In materia di rinnovo del permesso di soggiorno

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 8 luglio 2020, n. 4387.

La massima estrapolata:

In materia di rinnovo del permesso di soggiorno non è necessaria, in modo assoluto ed ininterrotto, la dimostrazione, da parte dell’extracomunitario, di un determinato livello di reddito ai fini del rinnovo del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, potendo esservi periodi nei quali tali requisiti possano in tutto o in parte mancare, purché tali periodi siano limitati nel tempo e non determinino una definitiva perdita della capacità di produrre reddito.

Sentenza 8 luglio 2020, n. 4387

Data udienza 25 giugno 2020

Tag – parola chiave: Stranieri – Permesso di soggiorno – Rinnovo – Dimostrazione di un livello di reddito – Interruzione – Irrilevanza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8268 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato Ma. Di., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Questura di Ancona, non costituita in giudizio;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Ufficio Territoriale del Governo Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale era respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento datato -OMISSIS-, con cui il Questore della Provincia di Ancona rigettava l’istanza di rinnovo di permesso di soggiorno per lavoro autonomo;
Visto l’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in l. n. 27 del 2020, con il quale sono state adottate nuove misure per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenente gli effetti in materia di giustizia amministrativa, nonché l’art. 4, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, recante disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo Ancona e di Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza con modalità da remoto del giorno 25 giugno 2020 il Cons. Solveig Cogliani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – Con il ricorso in appello sopra specificato, l’istante – premesso di vivere da anni in Italia in forza di regolare permesso di soggiorno per lavoro autonomo e di essere titolare dal 2016 di un’impresa edile – espone di aver avuto sempre una condotta di vita irreprensibile e di lavorare per aiutare la propria famiglia in -OMISSIS-
Tuttavia, la Questura di Ancona, con il provvedimento emesso in data -OMISSIS-, negava il rinnovo del permesso richiesto in data -OMISSIS-, sulla base dell’insufficienza del reddito, che risulterebbe dal casellario INPS nonché dalla dichiarazione dei redditi presentata nel 2017 (imponibile pari ad euro 3.232,00, ovvero al di sotto dell’importo minimo annuale dell’assegno sociale).
Contesta, dunque, l’appellante la correttezza di siffatti dati, poiché l’Amministrazione non avrebbe valutato che, proprio a causa dell’esiguo importo percepito nel 2016, il 14 dicembre 2016 lo stesso aveva avviato l’impresa di cui è titolare, percependo per l’anno successivo la somma di euro 7.432,00, oltre alla somma di euro 3.593,00 per l’attività prestata in favore della -OMISSIS-come risulta dalla dichiarazione dei redditi allegata depositata in primo grado, per complessivi euro 11.025,00.
Per quanto riguarda il 2018 il ricorrente percepiva la somma complessiva di euro 6.775,87, di cui euro 3.580,00 risultante dalle fatture dell’impresa, -OMISSIS-, ed euro 3.195,87 per attività prestata in favore della predetta società .
Peraltro, l’appellante espone che, in data 19 marzo 2019, dunque, prima della notifica del provvedimento di diniego, aveva stipulato con la predetta Società un contratto a tempo indeterminato part – time e aveva provveduto ad inviare in data 23 marzo 2019 la relativa comunicazione obbligatoria, contratto, tuttavia, annullato a seguito della comunicazione del decreto oggetto del gravame.
Il primo giudice respingeva il ricorso con sentenza in forma semplificata sulla base del principio “tempus regit actum”, evidenziando che l’Amministrazione aveva valutato tutti gli elementi disponibili alla data di adozione del provvedimento impugnato.
Avverso siffatta sentenza, l’appellante, dunque, propone i seguenti motivi:
1 – illegittima ed errata applicazione del principio “tempus regit actum”, violazione da parte della Questura di Ancona dell’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 e dell’art. 143 c.p.c.;
2 – omessa disamina dei motivi proposti in primo grado, violazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, abnormità ed ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione.
L’Amministrazione si è costituita con memoria di mero rito e non ha depositato ulteriori memorie.
Con ordinanza -OMISSIS-, era accolta l’istanza cautelare.
Con memoria per l’udienza di discussione l’appellante ha ribadito le proprie difese ed ha chiesto la decisione.
Con decreto -OMISSIS-, l’appellante è stato ammesso al gratuito patrocinio.
All’udienza del 25 giugno 2020, pertanto, la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Osserva il Collegio che l’appello è fondato.
La Sezione ha avuto già modo di precisare che nel procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro, la eventuale rilevazione che l’immigrato per un periodo non abbia avuto la disponibilità di mezzi sufficienti per vivere non costituisce causa ostativa al rinnovo.
La costante giurisprudenza ha affermato che “non è necessaria, in modo assoluto ed ininterrotto, la dimostrazione, da parte dell’extracomunitario, di un determinato livello di reddito ai fini del rinnovo del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, potendo esservi periodi nei quali tali requisiti possano in tutto o in parte mancare, purché tali periodi siano limitati nel tempo e non determinino una definitiva perdita della capacità di produrre reddito” (ex multis Cons. St. Sez. Terza, n. 2645/2015).
Pertanto, non può costituire motivazione sufficiente quanto evidenziato dall’Amministrazione circa le insufficienze reddituali rilevate per i periodi precedenti (dal 2013).
Infatti, l’Amministrazione è, invece, tenuta a compiere una valutazione prognostica sulla prospettiva futura dell’immigrato di poter provvedere lecitamente alle proprie esigenze (ex multis, Cons. St. Sez. Terza, n. 3880/2016 e n. 2730/2016).
Il provvedimento gravato appare carente di una siffatta valutazione, non avendo l’Amministrazione preso in considerazione le dichiarazione dei redditi dell’istante, anteriori all’emanazione del provvedimento stesso.
Nè poteva l’Amministrazione, unicamente fondare la propria decisione sulla base dei dati contributivi dell’INPS, avendo l’istante fatto richiesta di un permesso per motivi di lavoro autonomo.
Ne discende che le conclusioni del primo giudice non possono essere condivise, poiché l’Amministrazione avrebbe semmai dovuto svolgere una più approfondita istruttoria sui redditi percepiti per lavoro autonomo dal richiedente, che, peraltro, non ha ricevuto l’avviso di diniego e non ha partecipato al procedimento.
III – In realtà, risulta a riguardo, che la comunicazione è stata fatta presso l’indirizzo comunicato dove abitavano molti extracomunitari e l’interessato era risultato sconosciuto, tuttavia, in questo caso la mancata partecipazione al procedimento, ai sensi dell’art. 10 bis l. n. 241 del 1990, ha, in concreto, impedito all’interessato di poter contribuire all’integrazione della documentazione che l’Amministrazione riteneva necessaria evidentemente ai fini dell’esito positivo, non essendosi la stessa premurata di verificare l’esistenza dei dati nelle dichiarazioni dei redditi del richiedente.
IV – Peraltro, tale prospettazione trova ancor più conferma nelle disposizioni normative, richiamate da parte appellante, di maggior favore nei confronti di soggetti già radicati in Italia, che intendano semplicemente continuare la pregressa attività di lavoro autonomo o passare ad essa dalla precedente attività di lavoro subordinato, come evidenziato dalla Sezione con riferimento all’art. 26 del d.lgs. n. 286/98 (cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 2495/2016).
V – Per tutto quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere accolto ed, in riforma della appellata sentenza -OMISSIS-, deve essere annullato il provvedimento gravato, ai fini del riesame.
VI – In ragione della soccombenza l’Amministrazione deve essere condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, a favore dell’appellante.
Pertanto, con riferimento all’istanza di liquidazione depositata dal difensore nel presente giudizio, visto l’art. 82, d.P.R. n. 115/2002, che rimette all’autorità giudiziaria la liquidazione dell’onorario e delle spese al difensore nei limiti dei valori medi delle tariffe professionali vigenti e tenuto conto dell’impegno professionale e l’art. 130, d.P.R. n. 115/2002 che in relazione al gratuito patrocinio nel processo amministrativo dimezza i compensi spettanti ai difensori, in relazione alla natura della controversia e all’impegno professionale richiesto, risulta congrua la determinazione della somma spettante all’Avvocato istante a titolo di onorari, diritti e spese per il presente giudizio in complessivi euro 2500,00.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza -OMISSIS-, annulla il provvedimento gravato, ai fini del riesame.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Pertanto, liquida complessivamente la somma complessiva di euro Euro 2500,00 (duemilacinquecento/00) per onorari, diritti e spese. Manda alla Segreteria per la comunicazione alla commissione del gratuito patrocinio e alla parte istante.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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