In tema di accertamenti medici sulle condizioni di salute dell’indagato detenuto

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|12 aprile 2021| n. 13624.

La previsione di cui all’art. 299, comma 4-quater, cod. proc. pen., in tema di accertamenti medici sulle condizioni di salute dell’indagato detenuto, attiene esclusivamente alla procedura della revoca o sostituzione della misura cautelare, disciplinata dall’art. 299 medesimo, e non è estensibile in via analogica al procedimento di riesame di una misura cautelare di cui all’art. 309 cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha evidenziato che tale preclusione, non deriva dai limiti devolutivi dell’impugnazione, che non operano in materia di riesame, quanto piuttosto dal fatto che l’ordinamento ha previsto uno specifico mezzo per far valere le situazioni sopravvenute che impongano la revoca o modifica della misura per incompatibilità con il regime detentivo).

Sentenza|12 aprile 2021| n. 13624

Data udienza 18 febbraio 2021

Integrale
Tag – parola chiave: Misura di custodia cautelare in carcere – Associazione mafiosa – Valutazione globale dei gravi indizi di colpevolezza – Verifica delle condizioni di salute del reo non ipotizzabile nel procedimento per il riesame ma in quello di revoca della misura ex art. 299 cpp

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matild – Presidente

Dott. MANTOVANO A – rel. Consigliere

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittor – Consigliere

Dott. MONACO Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 08/08/2020 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere MANTOVANO ALFREDO, in giudizio trattato con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 8/08/2020 – dep. il 21/09/2020 il TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA in sede di riesame rigettava il ricorso proposto da (OMISSIS) contro l’ordinanza con la quale il GIP dello stesso TRIBUNALE in data 22/06/2020 aveva applicato a suo carico la misura cautelare della custodia in carcere.
L’ordinanza del GIP, confermata dal TRIBUNALE, aveva ritenuto sussistenti per (OMISSIS) gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di cui all’articolo 416 bis c.p. (capo a- della rubrica), in quanto partecipe dell’associazione denominata âEuroËœndrangheta, e al suo interno quale dirigente e organizzatore della cosca operante nel quartiere di (OMISSIS) e nell’area di (OMISSIS); e in relazione al delitto di estorsione pluriaggravata (capo m- della rubrica), perche’, in concorso con altri e con minaccia implicita derivante dalla loro appartenenza a una articolazione della cosca (OMISSIS), costringevano (OMISSIS), rappresentante della ditta (OMISSIS) s.a.s., impegnata nei lavori di ristrutturazione per un importo di 40.000 Euro di una palazzina a REGGIO CALABRIA di proprieta’ di (OMISSIS), a corrispondere una somma pari al 5% del valore, conseguendo il profitto ingiusto di 1.000 Euro; il ruolo contestato a (OMISSIS) nella circostanza era stato quello di aver materialmente avanzato la richiesta di pagamento a (OMISSIS).
2. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, tramite i propri difensori, e deduce come motivi:
la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b) e lettera e) in relazione all’articolo 273 c.p.p. e all’articolo 416 bis c.p.; fe’ censura l’ordinanza del TRIBUNALE del RIESAME sostenendo l’insussistenza di elementi gravemente indiziari per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa, l’esistenza di una motivazione apparente e il mancato confronto con la memoria difensiva depositata all’udienza del riesame. Premesso di non voler sollecitare una rivalutazione del fatto descritto dal TRIBUNALE, in virtu’ dei limiti posti al giudizio di legittimita’, il ricorrente illustra tuttavia i fatti, al fine di far emergere la presunta illogicita’ della decisione impugnata. Contesta anzitutto l’esistenza di rapporti epistolari fra se’ e (OMISSIS), che il Collegio reggino avrebbe desunto da un colloquio intercorso fra lo stesso (OMISSIS) e la moglie (OMISSIS), nell’istituto di pena nel quale il primo era detenuto, poiche’ le lettere rinvenute dalla p.g. attesterebbero soltanto relazioni di amicizia fra i coniugi (OMISSIS) e i coniugi (OMISSIS), sarebbero state occasionali, e non farebbero in alcun modo desumere un meccanismo di trasmissione di messaggi dal carcere ai sodali in liberta’, il cui tramite sarebbe da identificare nel ricorrente. Non rientrerebbe in tale tipologia di missive nemmeno la lettera inviata da (OMISSIS) a (OMISSIS) mentre il primo era detenuto nel carcere di TORINO, indirizzata alla moglie di (OMISSIS), (OMISSIS), datata 19/07/2018, poiche’ si trattava del ringraziamento che (OMISSIS) aveva rivolto alla donna per essere stato ospitato nella loro casa sull'(OMISSIS), nel periodo in cui, pur trovandosi in liberta’, era stato tuttavia colpito dal divieto di dimora a REGGIO C. Altrettanto irrilevante era per la difesa l’organizzazione del matrimonio della figlia del ricorrente, che nell’ottica del provvedimento impugnato aveva rappresentato la conferma della presenza criminale egemone di (OMISSIS) sul territorio, con l’invito di centinaia di ospiti, ciascuno dei quali si sarebbe dovuto sentire obbligato a versare agli sposi del denaro in contante; al contrario, nell’ottica del ricorrente, gli atti attesterebbero una forte difficolta’ economica della famiglia (OMISSIS), rispetto alla quale la raccolta del denaro regalato dagli invitati al matrimonio avrebbe costituito una modalita’ per sostenere le spese del matrimonio medesimo: tale tesi sarebbe convalidata dalla mancata presenza al matrimonio dei principali esponenti della cosca, desumibile dalle conversazioni intercettate, sulle quali, come con la ricostruzione dell’intera voce “matrimonio”, il TRIBUNALE avrebbe omesso di svolgere le opportune considerazioni. Non costituirebbe indice di appartenenza all’associazione mafiosa nemmeno il colloquio captato fra l’odontoiatra Dott. (OMISSIS) e (OMISSIS), sua collaboratrice, durante i14′ quale i due avevano parlato di (OMISSIS) quale soggetto che controllava il 50% del quartiere (OMISSIS), identificandolo come il cognato di altro personaggio, individuato nell’ordinanza in (OMISSIS), fratello della moglie di (OMISSIS), il quale si era trasferito a CIPRO, e li’ conduceva una vita agiata. Il controllo del quartiere menzionato nel discorso era funzionale a sostenere che (OMISSIS) riusciva a orientare un pacchetto di 150 voti in occasione delle elezioni: ancora una volta, pero’, non vi sarebbe alcuna certezza che il “(OMISSIS)” del quale si parlava in quel dialogo come titolare di tale patrimonio elettorale fosse (OMISSIS), ne’ che costui fosse identificabile in tale “(OMISSIS)” che, dopo aver sostenuto alle elezioni regionali (OMISSIS), pure tratto in arresto nell’ambito di indagine sulle collusioni fra poetica locale e âEuroËœndrangheta, risultava da altre conversazioni intercettate avere poi manifestato insoddisfazione per la mancata rispondenza da parte di costui agli impegni assunti prima del voto. Ancora, la difesa censura l’idoneita’ a costituire elemento gravemente indiziario delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale avrebbe si’ indicato il ricorrente quale soggetto apicale della cosca (OMISSIS), raccoglitore di consensi elettorali anche in favore del predetto (OMISSIS), ma cio’ avrebbe fatto durante una identificazione fotografica su sollecitazione degli inquirenti, nel contesto di 0(una collaborazione appena avviata, al momento sguarnita di riscontri esterni individualizzati. Aggiunge che il colloquio intercettato il 29/06/2018 fra (OMISSIS) e tale (OMISSIS) non costituirebbe ulteriore indizio di mafiosita’ a carico dell’indagato, per avere costui rassicurato l’altro – titolare di una azienda edile – che non avrebbe dovuto pagare alcun “pizzo”, di cui pure aveva avuto richiesta, purche’ avesse fatto agli “esattori” il nome di (OMISSIS), verificando se i suoi interlocutori avessero compreso l’importanza del cognome evocato: il fatto di essere gia’ stato condannato con sentenza definitiva per partecipazione ad associazione mafiosa non autorizzerebbe la presunzione, che ad avviso della difesa emergerebbe dall’ordinanza impugnata, che egli avesse proseguito l’attivita’ illecita, in assenza di una prova positiva in tal senso orientata;
