Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 24 giugno 2019, n. 27848.
La massima estrapolata:
In sede di impugnazione, il giudice, nel compiere il controllo di legalità sul sequestro probatorio o preventivo, non deve limitarsi a «prendere atto» della tesi accusatoria, ma, senza però spingersi sino a una verifica in concreto della sua fondatezza, deve valutare se gli elementi di fatto rappresentati consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (cfr. sezioni Unite, 20 novembre 1996, Bassi).
Sentenza 24 giugno 2019, n. 27848
Data udienza 14 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CERVADORO Mirella – Presidente
Dott. ALMA Marco M – rel. Consigliere
Dott. BORSELLINO Maria Daniel – Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., con sede in (OMISSIS);
avverso la ordinanza n. 563/18 in data 06/12/2018 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ZACCO Franca, che ha concluso chiedendo nel proc. n. 2474/2019 l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla societa’ (OMISSIS) S.r.l. e nel proc. n. 2485/2019 la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore della ricorrente, Avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Deve, in via preliminare, rilevarsi che i procedimenti R.G.N. 2474/19 e N. 2485/2019 (chiamati separatamente all’odierna udienza ed in relazione ai quali le parti hanno presentato autonome conclusioni), sono stati riuniti con ordinanza di questa Corte trattandosi di impugnazioni proposte dallo stesso soggetto nei confronti del medesimo provvedimento.
2. Con ordinanza in data 6 dicembre 2018, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato il gravame presentato nell’interesse dalla societa’ ” (OMISSIS) S.r.l.” avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 17 settembre 2018 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale.
La vicenda trae origine da un procedimento penale promosso ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS) come persone fisiche e della societa’ (OMISSIS) come ente giuridico ai sensi della Decreto Legislativo n. 231 del 2001.
Il primo reato ipotizzato e’ quello di cui all’articolo 648-bis c.p. in quanto secondo la prospettazione accusatoria la (OMISSIS), quale legale rappresentante della sopra menzionata societa’, dopo avere ricevuto sul conto corrente della medesima societa’, mediante lo strumento di un simulato contratto preliminare di compravendita, somme di denaro per un importo di Euro 670.450,00 provenienti dal profitto dei delitti di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2, 3 e 4 commessi negli anni dal 2009 al 2011 da (OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante del ” (OMISSIS)” nell’ambito del proc.pen. 9134/2017 R.G.n. r., le trasferiva nella ristrutturazione di un immobile sito in (OMISSIS) cosi’ compiendo operazioni tali da ostacolare l’identificazione della provenienza illecita delle somme stesse.
E’, poi, ipotizzato anche il reato di cui all’articolo 512-bis c.p. (gia’ Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies) a carico sia della (OMISSIS) che del (OMISSIS) per avere, mediante il contratto sopra menzionato, attribuito fittiziamente alla (OMISSIS), che agiva in nome e per conto della societa’ (OMISSIS), la titolarita’ dei beni immobili (terreno e fabbricato) siti in (OMISSIS).
A carico della societa’ odierna ricorrente e’, infine, ipotizzato l’illecito amministrativo di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5, comma 1, lettera a), e articolo 25-octies.
Deve essere ancora chiarito che il Giudice per le indagini preliminari emetteva in relazione alla medesima vicenda due decreti di sequestro preventivo (rispettivamente in data 17 settembre 2018 e 16 ottobre 2018), il primo in relazione al reato di riciclaggio ed all’illecito amministrativo, il secondo in relazione al reato di cui all’articolo 512-bis c.p..
2. Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza (con separati atti di contenuto sostanzialmente sovrapponibile) che hanno dato luogo all’iscrizione presso questa Corte dei due procedimenti sopra indicati il difensore della predetta societa’, deducendo con un unico articolato motivo la violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), per erronea applicazione della L. n. 231 del 2001, articolo 5, comma 1, lettera a), e articolo 25-octies in relazione all’articolo 648-bis c.p. e totale omissione di motivazione.
Premette il ricorrente che la societa’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) sarebbero rimaste coinvolte in questa vicenda familiare e processuale per essere legate professionalmente da anni al c.d. (OMISSIS) e che la vicenda in contestazione aveva inizio il 23 aprile 2012 allorquando la (OMISSIS), quale legale rappresentante della societa’, aveva acquistato attraverso un contratto preliminare di compravendita da (OMISSIS) e (OMISSIS) un fabbricato con terreno siti in (OMISSIS). Successivamente (4 settembre 2013) veniva stipulato un contratto preliminare di compravendita di cosa altrui tra (OMISSIS) S.r.l. (promittente venditrice) e le societa’ del (OMISSIS) (promissarie acquirenti) per un corrispettivo di Euro 1.900.000 essendo il fabbricato stato nel frattempo ristrutturato e proprio con tale preliminare veniva previsto il versamento della somma asseritamente oggetto dell’attivita’ di riciclaggio.
