, a fronte di analoghe dinamiche (contrasti con parenti delle persone curate, problemi di vicinato), azioni pericolose per la privata e pubblica incolumita’; individuando, infine, esclusa l’idoneita’ di misure non detentive e stante l’assenza di comprovato domicilio, nella custodia cautelare carceraria l’unica misura adeguata al contenimento dei ravvisati pericula libertatis.
Ed anche per tali aspetti il ricorso si risolve nella riproposizione di questioni di fatto, delle quali si chiede inammissibilmente la rivalutazione al giudice di legittimita’, senza neppure considerare appieno tutte le risposte date. Bastando qui solo aggiungere che la valutazione prognostica del giudice circa la concedibilita’ della sospensione condizionale della pena, richiesta dall’articolo 275 c.p.p., comma 2-bis, non puo’ tenere conto dell’eventuale applicazione delle diminuenti previste per riti speciali per i quali l’imputato ha preannunciato di optare (circostanza, questa, nemmeno allegata in ricorso), in assenza di elementi concreti che consentano di ritenere concretamente prevedibile l’accesso a tali forme alternative di definizione del procedimento (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 36918 del 13/05/2015, Agostinone, Rv. 265176); mentre la prognosi sulla pena irroganda non impedisce di adottare la piu’ grave misura cautelare qualora ogni altra misura, come nel caso in esame, sia stimata inadeguata e gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza del luogo di esecuzione (Sez. 3, n. 32702 del 27/02/2015, 3abbari Rv. 264261; Sez. 2, n. 46874 del 14/07/2016, Guastella, Rv. 268143; Sez. 3, n. 15025 del 18/12/2018, Manto, Rv. 275860).
6. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa correlati all’irritualita’ dell’impugnazione (C. Cost. n. 186 del 2000), di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 3.000.
La cancelleria provvedera’ alla trasmissione del presente provvedimento al Tribunale del riesame di Milano ai sensi dell’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Dispone la trasmissione, a cura della cancelleria, del presente provvedimento al Tribunale del riesame di Milano ai sensi dell’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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