In materia edilizia sono qualificabili come pertinenze

Consiglio di Stato, sezione VI, Sentenza 15 ottobre 2018, n. 5915

La massima estrapolata:

In materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere che sono prive di autonoma destinazione e che esauriscono la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.

Sentenza 15 ottobre 2018, n. 5915

Data udienza 27 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3021 del 2016, proposto da
Do. Fo. e Gi. Fo., rappresentati e difesi dagli avvocati An. Di Pa. e Fr. Ca., domiciliati presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Gr. Cr., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Pi. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, n. 51 del 2016, concernente la demolizione di opere edilizie abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2018 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati An. Di Pa. e La. Ma., per delega dell’avvocato Ma. Gr. Cr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Gli appellanti sono proprietari dell’immobile, adibito a supermercato, insistente sulla particella (omissis) del foglio di mappa n. (omissis) del Comune di (omissis).
2 – Con l’ordinanza n. 60 del 7 ottobre 2015, notificata in data 20 ottobre 2015, il Comune ha ordinato loro la demolizione della copertura della zona retrostante il fabbricato, eseguita con elementi strutturali in acciaio e copertura di laminati coibentati ancorati alla struttura, delle dimensioni di circa mq. 77,00, in quanto abusiva.
3 – Gli appellanti hanno impugnato tale provvedimento avanti il T.A.R. per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, che, con la sentenza n. 51 del 2016, ha respinto il ricorso, disattendendo il motivo di impugnazione volto a ricondurre entro la nozione di pertinenza l’opera abusiva, che integrerebbe invece “un’opera edilizia autonoma che, comportando un mutamento dell’assetto dei luoghi e dell’assetto del territorio, necessitava del permesso di costruire”.
4 – I motivi di appello proposti nei confronti di tale sentenza non possono trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
4.1 – Con il primo ed il terzo motivo di appello si deduce la carenza di istruttoria e l’erronea applicazione del D.P.R. 380/2010 e della L. 241/1990, in cui sarebbe incorso il T.A.R., per essersi basato integralmente sul precedente di questo Consiglio, costituito dalla sentenza n. 19 del 2016, che però riguarderebbe una fattispecie diversa. Oggetto di tale statuizione era infatti “un’opera edilizia autonoma”, da potersi considerare pertinenziale solo in senso civilistico e non amministrativo urbanistico; mentre, secondo gli appellanti, nel caso in esame si tratterebbe di struttura non autonoma, ma accessoria rispetto ad un edificio principale adibito a supermercato con tutte le caratteristiche di pertinenzialità richieste dalla normativa e dalla giurisprudenza.
4.2 – Con il secondo motivo di appello si deduce il travisamento e l’erronea rappresentazione dei fatti in cui sarebbe incorso in T.A.R., con conseguente mancata individuazione della natura pertinenziale della struttura oggetto di ricorso.
A tal fine, gli appellanti rilevano l’aderenza della stessa all’edificio principale, prospettando, altresì, la sussistenza di un rapporto di strumentalità della suddetta struttura rispetto all’edificio principale desumibile dalla sua unica destinazione di servizio al suddetto edificio principale: tale struttura, oltre a fungere da spazio per lo smistamento della merce, contiene infatti un gruppo elettrogeno, la centrale frigo e i motori refrigeratori per i banchi frigo.
Inoltre, secondo gli appellanti, le dimensioni dell’unità accessoria, in rapporto a quelle dell’edificio principale, consentirebbe di applicare alla fattispecie l’art. 3, comma 1, lettera e. 6) del T.U. in materia edilizia (DPR 380/01), secondo il quale solo gli interventi pertinenziali di volume superiore al 20% dell’edificio principale necessitano di concessione edilizia.
Alla luce di tali circostanze, parte appellante prospetta anche l’assenza di carico urbanistico e la mancanza di valore autonomo di mercato della struttura
5 – I motivi di appello ben possono essere esaminati congiuntamente, vertendo tutti in ultima analisi sul mancato riconoscimento della natura pertinenziale dell’opera, da ritenersi, per altro verso, pacificamente priva di titolo edilizio.
5.1 – La giurisprudenza, ha precisato che, ai fini urbanistici ed edilizi, il concetto di pertinenza assume un significato più circoscritto rispetto alla nozione civilistica e si fonda sulla assenza di: a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale; b) incidenza sul carico urbanistico; c) modifica all’assetto del territorio (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4636; Cons. di Stato, sez. IV, 16 maggio 2013, n. 2678; Cons. di Stato, sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221).
La sentenza citata dal T.A.R., che secondo gli appellanti riguarderebbe una diversa fattispecie, si pone in linea con i criteri innanzi esposti.
Nella sentenza n. 19 del 2016, infatti, si legge che: “la giurisprudenza è generalmente orientata a ritenere che gli elementi che caratterizzano le pertinenze siano, da un lato, l’esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio; dall’altro, l’esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente.
Un’opera può definirsi accessoria rispetto a un’altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l’alterazione dell’essenza e della funzione dell’insieme.
Tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe (conf., ex plurimis, Cons. Stato, IV, n. 5509/09 e, ivi, numerosi riferimenti giurisprudenziali ulteriori, secondo cui “la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all’edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico; conf. inoltre Cons. Stato, sez. IV, n. 4636/09: i beni che nel diritto civile assumono senz’altro natura pertinenziale non sono tali ai fini dell’applicazione delle regole che governano l’attività edilizia ogniqualvolta assumono autonomia rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio. Ne discende, dunque, che in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere che siano prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico; v. anche Cons. Stato, n. 2549/2011)”.
6 – Alla luce delle caratteristiche del manufatto abusivo, deve essere confermata la valutazione del T.A.R., non potendosi affatto ricondurre lo stesso nell’ambito della nozione di pertinenza sulla base dei criteri innanzi menzionati.
6.1 – L’ordinanza impugnata riguarda infatti la “copertura della zona retrostante la particella (omissis) del foglio di mappa n. (omissis), (dove è ubicato il fabbricato adibito a supermercato) eseguita con elementi strutturali in acciaio e copertura di laminati coibentati, opportunamente ancorati alla struttura delle dimensioni di circa mq. 77,00”.
Si tratta dunque di un’opera che, per dimensioni e caratteristiche costruttive, incide sicuramente in modo non trascurabile sul territorio circostante.
6.2 – Per come strutturata, tale opera – che consiste in un volume aderente all’edificio di proprietà degli appellanti in cui ha sede un supermercato, ma non inglobato nella sagome di quest’ultimo e, pertanto, sotto tale profilo autonomo – non pare porsi in rapporto di strumentalità con lo stesso; rapporto di strumentalità che, in base alla giurisprudenza citata, si deve connotare per l’oggettiva funzionalizzazione del fabbricato accessorio a quello principale.
Nel caso di specie, il fatto che la copertura abusiva sia stata adibita a sede del gruppo elettrogeno della centrale frigo e dei motori refrigeratori non vale a dimostrare il nesso di strumentalità necessario come innanzi delineato, trattosi di una destinazione d’uso impressa dai proprietari in funzione dell’attività specificatamente svolta all’interno dell’edificio principale, piuttosto che per l’utilità oggettiva di quest’ultimo.
La potenziale fruibilità autonoma dell’opera è confermata dal fatto che la stessa è utilizzata anche quale spazio per lo smistamento della merce, ovvero come magazzino, che nel caso di specie è evidentemente in funzione dell’attività commerciale svolta nell’edifico adiacente, ma che, in ipotesi, ben può essere svolta anche in funzione di altre attività commerciali ubicate in altri edifici, che possono anche non essere immediatamente adiacenti allo stesso.
In altre parole, l’attuale utilizzo dell’opera in esame appare funzionale all’attività svolta dagli appellanti e non all’oggettiva utilità dell’edificio entro la quale l’attività è svolta; infatti, per le dimensioni che la caratterizzano e per come realizzata, essa si presta potenzialmente ad essere fruita per una pluralità di funzioni non necessariamente strumentali all’edificio con il quale confina, dovendosi pertanto affermare la natura autonoma della stessa ed escluderne la pertinenzialità .
7 – Infine, non appare rilevante il lasso di tempo (15 anni) intercorso prima che l’amministrazione rilevasse l’abuso, dovendosi aderire ai principi espressi dall’Adunanza Plenaria (Cons. St., Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 9), secondo la quale: “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.
7 – In definitiva, l’appello deve essere rigettato con condanna degli appellanti alla refusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e condanna gli appellanti alla refusione delle spese di lite in favore del Comune appellato che liquida in complessivi Euro4.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore

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