In materia di espropriazione per pubblica utilità

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 11 dicembre 2019, n. 32415.

La massima estrapolata:

In materia di espropriazione per pubblica utilità, l’indennità di occupazione d’urgenza, essendo volta a compensare il proprietario per la mancata disponibilità del bene, in relazione a quanto avrebbe percepito periodicamente da esso, va calcolata sino alla data dell’effettivo deposito dell’indennità di esproprio, momento che conclude la fattispecie complessa da cui deriva l’effetto dell’acquisizione della proprietà del bene anzidetto da parte della Pubblica Amministrazione o dei soggetti ad essa equiparati.

Sentenza 11 dicembre 2019, n. 32415

Data udienza 7 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 21799/2014 proposto da:
(OMISSIS), in proprio e quale titolare di (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 725/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 12/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2019 da Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi primo e secondo, rigetto del terzo, in subordine rimessione alle S.U.;
udito l’avvocato (OMISSIS) con delega orale per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato (OMISSIS) con delega per il controricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1.- La (OMISSIS) spa, in qualita’ di concessionaria di Anas spa e delegata ad emettere gli atti del procedimento espropriativo, ha proposto opposizione alla stima dell’indennita’ di espropriazione, avente ad oggetto i terreni di proprieta’ di (OMISSIS), siti nel Comune di Rimini, e destinati all’esecuzione dei lavori di costruzione della terza corsia dell’Autostrada (OMISSIS), determinata nel corso del procedimento espropriativo dalla commissione tecnico-arbitrale Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ex articolo 21.
2.- La Corte d’appello di Bologna, con ordinanza in data del 12 febbraio 2014, non ha condiviso la valutazione del consulente tecnico d’ufficio circa la natura edificabile dell’area espropriata, la quale era soggetta a vincolo di inedificabilita’ assoluta in base a disposizione legislativa (Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 26) che prevaleva sulle previsioni degli strumenti urbanistici; quindi, valutata l’area come agricola, ha determinato l’indennita’ di esproprio in Euro 37047,10; l’indennita’ di asservimento, per imprecisate interferenze al di fuori della fascia di rispetto, in Euro 4073,00; l’indennita’ aggiuntiva in favore del proprietario imprenditore agricolo, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 40, comma 4, in Euro 9864,00; l’indennita’ di occupazione d’urgenza in Euro 10298,00.
3.- Avverso la suddetta ordinanza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi; (OMISSIS) ha resistito con controricorso e memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, “errore di fatto nel giudizio e violazione delle norme di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 49 e 50”, per avere la Corte di merito omesso di riconoscere l’indennita’ di occupazione temporanea di una superficie di 1930 mq. ulteriore rispetto a quella espropriata, adibita ad area di cantiere, per il periodo dall’immissione in possesso al termine dei lavori o alla riconsegna dell’area.
1.1.- Il motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’, avendo ad oggetto una questione non trattata nell’ordinanza impugnata; ne’ indica se e in quale atto processuale sia stata introdotta nel processo e in che modo il fatto sul quale essa si basa risulti acquisito nel giudizio. A tal fine non sono decisivi gli atti indicati nel motivo (a pag. 10, p. 3 e 4) e nella parte espositiva del ricorso (a pag. 7-9), dai quali non e’ possibile desumere con certezza l’esistenza del fatto posto a fondamento del motivo e, quindi, la fondatezza del diritto azionato (il riferimento al 1930 mq. a pag. 8, lettera g, del ricorso, costituisce una mera argomentazione difensiva di parte in relazione alla c.t.u.). Il motivo si risolve quindi nell’impropria richiesta di un diverso o ulteriore accertamento di fatto rispetto a quello operato dai giudici di merito.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 22 bis e 50 avendo la Corte determinato l’indennita’ di occupazione d’urgenza (dall’immissione in possesso) considerando quale termine finale la data di emissione del decreto di esproprio (20 gennaio 2014), anziche’ quella del pagamento effettivo dell’indennita’ di esproprio, non ancora intervenuto per mancanza del decreto di svincolo.
2.1.- Il motivo e’ infondato, sebbene occorra una precisazione in punto di diritto.
La tesi di (OMISSIS), secondo la quale l’indennita’ di occupazione d’urgenza dovrebbe essere calcolata (non sino alla data del deposito dell’indennita’ di espropriazione ma) sino alla data del decreto di espropriazione che segna il momento della perdita della proprieta’ del bene per il privato, pur avendo avuto seguito in un precedente di questa Corte (n. 19758 del 2017), non e’ condivisibile.
Si deve considerare che l’acquisizione della proprieta’ da parte della pubblica amministrazione (e dei soggetti ad essa equiparati, come nel caso in esame) e’ effetto di una fattispecie complessa nella quale il decreto di espropriazione (L. n. 2359 del 1865, articolo 50) presenta un rilievo determinante che e’ pero’ integrato dal pagamento del “giusto prezzo” del bene, a norma della L. n. 2359 del 1865, articolo 39 (oggi Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 1), in relazione all’articolo 42 Cost., comma 3. Cio’ assume rilievo rispetto ad un’obbligazione particolare, qual e’ quella avente ad oggetto l’indennita’ di occupazione d’urgenza, che serve a compensare il proprietario per la mancata disponibilita’ del bene, in relazione a quanto avrebbe percepito periodicamente da esso, fino a quando detta fattispecie complessa non si sia conclusa con il deposito dell’indennita’ di esproprio, secondo una regola generale in materia espropriativa. Ed infatti, contrariamente a quanto sostenuto nel motivo, la “data di corresponsione dell’indennita’ di espropriazione o del corrispettivo” che segna il momento fino al quale e’ dovuta l’indennita’ di occupazione, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 22 bis, comma 5, non coincide con la data del pagamento effettivo ma con quella del deposito dell’indennita’ presso la Cassa depositi e prestiti, che produce effetti liberatori per l’espropriante. La diversa opinione del ricorrente, secondo cui l’espropriante dovrebbe corrispondere l’indennita’ di occupazione anche per il periodo successivo al deposito dell’indennita’ di espropriazione, non e’ neppure coerente con il dato normativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 26, comma 6, secondo cui lo svincolo delle somme depositate richiede la collaborazione dell’espropriato che e’ tenuto a produrre una dichiarazione in cui assume ogni responsabilita’ in relazione ad eventuali diritti dei terzi.
Nel caso specifico, non e’ contestato che (OMISSIS) abbia depositato l’indennita’ di espropriazione contestualmente al decreto di esproprio, risultando conforme a diritto la decisione di calcolare l’indennita’ di occupazione sino alla data del suddetto decreto.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 32 e 37, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articoli 26 e 28 avendo la Corte territoriale valutato l’area espropriata come non edificabile mentre, al contrario, si trattava di esproprio parziale di un bene unitario edificabile, con conseguente necessita’ di remunerare la perdita di cubatura delle aree rimaste in proprieta’.
3.1.- Il motivo e’ inammissibile.
La sentenza impugnata ha accertato che “il vincolo che deriva dall’inserimento dell’area in fascia di rispetto stradale comporta la inedificabilita’ assoluta del terreno assoggettato ad esproprio”; un analogo concetto e’ espresso con l’affermazione che “l’area espropriata ricade per intero in fascia di rispetto stradale”.
La censura in esame postula un ulteriore e diverso accertamento che, da un lato, non puo’ ritenersi implicito in quello effettuato dalla Corte di merito e che, dall’altro, richiederebbe apprezzamenti di fatto esorbitanti dalle attribuzioni del giudice di legittimita’, in ordine all’esistenza di una porzione di area residua pregiudicata dalla creazione (o dall’allargamento) della fascia di rispetto, dovendosi verificare il nesso di funzionalita’ tra la parte espropriata o colpita dalla fascia di rispetto e la porzione residua, nonche’ l’unitarieta’ della destinazione economica dell’intera area prima della vicenda espropriativa.
La doglianza circa la natura (inedificabile) della fascia di rispetto, essendo svolta in via strumentale alla dimostrazione del pregiudizio alla porzione residua che si vorrebbe indennizzato in termini di recupero della cubatura perduta, postula tuttavia, come si e’ detto, inammissibili accertamenti di fatto ulteriori rispetto a quelli operati dalla sentenza impugnata.
4.- Il ricorso e’ rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla spese, liquidate in Euro 7200,00.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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