– la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b) e lettera e), in relazione all’articolo 273 c.p.p. e all’articolo 629 c.p.. Censura nel dettaglio che: 1) egli fosse il “(OMISSIS)” di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) parlavano in un colloquio intercettato come soggetto che avrebbe formulato la richiesta di denaro a (OMISSIS); 2) nella specie non emerga con chiarezza quale ruolo avesse svolto “(OMISSIS)”, 3) non sia determinabile neanche l’ammontare della richiesta estorsiva, 3) non risulta che (OMISSIS) abbia versato l’importo richiestogli;
– l’insussistenza delle esigenze cautelari, con esplicito riferimento alla relazione di consulenza tecnica, allegata alla memoria difensiva depositata in TRIBUNALE, consulenza a firma dei dottori (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, esaminate le condizioni di salute di (OMISSIS), avevano esclusa la compatibilita’ tra le stesse e la detenzione in carcere.
Il PROCURATORE GENERALE di questa S.C. ha depositato conclusioni scritte per l’inammissibilita’ del ricorso, mentre il difensore avv. (OMISSIS) ha trasmesso memoria scritta per l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile.
1. Manifestamente infondati sono i primi due motivi, che reiterano considerazioni in fatto sulle quale il TRIBUNALE ha motivato in modo esteso allorche’, dopo l’inquadramento della criminalita’ di tipo mafioso operante nel territorio di REGGIO CALABRIA, ha indicato analiticamente – riprendendo con ampiezza la trascrizione di colloqui oggetto di intercettazione ambientale e telefonica – le ragioni per le quali (OMISSIS) va identificato come uno dei riferimenti della âEuroËœndrangheta sia nel quartiere di (OMISSIS) a REGGIO CALABRIA sia nell’area di (OMISSIS), e le ha identificate nel ruolo da lui avuto nell’estorsione di cui al capo m), nel complesso dell’attivita’ di indagine svolta dalla p.g. nei suoi confronti, e nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS).
Le censure difensive per un verso, al di la’ delle premesse manifestate, puntano a una rivalutazione della ricostruzione del fatto incompatibile col giudizio di legittimita’, pur se la sollecitazione a un ulteriore esame nel merito avviene attraverso il richiamo alla logicita’ della motivazione; per altro verso sezionano il quadro indiziario ricostruito dal Collegio del riesame e sottopongono a verifica ciascun singolo elemento, estrapolandolo dalla necessaria visione d’insieme che permette di legarli in modo coerente e complessivo, in contrasto col consolidato orientamento di questa S.C., secondo cui dalla natura indiziaria degli elementi di supporto che giustificano l’applicazione della misura cautelare discende la necessita’ di una applicazione rigorosa del principio di valutazione globale e complessiva del contesto a carico.
Come ricordato proprio in tema di associazione di tipo mafioso, ex pluribus, da Sez. 1 sentenza n. 30415 del 25/09/2020 dep. 02/11/2020 Rv. 279789 imputato Castagnella, “ai fini della configurabilita’ dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, e’ illegittima una valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire, alla verifica della gravita’ e precisione dei singoli elementi indiziari, il loro esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine”. E cio’ in coerenza, fra le altre, con Sez. 1 sentenza n. 39125 del 22/09/2015 dep. 25/09/2015 Rv. 264780 imputati Filippone e altro, secondo cui “in tema di applicazione di misure cautelari personali, la gravita’ degli indizi di colpevolezza postula una considerazione non frazionata ma coordinata degli stessi, che consenta di verificare se la valutazione sinottica di essi sia o meno idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguita’ discendenti dall’esame parcellizzato dei singoli elementi di prova, e ad apprezzare quindi la loro effettiva portata dimostrativa e la loro congruenza rispetto al tema di indagine prospettato nel capo di imputazione provvisoria”.
