In caso di interruzione del processo

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 14 giugno 2019, n. 15996.

La massima estrapolata:

In caso di interruzione del processo determinata, “ipso iure”, dall’apertura del fallimento ai sensi dell’art. 43, comma 3, l.fall., il termine per la riassunzione del giudizio a carico della parte non colpita dall’evento interruttivo, la quale abbia preso parte al procedimento fallimentare presentando domanda di ammissione allo stato passivo, non decorre dalla legale conoscenza che abbia avuto della pendenza del procedimento concorsuale, ma dal momento in cui essa abbia avuto conoscenza effettiva del procedimento concorsuale, decorrente, in assenza di ulteriori elementi, dal momento in cui sia stata depositata o inviata la domanda di ammissione allo stato passivo.

Sentenza 14 giugno 2019, n. 15996

Data udienza 10 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. PERRINO Angel – Maria

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14059/2013 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale e’ domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), presso il quale e’ domiciliato in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1795/2012 depositata in data 2 aprile 2012;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 gennaio 2019 dal Consigliere Filippo D’Aquino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Kate Tassone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. (OMISSIS) per l’Avvocatura Generale ricorrente.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Dogane ha impugnato in appello la sentenza del Tribunale di Roma in tema di opposizione a ingiunzione L. 24 novembre 1981, n. 689, ex articolo 22, pronunciata in favore di (OMISSIS) SPA (successivamente denominata (OMISSIS) SPA). Nelle more del procedimento di appello, l’appellato (OMISSIS) SPA e’ stato dichiarato fallito con sentenza del Tribunale di Napoli in data 1.10.2008. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 2.04.2012, ha dichiarato estinto il giudizio, rilevando come l’Agenzia delle Dogane avesse notificato ricorso in riassunzione ben oltre il termine di sei mesi di cui all’articolo 305 c.p.c.; la Corte di Appello ha ritenuto che l’Agenzia delle Dogane fosse da oltre sei mesi a conoscenza dell’intervenuta dichiarazione di fallimento, richiamandosi alla pronuncia della Corte Cost. n. 17 del 21 gennaio 2010.
Propone ricorso l’Agenzia delle Dogane con due motivi di ricorso, cui resiste con controricorso il Fallimento, che ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 43, comma 3, come novellato dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, (L. fall.), nonche’ dell’ articolo 300 c.p.c., commi 1 e 2, articolo 305 c.p.c., “nonche’ dei principi in materia di errore scusabile in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, nella parte in cui la sentenza impugnata, pur avendo fatto applicazione del principio della decorrenza dell’evento interruttivo costituito dalla dichiarazione di fallimento non dal verificarsi dell’evento ma dalla sua conoscenza, non ha tenuto conto del fatto che l’interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto della L. Fall., articolo 43, e articoli 300, 305 c.p.c., a termini della sentenza della Corte Cost. del 21 gennaio 2010, n. 17, si e’ consolidata successivamente al verificarsi dell’evento estintivo. Assume il ricorrente sussistere una ipotesi di errore scusabile a causa dell’oggettiva incertezza interpretativa della L.F. in vigore, articolo 43, comma 3. Questa incertezza interpretativa costituirebbe, secondo l’Ufficio ricorrente, il presupposto per invocare l’errore scusabile per essersi verificata la decadenza in forza di una interpretazione formatasi in epoca successiva al momento nel quale si sarebbe dovuto riassumere il giudizio.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione alle medesime disposizioni, nella parte in cui la sentenza impugnata non avrebbe disapplicato le norme processuali di diritto interno, nonostante tali disposizioni impediscano il recupero di un aiuto di Stato, richiamandosi alla sentenza della Corte di Giustizia (Corte Giustizia, 18 luglio 2007, Lucchini). Rileva il ricorrente come la contribuente poi dichiarata fallita avesse percepito contributi comunitari consistenti in restituzioni all’esportazione di prodotti agricoli (pomodori pelati) verso un Paese terzo (Canada), la cui irregolarita’ dei certificati di immissione nel mercato aveva portato ai provvedimenti di recupero dei contributi quale indebito oggettivo.
2.1 – All’esame del primo motivo occorre premettere una breve ricostruzione delle circostanze in fatto, come risultanti dalla sentenza impugnata.
