In tema di accertamento dello stato passivo

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 5 luglio 2019, n. 18169.

La massima estrapolata:

In tema di accertamento dello stato passivo, le buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo, possono essere utilizzate come prova del credito oggetto di insinuazione, considerato che ai sensi dell’art. 3 della l. n. 4 del 1953 la loro consegna al lavoratore è obbligatoria, ferma restando la facoltà del curatore di contestarne le risultanze con altri mezzi di prova, ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

Ordinanza 5 luglio 2019, n. 18169

Data udienza 18 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8131/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato Ricciardi Massimo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.a.s., in persona del curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 2477/2014 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 19/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2019 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato il 13 marzo 2014 il Tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione L. Fall., ex articolo 98 proposta da (OMISSIS) avverso il decreto con cui il G.D. dello stesso Tribunale non aveva accolto la sua domanda di insinuazione al passivo del credito di Euro 189.070,16, richiesto per la pretesa attivita’ di lavoro dipendente svolta a favore della (OMISSIS) s.a.s. per il periodo dicembre 2008- dicembre 2010.
Il Tribunale di Milano, pur dando atto che il ricorrente – gia’ socio della fallita – aveva prodotto buste-paga relative al periodo in oggetto e che dal libro matricola della societa’ risultava il suo nominativo sin dal 1990, ha osservato, alla luce delle deposizioni testimoniali assunte nel corso del procedimento, che il rapporto di lavoro con il ricorrente, pur instaurato nel 1990, era cessato quantomeno dal 1996 e, da allora, il (OMISSIS) non era mai stato visto in azienda, se non del tutto occasionalmente, con la conseguenza che non vi era alcuna prova dello svolgimento di prestazioni di lavoro subordinato.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS). La Curatela si e’ costituita in giudizio con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo e’ stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’articolo 409 c.p.c. e Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 24 difetto assoluto di motivazione nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Lamenta il ricorrente che, avendo la procedura concorsuale contestato non solo l’entita’ del credito, ma anche la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, la cognizione della causa avrebbe dovuto essere devoluta alla competenza esclusiva per materia del giudice del lavoro.
2. Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha piu’ volte statuito, anche recentemente, che rientrano nella cognizione del giudice del fallimento le controversie relative all’accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale (Sez. L n. 7990 del 30/03/2018; Sez L n. 19248/2007).
3. Con il secondo motivo e’ stata dedotta violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e articolo 2697 c.c., difetto assoluto di motivazione nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Lamenta il ricorrente che il Tribunale ha omesso di valutare la documentazione dallo stesso prodotta a fondamento del dedotto rapporto di lavoro subordinato, consistente in buste paga, un contratto di lavoro sottoscritto dalle parti, accantonamenti del TFR e dichiarazioni del legale rappresentante della societa’.
4. Il motivo e’ infondato.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, da un attento esame del decreto impugnato emerge che il Tribunale ha dato espressamente atto della produzione da parte dello stesso dei documenti sopra indicati, ritenendoli, tuttavia, irrilevanti, ai fini della prova dello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, non solo perche’ la Curatela ha contestato la provenienza degli stessi dal legale rappresentante della fallita, ma anche sul rilievo che dalle deposizioni testimoniali assunte, della cui genuinita’ non vi era motivo di dubitare, era risultato che il ricorrente si era recato presso la societa’ fallita solo occasionalmente, e, segnatamente, solo tre, quattro volte nell’arco temporale di quindici anni.
Il decreto impugnato ha, altresi’, evidenziato che l’iscrizione del (OMISSIS) nel libro matricola era perfettamente spiegabile sul rilievo che lo stesso aveva originariamente lavorato per la fallita dal 1990 al 1996, cosi’ come poteva spiegarsi il fatto che fosse in possesso della documentazione prodotta in giudizio, avendo collaborato con lo studio che aveva tenuto la contabilita’ della fallita, svolgendo una sorta di funzione di “interfaccia”.
Devono quindi ritenersi insussistenti le lamentate violazioni dell’obbligo motivazionale e dell’omesso esame del contenuto dei documenti prodotti, che sono stati, viceversa, oggetto di un’apposita analisi da parte del Tribunale, che ne ha, tuttavia, disatteso la rilevanza probatoria.
Parimenti infondata e’ la dedotta violazione dell’articolo 2697 c.c..
Va preliminarmente osservato che se e’ pur vero che questa Corte ha gia’ statuito, in sede di accertamento del passivo fallimentare, che le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo, hanno piena efficacia probatoria del rapporto di lavoro esistente e del credito insinuato, alla stregua del loro contenuto, obbligatorio e penalmente sanzionato dalla L. 25 gennaio 1953, n. 4, articolo 5 (Cass. n. 17413/2015), tuttavia, rimane comunque ferma la facolta’ della controparte di contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione e’ rimessa al prudente apprezzamento del giudice. (Sez. L, n. 6501 del 26/04/2012).
Nel caso di specie, con una motivazione adeguata, il Tribunale di Milano, oltre a contestare la provenienza della documentazione prodotta dal legale rappresentante della fallita, ne ha in modo adeguato, nei termini sopra illustrati, argomentato la non dirimenza.
5. Con il terzo motivo e’ stata dedotta la violazione degli articoli 2096, 2126 e 2099 c.c., difetto assoluto di motivazione nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio a norma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
6. Il motivo e’ inammissibile.
Va preliminarmente osservato che assolutamente inconferenti e generiche si configurano le dedotte violazioni degli articoli 2096, 2126 e 2099 c.c. che si riferiscono rispettivamente alle fattispecie della assunzione in prova, della retribuzione in generale ed della prestazione di fatto in violazione di legge.
Il ricorrente non ha neppure ritenuto di illustrare in diritto il contenuto del motivo sotto il profilo sopra indicato.
In proposito, questa Corte ha anche recentemente affermato che il ricorso per cassazione esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421).
Con riferimento al dedotto omesso esame del documento n. 36, va osservato che, viceversa, il decreto impugnato ha espressamente evidenziato di aver esaminato le dichiarazioni contenute nel carteggio (OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
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(OMISSIS)
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(OMISSIS)
(OMISSIS)

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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