In materia di abusi edilizi

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 6 luglio 2020, n. 4320.

La massima estrapolata:

In materia di abusi edilizi la proposizione della domanda di accertamento di conformità “priva temporaneamente (id est, per il tempo legalmente stabilito di definizione della relativa procedura) di efficacia l’ordinanza di demolizione; tale efficacia, spirato il termine legale di definizione dell’istanza, che opera in termini sospensivi, viene riacquistata successivamente all’eventuale rigetto, espresso o tacito, della suddetta domanda. Soltanto a seguito della definizione della procedura di sanatoria sussiste un obbligo del Comune di concludere il procedimento sanzionatorio, portando ad esecuzione l’ordinanza di demolizione che, in ipotesi, ha ripreso a produrre effetti.

Sentenza 6 luglio 2020, n. 4320

Data udienza 2 luglio 2020

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Proposizione della domanda di accertamento di conformità – Effetti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5996 del 2014, proposto da Ro. Ro., rappresentato e difeso dall’avvocato Va. Zi., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato De. Ve., con domicilio eletto presso lo studio Gi. (Studio La.) Co. in Roma, viale (…);

sul ricorso numero di registro generale 6983 del 2018, proposto da Ro. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Va. Zi. e Pa. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Va. Zi. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato De. Ve., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 6989 del 2018, proposto da Ro. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Va. Zi., Pa. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Va. Zi. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato De. Ve., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
per la riforma
quanto al ricorso n. 6983 del 2018:
della sentenza 5 gennaio 2018, n. 17, del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Prima
quanto al ricorso n. 6989 del 2018:
della sentenza 5 gennaio 2018, n. 20, del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Prima
quanto al ricorso n. 5996 del 2014:
della sentenza in forma semplificata 6 giugno 2014, n. 887 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Seconda.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) a;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84 comma 5 del Dl. n. 18 del 17 marzo 2020,
L’udienza si è svolta, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ai sensi dell’art. 4 del D.L.30 aprile 2020, n. 28 l’Avv. Va. Zi. ha depositato istanza di passaggio in decisione.