La sentenza della Corte di Appello di Roma impugnata ha dato atto sia dell’intervenuta dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) SPA in data 1.10.2008, sia della proposizione in data 4.12.2008 da parte dell’Agenzia delle Dogane di domanda di ammissione al passivo del Fallimento (OMISSIS) SPA, la cui udienza si e’ poi tenuta in data 10.07.2009, alla quale aveva presenziato un funzionario del suddetto creditore.
L’evento interruttivo della dichiarazione di fallimento, che costituisce evento automatico o ipso iure, si e’ prodotto alla data del 1.10.2008, e cio’ indipendentemente da una pronuncia giudiziale, la quale ha valore meramente dichiarativo (Cass., Sez. III, 19 dicembre 2008, n. 29865; Cass., Sez. III, 20 marzo 2006, n. 6098).
Il termine per la riassunzione del processo ex articolo 305 c.p.c., a tutela della parte non colpita dall’evento interruttivo, e’ stato invece fatto decorrere non dall’evento interruttivo ma dal momento in cui la suddetta parte processuale ne ha avuto effettiva conoscenza. Per quanto manchi nella sentenza impugnata un accertamento del dies a quo di decorrenza della effettiva conoscenza, tale data e’ agevolmente ricavabile (alla luce della sentenza impugnata) quanto meno dalla data di proposizione della domanda di ammissione al passivo (4.12.2008). Ne e’ conseguita, secondo il giudice di appello, l’estinzione del processo, essendo la riassunzione avvenuta con “comparsa di riassunzione del giudizio”, notificata in data 2 – 5.02.2010 successivamente alla scadenza del termine semestrale di cui all’articolo 305 c.p.c., applicabile ratione temporis. La Corte di Appello di Roma ha tenuto conto, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio a cura dell’Agenzia delle Dogane (alla quale il fatto interruttivo non si riferisce), del giorno in cui l’evento interruttivo e’ stato effettivamente conosciuto dalla parte interessata alla riassunzione, richiamandosi a Corte Cost., sent. n. 17 del 21 gennaio 2010.
2.2 – Il Fallimento controricorrente evidenzia, al riguardo, in via preliminare come nessuna istanza di rimessione in termini (a mente dell’allora 184-bis c.p.c., ora articolo 153 c.p.c., comma 2), sia stata chiesta dal ricorrente all’atto della notificazione del ricorso in prosecuzione. Evidenzia, pertanto, come l’omessa istanza di rimessione in termini avrebbe provocato il giudicato sulle ragioni di diritto tali da giustificare la tardiva riassunzione; essendo la rimessione in termini lo strumento processuale attribuito alla parte per ovviare al tardivo compimento di un atto processuale divenuto tardivo per effetto di un (asserito) improvviso mutamento di un indirizzo giurisprudenziale consolidato (c.d. overruling: Cass., Sez. II, 21 dicembre 2012, n. 23836; Cass., Sez. VI, 26 luglio 2011, n. 16365; Cass., Sez. II, 17 giugno 2010, n. 14627, su cui infra 2.7), il motivo dovrebbe essere, a giudizio del controricorrente, rigettato in ogni caso.
2.3 – Ritiene questo collegio preliminare l’esame della questione della decorrenza del termine per la riassunzione a carico della parte non colpita dall’evento dal momento della conoscenza effettiva dell’evento interruttivo medesimo (come ritenuto dalla sentenza impugnata), ovvero, secondo la giurisprudenza richiamata durante la discussione, dal momento in cui sia intervenuta la legale conoscenza dell’evento per la parte non colpita dall’evento interruttivo.
2.3.1 – La Suprema Corte afferma il principio secondo cui, per quanto la dichiarazione di fallimento della parte costituita in giudizio determini l’automatica interruzione del processo L. Fall., ex articolo 43, senza che sia necessaria la dichiarazione dell’evento ad opera della parte colpita dall’evento stesso, il termine per la riassunzione del processo (ad opera della parte non colpita dall’evento) per effetto di questa causa interruttiva “automatica” del giudizio decorre, a termini dell’articolo 305 c.p.c., dalla conoscenza legale della intervenuta sentenza dichiarativa di fallimento. Questa conoscenza legale deve essere acquisita dalla parte non colpita dall’evento per il tramite di una dichiarazione, ovvero di una notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento interruttivo, munita di fede privilegiata o corredata da altro atto avente tale fede, nell’ambito dello specifico giudizio sul quale l’evento medesimo e’ destinato ad operare (Cass., Sez. I, 18 aprile 2018, n. 9578; Cass., Sez. III, 28 dicembre 2016, n. 27165; Cass., Sez. Lav., 16 marzo 2006, n. 5816). Si e’ sottolineato “che la “conoscenza legale” – locuzione che esprime un concetto tecnico giuridico che, generalizzandosi, potrebbe definirsi come un effetto che l’ordinamento giuridico ricollega, in capo ad un soggetto, al verificarsi di un evento o di specifiche circostanze puo’ dirsi realizzatasi, quanto all’evento che determina l’interruzione di un giudizio, esclusivamente in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento medesimo, assistita da fede privilegiata (cfr. Cass. n. 5650 del 2013; Cass. n. 6331 del 2013; Cass. 6 27165 del 2016; Cass. n. 3085 del 2010; Cass. n. 6348 del 2007), essendo insufficiente la conoscenza altrimenti acquisita dalla parte, sicche’ quella locuzione, come e’ palese, attribuisce rilievo non solo al mezzo di diffusione della notizia, ma anche alla fonte dalla quale essa proviene” (Cass., n. 9578/18, cit.).
