Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 febbraio 2023| n. 5850.
In materia condominiale i beni che rientrano per presunzione legata alla loro stessa natura
In materia condominiale i beni che rientrano, per presunzione legata alla loro stessa natura, nella proprietà comune sono quelli indicati all’art 1117 c.c., l’esclusione di un determinato bene condominiale dalla proprietà comune deve essere evincibile in maniera chiara ed inequivoca da un titolo che abbia determinato la destinazione in proprietà esclusiva.
Ordinanza|27 febbraio 2023| n. 5850. In materia condominiale i beni che rientrano per presunzione legata alla loro stessa natura
Data udienza 9 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio negli edifici – Parti comuni – Presunzione di comunione – Superamento – Titolo contrario – Cose destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari – Operatività presunzione – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 5409/2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), E (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), E (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), E (OMISSIS), (IN PROPRIO E QUALI EREDI DI (OMISSIS)), (OMISSIS), (IN QUALITA’ DI EREDE UNIVERSALE DI (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS) NONCHE’ (OMISSIS), IN PROPRIO E IN QUALITA’ DI AMMINISTRATORE UNICO E LEGALE RAPPRESENTANTE DELL’IMMOBILIARE (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4542/2017 della Corte d’Appello di Roma, depositata in data 7.7.2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9.1.2023 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4542/2017 resa pubblica il 7.7.2017, ha respinto il gravame proposto da Gambino (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado (la n. 12283/2008 del locale Tribunale) che, in accoglimento della domanda proposta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest’ultima in proprio e quale amministratore unico della Immobiliare (OMISSIS)), nonche’ da (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva dichiarato la proprieta’ condominiale del lastrico di copertura dell’edificio di (OMISSIS).
Secondo la Corte territoriale, l’atto di donazione a rogito del notaio (OMISSIS) del 1.5.1944, che aveva dato origine alla situazione di condominialita’, non conteneva elementi certi ed univoci per ritenere superata la presunzione di cui all’articolo 1117 c.c., con riferimento al lastrico di copertura.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione i (OMISSIS) sulla base di due motivi, contrastati con controricorso da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (in proprio e quali eredi di (OMISSIS)), (OMISSIS) (in qualita’ di erede universale di (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di A.U. e legale rappresentante dell’Immobiliare (OMISSIS) Societa’ Semplice.
In prossimita’ dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie.
In materia condominiale i beni che rientrano per presunzione legata alla loro stessa natura
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 Col primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1362, 1363, 1365, 1367, 1371 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata, pur avendo correttamene individuato il titolo di costituzione della proprieta’ comune nella donazione del 1.5.1944 (con cui (OMISSIS) in (OMISSIS) aveva attribuito la proprieta’ di alcuni appartamenti ai figli regolando espressamente la proprieta’ delle parti comuni con una specifica previsione) ha errato nel ritenere che non sussistessero elementi certi ed univoci per superare la presunzione di condominialita’ del lastrico solare, sebbene esso non fosse compreso nell’elenco delle parti comuni dell’edificio contenuto nell’atto di donazione e richiama al riguardo un precedente del 1998 (Cass. n. 5948/1998). Evidenziano che nell’analitica descrizione dei beni assegnati in proprieta’ comune non e’ compreso il lastrico e cio’, a loro avviso, rappresenta un elemento certo ed univoco per ritenere superata la presunzione di condominialita’ del lastrico solare posta dall’articolo 1117 c.c.. Rilevano che la conclusione a cui e’ pervenuta la Corte d’Appello rappresenta anche una violazione dei principi sull’interpretazione dei contratti ed in particolare di quello basato sull’intenzione dei contraenti, considerata anche l’utilita’ derivante per la proprieta’ dall’uso del lastrico in via esclusiva, posto che la stessa donante si era riservata la proprieta’ del piano attico e superattico. Richiamano anche la previsione del regolamento condominiale, che tra le parti comuni non contempla il lastrico. Altro errore consiste, sempre ad avviso dei ricorrenti, nell’avere privato di qualsiasi senso la clausola attributiva delle proprieta’ comune, in violazione dell’articolo 1367 (conservazione del contratto) perche’ se gia’ esiste la previsione dell’articolo 1117, per l’indicazione delle parti destinate all’uso comune, non avrebbe avuto nessun senso l’ulteriore richiamo sempre a titolo esemplificativo. Ancora, rilevano che nel dubbio la clausola avrebbe dovuto interpretarsi, ai sensi dell’articolo 1371 c.c., nel senso meno gravoso per l’obbligato.
