In caso di mandato valido “per ogni stato e grado” del processo

Consiglio di Stato, Sentenza|12 aprile 2021| n. 2959.

In caso di mandato valido “per ogni stato e grado” del processo conferito dai genitori esercenti la potestà di un minore, il fatto che quest’ultimo in corso di causa abbia raggiunto la maggiore età, in mancanza di formale notificazione o comunicazione dell’evento da parte dello stesso procuratore, non fa né venir meno lo jus postulandi né subentrare il minore divenuto maggiorenne ai genitori esercenti la potestà; ciò in quanto l’evento in questione determina il venir meno della capacità processuale della parte originaria, e quindi integra un evento interruttivo che deve seguire la disciplina processuale.

Sentenza|12 aprile 2021| n. 2959

Data udienza 24 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Procura alle liti – Mandato valido

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2093 del 2020, proposto dalla signora Al. Di Te., rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Sc. e Lu. Sc., con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sa. An. Na. in Roma, via (…),
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ma., con domicilio digitale come da registri di Giustizia,
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5590 del 2019 del 6 agosto 2019.
Visti il ricorso i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 176, il consigliere Emanuela Loria e nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il presente ricorso è richiesta la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5590/2019, pubblicata il 6 agosto 2019, con la quale è stato accolto l’appello del Comune di (omissis) avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio, sezione di Latina, n. 411 del 9 maggio 2013, che aveva accolto il ricorso proposto dai signori Ra. Di Te. e An. Gu. per l’annullamento dell’ordinanza del Comune di (omissis) n. 24 prot. 4407 del 26 gennaio 2012, nella parte in cui ha ad oggetto i beni di proprietà della minore signora Al. Di Te., acquistati per il tramite della curatrice speciale su autorizzazione del giudice tutelare.
L’ordinanza comunale impugnata in prime cure ha disposto la sospensione dei lavori e il divieto di disporre dei suoli e delle opere eseguite in relazione all’area industriale ex AVIR ai sensi dell’art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 23 della l. r. del Lazio n. 15 del 2008.
1.1. Il T.A.R. per il Lazio, sezione di Latina, con la sentenza n. 411 del 2013, depositata in segreteria il 9 maggio 2013, ha accolto il ricorso e per l’effetto ha annullato l’ordinanza del Comune di (omissis) n. 24 prot. 4407 del 26 gennaio 2012, nella parte in cui ha ad oggetto i beni di proprietà della minore Di Te. Al..
1.2. Avverso la sentenza del T.A.R., Sezione staccata di Latina n. 411 del 9 maggio 2013 il Comune di (omissis) proponeva appello, inscritto in R.G. 571/2014, al Consiglio di Stato, deducendo i seguenti motivi:
I. il primo giudice avrebbe errato nel ritenere l’insussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo;
II. il primo giudice avrebbe errato nel ritenere l’insussistenza della lottizzazione sotto il profilo soggettivo, in ragione della (erroneamente) ritenuta buona fede della parte privata;
III. il primo giudice avrebbe errato nel valutare viziato il provvedimento in considerazione della mancata valutazione della memoria partecipativa.
1.3. Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza n. 5590/2019, ha accolto in parte l’appello dell’Amministrazione e, in riforma della sentenza impugnata, ha accolto il ricorso di primo grado con riferimento alla particella di cui al foglio n. (omissis), particella n. (omissis), sub (omissis) (area scoperta di mq. 118), mentre ha respinto l’appello con riferimento alla particella di cui al foglio n. (omissis), particella n. (omissis) sub (omissis) (area scoperta di mq. 21).
2. Con il presente ricorso per revocazione la signora Al. Di Te., divenuta maggiorenne il 24 maggio 2013, quindi antecedentemente rispetto alla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5590/2019 del 6 agosto 2019, deduce che in relazione alla stessa sussistono le cause di revocazione di cui all’art. 395, punti 1 e 4, c.p.c.
2.1. Con un primo motivo (pagg. 28, 29) la ricorrente deduce l’errore di fatto della sentenza gravata; tale errore consisterebbe “nell’omesso rilievo, da parte del giudice d’appello, del difetto di notifica del ricorso in appello (non sanato) a cui avrebbe dovuto seguire la declaratoria di inammissibilità del ricorso in appello, ma comunque e in ogni modo il difetto di notifica, in conformità della giurisprudenza del Consiglio di Stato, si configurerebbe come errore di fatto che comporta la rescissione della sentenza impugnata e la nuova celebrazione del giudizio di appello, contraddittorio integro, così consentendo anche alla parte già ingiustamente pretermessa l’inviolabile esercizio del diritto di difesa”.
