Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 gennaio 2021| n. 72.
In tema di accesso abusivo ad un sistema informatico, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 615-ter, comma secondo, n. 1 cod. pen. non è sufficiente la mera qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio del soggetto attivo, ma è necessario che il fatto sia commesso con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione, di modo che la qualità soggettiva dell’agente abbia quanto meno agevolato la realizzazione del reato. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto l’aggravante nel caso di reiterato accesso non autorizzato, da parte di un carabiniere in servizio, ad un indirizzo di posta elettronica privato a mezzo del proprio dispositivo mobile o del computer in dotazione dell’ufficio).
Sentenza|4 gennaio 2021| n. 72
Data udienza 20 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Accesso abusivo a sistema informatico – Configurabilità del reato anche se le chiavi di accesso erano state in precedenza comunicate al soggetto agente – Esito della condotta criminosa in contrasto con la volontà della persona offesa – Aggravante ex art. 615 ter, co. 2, n. 1 c.p. – Sussistenza in caso di abuso dei poteri da parte del pubblico ufficiale – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICCOLI Grazia – Presidente
Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/05/2019 della Corte di Appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE RICCARDI;
lette le richieste scritte ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Loy Francesca, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
lette le richieste del difensore della parte civile, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso e ha depositato nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 20/05/2019 la Corte di Appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale di Mantova del 13/02/2018, che aveva assolto (OMISSIS) dai reati di cui all’articolo 615 ter, comma 2, n. 1 (capo A), articolo 617, comma 2, n. 1 (capo B) e articolo 393 c.p. (capo C), ha condannato l’imputato alla pena di 1 anno e 1 mese di reclusione per il reato di accesso abusivo a sistema informatico (capo A), per essersi ripetutamente introdotto nel sistema telematico del “(OMISSIS)”, del quale era precedentemente socio di fatto, accedendo all’account di posta elettronica della ditta.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo quattro motivi di ricorso.
2.1. Con un primo motivo deduce la violazione di legge nonche’ la contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, per la mancanza dell’elemento oggettivo e soggettivo.
Nel richiamare ampi estratti della sentenza impugnata, il ricorrente contesta la pertinenza dei richiami giurisprudenziali, asseritamente riferibili a fattispecie concrete differenti, e sostiene la legittimita’ degli accessi alla posta elettronica della ditta, di cui era socio di fatto; contesta, infatti, che vi sia stata una esclusione dalla societa’ o una liquidazione della quota, in quanto la restituzione dei 2500 Euro costituiva soltanto la restituzione del finanziamento soci; essendo all’epoca ancora socio, (OMISSIS) aveva dunque il diritto di accedere alla posta elettronica della ditta.
Sostiene inoltre che la password, dopo un cambiamento eseguito dalla (OMISSIS) il 30.11.2014, era stata ripristinata, e la persona offesa non aveva piu’ provveduto a mutare la password dell’account, come avrebbe potuto fare; manca dunque un accesso abusivo, in quanto i messaggi di posta elettronica venivano scaricati automaticamente sui dispositivi del (OMISSIS).
Ne consegue che la (OMISSIS) non aveva mai manifestato al (OMISSIS) un dissenso all’accesso alla posta elettronica della ditta, ne’ aveva esercitato lo ius excludendi modificando la password, cosi’ mancando il requisito della abusivita’.
2.2. Con un secondo motivo sostiene che manchi il dolo dell’accesso abusivo, in quanto l’imputato ha sempre agito nella sua ritenuta veste di socio di fatto della societa’, ed un eventuale errore non consentirebbe l’enucleazione di una responsabilita’ penale.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 2, riferita al reato di cui al capo c), in quanto la sentenza di appello aveva ritenuto sussistente soltanto il reato di cui al capo a), confermando l’assoluzione per gli altri reati contestati; contesta altresi’ la sussistenza dell’aggravante della violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale di cui all’articolo 615 ter c.p., comma 2, n. 1 a nulla rilevando che l’imputato sia un Carabiniere, la cui funzione risulta estranea al fatto contestato.
2.4. Con un quarto motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ nel suo complesso infondato, ad eccezione del motivo concernente l’aggravante della violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale di cui all’articolo 615 ter c.p., comma 2, n. 1.
2. I primi due motivi di ricorso, concernenti la fattispecie oggettiva e soggettiva del reato di accesso abusivo, sono inammissibili, in quanto si limitano a riproporre una ricostruzione alternativa dei fatti, alla stregua della versione dell’imputato, gia’ valutata e ritenuta infondata dalla sentenza di appello, con la quale il ricorrente omette un concreto confronto argomentativo.
2.1. Giova premettere che, secondo la ricostruzione dei fatti accertata dai giudici di merito – che pure ne hanno valutato diversamente la rilevanza penale -, (OMISSIS) – carabiniere in servizio – e (OMISSIS) avevano intrapreso nell’ottobre del 2013 un’attivita’ imprenditoriale avente ad oggetto la realizzazione di opere grafiche digitali; la (OMISSIS) risultava l’unica titolare della ditta individuale “(OMISSIS)”, ma entrambi erano soci, e, in tale qualita’, avevano versato 2.500,00 Euro come fondo cassa, oltre ad un finanziamento ottenuto dalla donna; i due soci aprivano presso Aruba il dominio (OMISSIS), cui era collegato l’account
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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