Rileva peraltro parte ricorrente che il Tribunale non avrebbe offerto alcuna motivazione circa la consapevolezza della (OMISSIS) in relazione alla provenienza illecita dell’importo contestato, svalutando anche la circostanza che tale importo sarebbe derivato dagli asseriti reati fiscali commessi anni prima dal (OMISSIS).
Il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che i saldi iniziali ed i movimenti bancari delle societa’ del (OMISSIS) erano assolutamente capienti e coerenti con i bonifici effettuati a favore de (OMISSIS) S.r.l. in esecuzione del menzionato contratto.
Tale rilievo mosso dalla difesa sarebbe rimasto totalmente privo di riscontro nella motivazione del provvedimento impugnato.
Un diverso profilo di censura che parte ricorrente opera nei confronti del provvedimento impugnato riguarda, poi, la circostanza che la difesa aveva gia’ evidenziato che il contestato profitto illecito del reato di riciclaggio era gia’ stato oggetto di sequestro per equivalente a seguito di provvedimento emesso il 27 giugno 2016 nell’ambito del procedimento penale n. 16368/15 R.G.n. r. a carico del (OMISSIS) per i reati tributari con la conseguenza che sarebbe stato impossibile il reimpiego di un profitto di fatto gia’ posto sotto sequestro.
Ancora: la difesa della ricorrente aveva evidenziato l’irragionevolezza del richiamo operato dal Tribunale ad una perizia che aveva attribuito il valore di Euro 350.000 ai due immobili, essendo documentato che anche solo le spese per la ristrutturazione erano state ampiamente superiori.
Non sarebbe altresi’ corretto quanto affermato dal Tribunale circa il fatto che la condotta di riciclaggio ascritta alla (OMISSIS) non si sarebbe esaurita nella mera percezione delle somme da parte del (OMISSIS) ma si sarebbe concretizzata nel loro reimpiego attraverso il versamento delle somme destinate al pagamento delle opere di ristrutturazione degli immobili, cio’ in quanto tutti i passaggi di somme dal (OMISSIS) a (OMISSIS) S.r.l. e da questa utilizzati per l’acquisto e ristrutturazione degli immobili sono assolutamente tracciati.
Inoltre anche l’illazione a sostegno della fittizieta’, relativa alla mancata esecuzione del preliminare di vendita dalla societa’ (OMISSIS) al (OMISSIS) sarebbe documentalmente smentita dal fatto che il (OMISSIS) (nella sua nuova gestione) ha posto in essere un atto di citazione per l’accertamento della simulazione e questa e’ la ragione per la quale non si e’ potuti addivenire alla stipulazione di un contratto definitivo.
Infine, rileva la difesa della ricorrente che il Tribunale del riesame nell’ambito del proc. n. 557/18 ha confermato un sequestro che non e’ mai stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari in quanto il delitto di cui all’articolo 512-bis c.p.non e’ annoverato tra i reati presupposto di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso nella sua evidenziata duplicazione non e’ fondato.
Deve, innanzitutto, doverosamente ricordarsi che questa Corte Suprema, con una sentenza emessa in materia di misure di prevenzione ma con un principio certamente applicabile anche in questa sede stante l’identita’ del limite in relazione al quale e’ consentito il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali, ha avuto modo di chiarire che “Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione e’ ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 4, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, articolo 3 ter, comma 2; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, e’ esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimita’ l’ipotesi dell’illogicita’ manifesta di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiche’ qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dalla L. n. 1423 del 1956, articolo 4, comma 9 predetto, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente” (In motivazione la Corte ha ribadito che non puo’ essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realta’, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato). (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Il sindacato demandato alla Corte di Cassazione in subiecta materia ha pertanto un orizzonte circoscritto, dovendo essere limitato, per espresso disposto normativo, alla assoluta mancanza di motivazione ovvero alla presenza di motivazione meramente apparente. E la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo altresi’ di evidenziare, con riferimento alla problematica del riesame delle misure cautelari, che il legislatore ha in tal modo inteso sanzionare l’elusione da parte del giudice del riesame del suo compito istituzionale di controllo “in concreto” del provvedimento impugnato, riconducibile alla prescrizione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 125 c.p.p., comma 3, sanzionato a pena di nullita’, e dunque deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c).
Deve altresi’ aggiungersi che la verifica delle condizioni di legittimita’ della misura, da parte (prima) del Tribunale e (poi) della Corte di legittimita’, non puo’ tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito, concernente la responsabilita’ del soggetto indagato, in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilita’ tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell’antigiuridicita’ del fatto.
