In materia di conferenza istruttoria

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 25 febbraio 2020, n. 1399.

La massima estrapolata:

In materia di conferenza istruttoria la partecipazione di un ente può essere assicurata non necessariamente dalla presenza fisica del suo rappresentante, ma anche dalla trasmissione di note scritte, in quanto il modello procedimentale della conferenza ha natura soltanto di strumento organizzativo a fini acceleratori della procedura e non configura l’esistenza di un organo collegiale a presenza necessaria.

Sentenza 25 febbraio 2020, n. 1399

Data udienza 6 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1301 del 2019, proposto da
Pa. De Sa. Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Ga. Sc., Ig. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Ga. Sc. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e Le Attività Culturali, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Mibact, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Le Province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza n. 01495/2018, resa tra le parti, concernente Annullamento delle note del Comune di (omissis), prot. n. 9765 dell’1.10.2015 (doc. 9/1) e prot. n. 1506 del 17.2.2015 (doc. 9/2), ricevute in unica busta in data 8.10.2015, in cui si comunicava che la procedura di approvazione, ai sensi della L.R. Puglia, 29.7.2008, n. 21, del Programma integrato di rigenerazione urbana (d’ora in poi anche solo P.I.R.U.) relativo all’area c.d. “ex mattatoio” (proposto dall’odierna appellante e già adottato dal Consiglio Comunale di (omissis)), doveva ritenersi conclusa con esito negativo, visto il parere sfavorevole reso dalla preposta Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, giusta nota prot. n. 3903 del 18.3.2014 (in doc. 11 – acquisita solo in data 14.10.2015 a seguito di rituale accesso agli atti presso il Comune, in doc. 10, ndr), e di tutti gli atti presupposti, conseguenti e, comunque, connessi; nonché, previo accertamento del relativo obbligo, per la condanna del Comune di (omissis) a dare seguito a detta procedura in seno alla Conferenza di servizi, intimandogli conseguentemente di (ri)convocarla.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di (omissis) e di Ministero per i Beni e Le Attività Culturali e di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Fr. Ga. Sc., Pa. La. su delega dichiarata di Pa. Ro. e l’Avvocato dello Stato Da. Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Comune di (omissis) nel 2010, mediante apposito bando, invitò i soggetto interessati a presentare proposta di PIRU- Programma Integrato di Rigenerazione Urbana avente ad oggetto la riqualificazione dell’area dell’ex mattatoio comunale.
La proposta presentata dalla Ditta appellante, avente ad oggetto la edificazione di un edificio multifunzionale, fu favorevolmente scrutinata e quindi adottata dal consiglio comunale con delibera 6/2012.
Per l’effetto, risultando necessaria l’approvazione di un accordo di programma avente tra l’altro ad oggetto la variante al vigente strumento urbanistico, il Sindaco convocò la conferenza di servizi ex art. 34 c. 3 TUEL.
Dopo varie sedute dell’organo, la competente Sovrintendenza trasmetteva al Sindaco parere negativo in ordine alla fattibilità dell’intervento, ritenendolo in contrasto con i valori architettonici d’insieme del sito.
Per l’effetto il comune, preso atto del dissenso qualificato, dichiarava negativamente conclusa la procedura.
La Ditta ha impugnato il provvedimento di archiviazione avanti al Tar Bari il quale però con la sentenza in epigrafe indicata ha respinto il gravame.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi in esame dalla soccombente la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività, deducendo a tal fine un unico ma assai articolato motivo di impugnazione.
Si sono costituiti in resistenza il Comune di (omissis) e il Ministero dei Beni Culturali.
Alla camera di consiglio del 7 marzo 2019 la domanda cautelare è stata rinviata al merito.
Le Parti hanno depositato memorie e documenti, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 6 febbraio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello non è fondato, il che consente al Collegio di non approfondire le eccezioni di tardività dello stesso versate in giudizio dal Comune di (omissis), il quale ritiene applicabile alla controversia il rito abbreviato delle procedure di evidenza pubblica.
Con il primo motivo l’appellante osserva che il procedimento di conferenza era, nel caso in esame, governato dall’art. 6 c. 2 della legge regionale n. 6 del 2008 il quale impone che il parere delle Amministrazioni partecipanti sia espresso – a pena di inefficacia- all’interno della conferenza stessa e cioè mediante partecipazione ai lavori.
Erra quindi il Tribunale laddove – sulla base di una distinzione tra conferenza decisoria e istruttoria estranea alla normativa di specifico riferimento – ha ritenuto valido il dissenso espresso in forma scritta dal Sovrintendente che pacificamente non ha mai partecipato ai lavori dell’organo.
Per come risulta formulato in sede di appello nonché – soprattutto – nel ricorso introduttivo il mezzo non è fondato.
L’art. 6 della legge regionale n. 6 del 2008 così dispone per quanto di interesse:
“2. Il sindaco, dopo l’adozione del programma integrato di rigenerazione urbana, convoca una conferenza di servizi, ai sensi del comma 3 dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni competenti per l’acquisizione dei necessari atti di consenso, comunque denominati, per verificare la possibilità di concordare il successivo accordo di programma.
3. In sede di conferenza di servizi le amministrazioni partecipanti, nel rispetto del principio di copianificazione, devono indicare le ragioni ostative o, ove possibile, le modifiche necessarie ai fini della conclusione positiva dell’iter del programma mediante l’approvazione dell’accordo di programma.”.
A sua volta il citato art. 34 TUEL (che disciplina gli accordi di programma) prevede al comma 3 che ” 3. Per verificare la possibilità di concordare l’accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.”.
Come ben evidenziato dal TAR la conferenza di cui si tratta è dunque quella istruttoria di cui all’art. 14 c. 1 L. n. 241/1990, indetta dall’amministrazione procedente per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo.
Ne consegue, come altresì chiarito dal TAR, che nella specie – non trattandosi di conferenza decisoria ex art. 14 c. 2 – non si applicava l’art. 14 ter della L. n. 241 il quale all’epoca (e cioè prima delle modifiche apportate dal D. L.vo n. 127 del 2016) richiedeva in quel tipo di conferenza la presenza fisica dei vari rappresentanti delle Amministrazioni coinvolte.
Come è noto, dopo le modifiche introdotte dal Decreto ora citato, oggi anche la conferenza decisoria può svolgersi in modalità semplificata e asincrona (art. 14 bis.) restando la modalità simultanea o sincrona (art. 14 ter) riservata alle determinazioni di particolare complessità .
Tanto precisato, e tornando alla conferenza istruttoria, la giurisprudenza di questo Consiglio è consolidata nel ritenere che la partecipazione di un ente in sede di conferenza può essere assicurata non necessariamente dalla presenza fisica del suo rappresentante, ma anche dalla trasmissione di note scritte, in quanto il modello procedimentale della conferenza ha natura soltanto di strumento organizzativo a fini acceleratori della procedura e non configura l’esistenza di un organo collegiale a presenza necessaria. (ad es. I^ Sez. parere n. 1438/2019, V Sez. n. 5748/2015, IV Sez. 3971/2015).
Pertanto il parere scritto negativo del Sovrintendente, in quanto pervenuto nel corso dei lavori della Conferenza, ben poteva (e doveva) essere preso in considerazione dal comune quale amministrazione procedente.
Nella memoria dell’8 gennaio 2020 l’appellante evidenzia, in una prospettiva parzialmente diversa, che in realtà – al di là della questione della presenza fisica del Sovrintendente – il motivo in rassegna intendeva stigmatizzare il carattere “avulso” del parere dell’organo tecnico rispetto ai lavori della conferenza.
In tal senso l’appellante evidenzia da un lato che il sovrintendente si è limitato ad esprimere un parere radicalmente negativo sull’intervento senza prospettare – come invece avrebbe dovuto secondo la legge – le modifiche necessarie per rendere il progetto compatibile coi valori architettonici del contesto; dall’altro che il comune non ha riportato il suddetto parere all’attenzione dei partecipanti alla riunione per discuterne gli effetti, così attribuendo all’Autorità statale un potere interdittivo che la specifica normativa regionale non prevede.
Anche in tale formulazione i mezzi sono infondati.
Per quanto riguarda la omessa indicazione da parte del Sovrintendente delle modifiche necessarie, costituisce massima di comune esperienza quella secondo cui l’indicazione di possibili correttivi progettuali non viene in rilievo ove l’organo che rende il parere disconosca in modo radicale la compatibilità dell’intervento con determinati valori.
Nel caso all’esame, come ben evidenziato dal TAR, la Sovrintendenza ha in sostanza “bocciato” il progetto, ritenendo l’opera incompatibile per mole e caratteristiche costruttive con il profilo architettonico del contesto circostante, in relazione al quale essa è ritenuta addirittura suscettibile di introdurre elementi di “caoticità “.
Dopo un giudizio così radicalmente negativo il Sovrintendente non poteva logicamente indicare varianti correttive.
Del resto, la stessa normativa di riferimento prevede che i partecipanti alla conferenza indichino le modifiche necessarie per pervenire all’accordo solo “ove possibile” e cioè nel caso in cui non esistano ragioni radicalmente ostative e la compatibilità sia quindi perseguibile attraverso specifiche e individuate modifiche progettuali.
Obietta l’appellante che in realtà i rilievi del sovrintendente avevano ad oggetto componenti non essenziali del progetto (altezza tetti da abbassare/cubatura da ridurre) e dunque risultavano superabili mediante limitate modifiche facilmente attuabili in sede esecutiva.
Il rilievo non coglie nel segno in quanto il parere, formulato nei termini di cui si è detto, ha contenuto espressamente negativo: in difetto di impugnazione dello stesso nei termini decadenziali non è dunque possibile indagare circa l’eventuale contraddittorietà tra il giudizio finale complessivo di incompatibilità e i rilievi analitici che ne supportano la motivazione.
Quanto alla decisione del comune di archiviare il procedimento una volta acquisito il parere negativo senza investire la conferenza, deve osservarsi che proprio l’art. 34 TUEL (richiamato dalla legge reg. 6/2008) subordina l’adozione dell’accordo di programma al consenso unanime delle amministrazioni interessate, di talchè il dissenso manifestato da una di queste – la Sovrintendenza – precludeva ex se la conclusione positiva del procedimento.
A ciò deve aggiungersi che comunque, come evidenziato dal TAR, il parere negativo dell’Autorità preposta alla gestione del vincolo paesaggistico aveva comunque carattere vincolante nel procedimento di autorizzazione dell’intervento edilizio.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Pa. De Sa. Co. S.r.l. al pagamento di euro 3.000,00 (tremila) oltre accessori in favore del Comune di (omissis) e di euro 3.000,00 (tremila) oltre accessori in favore del Ministero per i Beni e le attività Culturali per le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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