Non a caso la difesa prende in esame l’episodio di estorsione sub m-solo dopo aver affrontato in senso critico gli altri elementi posti a base dell’imputazione associativa sub a-, mentre invece esso, nella logica espositiva del riesame, e’ stato dal TRIBUNALE considerato prioritariamente proprio perche’ in prima battuta qualificante del peso criminale del ricorrente.
2. Ala stregua di tale premessa, e seguendo l’ordine di trattazione del Collegio del riesame, si rivela infondata la censura difensiva alla ricostruzione di quanto sintetizzato sub m- perche’:
2.1. nella telefonata del 15/05/2019 fra (OMISSIS) e (OMISSIS) il nome di (OMISSIS) e’ stato fatto in modo chiaro, e non vi e’ alcuna difficolta’ nel ricavarlo da diminutivi adoperati in altri colloqui, e’ stato associato in modo altrettanto chiaro alla pretesa di denaro avanzata a (OMISSIS), ed e’ stato seguito dalla indicazione del valore del lavoro svolto dalla vittima (40.000 Euro), dell’entita’ della richiesta, pari al 5%, e di quanto poi effettivamente incassato dalla cosca, 1.000 Euro, oltre che dalla ripartizione di tale somma fra di loro. Dunque, non vi e’ incertezza sulla identificazione di “(OMISSIS)”, visto che tale diminutivo e’ stato associato al cognome di (OMISSIS), perche’ egli si era recato da (OMISSIS) ed emerge con evidenza l’ammontare della richiesta estorsiva e di quanto poi realizzato;
2.2. il TRIBUNALE ha aggiunto che da altre conversazioni intercettate si desume che i lavori di (OMISSIS) riguardavano la ristrutturazione di un immobile appartenente a (OMISSIS) – e di (OMISSIS) avevano parlato nella loro telefonata (OMISSIS) e (OMISSIS) -, che il cantiere in questione era stato controllato dalla Guardia di Finanza, si’ che vi era il comprensibile timore che cio’ avesse conseguenze negative per i concorrenti nel reato, che la zona sul quale sorgeva l’immobile oggetto dei lavori della ditta di (OMISSIS) ricadeva nel quartiere di S. Sperato, sotto il controllo di (OMISSIS);
2.3. il Collegio del riesame ha correttamente e congruamente motivato anche sull’aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 1, in quanto la richiesta di denaro e’ stata avanzata per consolidare il potere della cosca sul territorio e per incrementarne i proventi.
