In presenza di una zona già urbanizzata

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza, 2 aprile 2020, n. 2228.

La massima estrapolata:

In presenza di una zona già urbanizzata, va esclusa la necessità dello strumento attuativo solo nei casi nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato.

Sentenza|2 aprile 2020| n. 2228

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Permesso di costruire – Intervento di demolizione e ricostruzione – Diniego – Assenza di Piano Particolareggiato

________________________________________
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10530 del 2015, proposto dal signor Gi. Sa., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. De Ca., con domicilio eletto presso lo studio Gr. As. in Roma, corso (…);
contro
Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Va. Mi. Ca. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce Sezione Terza n. 01859/2015, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Taranto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020, il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Ug. De Lu., su delega di Gi. De Ca., e Lo. Gr. su delega di Ma. Co..

FATTO e DIRITTO

1. La presente controversia concerne l’appello proposto dal sig. Sa. Gi. avverso la sentenza del T.a.r. per la Puglia – sezione staccata di Lecce, n. 1859 del 2015, la quale ha rigettato il ricorso dallo stesso proposto per l’annullamento del provvedimento dirigenziale prot. n. 51437 del 28 Marzo 2014, con cui il Comune di Taranto ha espresso il diniego relativo alla richiesta di permesso, previa demolizione di un fabbricato esistente, di costruire un nuovo fabbricato – composto da piano terra e quattro piani superiori, uffici, locali commerciali e residenze – in Via (omissis), a Taranto; nonché per l’annullamento di vari atti presupposti.
1.1. Il ricorrente aveva richiesto il permesso nella qualità di proprietario di un lotto di terreno di mq. 1.450 (distinto in catasto al foglio 247, particella 592 sub. 7), ricadente in Zona “C” di Espansione (classificata quale Zona Direzionale sulla Tav. 5/3 del vigente P.R.G.) sul quale è presente un fabbricato di mq. 203,19 assentito con concessione edilizia in sanatoria n° 9724/C del 21 Febbraio 2003, a seguito di condono edilizio.
1.2. Dinanzi al T.a.r. il sig. Salinaro aveva proposto un unico motivo di ricorso: “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12, 16, 20 D.P.R. n° 380/2001 – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7, 10 bis, 19, 20, 21 quinquies, 21 nonies Legge n° 241/1990 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 Decreto Legge n° 9/1982 convertito in Legge n. 94/1982 – Difetto di motivazione – Eccesso di potere per illogicità manifesta, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti – Sviamento – Violazione del giusto procedimento di legge – Violazione dei principi di economicità, di efficacia e di proporzionalità dell’agere amministrativo.”
2. L’appello proposto dall’originario ricorrente è affidato a quattro motivi.
2.1. Il Comune si è costituito, instando per il rigetto.
3. All’udienza pubblica del 20 febbraio 2020 la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.
4. Il T.a.r. ha fondato il rigetto sulle essenziali argomentazioni che seguono:
a) il provvedimento di diniego è basato su una pluralità di argomentazioni autonomamente idonee a sorreggerlo;
a1) l’assenza del Piano Particolareggiato per l’intera sottozona 32 del vigente P.R.G. che comprende il lotto interessato dall’intervento richiesto;
a2) l’assenza per il suolo in questione delle caratteristiche sufficienti per essere considerato lotto di completamento servito da urbanizzazioni primarie e secondarie;
b) nella fattispecie non è applicabile il principio secondo cui non vi è la necessità di strumenti attuativi previsti dal P.R.G. per il rilascio del permesso di costruire in zone già urbanizzate quando la situazione di fatto di una pressoché completa edificazione sarebbe incompatibile con il piano attuativo, come nel caso del lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata;
b1) infatti, nella fattispecie, viene in rilievo uno stato di fatto che, per effetto di una edificazione parzialmente abusiva, disomogenea e a macchia di leopardo, più di altre esige un piano attuativo idoneo per restituire efficienza all’abitato;
b1.1.) essendo necessario il completamento e il miglioramento del sistema viario, l’integrazione dell’urbanizzazione primaria e secondaria esistente, garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici in relazione all’intera sottozona 32, posto che la completezza del sistema infrastrutturale e delle opere urbanizzative trascende le dimensioni del singolo lotto edificabile, dovendo essere rapportato all’intero comprensorio (sottozona 32 della Tav. 5/3 del P.R.G.) che gli strumenti urbanistici attuativi dovrebbero disciplinare in modo omogeneo;
b1.2.) la valutazione del Comune – all’esito di una esaustiva istruttoria procedimentale – in ordine alla non esistenza di una compiuta urbanizzazione della sottozona n. 32 del P.R.G. costituisce espressione di discrezionalità tecnica della Amministrazione, sindacabile in sede di legittimità solo ove risulti manifestamente erronea o illogica, non ravvisabile nella fattispecie;