I principi enunciati non comportano, pero’, che il sindacato giurisdizionale operato dal Tribunale del riesame e dalla Corte di Cassazione sulla compatibilita’ tra la fattispecie concreta e quella legale debba essere meramente astratto e puramente cartolare, disancorato da ogni valutazione della effettiva situazione concreta.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 48/1994 in tema di misure cautelari reali aveva gia’ affermato che “il controllo che il giudice e’ chiamato a operare e’ tutt’altro che burocratico, dovendosi invece incentrare sulla verifica della integralita’ dei presupposti che legittimano la misura”, precisando che “neppure e’ pero’ a dirsi che il controllo del giudice non possa in alcun modo spingersi all’esame del fatto per il quale si procede”.
Sulla scia di queste importanti affermazioni, le Sezioni unite di questa Corte hanno meglio definito il potere del giudice in tema di sequestro probatorio o preventivo, affermando che il giudice, nel compiere il controllo di legalita’ che gli spetta, non deve limitarsi a “prendere atto” della tesi accusatoria, ma, senza spingersi sino a una verifica in concreto della sua fondatezza, deve valutare se gli elementi di fatto rappresentati consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica, “tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralita’ dei presupposti che legittimano il sequestro” (Sez. U. n. 23 del 20.11.1996, dep. 1997, Bassi, rv. 206657; Sez. U. n. 7/2000).
2. Cio’ doverosamente premesso, rileva l’odierno Collegio che nel caso di specie i Giudici del riesame hanno fatto corretta applicazione dei principi espressi dando atto di avere esaminato e valutato gli elementi accusatori e quelli prospettati dalla difesa e all’esito di essere pervenuti alla affermazione di sussistenza del fumus commissi delicti di cui hanno dato conto nel provvedimento in questa sede censurato che non e’ certo caratterizzato – come vorrebbe parte ricorrente – da una “totale assenza di motivazione” sui punti essenziali della questione in esame.
Il Tribunale del riesame ha, innanzitutto, dato conto della provenienza delittuosa delle somme utilizzate nelle operazioni nel dettaglio ricostruite, provenienza che la stessa parte qui ricorrente ha affermato di non contestare, ponendo invece l’accento sulla assenza di prova circa la consapevolezza in capo alla (OMISSIS) del fatto che le somme a lei versate dal (OMISSIS) fossero frutto di provenienza delittuosa.
Ora, partendo dalla premessa in diritto che se anche per la configurabilita’ del delitto di riciclaggio (cosi’ come per quello di ricettazione) e’ necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto sul quale poi vengono compiute le operazioni indicate nell’articolo 648-bis c.p. non e’ tuttavia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, e la prova dell’elemento soggettivo del reato puo’ trarsi anche da fattori indiretti, qualora la loro coordinazione logica sia tale da consentire l’inequivoca dimostrazione della malafede.
Cio’ detto – contrariamente all’assunto di parte ricorrente – con una motivazione assai dettagliata riguardante la ricostruzione dei rapporti tra la societa’ (OMISSIS) e le societa’ del (OMISSIS), i Giudici della cautela hanno dato atto dei numerosi indici di anomalia dell’operazione che non possono che sottendere il fumus non solo dell’elemento oggettivo ma anche di quello soggettivo del reato ipotizzato a carico della (OMISSIS) il tutto collocato in una operazione che – come adeguatamente la definisce il Tribunale del riesame “non ha alcun significato da un punto di vista imprenditoriale ne’ commerciale” operata da un’impresa di pulizie quale (OMISSIS) risulta essere, gia’ legata alle societa’ del (OMISSIS) da un contratto per un servizio di pulizia a sua volta “curioso” (cosi’ lo definisce a ragion veduta lo stesso Tribunale) in quanto estremamente oneroso e caratterizzato da modalita’ anomale (cfr. pagg. da 6 a 8 dell’ordinanza impugnata), che ad un tratto diventa imprenditore immobiliare svolgendo un’illogica attivita’ di intermediazione per l’acquisto e la ristrutturazione di un fabbricato, attivita’ che ben avrebbe potuto essere compiuta direttamente dai pretesi acquirenti finali, con un’operazione di ristrutturazione che ha appalesato la volonta’ della (OMISSIS) di destinare l’immobile non alla finalita’ socio-assistenziale prevista dal (OMISSIS) ma piuttosto quella di adibire il fabbricato a civile abitazione mediante l’investimento di ingenti somme di denaro nell’acquisto di lussuosi materiali.