3. La motivazione del TRIBUNALE e’ del tutto completa e logica, e quindi priva dei vizi prospettati con ricorso, anche con riferimento all’imputazione sub a), una volta valorizzata anche a tal fine la partecipazione al delitto sub m), di cui si e’ appena trattato. Il riferimento iniziale alla recente condanna definitiva di (OMISSIS) per lo stesso reato associativo, quale riconosciuto partecipe alla cosca (OMISSIS) della âEuroËœndrangheta, non costituisce, come stigmatizzato dalla difesa, una presunzione di prosecuzione nella consumazione del delitto priva di riscontri, bensi’ una indicazione di contesto, pari al fatto di essere il medesimo (OMISSIS) coniugato con (OMISSIS), figlia del capo storico della cosca. In tale contesto il Collegio del riesame ha inserito in ordine gli elementi indiziari di cui la difesa la contestato il peso e la convergenza dimostrativa di una partecipazione all’associazione mafiosa, ma non l’esistenza; essi coincidono con:
3.1. le relazioni strette accertate fra i coniugi (OMISSIS) e i coniugi (OMISSIS), aventi una ricaduta anche in rapporti epistolari, se e’ vero che (OMISSIS) aveva riferito a (OMISSIS), che era andato a trovarlo, di una lettera non recapitata perche’ (OMISSIS), identificato quale coniuge di “zia (OMISSIS)”, cioe’ di (OMISSIS), si trovava in quel momento in ospedale (l’individuazione del ricorrente e’ stata confermata dalla circostanza che nei giorni in questione egli era stato effettivamente ricoverato). Tali rapporti sono stati evidenziati anche nell’ospitalita’ data da (OMISSIS) a (OMISSIS) in una propria casa sull’Aspromonte quando il secondo era interessato dal divieto di dimora a REGGIO C.;
3.2. quanto desunto dal colloquio fra l’odontoiatra (OMISSIS) e (OMISSIS), sua collaboratrice, durante 11, 21 quale i due avevano parlato di (OMISSIS) quale soggetto che controllava il 50% del quartiere (OMISSIS). Il TRIBUNALE ha elencato anche a tal proposito le ragioni di identificazione di ” (OMISSIS)” o “(OMISSIS)” o “(OMISSIS)” con la persona di (OMISSIS), per relazione al riferimento che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano fatto alle vicende del cognato (OMISSIS), che e’ effettivamente il fratello della moglie di (OMISSIS), il quale si era trasferito a CIPRO, e li’ conduceva una vita agiata. Il contenuto del colloquio e’ stato dal Collegio del riesame ritenuto qualificante perche’ da esso si ricavava il controllo da parte di (OMISSIS) anche di una quantita’ di voti – 150 espressi dal quartiere S. Sperato, collocato sotto la sua egemonia criminale, e delle relazioni che tale controllo gli aveva permesso di avere con soggetti candidati alle elezioni regionali, sostenuti da (OMISSIS), come per es. (OMISSIS), con cui (OMISSIS), secondo quanto desunto da una telefonata fra (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva mantenuto contatti dopo le elezioni, tanto da rimproverargli poi il mancato adempimento delle promesse elettorali. Dell’impegno di (OMISSIS) per far votare (OMISSIS) il TRIBUNALE ha dato atto allorche’ ha menzionato telefonate avente tale oggetto, intercorse fra il ricorrente e (OMISSIS);
3.3. quanto emerge dal colloquio intercettato il 29/06/2018 fra (OMISSIS) e tale (OMISSIS), col primo che rassicurava l’altro – titolare di una azienda edile che non avrebbe dovuto pagare alcun “pizzo”, di cui aveva avuto richiesta. (OMISSIS) si mostrava nella circostanza assai deciso – e da cio’ il Collegio del riesame ricava conferma della spendita del suo peso criminale nel territorio di riferimento – nell’ordine a (OMISSIS) di non pagare nulla, e di fare il suo nome a chi gli aveva domandato il denaro. In altre circostanze, come nei rapporti con tale (OMISSIS), (OMISSIS) si adoperava con altrettanta decisone perche’ altre controversie fossero superate: il tenore di queste ultime e’ stato correttamente valutato non in termini di esercizio di rapporti fra imprenditori, come sostiene la difesa, bensi’ di far valere la propria posizione di autorevole partecipe della cosca nei confronti di chi la ignorava.