b2) il lotto in argomento (confinante ad est, a ridosso della strada vicinale, con una vasta area priva di ogni edificazione ed urbanizzazione) non può essere qualificato come lotto intercluso, il quale può ritenersi sussistente solo allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente sia l’unica a non essere stata ancora edificata, si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni e sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione, primarie e secondarie, previste dagli strumenti urbanistici;
c) né il lotto in argomento può essere considerato come area di completamento, dotata di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, poiché si trova in zona di espansione e non possiede, con ogni evidenza, le caratteristiche previste dall’art. 6 terzo comma lett. b, del d.l. n. 9 del 1982, convertito nella l. n. 94 del 1982;
d) infine, nella fattispecie non si è formato il silenzio assenso sull’istanza di permesso di costruire, perché il “ricorrente (dopo l’originaria domanda presentata il 28 Febbraio 2003) ha continuato nel tempo l’interlocuzione procedimentale con il Comune di Taranto in relazione alla pratica edilizia n° 57/2003 sino alla sua conclusione espressa ed ha, addirittura, più volte reiterato in sede amministrativa l’istanza di permesso di costruire (presentando anche progetti edilizi integrativi), da ultimo (due volte) nel 2012, nel 2013 e (due volte) nel 2014 (comunque, manifestando, in tal modo, un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi del silenzio assenso)”;
e) né ha pregio la censura di contraddittorietà della condotta comunale, vertendosi in tema di attività amministrativa di carattere vincolato, né quella di difetto di motivazione, stante l’evidenza dell’adeguatezza della motivazionale a supporto del provvedimento di diniego impugnato.
5. Logicamente preliminare è il primo motivo di appello con il quale si deduce la sussistenza del silenzio assenso sull’istanza di permesso. La censura, per certi versi inammissibile è, comunque, infondata.
5.1. Se è vero che l’argomentazione su tale profilo da parte del primo giudice – (sintetizzata nel precedente § 4 lett. d) – contiene delle imprecisioni che hanno occasionato la censura, è altrettanto vero che il corrispondente profilo era stato articolato in primo grado in modo del tutto generico
5.1.1. Infatti, il primo motivo di appello è articolato, anche in diritto, e si richiamano diversi atti per mettere in evidenza le “sviste” nelle quali sarebbe incorso il giudice, mentre il primo motivo del ricorso al T.a.r. (cfr pag. 6 e 7) si limita a richiamare una sentenza del T.a.r. Latina (peraltro relativa ad una diversa fattispecie in diritto) e rispetto al fatto processuale è genericissimo, richiamando – senza indicarli – (§ 1.1. alla fine) atti provenienti dalla parte nei quali avrebbe dedotto l’inerzia comunale, deducendo poi che, essendo intervenuto il silenzio assenso, il Comune avrebbe potuto pronunciarsi solo in autotutela.
Pertanto il primo motivo di appello è, innanzitutto, inammissibile perché in sede di appello ha implementato con deduzioni e allegazioni nuove quella che in primo grado era una deduzione generica.
5.2. Il motivo è, comunque, infondato.
5.2.1. E’ opportuno dare preliminarmente e sinteticamente conto degli atti che si sono succeduti nel tempo, sia da parte dell’istante che da parte del Comune, quali risultano dalle produzioni documentali:
a) è pacifico che l’istante fece seguire ad una istanza del 2003, alla quale seguì un provvedimento “favorevole” del 2004, una nuova istanza modificativa di quella iniziale, cui seguì un provvedimento “favorevole” del Comune nel 2005, e che solo quest’ultimo riguarda la presente controversia;
b) i provvedimenti del dirigente comunale, che il ricorrente definisce come provvedimenti con i quali l’istanza era stata esitata “con esito favorevole”, sono in realtà provvedimenti che dichiarano chiusa l’istruttoria; in particolare, quello del 7 luglio 2005, di interesse per la controversia, richiede il pagamento degli oneri e l’asservimento delle aree libere a parcheggio, entro 60 giorno a pena di archiviazione;
c) segue un lungo periodo temporale dal 2006 al febbraio 2012, durante il quale l’istante presenta delle note al Comune ai fini della determinazione degli oneri sul cui criterio di calcolo non concorda rispetto alle superfici calcolabili;
d) nel marzo del 2012, il Comune comunica il preavviso di diniego;
e) dal settembre 2012 al febbraio 2014 le note dell’istante indirizzate al Comune si incentrano sul contenuto del preavviso di diniego, compresa la relazione tecnica di parte e la richiesta, del febbraio del 2014, a voler considerare il ritiro del diniego in autotutela;
f) il diniego espresso interviene con provvedimento del 28 Marzo 2014;
g) solo con l’istanza del 2 aprile 2014 (ma prima della notificazione del diniego espresso avvenuta il 23 aprile del 2014) l’istante invoca la formazione del silenzio assenso, richiedendo il rilascio scritto del permesso.
5.2.2. L’appellante assume che il silenzio assenso si sarebbe formato “al più dopo 150 g.” dall’entrata in vigore della novella, dell’art. 20, comma 8 del t.u. edil., il 13 luglio 2011 e, quindi, il 10 dicembre 2011.