FATTO e DIRITTO

1.? Il sig. Ro. Ni. stipulava, in data 1° gennaio 1959, con la parrocchia di San Pietro a Maida un contratto di affitto avente ad oggetto un suolo di proprietà della parrocchia, con autorizzazione a costruire un capannone per adibirlo a segheria. Tale capannone, nella prospettazione della parte, sarebbe stato realizzato nel 1959.
Dopo la morte del sig. Ro. Ni., in data 14 febbraio 1968, è stato stipulato un nuovo contratto di affitto con il sig. Ro. Ro..
Quest’ultimo, in data 24 ottobre 1986, è stata presentata al Comune di (omissis) domanda di condono del fabbricato, che era stato adibito ad attività artigianale denominata “Mobilificio Ro. Ro.”.
Il Comune: i) con atto 3 novembre 2011, n. 7184, ha rigettato la domanda di condono; ii) con ordinanza 12 dicembre 2011, n. 55, ha ordinato la demolizione del manufatto.
1.1.? Il sig. Ro. ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, per i motivi riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.
Il Tribunale, con sentenza 5 gennaio 2018, n. 17, ha rigettato il ricorso.
2.? Nelle more del giudizio di cui al precedente punto il sig. Ro. ha presentato domanda di accertamento di conformità .
Il Comune: i) con atto del 28 agosto 2013, n. 5232, ha rigettato tale domanda, ii) con ordinanza n. 37 del 2013 ha acquisito il manufatto al proprio patrimonio.
Il sig. Ro. ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, per i motivi riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.
Il Tribunale, con sentenza 5 gennaio 2018, n. 20, ha rigettato il ricorso.
3.? Il Comune ha successivamente adottato: i) la delibera di Giunta 8 aprile 2014, n. 61, relativa alla fase di demolizione dei manufatti acquisiti al patrimonio pubblico; ii) atto 17 aprile 2014, n. 2388 di diffida allo sgombero dei locali.
Il sig. Ro. ha impugnato tali atti innanzi al medesimo Tribunale, per i motivi riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.
Il Tribunale, con sentenza 6 giugno 2014, n. 887, ha rigettato il ricorso.
4.? Il ricorrente di primo grado ha impugnato, con autonomi atti di appello, le predette sentenze, chiedendone la riforma.
4.1.? Nei relativi giudizi si è costituito il Comune, chiedendo il rigetto degli appelli.
4.2.? La Sezione, con ordinanza n. 5956 del 2019, ha disposto una verificazione, conferendo l’incarico all’Agenzia del Demanio della Regione Calabria.
5.? Le cause sono state decise all’esito dell’udienza pubblica del 2 luglio 2020.
6.? Gli atti di appello presentano profili di connessione soggettiva e oggettiva, il che impone la loro riunione per essere decisi con un’unica sentenza.
7.? Con un primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto, sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado, che il fabbricato in esame sia stato realizzato nel 1959 all’interno del centro urbano e che, pertanto, sarebbe stato necessario ottenere il permesso di costruire. L’appellante ha contestato le risultanze di tale consulenza, rilevando come la stessa si fosse basata su “ipotesi e non certezze”, in quanto tale fabbricato sarebbe stato realizzato fuori dal centro urbano.
Il motivo è in parte fondato.
L’art. 31, comma 1, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), nella versione originaria, prevedeva che “chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del Comune”.
L’obbligatorietà della licenza edilizia per gli interventi su tutto il territorio comunale è stata prevista dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 (cd. legge Ponte) e, dunque, il possesso del titolo abilitativo è imposto solo per gli immobili realizzati dopo il 1967 (tra gli altri, Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 5173).
Il verificatore, nominato nel presente giudizio di appello, ha accertato quanto segue: i) esistenza di due corpi di fabbrica in aderenza, strutturalmente indipendenti, che sono stati identificati come “Corpo A” e “Corpo B”; ii) il “Corpo A” è stato realizzato “entro il 1959”, come risulterebbe anche dal fatto che si fa riferimento solo ad esso nella domanda di condono edilizio del 27 settembre 1986, ed è stato realizzato, come emerso dalle ricerche effettuate presso il Geoportale delle Regione Calabria, fuori dal centro urbano; iii) il “Corpo B” è stato realizzato successivamente al 1979, in quanto dalla variante al programma di fabbricazione redatto verso la fine degli anni settanta non risulta tale manufatto.
Gli esiti cui è pervenuto il verificatore, basandosi su dati tecnici oggettivi e accertati, sono condivisi dal Collegio.
Tale esiti non sono incisi dai seguenti rilievi critici formulati da parte appellante anche mediante propri tecnici di fiducia: i) la individuazione di due fabbricati autonomi non sarebbe oggetto del processo; ii) i segni esteriori per il materiale utilizzato avrebbero dovuto essere differenti in ragione del diverso tempo di realizzazione; iii) le riprese aree non sarebbe attendibili.
Il verificatore ha replicato, rilevando che: i) l’individuazione dei due fabbricati rappresenta il risultato oggettivo dell’accertamento svolto; ii) “le differenti caratteristiche cromatiche e conservative vanno fisiologicamente attenuandosi nel tempo allorquando si tratta di opere realizzate da oltre 50 anni”; iii) le risultanze delle riprese aree hanno un livello di certezza quando si tratta di rilievi strumentali alla predisposizione di uno strumento urbanistico.
Tali repliche tecniche, basandosi su dati tecnici oggettivi e accertati, sono condivise dal Collegio.
E’ bene aggiungere che non sono conducenti neanche le critiche svolte dal Comune alla relazione tecnica nella parte in cui ha accertato che il “Corpo A” è collocato nel centro urbano, in quanto, anche in questo caso, il verificatore è pervenuto a tale esito dopo un accurato accertamento tecnico.
In definitiva, alla luce di quanto esposto: i) per il “Corpo A” non era necessario il permesso di costruire in ragione della data della sua costruzione anteriore al 1967; ii) per il “Corpo B” era necessario il permesso di costruire in ragione della data della sua costruzione successiva al 1967.