2.2. La sentenza sarebbe inoltre da revocare anche perché frutto di un errore di fatto in ordine alla mancata considerazione da parte del giudice di taluni atti e documenti della causa (art. 395, n. 4, c.p.c.), prodotti in giudizio e che si assume non essere stati esaminati: in particolare, il giudice d’appello non avrebbe esaminato le variazioni catastali e i tipi di frazionamento relativi al periodo intercorrente dal 24 maggio 2004 fino al 20 maggio 2010, ma avrebbe considerato esclusivamente la nota riassuntiva da cui risulterebbe che i tipi di frazionamento sono stati effettuati in data 2 febbraio 2011 (la nota sarebbe invece il riepi dei frazionamenti avvenuti anteriormente).
Se il giudice avesse esaminato la documentazione prodotta in giudizio si sarebbe reso conto che il frazionamento compilato dal geometra e approvato dall’Agenzia del territorio relativo al distacco della particella n. (omissis) con la creazione del sub (omissis) di mq. 118 come pertinenza dell’appartamento della parte privata è avvenuto in una data in cui la stessa parte non poteva aver operato la compartecipazione alla lottizzazione abusiva della GA. S.r.l.
Ana discorso riguarda anche gli altri documenti depositati in giudizio dall’appellata: sostiene la ricorrente che se il giudice d’appello avesse esaminato i detti documenti si sarebbe accorto che il tipo di frazionamento (del 6 maggio 2005) non avrebbe fatto altro che riprodurre e certificare una situazione già esistente a partire dall’anno 1928.
2.3. Con un terzo motivo la ricorrente deduce che la sentenza di appello n. 5590 del 2019 sarebbe, altresì, da revocare anche ai sensi dell’art. 395, n. 1, c.p.c. perché effetto del dolo di una delle parti (il Comune di (omissis)) in danno dell’appellata: con la nota del Comune del 28 settembre 2018, n. 52706, il Comune avrebbe indotto in errore il giudice in ordine alle variazioni catastali relative al compendio acquistato dalla GA. S.r.l. ove afferma che il frazionamento inerente la part. 89 in 22 subalterni era stato effettuato in data 2 febbraio 2011 omettendo di precisare che quel tipo di frazionamento era soltanto il riepi delle variazioni catastali a partire dal 24 maggio 2004 fino al 20 maggio 2010.
Nella predetta nota, non sarebbe riportato e nemmeno menzionato, volutamente e dolosamente, il tipo di frazionamento compilato dal Geometra Aniello Todisco, depositato presso il Comune di (omissis) ai sensi dell’art. 18, comma 5, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in data 6 maggio 2005 ed approvato dalla Agenzia del Territorio Catasto Fabbricati Ufficio Provinciale di Latina, relativo al distacco dalla particella 89 con la creazione del subalterno 8 di mq. 118 come pertinenza esclusiva dell’appartamento sito al piano terra di proprietà dell’appellata.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), rilevando:
I. in punto di difetto di notifica della sentenza d’appello alla minore diventata nelle more maggiorenne, non si tratterebbe di un motivo di revocazione valendo il principio di ultrattività del mandato alle liti (cfr. ord. Corte cass., Sez. VI civ., 21 novembre 2018, n. 30009); inoltre, nel caso all’esame i genitori si sono costituiti spendendo il nome della minore e senza nulla eccepire sul punto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 2009, n. 1384; sez. VI, 10 settembre 2007, n. 4747); quindi, ogni eventuale difetto di notifica dovrebbe ritenersi sanato;
II. peraltro, la eventuale revocazione per difetto di notifica comporterebbe la necessità comunque di celebrare nuovamente il giudizio d’appello a contraddittorio integro;
III. anche i restanti motivi di revocazione sarebbero infondati: dalla lettura della sentenza del Consiglio di Stato si evince che il giudice ha fondato la propria decisione avendo ben presenti i frazionamenti via via intervenuti e che sono stati sintetizzati nella nota comunale del 28 settembre 2018, depositata in giudizio su richiesta istruttoria del Collegio;
IV. la sentenza chiarisce che non solo ricorrono i presupposti della lottizzazione formale/cartolare ma anche di quella materiale (è stato costruito un muro di recinzione in assenza di autorizzazione), quindi l’elemento del frazionamento cartolare non è un punto decisivo in base al quale la controversia è stata decisa;
V. il motivo relativo al dolo sarebbe inammissibile poiché è irrilevante l’epoca di frazionamento della particella. Peraltro il motivo sarebbe anche infondato poiché la stessa parte ricorrente afferma di avere prodotto in giudizio il precedente frazionamento del 6 maggio 2005, che è stato tuttavia ritenuto irrilevante dal giudice d’appello. Pertanto, non vi è stata alcuna paralisi dell’attività di accertamento del giudice dovuta ad attività fraudolenta costituita da artifici o raggiri di una delle parti.
4. Con deposito del 18 maggio 2020 la ricorrente ha rinunciato alla richiesta cautelare e ha chiesto il rinvio al merito del presente giudizio.
5. Il Comune di (omissis) ha chiesto la discussione della causa, alla quale si è opposta la ricorrente; il Comune ha quindi rinunciato alla domanda di discussione.
La ricorrente ha depositato note scritte in data 25 gennaio 2021.
6. Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla camera di consiglio riconvocata del giorno 4 febbraio 2021.
7. Il primo motivo proposto, afferente al preteso difetto di notifica dell’appello alla minore odierna ricorrente (divenuta maggiorenne dopo il deposito della sentenza di primo grado), è infondato.
La Corte di cassazione ha affermato che, in caso di mandato valido “per ogni stato e grado” del processo conferito dai genitori esercenti la potestà di un minore, il fatto che quest’ultimo in corso di causa abbia raggiunto la maggiore età, in mancanza di formale notificazione o comunicazione dell’evento da parte dello stesso procuratore, non fa né venir meno lo jus postulandi né subentrare il minore divenuto maggiorenne ai genitori esercenti la potestà (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord. 21 novembre 2018, n. 30009); ciò in quanto l’evento in questione determina il venir meno della capacità processuale della parte originaria, e quindi integra un evento interruttivo che deve seguire la disciplina processuale (nell’ordinanza appena citata è richiamata Cass. civ., sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295).
Nel caso di specie, dunque, la sopravvenuta maggior età dell’odierna ricorrente non comportava necessariamente l’inammissibilità dell’appello per vizio di notifica dello stesso, ma al più configurava un evento interruttivo non ritualmente comunicato, il quale quindi non impediva la prosecuzione del giudizio.
La ricorrente richiama un orientamento giurisprudenziale apparentemente contrario: tale elemento risulta comunque inconferente poiché, in ogni caso, non si tratterebbe di errore di fatto revocatorio, ma – semmai – di errore di diritto in ordine alla regolare instaurazione del contraddittorio, e segnatamente alle conseguenze giuridiche della sopravvenuta maggiore età di una parte originariamente presente in giudizio a mezzo di legale rappresentate.
Pertanto, non si ravvisa alcun errore revocatorio da parte della Sezione giudicante.
8. Il secondo e il terzo dei motivi di impugnazione possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione oggettiva poiché riguardano entrambi la pretesa omessa considerazione del frazionamento del 6 maggio 2005 (non richiamato dall’Amministrazione nella propria nota riepilogativa del 28 settembre 2018, trasmessa a seguito di ordine istruttorio della Sezione).
8.1. Essi sono entrambi infondati giacché la documentazione relativa al tipo di frazionamento del 6 maggio 2005 era stata comunque depositata in atti dagli appellanti e non vi è prova che di essa la Sezione non abbia tenuto conto, per cui l’omissione contenuta nella nota del Comune in ogni caso non è dimostrato che abbia avuto alcuna influenza nel percorso decisionale del Collegio.
Inoltre, e ciò che ancor più rileva, dal tenore complessivo della motivazione della sentenza impugnata emerge che la Sezione, nell’ambito di una considerazione dichiaratamente globale delle risultanze processuali, ha considerato irrilevante al fine di escludere la sussistenza della lottizzazione abusiva l’epoca di tutti i frazionamenti catastali eseguiti sul complesso originario, ravvisando inoltre proprio sulla proprietà dell’odierna ricorrente indizi ulteriori anche di lottizzazione “materiale” (realizzazione di un muro di cinta), di modo che, ove anche fosse dimostrato l’omesso esame della documentazione suindicata, non risulterebbe affatto provata la decisività dell’errore ai fini della decisione.
9. Anche il motivo revocatorio relativo al dolo di controparte, sollevato dalla ricorrente ai sensi dell’articolo 395, comma 1, n. 1, c.p.c., è infondato.
Infatti, non sussistono nella specie gli estremi del dolo, atteso che come detto la nota del 28 settembre 2018 è stata depositata dall’Amministrazione su impulso istruttorio della stessa Sezione, e non vi è alcuna prova (specie tenuto conto dei paralleli depositi documentali della parte privata) che l’omissione fosse consapevolmente indirizzata a indurre in errore o in confusione l’organo giudicante.
10. Conclusivamente il ricorso per revocazione è infondato.
11. Le spese di giudizio seguono, come di regola, il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2093/2020, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la signora Al. Di Te. al pagamento delle spese del giudizio di revocazione a favore del Comune di (omissis), che liquida in euro 10.000,00 (diecimila), oltre accessori come per legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato nelle camere di consiglio dei giorni 24 gennaio e 4 febbraio 2021, svoltesi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 176, con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Emanuela Loria – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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