Per togliere fondamento a questa tesi, è sufficiente rilevare che: a) il periodo considerato rilevante dallo stesso appellante rientra interamente in quello in cui l’interlocuzione con il Comune concerneva la determinazione degli oneri accessori e si inserisce in un periodo precedente, con interlocuzione sullo stesso argomento, e successivo, nel aule l’interlocuzione si sposta sul contenuto del preavviso di diniego; b) in diritto alcun assenso implicito si sarebbe potuto formare in presenza di quei provvedimenti che, pur concludendo l’istruttoria, richiedevano – a pena di archiviazione – l’asservimento di aree oltre agli oneri.
6. Gli altri motivi di appello, dal secondo al quinto, sono strettamente collegati e possono essere trattati congiuntamente.
6.1. Le censure sono infondate e ripropongono profili di illegittimità già dedotti dinanzi al primo giudice, i quali sono stati rigettati con motivazione articolata, che questo Collegio condivide a fa propria.
Di conseguenza, si ritiene opportuno rimarcare solo alcuni profili rispetto al nucleo essenziale della critica alla sentenza dedotta con l’appello.
7. Il primo giudice ha fatto corretta applicazione dei principi risultanti dalla giurisprudenza consolidata di questo Consiglio, nell’accertamento dell’esistenza o meno delle condizioni che consentono l’intervento diretto in mancanza di strumenti attuativi, nella specie in assenza del Piano Particolareggiato nella sottozona dove è collocato il lotto di interesse.
Infatti, secondo tali principi (ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, sez. IV nn. 2397 e 825 del 2018), in presenza di una zona già urbanizzata, va esclusa la necessità dello strumento attuativo solo nei casi nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l’urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all’edificazione. Ciò, in quanto l’esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4200 del 2013, ove numerosi riferimenti ulteriori, cui adde sez. V, n. 1177 del 2012).
7.1. Sulla base dei suddetti principi, il primo giudice ha escluso che nella fattispecie fosse ravvisabile un fondo intercluso e che il lotto di interesse potesse qualificarsi come di completamento, rispetto ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria già esistenti, in relazione all’intera sottozona 32, posto che la completezza del sistema infrastrutturale e delle opere di urbanizzazione trascende le dimensioni del singolo lotto edificabile.
7.2. L’appellante denuncia travisamento dei fatti, soprattutto rispetto all’esistenza di fondo intercluso, e la violazione dell’art. 6 del d.l. n. 9 del /1982, convertito nella l. n. 94 del 1982 e della delibera comunale n. 65 del 2007, in riferimento alla mancata considerazione del fondo come di completamento (secondo, terzo e quarto motivo), assumendo in entrambe le ipotesi una prospettiva diversa da quella del giudice.
Infatti, oltre ad esaltare un dato irrilevante rispetto alla fattispecie, consistente nella circostanza che non si trattava di permesso per una nuova costruzione ma di una demolizione e ricostruzione, assume sempre come punto di vista della propria tesi il lotto di proprietà e non la sottozona 32 in cui è inserito. Così : a) quanto alla prospettata interclusione, descrive il fondo di proprietà mettendo in rilievo l’esistenza di edificazioni e di una strada confinanti, tralasciando che il giudice ha dato rilievo (e prima ancora il provvedimento di diniego) ad un’ampia area confinante ad est, a ridosso della strada vicinale, priva di ogni edificazione ed urbanizzazione; b) quanto all’assunto completamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ne considera la funzionalità solo rispetto al lotto e non rispetto alla intera sottozona che dovrebbero servire. Proprio l’ottica più organica della sottozona, invece, giustifica la necessità di un piano attuativo rispetto ad area disomogenea già urbanizzata – cresciuta attraverso edificazioni abusive sanate e con una sola lottizzazione concernente un supermercato – che necessita di una visione d’insieme al fine di garantire gli standard per spazi e servizi pubblici in collegamento con le zone attigue già urbanizzate.
7.3. Per completezza, deve aggiungersi che:
a) il diniego del 2014 non è in contraddizione con l’esito favorevole dell’istruttoria degli anni antecedenti (2004 e 2005), posto che nel frattempo la delibera comunale n. 65 del 2007 aveva assunto come prospettiva quella della riduzione del consumo del suolo; né può avere alcun rilievo (come vorrebbe l’appellante nel primo motivo) la circostanza che questa delibera sia stata richiamata nel preavviso e non nel diniego definitivo, visto che il contraddittorio si è svolto su questo profilo anche nel processo (terzo motivo di appello, dove si sostiene che, sulla base della stessa, sarebbe rilevante il lotto e non la zonizzazione);
b) il richiamo nel diniego definitivo di un atto con numerazione erronea (nella lett. b), riguardante altro soggetto (sul quale si appunta il quinto motivo di appello) è del tutto privo di rilevanza visto che, come risultante dagli atti, l’atto corretto era stata richiamato nel preavviso, come attestato dal Comune che riconosce il mero errore materiale nella nota del 16 luglio 2014.
8. In conclusione, l’appello va rigettato.
9. Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Taranto, degli onorari e spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *