In materia di espropriazione per pubblica utilità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 marzo 2021| n. 7369.

In materia di espropriazione per pubblica utilità, l’azione volta ad ottenere la maggiorazione del dieci per cento dell’indennità di esproprio, ai sensi dell’art. 37, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001, deve essere promossa nel termine perentorio di trenta giorni, previsto per la domanda di determinazione giudiziale dell’indennità dall’art. 54, comma 2, d.P.R. citato – nel testo previgente al d.lgs. n. 150 del 2011 -, poiché tale maggiorazione costituisce una componente della ridetta indennità.

Ordinanza|16 marzo 2021| n. 7369

Data udienza 20 gennaio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ O PUBBLICO INTERESSE – INDENNITA’

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 24179/2015 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso per cassazione, dagli Avv.ti Prof. (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), presso lo studio del quale in (OMISSIS), elegge domicilio;
– ricorrente –
contro
Comune di Isola della Scala, nella persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, anche in via disgiunta, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di VENEZIA n. 549/2015, pubblicata il 3 marzo 2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/01/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:
1. Con sentenza del 3 marzo 2015, la Corte di appello di Venezia ha dichiarato la decadenza di (OMISSIS) dall’azione Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ex articolo 54, comma 2, con condanna alle spese di giudizio.
2. La Corte di appello di Venezia, a sostegno della pronuncia di decadenza, ha evidenziato che: era applicabile la disciplina di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 54 nella formulazione antecedente la novella del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, in applicazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 36, comma 2, secondo cui “le norme abrogate o modificate dal presente decreto continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso”; l’articolo 54 citato, al comma 2, prevedeva che l’opposizione di cui al comma 1 doveva essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima era successiva al decreto di esproprio; l’azione era pertanto inammissibile per l’avvenuto decorso del termine di decadenza di 30 giorni, considerato che il decreto di esproprio era stato notificato l’11 marzo 2009 e che l’attrice aveva accettato l’indennita’ definitiva di espropriazione con nota del 29 maggio 2009, pervenuta al protocollo comunale in data 3 giugno 2009; l’oggetto del giudizio era la determinazione dell’ammontare dell’indennita’ spettante all’espropriata e non l’accertamento del diritto a percepire la maggiorazione e che il giudizio di opposizione aveva ad oggetto la complessiva e definitiva determinazione dell’indennita’ di esproprio; la Corte di appello, ex articolo 54 Testo Unico espropri, aveva competenza in unico grado, con specifico riferimento alla determinazione dell’indennita’ di espropriazione, in tutte le sue componenti.
3. (OMISSIS) ricorre per la cassazione della sentenza con atto affidato ad un unico motivo.
4. Il Comune di Isola della Scala ha depositato controricorso.
5. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

CHE:
1. Con il primo ed unico motivo la ricorrente lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 36, comma 2 e articolo 54, comma 2.
Ad avviso della ricorrente la Corte di appello aveva errato nella qualificazione della domanda proposta come opposizione alla stima, poiche’ la determinazione dell’indennita’ non era stata contestata ed era stata chiesta soltanto la maggiorazione prevista dall’articolo 37, comma 2 Testo Unico espropri, con la conseguenza che non andava applicato il termine di decadenza previsto dall’articolo 54, comma 2 Testo Unico espropri. 1.1. Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha affermato che l’aumento dell’indennita’ in misura del 10 per cento, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 2, (testo vigente), e’ una misura chiaramente rivolta ad incentivare la definizione del procedimento espropriativo in via consensuale (mediante la conclusione dell’accordo di cessione) ed a stimolare, nell’ottica del buon andamento dell’attivita’ amministrativa (articolo 97 Cost., comma 2), comportamenti virtuosi delle pubbliche amministrazioni, le quali hanno la possibilita’ di evitare di pagare l’indennita’ maggiorata semplicemente offrendo, in via provvisoria, una somma non inferiore agli otto decimi del valore venale del bene ablato, in modo da favorire l’accettazione da parte dell’espropriato e disincentivare il ricorso alla via giudiziaria (Cass., 16 maggio 2017, n. 12058, citata).
Questa Corte, nella sentenza richiamata, ha, altresi’, precisato che:
-la maggiorazione prevista nei casi in cui non sia possibile concludere l’accordo (per fatto non imputabile al proprietario) perche’ l’amministrazione abbia offerto un’indennita’ provvisoria che, attualizzata, risulti inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva (dal giudice) svolge una funzione compensativa (o perequativa, secondo Cass., 13 gennaio 2014, n. 499) per l’ingiustificata attesa, imposta al proprietario, della conclusione del procedimento espropriativo che deve terminare con il pagamento del giusto indennizzo “in tempo utile”, come affermato dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte Edu (Corte Edu, sentenza 1 aprile 2008, Grande Camera, Gigli Costruzioni c. Italia);
-la possibilita’ che, applicando la maggiorazione del 10 per cento, sia superato il tetto del valore di mercato nella quantificazione dell’indennizzo, e’ un’ipotesi che il legislatore non ha inteso evitare (e, quindi, ha implicitamente consentito) quando, a seguito delle sentenze della Corte Cost. n. 348 e 349 del 2007, e’ intervenuto sul Decreto del Presidente della Repubblica 2001, articolo 37, commi 1 e 2, codificando il criterio del valore venale e prevedendo la maggiorazione dell’indennita’ in misura del 10 per cento;
-l’aumento del 10 per cento dell’indennita’ dev’essere applicato dalla Corte d’appello in via automatica, allorche’ emerga dagli atti la presenza di uno dei presupposti previsti dalla norma, come nel caso in cui l’amministrazione abbia offerto un’indennita’ che, attualizzata, risulti inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, in tal modo impedendo, per una valutazione legale di tipo presuntivo, la conclusione dell’accordo di cessione.
1.2 Cio’ posto sulla natura e sulla funzione della maggiorazione del 10% dell’indennita’, gia’ le Sezioni Unite di questa Corte, dovendo interpretare il previgente testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37 il quale faceva dipendere dalla mancata cessione bonaria, non imputabile all’espropriato, l’abbuono della decurtazione del 40 per cento prevista nel regime precedente, anziche’ la maggiorazione del 10 per cento, hanno precisato che, nella determinazione dell’indennita’ di espropriazione, il potere del giudice di non operare l’abbattimento del quaranta per cento, quando la mancata accettazione dell’indennita’ sia dipesa da un’offerta amministrativa rilevatasi palesemente irrisoria, simbolica o strumentalmente mirata a ottenere l’abbattimento o comunque incongrua, rientra nella corretta quantificazione del dovuto, e quindi nell’ambito della determinazione dell’indennita’ in conseguenza di atti di natura espropriativa o ablatoria, con riferimento al quale il Decreto Legislativo n. 80 del 1998, articolo 34 ha attribuito la giurisdizione al giudice ordinario, senza che alla mancata decurtazione possa attribuirsi natura risarcitoria per il comportamento dell’amministrazione (Cass., Sez. U., 3 luglio 2006, n. 15201).
Piu’ specificamente, le Sezioni Unite hanno affermato che:
-la riduzione del quaranta per cento sia nel caso in cui si applichi, sia in quello in cui venga esclusa, costituisce comunque un elemento per la quantificazione in concreto dell’indennita’ d’espropriazione e quindi rientra nell’ambito della determinazione dell’indennita’ in conseguenza di atti di natura espropriativa o ablativa con riferimento al quale l’articolo 34 citato ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario;
-poiche’ l’esclusione da parte del giudice di merito della riduzione del 40% rientra nella determinazione in concreto dell’indennita’ di espropriazione, la domanda attrice volta ad ottenere la giusta indennita’ di espropriazione copre anche tale aspetto, sicche’ non e’ configurabile, al riguardo, alcuna violazione dell’articolo 112 c.p.c..
1.3 In conclusione, la Corte territoriale correttamente ha ritenuto che la questione dell’applicabilita’ dell’aumento appartiene al thema decidendum della causa, in tema di opposizione alla stima o di determinazione giudiziale dell’indennita’ di esproprio e ha dichiarato la decadenza dall’azione promossa per decorrenza del termine previsto dall’articolo 54 citato, ante novella del 2011, che, al comma 2, prevede che l’opposizione di cui al comma 1 deve essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio (profili nemmeno censurati dalla ricorrente).
2. Per quanto esposto, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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