1.2 Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli articoli 773, 1100, 1117 e articolo 1350 c.p.c., n. 3 (articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5), rimproverando alla Corte d’Appello di avere fatto erronea applicazione della disciplina della comunione, della donazione e del condominio negli edifici. Dopo aver illustrato la distinzione tra comunione convenzionale e incidentale, i ricorrenti osservano che nel caso in esame la clausola di attribuzione delle parti comuni integrava un contratto di costituzione di comunione volontaria con conseguente esclusione della applicabilita’ della comunione incidentale delle parti dell’edificio di cui all’elenco dell’articolo 1117 c.c.. Ulteriore conseguenza e’ che per effetto della donazione sono cadute in comunione solo le parti dell’edificio indicate nella previsione contrattuale costitutiva della comunione, mentre il lastrico solare, non compreso nelle parti di edificio oggetto di comunione volontaria e’ rimasto di esclusiva proprieta’ della donante. La sentenza quindi – ad avviso dei ricorrenti – ha erroneamente ritenuto operante la comunione incidentale di cui all’articolo 1117 c.c., sul lastrico solare, in presenza di un contratto costitutivo di comunione volontaria di alcune soltanto delle parti dell’edificio.
In materia condominiale i beni che rientrano per presunzione legata alla loro stessa natura
2 Le due censure – che ben si prestano ad esame unitario per la stretta connessione al tema della individuazione delle parti comuni dell’edificio – sono infondate.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di condominio negli edifici, l’individuazione delle parti comuni, come le terrazze di copertura, risultante dall’articolo 1117 c.c. – il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria – puo’ essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o piu’ unita’ immobiliari (tra le varie, Sez. 2, Ordinanza n. 8593 del 2022; Cass. Sez. U., Sentenza n. 7449 del 07/07/1993, Rv. 483033; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24189 del 08/09/2021, Rv. 662169).
L’articolo 1117 c.c., dunque, non introduce una presunzione di appartenenza comune di determinati beni a tutti i condomini, ma fissa un criterio di attribuzione della proprieta’ del bene (“Sono oggetto di proprieta’ comune….”), che e’ suscettibile di essere superato mediante la produzione di un titolo che dimostri la proprieta’ esclusiva di quel bene in capo ad un condomino, o a terzi, ovvero attraverso la dimostrazione che, per le sue caratteristiche strutturali, la res sia materialmente asservita a beneficio esclusivo di una o piu’ unita’ immobiliari.
In relazione ai lastrici, in particolare, si e’ ritenuto che in tema di condominio degli edifici, qualora non intervenga una volonta’ derogatoria degli interessati sul regime di appartenenza, i beni e i servizi elencati dall’articolo 1117 c.c., in virtu’ della relazione di accessorieta’ o di collegamento strumentale con le singole unita’ immobiliari, sono attribuiti ex lege in proprieta’ comune per effetto dell’acquisto della proprieta’ dei piani o porzioni di piano; pertanto, il lastrico solare e’ oggetto di proprieta’ comune se il contrario non risulta dal titolo, per tale intendendosi gli atti di acquisto delle altre unita’ immobiliari nonche’ il regolamento di condominio accettato dai singoli condomini (Sez. 2, Ordinanza n. 8593 del 2022 cit; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13279 del 16/07/2004, Rv. 574665; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27363 del 08/10/2021, Rv. 662361).
E’ stato precisato in giurisprudenza che l’individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall’articolo 1117 c.c., ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o piu’ unita’ immobiliari, puo’ essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 21440 del 06/07/2022 Rv. 665175; Sez. 2, Sentenza n. 4060 del 07/04/1995 Rv. 491690).
La giurisprudenza di questa Corte richiede, per escludere la previsione di condominialita’ di cui all’articolo 1117 c.c., una espressa riserva di proprieta’ nel titolo originario di costituzione del condominio (cfr. ad esempio, in tema di cortili, Sez. 2, Ordinanza n. 7885 del 2021; Sez. 2 -, Sentenza n. 16070 del 14/06/2019 Rv. 654086; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18796 del 10/09/2020 Rv. 659217; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5831 del 08/03/2017 Rv. 643173, ma a regola vale ovviamente anche per gli altri beni indicati nell’articolo 1117 c.c.).
Il lastrico, in definitiva, assolve alla primaria funzione di copertura dell’edificio e rientra dunque nel novero delle parti comuni, salva la prova contraria che, pero’, deve essere fornita in modo chiaro ed univoco, attraverso una espressa riserva di proprieta’.
Nel caso in esame, e’ pacifico che il titolo da cui e’ nato il condominio nell’edificio di (OMISSIS) e’ rappresentato dalla donazione per notaio (OMISSIS) del 1944 con cui (OMISSIS) provvide a frazionare l’immobile attribuendo ai suoi quattro figli i vari piani.
Ebbene, la Corte d’Appello ha ritenuto non superata la natura condominiale del lastrico di copertura sulla scorta di una serie di argomentazioni, prima tra tutte quella fondata sulla considerazione che il titolo (la citata donazione del 1944) non conteneva alcun elemento certo e univoco che consentisse di superare la presunzione posta dall’articolo 1117 c.c., perche’ il mancato inserimento del lastrico nell’elenco delle parti rimaste in proprieta’ comune ai donatari e alla donante trovava una ragionevole giustificazione nel fatto, evidenziato dal CT di parte convenuta, che all’epoca il lastrico non fosse ancora accessibile attraverso la botola con scaletta di accesso (realizzata solo successivamente) e non fosse ancora presente su di esso il locale cassoni, la cui futura realizzazione e la destinazione di esso a servizio di tutte le unita’ anche attraverso la botola con scala interna rafforzava il convincimento – ai sensi dell’articolo 1362 c.c., comma 2 – riguardo alla inesistenza di una comune intenzione delle parti di riservare il lastrico in proprieta’ esclusiva (cfr. sentenza impugnata pag. 5).
In materia condominiale i beni che rientrano per presunzione legata alla loro stessa natura
Un tale percorso argomentativo, suffragato anche dalle altre considerazioni svolte a pagg. 5 e ss. della sentenza, si rivela del tutto coerente dal punto di vista logico e come tale non sindacabile in questa sede, posto che – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – l’indagine diretta a stabilire, attraverso l’interpretazione dei titoli d’acquisto, se sia o meno applicabile, ad un determinato bene, la presunzione di comproprieta’ di cui all’articolo 1117 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto spettante alle prerogative esclusive del giudice di merito, rimanendo incensurabile in sede di legittimita’ se non per eventuali vizi di motivazione della sentenza (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9227 del 2017; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 40 del 07/01/1978; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3084 del 03/09/1976).
Il ricorso, pur prospettando una violazione delle disposizioni di legge, in realta’ contesta il convincimento del giudice in merito sulla natura condominiale del bene controverso, e – a ben vedere – propone la tesi secondo cui, qualora il titolo contenga una attribuzione in proprieta’ comune di una serie beni gia’ rientranti letteralmente o funzionalmente nella previsione dell’articolo 1117 c.c., gli altri beni pure indicati come beni comuni nella norma codicistica, sol perche’ non compresi nell’elencazione fatta nel titolo, devono intendersi, nel silenzio, come di proprieta’ esclusiva: ma questa tesi, seguita solo da qualche precedente rimasto isolato (Sez. 2, Sentenza n. 5948 del 15/06/1998 Rv. 516470) non coincide con la previsione della norma in esame e con la costante giurisprudenza di legittimita’: del resto, come gia’ da tempo questa Corte ebbe ad affermare, il silenzio del titolo, in se’ considerato, non puo’ ritenersi idoneo a vincere la presunzione iuris tantum, di proprieta’ comune sancita dalla legge (articolo 1117 c.c.), che appunto in tale silenzio trova, di norma, il suo fondamento e la sua ragione di essere. Ne, in mancanza di detti chiari ed univoci elementi, la presunzione posta dalla legge puo’ considerarsi vinta per il solo fatto della non menzione del determinato bene comune, che il singolo condomino asserisce essere di sua proprieta’ esclusiva, nella elencazione di altre cose comuni contenuta nel titolo (Sez. 2, Sentenza n. 1098 del 09/05/1961; Sez. 2, Sentenza n. 2047 del 23/07/1963).
Infine – ed il rilievo tronca ogni ulteriore discussione – per sottrarsi al sindacato di legittimita’, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (tra le tante, v. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009 Rv. 610944; Sez. 1 -, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017 Rv. 646063).
In conclusione, il ricorso va respinto, con inevitabile addebito di spese a carico dei soccombenti.
Sussistono le condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro. 5.200,00, di cui Euro. 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%. Sussistono a carico dei ricorrenti i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
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