8.? Con un secondo motivo l’appellante ha dedotto che, pur ammessa l’abusività, si sarebbe formato il silenzio assenso sulla domanda di condono edilizio presentata nel 1986.
Il motivo non è fondato.
L’art. 35, comma 17, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) prevede che decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di condono “quest’ultima si intende accolta”.
La giurisprudenza di questo Consiglio è costante nell’affermare che la formazione del silenzio assenso su domanda di condono edilizio “presuppone che la domanda stessa sia completa di tutta la documentazione necessaria a valutarla”.
Nella fattispecie in esame, il Comune ha chiesto, in particolare con le note acquisite agli atti del processo, una serie di documenti che dimostrano la incompletezza della domanda. In particolare, nella nota indicata con la data 12 aprile 1991 risultano una serie di rilevanti documenti che avrebbero dovuti essere consegnati. Né rileva la mera contestazione in ordine alla mancanza di data certa di tale nota ovvero alla mancata della sua conoscenza, in quanto, a prescindere dalla correttezza di tali affermazioni, quello che rileva è la oggettiva incompletezza della domanda per ritenere che non si sia formato il silenzio assenso.
9.? Con un terzo e quarto motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui è stata rigettata la domanda di accertamento di conformità sul presupposto che tale domanda sia stata presentata da chi non è legittimato perché non proprietario.
In particolare, l’appellante ha dedotto che la Parrocchia ha venduto l’immobile al Comune in violazione del diritto di prelazione dell’appellante stesso, che ha proposto, nel 2013, un giudizio civile innanzi al Tribunale di Lamezia Terme per ottenere il riconoscimento di tale diritto. Ne consegue che il primo giudice avrebbe dovuto sospendere, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., il giudizio amministrativo. Sotto altro aspetto, si deduce che l’appellante sarebbe titolare di un diritto di superficie sin dal 2011, regolarmente trascritto presso l’Agenzia del Territorio.
Il motivo non è fondato.
Con riguardo al diritto di prelazione, l’art. 295 prevede che “il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.
Nel caso di specie, a prescindere dalla questione temporale relativa al rapporto tra data degli atti impugnati e data di proposizione del giudizio civile, non sussistono i presupposti per la sospensione del processo, in quanto la questione pregiudiziale è stata prospettata in modo generico senza fornire i dati puntuali necessari per accertare l’effettiva sussistenza di un rapporto di necessaria pregiudizialità . In particolare, non risulta: i) come rilevato dalla difesa del Comune, una identità tra l’area oggetto di vendita e quella in esame; ii) la natura stessa della prelazione, se legale o convenzionale, e quali siano i presupposti che ne legittimano l’esercizio. Non sussistono, pertanto, i presupposti per sospendere questo giudizio in attesa della definizione di un giudizio civile dalla incerta incidenza sugli esiti di quello in esame.
Con riguardo al diritto di superficie, anch’esso è genericamente dedotto. Da quanto esposto nell’atto di appello sembra che si faccia riferimento ad un diritto di superficie costituito mediante una dichiarazione unilaterale, trascritta, dello stesso appellante. Il diritto di superficie si può costituire con contratto ovvero mediante una specifica previsione di legge (cfr. art. 952 cod. civ.). Nella specie, non sarebbe presente nessuna delle due modalità di costituzione di tale diritto, con la conseguenza che l’atto richiamato dall’appellante non può avere giuridica rilevanza ai fini della dimostrazione della titolarità di un diritto reale sul bene in esame.
10.? Con un quinto motivo, si è dedotto l’erroneità della sentenza n. 887 del 2014 nella parte in cui non ha ritenuto illegittima l’adozione di una ordinanza di demolizione per avere la stessa perso efficacia a seguito della presentazione della domanda di accertamento di conformità .
Il motivo non è fondato.
Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che la proposizione della domanda di accertamento di conformità “priva temporaneamente (id est, per il tempo legalmente stabilito di definizione della relativa procedura) di efficacia l’ordinanza di demolizione; tale efficacia, spirato il termine legale di definizione dell’istanza, che opera in termini sospensivi, viene riacquistata successivamente all’eventuale rigetto, espresso o tacito, della suddetta domanda. Soltanto a seguito della definizione della procedura di sanatoria sussiste un obbligo del Comune di concludere il procedimento sanzionatorio, portando ad esecuzione l’ordinanza di demolizione che, in ipotesi, ha ripreso a produrre effetti” (Cons.Stato, sez. VI, 5 luglio 2017, n. 3308).
Ne consegue, in applicazione di tali regole, che, definita nel senso del rigetto la domanda di accertamento di conformità, riacquista efficacia l’ordine di demolizione.
11.? In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, l’appello è : i) in parte fondato, dovendo essere annullati gli atti impugnati in primo grado che hanno ordinato la demolizione del fabbricato indicato nella relazione tecnica come “Corpo A”, con acquisizione della relativa area; ii) in parte infondato nella parte relativa al fabbricato indicato nella relazione tecnica come “Corpo B”.
12.? L’esito del giudizio giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
Le spese della verificazione verranno liquidate con separato decreto a seguito della presentazione di apposita istanza da parte del verificatore. La liquidazione del compenso verrà posta a carico di entrambe le parti del giudizio, nella misura della metà ciascuno.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, riuniti i giudizi:
a) in parte accoglie e in parte rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio;
c) le spese della verificazione tecnica saranno liquidate con separato decreto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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