In sostanza proprio dalle attivita’ descritte nel provvedimento impugnato e dalle “anomalie” segnalate emerge per quello che in questa sede interesse un fumus tale da ritenere che ci si trovi in presenza di attivita’ contrattuali simulate (in particolare quella tra la societa’ (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) tali da consentire, attraverso un’apparente operazione immobiliare, la ripulitura di denaro di provenienza delittuosa. Del resto questa Corte di legittimita’ ha gia’ avuto modo di chiarire che “il delitto di riciclaggio si consuma con la realizzazione dell’effetto dissimulatorio conseguente alle condotte tipiche previste dall’articolo 648 bis c.p., comma 1, (sostituzione, trasferimento o altre operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilita’), non essendo invece necessario che il compendio “ripulito” sia restituito a chi l’aveva movimentato” (cfr. ex ceteris: Sez. 1, n. 32491 del 30/06/2015, Ghini, Rv. 264497).
La finalita’ illecita dell’operazione e’ palese non poteva di certo sfuggire alla (OMISSIS) proprio in relazione ai rapporti che la legavano al (OMISSIS) ed alle societa’ del suo gruppo.
A ben vedere la condotta di riciclaggio formalmente contestata alla (OMISSIS) appare financo riduttiva laddove limitata all’importo di 670.450,00 Euro sol ove si pensi al fatto che dalle casse delle societa’ del ” (OMISSIS)” e’ stata fatta uscire una somma ben piu’ ampia di quella proveniente dai delitti di cui agli articoli 2, 3 e 4 del D.Lgs., somma comunque di fatto destinata a consentire l’acquisto di beni da parte di altra societa’ – quale e’ (OMISSIS) – del tutto estranea al ” (OMISSIS)” e per una finalita’ non legata alla costruzione di un immobile servente all’attivita’ societaria, quanto piuttosto ad un immobile di lusso destinato ad abitazione. Situazione questa che consentirebbe astrattamente di ipotizzare anche il reato di appropriazione indebita che a sua volta puo’ anch’esso costituire presupposto di quello di riciclaggio cosi’ come di fatto traspare nella penultima pagina dell’ordinanza impugnata nella quale si descrive un programmatico svuotamento delle casse sociali da parte di (OMISSIS).
E, valga il vero, a nulla rileva per escludere la ricorrenza dell’ipotizzato reato di riciclaggio la tracciabilita’ delle operazioni compiute perche’ per realizzare la condotta di riciclaggio, non e’ necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilita’ del percorso dei beni provento di reato, ma e’ sufficiente anche che essa sia solo ostacolata (cfr. Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, Steinhauslin, Rv. 264369).
Ancora, deve essere evidenziato che risulta corretta l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata relativa al fatto che un conto e’ la questione relativa alla confisca per equivalente relativa al reato finanziario del quale e’ chiamato a rispondere il (OMISSIS) ed altra cosa e’ il delitto di riciclaggio delle somme di provenienza illecita che sono state utilizzate da (OMISSIS) S.r.l. per incrementare illecitamente il proprio patrimonio aziendale.
Del resto l’unico che si potrebbe lamentare di un “doppio sequestro” qualora ne ricorressero le condizioni (che in questa sede sono solo asserite ma non documentate) e’ solo il (OMISSIS) e non certo possono farlo la (OMISSIS) e/o la societa’ della quale la stessa e’ la legale rappresentante.
Per il resto le censure mosse all’impugnato provvedimento con il motivo di ricorso che qui ci occupa (quali ad esempio la problematica della correttezza delle perizia di stima degli immobili), sotto l’apparente deduzione di vizi attinenti alla violazione di legge, prospettano una richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in questa sede dove deve essere apprezzata solo la presenza di seri indizi della sussistenza del fumus dei quali la piena prova e’ riservata al merito.
3. Quanto all’ultimo passaggio del ricorso deve solo rilevarsi che l’ordinanza impugnata riguarda il procedimento iscritto al n. 563/2018 e fa espresso riferimento alle violazioni amministrative di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001 ed all’articolo 648-bis c.p..
L’asserto difensivo secondo il quale il Tribunale del riesame nell’ambito del proc. n. 557/18 ha confermato un sequestro che non e’ mai stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari in quanto il delitto di cui all’articolo 512-bis c.p. non e’ annoverato tra i reati presupposto di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001non trova alcun fondamento in relazione al contenuto del provvedimento qui in esame.
4. Deve solo aggiungersi che quanto detto al coinvolgimento della (OMISSIS) in ordine ai reati alla stessa contestati e’ intimamente connesso e si ripercuote sulla infondatezza della richiesta di annullamento del provvedimento impugnato formulata nell’interesse de (OMISSIS) S.r.l. atteso che una volta che si e’ affermato che ricorre il fumus del reato di riciclaggio a carico della (OMISSIS) amministratrice e socio unico della societa’ (OMISSIS) ne consegue – in assenza di qualsivoglia doglianza difensiva sullo specifico punto volta a separare il ruolo della (OMISSIS) quale persona fisica da quello di amministratore della predetta societa’ – ricorre anche il fumus dell’illecito amministrativo contestato alla predetta persona giuridica.
5. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply