In seguito alla reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello

Corte di Cassazione, sezione penale, ORDINANZA 19 febbraio 2020, n.6531

Massima estrapolata:

In seguito alla reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello deve ritenersi nuovamente applicabile il principio secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati con effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità

ORDINANZA 19 febbraio 2020, n.6531

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10/09/2019, la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento della richiesta congiunta del P.G. e dell’imputato ex art. 599-bis cod.proc.pen., in riforma della decisione del Tribunale di Bologna in data 13.02.2019 – che aveva dichiarato Arfaoui Mohanned responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv cod.pen., 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990- rideterminava la pena nella misura di mesi nove di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, confermando nel resto. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo violazione dell’art. 62 n. 4 cod.pen e dell’art. 599 bis cod.proc.pen., lamentando che la Corte di appello, nel giudizio di adeguatezza della pena al fatto avrebbe dovuto considerare anche la ricorrenza della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Come già evidenziato anche dalla giurisprudenza di legittimità nella vigenza dell’articolo 599, comma 4, cod.proc.pen., abrogato dalla L. 125/2008, le cui disposizioni sono state testualmente replicate dall’art. 599 bis, comma 1, cod.proc.pen. introdotto dalla L. 103/2017, la rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso i quali l’appellante aveva richiesto il riconoscimento di circostanze attenuanti (Sez. 1, n. 19014 del 11/04/2012, Sardelli, Rv. 252861; Sez. 2, n. 11761 del 30/01/2014, Khribech, Rv. 259825; Sez.4, n.53340 del 24/11/2016, Rv.268696), atteso che la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, di talché è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati – come avvenuto nella specie – nè possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi (Sez.4, n.9857 del 12/02/2015, Rv.262448; Sez.4, n.53565 del 27/09/2017, Rv.271258).
2. Va, quindi, ribadito che, in seguito alla reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello deve ritenersi nuovamente applicabile il principio – elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008 – secondo cui il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati con effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità (cfr Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017, Ferro, Rv. 271258; Sez.5 n.29243 del 04/06/2018, Rv.273194). 3. Il ricorso, pertanto, essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017. 4. Essendo il ricorso inammissibile, alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in base al disposto dell’art. 616 cod.proc.pen, segue anche quella al pagamento della somma di euro 4.000 in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 17/12/2019

 

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