4. Infine, quanto alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale aveva indicato nel ricorrente un soggetto apicale della cosca (OMISSIS), raccoglitore di consensi elettorali anche in favore del predetto (OMISSIS), la circostanza, sottolineata dalla difesa, che tali propalazioni avrebbero seguito una identificazione fotografica effettuata dal collaborante su sollecitazione degli inquirenti, non esclude che essa si sia realmente svolta, e non corrisponde a una denuncia di asserzioni forzate. Che il riferimento di (OMISSIS) a (OMISSIS) si inserisca in una collaborazione appena avviata, non corredata da riscontri esterni individualizzati, avrebbe peso se questo fosse il solo elemento a carico di (OMISSIS): ma, per quanto fin qui esposto, cosi’ non e’, poiche’ tali dichiarazioni si inseriscono in un complessivo quadro indiziario, con ragione ritenuto grave dal TRIBUNALE, proprio perche’ articolato in piu’ elementi, rispetto ai quali la visione di insieme rende del tutto logica la conclusione cui quel Collegio e’ pervenuto. Esso ha certamente tenuto conto della memoria difensiva depositata nell’udienza del riesame, rispondendo a ciascun suo singolo passaggio, si’ che si manifesta del tutto infondata la censura di motivazione carente, oltre che quella di motivazione illogica.
5. Inammissibile e’ infine l’ultimo motivo proposto col ricorso, riguardante le condizioni di salute di (OMISSIS), poiche’ il TRIBUNALE ha correttamente osservato che cio’ che attiene alla compatibilita’ fra esse e lo stato di detenzione in carcere va fatto valere non gia’ al momento del riesame dell’originaria ordinanza del GIP, bensi’ davanti al Giudice competente ai sensi dell’articolo 279 c.p.p., con una istanza di revoca della misura, ovvero di sostituzione con altra meno afflittiva. E’ la ragione per cui non e’ possibile tenere conto delle consulenze mediche allegata alla memoria difensiva depositata nell’udienza camerale in sede di riesame, e quindi di ricorso per cassazione, come sancito, ex pluribus, da questa Sez. 2 con la sentenza n. 16370 del 03/04/2014 dep. 15/04/2014 Rv. 259430 imputati Salvucci e altri: “La previsione di cui all’articolo 299 c.p.p., comma 4 quater, in tema di accertamenti medici sulle condizioni di salute dell’indagato attiene esclusivamente alla procedura della revoca o sostituzione della misura cautelare disciplinata dall’articolo 299, medesimo e non e’ estensibile, in via analogica, al procedimento di riesame di una misura cautelare di cui all’articolo 309 c.p.p.”.
Nel caso in esame non si verteva in tema di appello cautelare, non essendo stata impugnata un’ordinanza di revoca o sostituzione della misura della custodia in carcere: il TRIBUNALE ha invece condiviso le valutazioni espresse dal Giudice sulla sussistenza di esigenze cautelari meritevoli di tutela attraverso la misura della custodia in carcere. La previsione di cui all’articolo 299 c.p.p., comma 4 quater, in tema di accertamenti medici sulle condizioni di salute dell’indagato attiene esclusivamente alla procedura della revoca o sostituzione della misura cautelare disciplinata nel citato articolo 299, ma non risulta estensibile in via analogica al procedimento di riesame di una misura cautelare disciplinato dall’articolo 309 c.p.p., con il quale viene richiesto al Tribunale di rivalutare la sussistenza dei presupposti giustificativi della misura stessa, nell’ambito dei termini perentori stabiliti dalla legge per la presentazione dell’istanza, per la trasmissione degli atti da parte dell’ufficio procedente, per la fissazione dell’udienza e per il deposito del provvedimento previsti a pena di perdita di efficacia della misura cautelare.
La preclusione alla valutazione delle condizioni sopravvenute di incompatibilita’ con il regime carcerario non nasce dai limiti devolutivi dell’impugnazione, che non operano in materia di riesame, ma dal fatto che l’ordinamento prevede uno specifico mezzo per far valere situazioni sopravvenute che impongano la revoca o la modifica della misura. D’atra parte, giurisprudenza risalente e consolidata ha chiarito la piena compatibilita’ di una simultanea richiesta di revoca e di riesame, essendo diversi i presupposti che le legittimano, diversa la natura – non costituendo la richiesta di revoca un’impugnazione – e non determinando la richiesta di revoca una implicita acquiescenza al provvedimento cautelare (Sez. U. n. 11 dell’8 luglio 1994, Buffa Rv. 198212).
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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