Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 23 maggio 2019, n. 22889.

La massima estrapolata:

In materia di misure di prevenzione, il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 127, comma 7, cod. proc. pen., in quanto il rinvio a detta norma non implica la completa ricezione del modello procedimentale ivi descritto, compreso il ricorso in sede di legittimità, ma riguarda la sola regola di svolgimento dell’udienza camerale, né può trovare applicazione l’art. 111 Cost., in quanto il provvedimento non incide sulla libertà personale e non ha carattere di definitività. 

Sentenza 23 maggio 2019, n. 22889

Data udienza 4 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. GIORDANO E. A. – rel. Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Consorzio (OMISSIS) s.c.a.r.l. in liquidazione;
avverso il decreto del 2/10/2018 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Emilia Anna Giordano;
lette le conclusioni del Procuratore generale, Dott. De Masellis Mariella, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Consorzio (OMISSIS) Scarl in liquidazione, destinatario di informazione interdittiva antimafia ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 91, per il tramite del procuratore speciale avvocato (OMISSIS), propone ricorso avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di applicazione del controllo giudiziario dell’azienda, misura volta ad ottenere la prosecuzione dell’attivita’ imprenditoriale imponendo, se del caso, le comunicazioni ritenute opportune nell’interesse del servizio pubblico da garantire con i contratti in corso e della compagine societaria. La misura richiesta dal Consorzio e’ prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34 bis, comma 6, introdotto dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161.
2. Il Tribunale, con l’impugnato decreto del 2 ottobre 2018, sulla base della emanata misura di prevenzione amministrativa adottata dal Prefetto, degli atti istruttori svolti dal Pubblico Ministero di Napoli e dei verbali del Gruppo Ispettivo Antimafia ha ritenuto sussistente una forma di contaminazione tra il Consorzio e gruppi criminali operanti sul territorio con modalita’ camorristiche, infiltrazione rilevante ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 84, comma 4, lettera a), ma ha escluso, ai fini dell’applicazione della misura del controllo giudiziario di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, che tale collegamento possieda i caratteri di occasionalita’. Secondo il Tribunale sussiste il rischio di condizionamento criminale delle scelte societarie, rischio che deriva dal tentativo di infiltrazione mafiosa, elemento di per se’ sufficiente ai fini della emissione della disposta interdittiva antimafia.
In sintesi, secondo il Tribunale:
il ruolo apicale svolto nella compagine societaria da (OMISSIS), quale direttore tecnico nonche’ coniuge di (OMISSIS), che del Consorzio e’ amministratore unico e legale rappresentante;
la partecipazione societaria indiretta ed il pari ruolo rivestito nella compagine societaria dal fratello, (OMISSIS), gravato, come (OMISSIS), da un procedimento penale per cd. reato-spia, essendo stato rinviato a giudizio per i reati di cui agli articoli 416 c.p. e Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53-bis, associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, fattispecie penale disciplinata dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 e successivamente dall’articolo 452-quaterdecies c.p. introdotto dal Decreto Legislativo n. 21 del 218;
i legami dei predetti, attraverso il Consorzio, con (OMISSIS) e con la convivente (OMISSIS), per il tramite dei congiunti di questa che per tale compagine svolgono attivita’ lavorativa;
la condizione di (OMISSIS), a propria volta gravato da precedenti penali ostativi, quali la condanna per il reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e ed estorsione aggravata dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e tratto in arresto per il reato di detenzione di arma e raggiunto, il giorno 11 aprile 2017, da una misura applicativa della custodia cautelare in carcere per i reati di turbata liberta’ degli incanti, corruzione ed altro;
sono tutti elementi che dimostrano il concreto pericolo che l’assetto societario del Consorzio possa comportare scelte societarie potenzialmente idonee a reiterare le stesse condotte criminose, gia’ contestate in passato dall’autorita’ giudiziaria penale ai fratelli (OMISSIS) ed al (OMISSIS). Conclusione viepiu’ corroborata dall’operativita’ del Consorzio in un settore di attivita’ ed in un territorio fortemente condizionato dalla criminalita’ camorristica, tenuto conto che il Consorzio annovera alle proprie dipendenze alcuni congiunti della predetta (OMISSIS).
Il Tribunale, posta la differenza tra lo scrutinio rimesso al giudice amministrativo in merito alla legittimita’ della informazione antimafia prefettizia, e l’analisi richiesta in sede di valutazione della richiesta di applicazione del controllo giudiziario, ha ritenuto necessitata la verifica della infiltrazione/agevolazione, che costituisce il presupposto dell’applicazione della pur limitata misura del controllo giudiziario, ed ha escluso il requisito della occasionalita’ delle vicende connesse al pericolo mafioso attenzionato a carico della parte istante, sulla base delle strutturate e riscontrate commistioni, e si e’ soffermato su ulteriori aspetti dedotti in sede di richiesta del Consorzio. Ha, in conclusione, richiamato proprio la vicenda dell’appalto del servizio a (OMISSIS) – svolto dapprima da (OMISSIS) s.r.l. riconducibile al (OMISSIS) e poi dal Consorzio (OMISSIS) – come il segno inequivocabile della continuativita’ di gestione che induce ad escludere la ricorrenza di occasionalita’, da intendersi come episodicita’, come situazione limitata nel tempo sul piano temporale, ed ha sottolineato la gravita’ della vicenda, elementi ostativi all’accoglimento della richiesta di controllo giudiziario.
3. Con il ricorso, la difesa del Consorzio denuncia l’apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata nella quale, acriticamente, sono riversate le considerazioni svolte dal Tribunale amministrativo regionale con una decisione che non e’ ancora definitiva perche’ oggetto di impugnativa dinanzi al Consiglio di Stato. Carente e’ la motivazione su entrambi i presupposti che giustificano il ricorso alla misura e, cioe’, a) le circostanze di fatto per cui possa desumersi il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionare l’attivita’ del Consorzio; b) la verifica dell’occasionalita’ o meno dell’agevolazione.
In particolare sono indimostrate:
1.1e commistioni tra il Consorzio e le pregresse vicende che hanno interessato (OMISSIS), culminate nel procedimento a suo carico per reati commessi nell’anno 2002, prima della nascita del Consorzio;
2. la riconducibilita’ del Consorzio (OMISSIS) a soggetti gravati da precedenti penali ostativi a fini antimafia.
Erroneamente il Tribunale ha valorizzato il dato delle assunzioni dei congiunti della (OMISSIS) ai fini di ritenere comprovata la forza della influenza di (OMISSIS), trattandosi di meri lavoratori subordinati che non hanno alcuna ingerenza nella gestione della societa’ e che percepivano un reddito talmente modesto da potersi escludere che, per tale via, si sia intesa assicurare, da parte del Consorzio, la percezione di una indebita entrata economica al (OMISSIS). Comunque, risulta in fatto che (OMISSIS) e gli altri dipendenti non sono stati assunti dal Consorzio (OMISSIS) essendo dipendenti o di aziende che offrono servizi (quali la (OMISSIS) s.r.l.), aziende i cui rapporti sono stati immediatamente risolti dopo l’informazione antimafia; di soggetti transitati nel Consorzio per effetto del passaggio del cantiere di (OMISSIS) dalla ditta che in precedenza ne aveva la gestione; di dipendenti del Consorzio, ma per un breve periodo, ovvero assunti, unitamente ad altre unita’ lavorative, per far fronte ad eccezionali esigenze di lavoro e, in ogni caso, di soggetti assunti previa verifica della insussistenza di precedenti penali a loro carico. Il Consorzio, dopo la informazione antimafia, ha risolto il rapporto di lavoro con la societa’ (OMISSIS) – che forniva servizi e non solo manodopera – e il rapporto di lavoro con i germani (OMISSIS). Trascura il Tribunale che, in nome delle clausole di salvaguardia della stabilita’ della manodopera, le assunzioni dei lavoratori sono imposte alle imprese subentranti fin dalle clausole dei bandi di appalto dei contratti pubblici.
Ne’ il Tribunale ha indicato la esistenza di elementi concreti e non di mera congettura onde ritenere acquisiti plurimi criteri di collegamento tra (OMISSIS) e la sua convivente con il ricorrente Consorzio, elementi che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, devono essere gravi, precisi e concordanti alla stregua della logica del piu’ probabile che non.
Rileva, altresi’, il ricorrente, che il procedimento a carico dei (OMISSIS) per reati in materia di ecomafia non e’ ancora definito; che del tutto apparente e’ la motivazione sul coinvolgimento di (OMISSIS) in un remoto procedimento, per fatti antecedenti anche alla costituzione del Consorzio e il suo rapporto con (OMISSIS) e, comunque, il Tribunale non spiega la incidenza del (OMISSIS) sulla gestione societaria del Consorzio ne’ sono comprovati rapporti del predetto, di (OMISSIS) e di (OMISSIS) con persone riconducibili alla criminalita’ organizzata ovvero a rapporti intrattenuti con (OMISSIS)- (OMISSIS) attraverso rapporti finanziari o altre cointeressenze in altre societa’.
Al netto della contraddittorieta’ della motivazione sul rischio di condizionamento del Consorzio, la decisione impugnata non spiega sulla base di quali elementi gravi, precisi e concordanti, e se non con motivazione apparente, abbia ritenuto dimostrato che la famiglia (OMISSIS)- (OMISSIS) possa avere beneficiato di servizi (appalti) estremamente lucrosi e come il Consorzio abbia agevolato infiltrazioni mafiose, non in modo occasionale ma addirittura fornendo al pluripregiudicato (OMISSIS) di controllare, attraverso lo schema societario del Consorzio, l’acquisizione di tali rilevanti utilita’.
La ricostruzione del Tribunale, che ha valorizzato le assunzioni di due cognati del (OMISSIS) e di altri congiunti della (OMISSIS) e l’ausilio del direttore tecnico, inquisito per fatti risalenti all’anno 2002, e’ inficiata da grave abnormita’ che travolge le conclusioni del Tribunale della prevenzione e che si chiede di annullare con la proposta impugnazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ proposto avverso provvedimento che non puo’ costituire oggetto di ricorso per cassazione e che non e’ altrimenti impugnabile, profilo questo il cui esame si impone con carattere di priorita’ rispetto all’analisi delle deduzioni contenute nei motivi di ricorso.
2. E’ necessario, prima della trattazione di tale aspetto, l’esame della misura di prevenzione del controllo giudiziario delle attivita’ economiche e delle aziende allo scopo di evidenziarne la composita natura e funzioni, quali evincibili dalle previsioni recate dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011.
3. Il controllo giudiziario delle attivita’ economiche e delle aziende e’ previsto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis ed e’ stato inserito nel novero delle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca, disciplinate nel capo V del Titolo II del predetto decreto, ad opera della L. 17 ottobre 2017, n. 161.
In via generale, puo’ affermarsi che l’istituto del controllo giudiziario trova la sua ratio nell’obiettivo di promuovere il recupero delle attivita’ economiche e delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, nell’ottica di bilanciare in maniera piu’ equilibrata gli interessi che si contrappongono in questa materia. Secondo la relazione finale della Commissione (OMISSIS) che ne ha teorizzato la figura, costituisce una misura innovativa che non determina lo “spossessamento gestorio” dell’azienda bensi’ configura, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento nella vita dell’impresa, intervento che consiste in una “vigilanza prescrittiva” condotta da un commissario giudiziario nominato dal tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare “dall’interno dell’azienda” l’adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall’autorita’ giudiziaria.
I presupposti oggettivi di applicazione della misura del controllo giudiziario e la individuazione dei soggetti destinatari dell’agevolazione sono delineati nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 1 e solo in parte rinviano a quelli dell’istituto dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attivita’ economiche e delle aziende, misura, quest’ultima, prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34, parimenti oggetto di riforma attraverso le previsioni recate dalla L. n. 161 del 17 ottobre 2017. Dette misure, in uno all’istituto dell’amministrazione dei beni personali di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 33, partecipano di una comune caratteristica, rappresentata dall’assenza dei presupposti per addivenire all’applicazione della misura del sequestro finalizzato alla confisca, e costituiscono misure sussidiarie, applicabili ove venga riscontrato il tratto dell’agevolazione/soggezione dell’attivita’ economica, intesa in senso lato, rispetto ad entita’ mafiose ovvero criminali.
4. Il presupposto di carattere oggettivo per l’applicazione della misura del controllo giudiziario di cui all’articolo 34-bis cit. e’ costituito dall’agevolazione occasionale rispetto a soggetti e condotte in senso lato mafioso o criminale, agevolazione che autorizza l’intervento preventivo dello Stato in situazioni di pericolo di infiltrazione mafiosa con carattere anticipato rispetto alla ricorrenza di situazioni idonee ad integrare i presupposti per l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria. Accanto al requisito dell’occasionalita’ dell’appoggio offerto dall’impresa alla criminalita’ mafiosa o organizzata, si pone una ulteriore condizione che e’ costituita dal rischio per l’attivita’ economica di subire condizionamenti, rischio concreto (e non fumus astratto), attestato da circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di contaminazioni criminali, idonee a condizionarne l’attivita’.
Le categorie a favore delle quali puo’ essere indirizzata l’agevolazione sono le stesse che giustificano l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria; entrambe le misure intendono sopperire a situazioni di infiltrazione mafiosa graduale, piu’ subdola, gia’ emerse nella realta’ economica, prevedendo all’esito di tale controllo, piu’ o meno incisivo, la possibilita’ della reimmissione dell’attivita’ nell’ordinario tessuto produttivo.
Duplice puo’ essere il contenuto della misura del controllo giudiziario: limitato alla imposizione di oneri comunicativi nei confronti dell’autorita’ giudiziaria, meglio descritti alla lettera a) dell’articolo 34-bis cit., o esteso all’imposizione di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario, cosi’ denominato dall’articolo 34-bis, comma 2, lettera b) creando cosi’ una sovrapposizione linguistica con la figura e l’istituto di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34. In quest’ultima ipotesi – secondo la previsione recata dalla richiamata norma – l’amministratore riferisce, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attivita’ di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero. In aggiunta alla previsione dei compiti dell’amministratore finalizzati alle attivita’ di controllo, il tribunale puo’ imporre all’impresa una serie di obblighi, oggetto di previsione nel successivo comma 3 dell’articolo 34-bis cit..
La L. n. 161 del 2017 ha modificato anche le disposizioni recate dal Decreto Legislativo n. 59 del 2011, articoli 20 e 24, in materia di sequestro e di confisca, prevedendo che i provvedimenti di amministrazione e controllo giudiziario, ove ne ricorrono i presupposti, siano adottati dal tribunale, anche di ufficio, su proposta dei soggetti di cui all’articolo 17 del decreto. Inoltre il tribunale puo’ procedere di ufficio – ai sensi dell’articolo 34, comma 6 Decreto Legislativo cit. – all’applicazione della misura del controllo giudiziario dell’impresa nel caso in cui venga revocata quella dell’amministrazione giudiziaria, previsione, questa, che ha potenziato le possibilita’ applicative dell’istituto in analisi.
Puo’, dunque, pervenirsi ad una prima conclusione, secondo la quale le previsioni di cui agli articoli 34 e 34-bis Decreto Legislativo n. 154 – contenute nel capo V – integrano il catalogo delle misure di prevenzione adottabili dall’autorita’ giudiziaria e la loro disciplina risulta dalla combinazione delle disposizioni specializzanti, espresse dai richiamati Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 34 e 34-bis, e da quelle previste, per il procedimento di applicazione, quanto ai presupposti sostanziali ed al sistema di impugnazione, dal titolo II del predetto Decreto Legislativo n. 159.
5.Un particolare modello di misura di controllo giudiziario, rispetto a quella generale innanzi delineata, e’ costituito dall’istituto disciplinato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6.
La norma prevede la possibilita’ di attivare la misura del controllo giudiziario su istanza delle aziende che sono state destinatarie della interdittiva antimafia di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 84, comma 4. Il comma 7 dell’articolo 34-bis cit. disciplina gli effetti della misura del controllo giudiziario precisando che il provvedimento che la dispone sospende gli effetti di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 94, mentre, nella prima parte del comma 6 dell’articolo 34-bis cit., e’ indicato il contenuto specifico della misura che il tribunale puo’ adottare, individuandolo nell’adozione dei provvedimenti di cui al comma 2, lettera b), articolo 34-bis cit..
Oggetto dell’odierno ricorso e’, giustappunto, il provvedimento con il quale il Tribunale, all’esito di udienza partecipata attivata su richiesta dell’impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, ha rigettato la richiesta di applicazione del controllo giudiziario avanzata dal Consorzio. Il Tribunale ha dato atto che il Consorzio (OMISSIS) scarl, in forza di provvedimento prefettizio del 25 ottobre 2017, si trova sottoposto, ai sensi della L. n. 114 del 2014, articolo 32, comma 10, ad amministrazione straordinaria e temporanea gestione della societa’ fino al 30 giugno 2018, con riferimento ai contratti di appalto con i Comuni di (OMISSIS), relativi alla raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani e che, con precedente provvedimento del 5 luglio 2017, il Prefetto aveva rigettato la richiesta del Consorzio di iscrizione nella cd. white list, ovvero l’elenco dei fornitori, prestatori di servizio, ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa per le categorie sub 1, 2, 5,6, 7,e 8 di cui al Decreto Legislativo n. 90 del Decreto Legge 24 giugno 2012, n. 90 convertito nella L. n. 114 dell’11 agosto 2014. Risulta, altresi’, che avverso il decreto del Prefetto il Consorzio ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo della Regione Campania pronunciatosi, dapprima, con ordinanza di rigetto della richiesta di sospensiva e poi con decisione del 18 luglio 2018, di rigetto nel merito, provvedimento, questo, avverso il quale pende ricorso dinanzi al Consiglio di Stato.
5. La misura del controllo giudiziario di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, ad avviso del Collegio, ha natura del tutto peculiare nella quale vengono in contatto istituti diversi, per struttura e caratteri: da un lato quello del controllo giudiziario regolato, in generale, dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, e dall’altro la informazione antimafia interdittiva di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 84. Le “informazioni antimafia”, disciplinate dall’articolo 84 cit. appartengono al sistema della documentazione antimafia e, unitamente alle “comunicazioni antimafia”, costituiscono le fondamentali misure di prevenzione amministrative previste dal “codice antimafia” nel libro II e confermate, nel loro impianto, anche dalla recente modifica di cui alla L. 17 ottobre 2017, n. 161. L’informazione antimafia, come precisato nel comma 3 dell’articolo 84, consiste nell’attestazione della sussistenza, o meno, di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’articolo 67 (relativo a tutti gli effetti che si producono a seguito di irrogazione di misura preventiva con carattere definitivo nei confronti dei destinatari), nonche’, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza, o meno, di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, volti a condizionare le scelte o gli indirizzi della societa’ o delle imprese interessate. L’informazione antimafia ha natura discrezionale, laddove incarica il prefetto di verificare la sussistenza, o meno, di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attivita’ di impresa, desumibili o dai provvedimenti e dagli elementi, tipizzati nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 84, comma 4, o dai provvedimenti di condanna, anche non definitiva, per reati strumentali all’attivita’ delle organizzazioni criminali, unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attivita’ di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attivita’ criminose (“contiguita’ concorrente”) o esserne in qualche modo condizionata (“contiguita’ soggiacente”). L’informazione antimafia preclude qualunque attivita’ nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione (contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici), incidendo anche in quelli tra privati, poiche’ l’effetto interdittivo si estende alle autorizzazioni, in forza del Decreto Legislativo n. 153 del 2014. Il Consiglio di Stato ha, a piu’ riprese, precisato le caratteristiche e le finalita’ di tale forma di provvedimento prefettizio, individuandone i requisiti e gli effetti. L’informazione antimafia, secondo l’organo di giustizia amministrativa, costituisce un provvedimento discrezionale e non vincolato che deve fondarsi su un autonomo apprezzamento da parte dell’autorita’ prefettizia degli elementi emersi dalle indagini svolte o dei provvedimenti emessi in sede penale. Il provvedimento di cd. interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacita’ ex lege, parziale – in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la pubblica amministrazione – e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto destinatario e’ precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 67. Il provvedimento in esame e’ soggetto alle impugnative; giurisdizionali e amministrative, dei provvedimenti prefettizi.
6. Il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, prevede che le imprese destinatarie di “informazione antimafia interdittiva” ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo (vale a dire la nomina di un giudice delegato e di un amministratore il quale riferisce all’autorita’ giudiziaria, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attivita’ di controllo). L’iter procedimentale della richiesta e’ disciplinato dal medesimo comma 6: il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente e gli altri soggetti interessati, nelle forme di cui all’articolo 127 c.p.p., accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti. Successivamente, prosegue il citato comma 6, anche sulla base della relazione dell’amministratore giudiziario, puo’ revocare il controllo e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali. Effetto della disposta misura del controllo giudiziario richiesto dall’impresa, come innanzi anticipato, e’ la sospensione degli effetti di cui all’articolo 94, ossia degli effetti prodotti dalla informazione prefettizia, esito che rende evidente, ictu oculi, al mero confronto con i descritti effetti prodotti dall’interdittiva prefettizia e dal controllo giudiziario, la vantaggiosita’ per le aziende contaminate che intendano essere depurate e rimanere sul mercato, dell’ammissione al controllo giudiziario: da qui l’affermazione della natura mitigatrice degli effetti della interdittiva prefettizia dell’istituto in parola.
7. Rispetto alla generale figura del controllo giudiziario di azienda adottabile dal tribunale quale misura di prevenzione di carattere patrimoniale ma non ablatoria, l’istituto in esame si caratterizza per la previsione di specifici requisiti del soggetto che puo’ avanzare la richiesta, ovverosia le imprese gia’ destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, e dell’ulteriore requisito che l’impresa richiedente abbia proposto impugnazione del provvedimento del prefetto.
Viceversa la misura di cui all’articolo 34-bis e’ attivata su proposta dei soggetti di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 17 ovvero e’ disposta di ufficio dal tribunale, in pendenza di richiesta di distinta misura di prevenzione patrimoniale della quale non ricorrono i presupposti, quali la richiesta di sequestro – cfr. il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 20 – o la richiesta di confisca di prevenzione – cfr. l’articolo 24 Decreto Legislativo cit. – ovvero in caso di revoca della gia’ disposta amministrazione giudiziaria – cfr. articolo 34, comma 6, cit..
8. Contrastante in dottrina e nelle prime applicazioni pratiche dell’istituto, e’ stato l’apprezzamento della misura di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, misura che ha trovato favorevole accoglimento nella prassi, documentata dal numero di richieste rivolte ai tribunali di prevenzione per l’applicazione dell’istituto.
E’ stata criticata come artificiosa la scelta legislativa di condizionare la richiesta dell’impresa alla previa impugnazione del provvedimento prefettizio, con il rischio di vanificare, a cagione delle lungaggini del procedimento amministrativo, l’adesione spontanea all’istituto che realizza il positivo effetto di affrancare l’impresa dall’invasivita’ del provvedimento prefettizio, mettendola immediatamente al riparo dalla misura di prevenzione amministrativa.
Per altro aspetto, e’ risultata complessa, nelle prime applicazioni giurisprudenziali, la ricostruzione dei presupposti applicativi dell’istituto.
Sono stati discussi, in particolare, la individuazione del margine di discrezionalita’ in capo al tribunale competente destinatario della richiesta nella valutazione dei presupposti applicativi essendo, viceversa, proposto un automatismo di applicazione della misura del controllo giudiziario in presenza dei meri requisiti formali, cioe’ l’assoggettamento alla interdittiva e l’impugnazione del provvedimento prefettizio; sui poteri del tribunale della prevenzione in merito alla valutazione della legittimita’ delle misure interdittive antimafia adottate dal prefetto; sul contenuto prescrittivo del controllo, se, cioe’, limitato alla nomina del giudice delegato e dell’amministratore, ai sensi del comma 2, lettera b) dell’articolo 34-bis cit. ovvero esteso agli obblighi recati dal comma 3 dell’articolo 34-bis cit..
Soprattutto sono risultati controversi i rapporti che intercorrono tra l’impugnazione in sede amministrativa e la misura del controllo giudiziario.
Ci si e’ domandato se l’applicazione del controllo giudiziario di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, sia fisiologicamente ed inscindibilmente connessa alla pendenza di un procedimento giurisdizionale amministrativo o meno – e, quindi, se si e’ in presenza di un presupposto della richiesta ovvero mero requisito di ammissibilita’ della domanda – e quali siano i rapporti tra l’esito del procedimento amministrativo e la decisione irrevocabile che in esso sopraggiunga e la richiesta di controllo giudiziario, e, piu’ in generale, quali sino i rapporti reciproci tra la misura del controllo giudiziario eventualmente disposto dal tribunale ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6 cit. e l’esito della impugnativa amministrativa.
Si tratta di aspetti vari e ciascuno di essi non indifferente rispetto al tema della impugnabilita’ del provvedimento adottato dal tribunale di prevenzione adito dall’impresa che, come anticipato, e’ l’unico soggetto che puo’ azionare la misura in esame e, in caso affermativo, della individuazione del mezzo di impugnazione.
8.1.Ad alcuni di tali spunti problematici ha dato risposta la copiosa giurisprudenza di merito e la giurisprudenza di questa Corte.
Esaminando la problematica dell’ammissibilita’ della richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario si e’ negato qualsivoglia automatismo di accesso a tale controllo, dovendo il giudice accertarne la ricorrenza dei presupposti e, in particolare, oltre alla intervenuta impugnazione del provvedimento prefettizio, quella della occasionalita’ del contagio mafioso (Sez. 5, n. 34526 del 2/7/2018, Eurotrade, Rv. 273645).
Sotto altro aspetto, si e’ precisato che l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiesti non investe anche la valutazione della legittimita’ o meno delle misure interdittive antimafia adottate dal prefetto (Sez. 2, n. 18564 del 13/2/2019, Consorzio COIN, non massimata; Sez. 2, n. 16105 del 15/3/2019, Panges ed altro, non massimata). Anche il tema dei rapporti tra la misura del controllo giudiziario eventualmente disposto dal tribunale ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6 cit. e l’impugnativa amministrativa e’ stato affrontato da questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 16105 cit.) concentrando l’attenzione dell’interprete sull’autonomia o meno dei due giudizi al momento della proposizione della domanda di controllo giudiziario.
9.L’esame dei descritti aspetti di criticita’ e l’analisi del rapporto tra la impugnazione – che puo’ essere amministrativa o giurisdizionale non essendovi specificazione nella norma – del provvedimento di interdittiva antimafia e la richiesta di applicazione della misura del controllo giudiziario, sposta direttamente l’attenzione sul tema dell’odierna decisione e sull’affermazione dalla quale muove la conclusione di inoppugnabilita’ del provvedimento emesso dal tribunale della prevenzione.
9.1. I riferimenti normativi che regolano l’istituto consentono, in primo luogo, di escludere che la disciplina positiva ne preveda un mezzo di impugnazione e, come noto, anche nella materia della prevenzione opera il principio di tassativita’ che presiede al regime delle impugnazioni ai sensi dell’articolo 568 c.p.p., comma 1. Ne’ la sintetica disciplina positiva innanzi richiamata – che delinea caratteri del tutto peculiari dell’istituto – contiene alcun rinvio al procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali o patrimoniali ovvero al sistema di impugnazione dei provvedimenti patrimoniali, recato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 27 e 10.
Una conferma della non casualita’ del vuoto di previsione puo’ essere tratta dalla specificazione, inserita nell’ultimo comma dell’articolo 34 alla novella n. 161 del 2017, unitamente all’introduzione dell’esaminato articolo 34-bis, di uno specifico richiamo ai mezzi di impugnazione esperibili avverso quel provvedimento, circostanza che sembra confermare, per inevitabile valutazione sistematica del nuovo testo normativo, l’assenza del diritto all’impugnazione nel caso che ci occupa.
10. Non ignora il Collegio che, riguardo alla questione, vi sono specifici provvedimenti di questa Corte nel senso della ricorribilita’ per cassazione del provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6.
La prima decisione in tal senso e’ stata assunta dalla Sezione 5 penale di questa Corte, con sentenza resa all’esito di procedimento ai sensi dell’articolo 611 c.p.p., ed e’ massimata nel senso che il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, e’ impugnabile con ricorso per cassazione ex articolo 127 c.p.p., comma 7, (Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Eurostrade S.r.l., Rv. 273646), individuata quale unica impugnazione consentita.
La sentenza indicata ha attribuito rilevanza al richiamo alle forme del procedimento in camera di consiglio di cui all’articolo 127 c.p.p. ed ha fatto riferimento alla necessita’ di assicurare il controllo di legittimita’ “imposto, ex articolo 111 Cost., dalla interferenza con diritti soggettivi costituzionalmente garantiti, quale e’ la liberta’ di impresa”. Altra decisione (Sez.5, n. 18564 cit.) ha precisato che e’ deducibile con il ricorso, a mente del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10, comma 3, solo il vizio di violazione di legge.
Tale conclusione e’ stata condivisa anche da ulteriori decisioni, non massimate.
10.1. L’opzione ermeneutica seguita da tali decisioni non e’, tuttavia, condivisibile.
Il principio costantemente affermato da questa Corte sul valore da attribuire al rinvio all’articolo 127 c.p.p., operato nelle norme del codice con la formula, “secondo le forme previste” o con altre equivalenti riguarda la regola di svolgimento dell’udienza camerale ma non implica, di per se’, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in questa norma, ivi compreso il ricorso in sede di legittimita’, tanto che per diverse disposizioni contenenti tale rinvio il legislatore ha previsto espressamente quel rimedio (Sez. U, n. 17 del 06/11/1992, Bernini ed altri, Rv. 191786).
10.2. Ad avviso del Collegio, neppure appare decisivo il richiamo all’articolo 111 Cost..
Il provvedimento adottato dal tribunale di prevenzione ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6, non incide sulla liberta’ personale – ambito richiamato dalla previsione costituzionale – mentre il riferimento alla interferenza con la liberta’ di impresa appare, piuttosto, volto ad attribuire al provvedimento impugnato la natura sostanziale di sentenza, ovvero, ai fini della ricorribilita’ per cassazione, di un provvedimento giurisdizionale che sia suscettibile di assumere carattere di definitivita’, quanto all’incidenza sulle posizione soggettive tutelate.
11.Orbene, ritiene il Collegio che la decisione del tribunale della prevenzione, sia di accoglimento che di rigetto della richiesta dell’interessato non possiede tali connotati ma, anzi, si caratterizza, alla stregua dei descritti presupposti strutturali dell’istituto e degli effetti del provvedimento di ammissione al controllo giudiziario eventualmente adottato, per il contenuto provvisorio della statuizione, alla quale inerisce l’attribuzione di decisione rebus sic stantibus e, pertanto, sia sempre rivedibile in forza di elementi nuovi che sopraggiungano fino al momento in cui, attraverso il giudicato amministrativo, gli effetti della misura di prevenzione amministrativa siano stabilizzati.
Non e’ casuale ne’ approssimativa la scelta del legislatore di prevedere, come requisito della domanda di ammissione al controllo giudiziario in esame, l’impugnazione del relativo provvedimento – quale che essa sia, amministrativa o giurisdizionale – ne’ la descrizione delle conseguenze del provvedimento di ammissione, individuata attraverso l’espressione “sospende gli effetti”, indicazione che comporta la necessita’ che il procedimento di impugnazione in sede amministrativa sia ancora pendente.
La ratio e la funzione dell’istituto non possono ragionevolmente consistere nell’aggiramento della misura interdittiva amministrativa, ovvero in una sua anomala impugnativa dinanzi al tribunale della prevenzione (in violazione del principio di riparto della giurisdizione), con la produzione degli effetti tipici di tale decisione di annullamento ovvero revoca della misura di prevenzione amministrativa, esiti decisori che permangono in capo alla competente autorita’ amministrativa o giurisdizionale. Si deve concludere che la norma delinea la previsione che l’azienda interessata, fintanto che sia pendente l’impugnazione e sia in corso la contestazione della legittimita’ del provvedimento amministrativo, possa rivolgersi al tribunale di prevenzione, individuato in ragione della specifica competenza nella materia, demandandogli la verifica – nel contraddittorio tra le parti interessate – della sussistenza dei requisiti (sussistendone i presupposti) di applicazione di una misura meno stringente di quella applicata in sede amministrativa e della quale, in caso di accoglimento della richiesta, sono sospesi gli effetti.
La misura del controllo giudiziario di cui all’articolo 34-bis, comma 6, consente l’operativita’ dell’azienda stessa, sotto controllo dell’autorita’ giudiziaria, attraverso un adeguato bilanciamento di interessi, quando l’agevolazione degli scopi criminali risulti occasionale, ovvero emergano profili di infiltrazione non stabili e l’impresa, attivando il meccanismo dell’impugnazione del provvedimento interdittivo, abbia contestato la legittimita’ della decisione che, altrimenti, si ha per accettata. Deve, invece, escludersi qualsiasi potere di controllo da parte del tribunale di prevenzione sui presupposti che legittimano l’applicazione della interdittive antimafia, venendo, altrimenti, a realizzarsi una illegittima invasione delle sfere di competenza dell’autorita’ amministrativa ed una illegittima duplicazione di procedimenti aventi ad oggetto la legittimita’ delle interdittive, la cui valutazione resta esclusivamente di competenza del prefetto e del “giudice” amministrativo, quale esso sia.
12. Gli effetti del provvedimento adottato dal tribunale della prevenzione, individuati e descritti nella norma richiamata, non sono immediatamente correlati all’esercizio di diritti di rango costituzionale – diritti che sono connessi alla vicenda impugnatoria dell’interdittiva prefettizia dinanzi al competente organo amministrativo – ma sono di preminente natura cautelare essendo volti a realizzare una ulteriore forma di tutela dell’impresa destinataria della misura di prevenzione amministrativa consentendogli la continuita’ dell’attivita’ economica, in vista della decisione amministrativa sulla inibitoria.
13. In caso di esito positivo di accoglimento della richiesta, con applicazione della misura del controllo giudiziario, per l’accertata sussistenza di situazioni, ancorche’ occasionali, di infiltrazione/condizionamento criminale dell’impresa – infiltrazione/condizionamento che, vale ricordarlo, sono a base della informativa prefettizia – non si produce un effetto decisorio definitivo suscettibile di incidere sulla situazione soggettiva dell’impresa destinataria della informativa, esito connesso al giudizio dinanzi alla competente autorita’ amministrativa, ma solo una sospensione degli effetti del provvedimento inibitorio, analoga a quella che interviene per effetto di un provvedimento di sospensiva autorita’ amministrativa, effetti che, ove sopravvenga il giudicato amministrativo di rigetto, sono destinati a riespandersi, ovvero a venire meno del tutto, nel caso in cui la decisione amministrativa sia favorevole all’impresa che, per l’effetto, viene rimessa nel pieno esercizio dei suoi diritti.
La norma in esame, peraltro, non disciplina l’esito del procedimento di controllo giudiziario, del quale non e’ prevista la durata, se non riferendosi alla possibilita’ di revoca del provvedimento e a quella di disporre altre misure di prevenzione patrimoniali, ricorrendone i presupposti; rinvio sintetico, ma sufficiente per enucleare quale esito possibile anche quello dell’applicazione, da parte dell’autorita’ giudiziaria, di una misura di prevenzione patrimoniale. Certamente, poi, nel caso in cui l’impugnativa amministrativa sia favorevole all’impresa, viene meno uno dei requisiti soggettivi che costituisce il presupposto dell’applicazione della misura del controllo giudiziario che da tale soggetto era stato attivato.
Conclusivamente ritiene il Collegio che l’accoglimento della richiesta di controllo giudiziario ex articolo 34-bis, comma 6 cit., secondo l’esito auspicato dalla impresa richiedente, che e’ l’unica legittimata a proporre la domanda, determina l’attivazione degli obblighi connessi al controllo giudiziario e la mera sospensione (e non gia’ nell’annullamento ovvero la revoca) della interdittiva prefettizia, effetti caducatori, questi ultimi, che possono prodursi solo nella competente sede amministrativa, secondo una precisa scelta del legislatore – anche di natura semantica – e dell’inquadramento sistematico dell’istituto del controllo giudiziario per nulla casuale, scelta che ribadisce la natura provvisoria dell’applicazione dell’istituto e funzionale a ridimensionarne gli effetti, nelle more della definitiva decisione amministrativa sulla misura interdittiva applicata dal prefetto, che ne costituisce il presupposto.
13.1. In caso di applicazione della misura, corrispondente ad una precisa richiesta dell’impresa interessata, questa potra’ sempre sollecitare la revoca del provvedimento, revoca che potra’ essere proposta anche dall’amministratore giudiziario, per sopravenute modifiche delle condizioni di applicazione, o conseguire anche alla definizione della impugnazione amministrativa nella sede naturale.
E’ inoltre previsto che, in tale evenienza, anche quando si verifichi una situazione favorevole all’impresa interessata, con l’annullamento della misura interdittiva, il tribunale di prevenzione, comunque investito della conoscenza di una situazione di contagio criminale dell’attivita’ economica, possa attivare, ricorrendone i presupposti, una misura di prevenzione, secondo le previsioni del codice antimafia in materia di misure di competenza dell’autorita’ giudiziaria, procedura di revoca che chiama in causa anche la pubblica accusa, pienamente informata, attraverso la procedura camerale ed i suoi esiti, della misura amministrativa e della fase aperta con la misura del controllo giudiziario richiesto dall’azienda interessata.
L’articolo 34-bis del codice antimafia – che prevede la procedura in discorso quando i pericoli di infiltrazione comportino solo “in via occasionale” l’agevolazione dell’attivita’ di impresa che ha fondato l’applicazione della misura interdittiva antimafia amministrativa – non incide sulla sussistenza dei pericoli stessi – che, anzi, presuppone – attenendo unicamente alla possibilita’ di consentire, in via provvisoria, la prosecuzione dell’attivita’ economica e prende atto della necessita’ di salvaguardare, con le necessarie cautele, le realta’ produttive che, per quanto incise da tentativi di infiltrazione mafiosa, manifestino un grado di autonomia gestionale (dalle consorterie criminali) non ancora totalmente compromesso e sufficiente a consentirne un’attivita’ economica corretta, pure in forma “controllata”. Opzione favorita dal legislatore il cui intento e’ quello di conservare, per quanto possibile, realta’ produttive che, soprattutto nelle zone in cui esistono i fenomeni associativi criminali piu’ eclatanti, possano costituire rimedio all’assenza di credibili opportunita’ occupazionali.
14. Un definitivo esito decisorio non si produce neppure in caso di esito negativo, di inammissibilita’ o rigetto, della richiesta dell’impresa destinataria di informazione prefettizia antimafia, per carenza dei requisiti che legittimano il ricorso all’applicazione della misura, come ad es. per la mancanza del requisito della occasionalita’ ovvero della inidoneita’ e incapacita’ dell’impresa di svolgere dall’interno un’adeguata e idonea azione di bonifica volta alla eliminazione delle situazioni segnalate nella informativa prefettizia come indicative o sintomatiche del pericolo di infiltrazione/condizionamento/contaminazione mafiosa dell’impresa.
Tale conclusione non solo non e’ positivamente prevista, sotto forma di preclusione o decadenza, ma, soprattutto, non e’ in linea con i descritti requisiti soggettivi e presupposti di accesso alla misura del controllo giudiziario a richiesta dell’impresa destinataria dell’informativa prefettizia, in positivo delineati dalla previsione di cui all’articolo 34-bis, comma 6 cit., controllo che, pertanto, puo’ essere azionato, ricorrendone i presupposti giustificativi, in qualunque momento del complesso iter dell’impugnativa amministrativa.
Cio’ e’ tanto piu’ vero ove si osservi che le aziende e imprese costituiscono sia per la compagine soggettiva che per il dinamismo che ne caratterizza l’operativita’, soggetti giuridici che possono attivare positive sinergie per la rimozione di quelle condizioni di infiltrazione e agevolazione criminale e che, pertanto, possono avviarsi sulla via della bonifica adottando modelli di organizzazione e gestione risanati.
La modifica sostanziale di tali condizioni operative ha diretta incidenza sulla procedura amministrativa di applicazione della misura, che come previsto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 91, comma 5, ult. periodo, deve essere sempre aggiornata in presenza di nuovi elementi di valutazione offerti dall’interessato all’autorita’ amministrativa e che, per l’effetto, rifluisce anche sulla possibilita’ di riproposizione della richiesta di controllo giudiziario.
15. Ne’ ricorrono i presupposti affinche’ possa ritenersi che il provvedimento impugnato presenta caratteri di abnormita’, secondo la generica prospettazione svolta dal ricorrente. La categoria dell’abnormita’ e’ stata elaborata dalla giurisprudenza con l’intento dichiarato di introdurre un correttivo al principio della tassativita’ dei mezzi di impugnazione e di apprestare il rimedio del ricorso per cassazione contro determinati provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente impugnabili, risultino, tuttavia, affetti da anomalie genetiche o funzionali cosi’ radicali da non poter essere inquadrati in nessuno schema legale. Il ricorso per cassazione rappresenta, pertanto, lo strumento processuale utilizzabile per rimuovere gli effetti di un provvedimento che, per la singolarita’ e la stranezza del suo contenuto, deve essere considerato avulso dall’intero ordinamento giuridico (Sez. U., n. 7 del 26 aprile 1989, Teresi, Rv. 181303). Tale evenienza non ricorre nel caso in esame poiche’ il provvedimento adottato non si discosta ne’ diverge dalle previsioni della norma e dell’intero e organico sistema della legge in materia di misure di prevenzione, non essendosi esplicato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, stante la descritta natura e funzione dell’istituto e la inerenza dei poteri di controllo esercitati dal giudice ai fini dell’adozione del provvedimento.
16. Le argomentazioni sviluppate consentono di escludere che il provvedimento con il quale il Tribunale della prevenzione di Napoli sia impugnabile per cassazione, con conseguente inammissibilita’ della proposta impugnazione e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in Euro duemila, avuto riguardo alla causa di inammissibilita’.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

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