L’accertamento della conoscenza legale dell’evento si traduce, pertanto, in un giudizio sulla attendibilita’ della fonte attraverso la quale la notizia dell’intervenuta dichiarazione di fallimento giunge a conoscenza della parte estranea all’evento interruttivo.
2.3.2 – Sicche’ non e’ stata ritenuta equipollente a una dichiarazione munita di fede privilegiata la notifica della citazione effettuata direttamente alla curatela quale elemento indiziario della conoscenza dell’evento interruttivo (Cass., Sez. VI, 9 aprile 2018, n. 8640), come neanche la comunicazione effettuata dal curatore si sensi della L. Fall., articolo 92, salvo che sia indirizzata al difensore della parte processuale, che contenga esplicito riferimento alla lite pendente ed interrotta e che sia corredata da copia autentica della sentenza di fallimento (Cass., Sez. III, 30 novembre 2018, n. 31010), ne’ il fatto che la circostanza venga appresa dalla parte interessata alla prosecuzione del giudizio a mezzo di procuratore diverso da quello che assiste la parte nel processo in cui l’evento medesimo era destinato a produrre effetti (Cass., Sez. III, 15 marzo 2018, n. 6398).
2.4 – Ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione per la parte non colpita dall’evento interruttivo occorre, tuttavia, distinguere la parte che sia rimasta del tutto estranea rispetto al procedimento di liquidazione concorsuale apertosi, rispetto alla parte processuale che, invece, abbia successivamente preso parte (nelle more del giudizio ordinario) al medesimo procedimento concorsuale.
L’esigenza della tutela del soggetto non colpito dall’evento interruttivo, che non puo’ decorrere dall’evento stesso ma dalla conoscenza “legale” dell’evento stesso, deve considerarsi piena anche con riguardo alla fonte privilegiata attraverso la quale la medesima parte viene a conoscenza dell’evento – per il soggetto che mai abbia preso parte al procedimento liquidatorio concorsuale. Per costui opera pienamente il principio, ripetutamente enunciato dalla Corte costituzionale (Corte costituzionale n. 17/2010, cit.), secondo cui la decorrenza ipso iure del termine interruttivo non puo’ danneggiare la parte che non ha acquisito la conoscenza dell’evento, conoscenza che in questo caso deve provenire da una fonte privilegiata e non puo’ essere ricavata aliunde o, comunque, da circostanze di mero fatto (notizie di stampa o comunicazioni informali).
2.5 – Diversa e’, invece, la posizione della parte processuale, controparte del fallito in un giudizio incardinato prima della dichiarazione di fallimento, che abbia preso parte al procedimento prefallimentare, posto che il creditore istante per il fallimento prende conoscenza della dichiarazione di fallimento dalla comunicazione della sentenza che definisce il procedimento.
Ma altrettanto differente e’ la posizione della controparte del fallito che abbia preso parte al procedimento concorsuale formulando domanda di ammissione al passivo, rispetto alla quale la formale comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento diviene irrilevante nel momento in cui la controparte del fallito, per quanto terzo rispetto al procedimento prefallimentare, prenda parte al procedimento fallimentare con la domanda di ammissione allo stato passivo.
2.5.1 – Questa irrilevanza della legale conoscenza della intervenuta dichiarazione di fallimento per i terzi che non siano stati parti del procedimento per la dichiarazione di fallimento e’ ricavabile in primo luogo da natura e funzione della comunicazione ai creditori da parte del curatore della sentenza dichiarativa di fallimento.
Il creditore del fallito riceve formale conoscenza della pendenza dell’apertura del procedimento concorsuale dalla comunicazione formale che il curatore del fallimento gli invia a termini della L. Fall., articolo 92. Tale comunicazione viene inviata sulla base degli elenchi che il curatore redige a termini della L. Fall., articolo 89, a loro volta desunti non solo sulla base delle scritture contabili del fallito, ma anche da qualunque altra fonte informativa, posto che le scritture contabili possono essere state smarrite, sottratte o anche solo incomplete (L. Fall., articoli 89, 92). Per il curatore del fallimento rileva, pertanto, ai fini dell’invio della comunicazione, anche la conoscenza di mero fatto circa l’esistenza di un rapporto obbligatorio facente capo al fallito.
Questa comunicazione non e’, peraltro, indispensabile ai fini della partecipazione al concorso formale per alcuni terzi rispetto al procedimento per la dichiarazione di fallimento, i quali vengono a conoscenza del fallimento aliunde per il fatto che viene comunicata loro la dichiarazione di fallimento (es. Ufficio del Registro a termini Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, articolo 29, conv. con L. 30 luglio 2010, n. 122 e, a cascata, creditori istituzionali).
Tutti gli altri creditori possono, in ogni caso, depositare domanda di ammissione allo stato passivo (come anche domanda L. Fall., ex articolo 103, volta ad opporre diritti su beni inventariati) indipendentemente dalla comunicazione formale del curatore, sulla base di informazioni indirette (es. declaratoria di improcedibilita’ del procedimento prefallimentare successivamente incardinato dichiarato improcedibile per precedente dichiarazione di fallimento), ovvero per notizie di mero fatto acquisite aliunde.
In proposito e’ importante osservare come l’omessa comunicazione formale della pendenza del procedimento liquidatorio concorsuale, per quanto giustifichi la proposizione di domande “ultratardive” oltre il termine di cui alla L. Fall., articolo 101, u.c., come anche il diritto del creditore incolpevolmente tardivo a prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni (L.F. articolo 112), puo’ essere considerata irrilevante per effetto della conoscenza di mero fatto che il creditore abbia avuto della intervenuta dichiarazione di fallimento. E’, difatti, consolidato l’orientamento nella giurisprudenza di legittimita’ secondo cui l’imputabilita’ del ritardo del creditore che non sia stato specificamente avvisato dal curatore L. Fall., ex articolo 92, puo’ essere anche ricavata dal fatto che il creditore abbia avuto notizia aliunde, indipendentemente dalla “legale conoscenza” costituita dalla ricezione dell’avviso di cui alla L. Fall., articolo 92, (Cass., Sez. I, 19 giugno 2018, n. 16103; Cass., Sez. I, 13 novembre 2015, n. 23302).
Nel consegue che, ai fini della partecipazione al procedimento fallimentare, la comunicazione privilegiata proveniente dal curatore L. Fall., ex articolo 92, inviata dal curatore anche sulla base di informazioni a loro volta non di fonte privilegiata, non e’ strumento, ne’ presupposto esclusivo ne’ per prendere parte al procedimento, ne’ per essere legalmente a conoscenza dello stesso.
Se, pertanto, per la partecipazione al procedimento, come anche per la conoscenza legale della pendenza del procedimento ai fini della partecipazione al concorso, non costituisce presupposto indefettibile la comunicazione formale da parte del curatore dell’intervenuta sentenza dichiarativa di fallimento con l’invito a formulare domanda di ammissione al passivo (sicuramente comunicazione proveniente da una fonte privilegiata quale il curatore del fallimento), a maggior ragione non puo’ avere alcun rilievo per quella stessa parte – successivamente al deposito o all’invio della domanda di partecipazione al concorso formale (e, quindi, successivamente alla intervenuta conoscenza della pendenza del procedimento) – una formale comunicazione ex post della sentenza dichiarativa di fallimento ad altri fini (es. ai fini dell’interruzione di un giudizio pendente), perche’ superata dalla partecipazione al procedimento concorsuale.
2.5.2 – La diversita’ tra terzo estraneo al procedimento concorsuale e creditore del procedimento concorsuale e’ evidenziata anche dalla natura della domanda di ammissione al passivo (o di rivendica).
Il terzo (gia’ controparte del fallito in un giudizio precedentemente incardinato ed estraneo al procedimento fallimentare dichiarato medio tempore), con la domanda di ammissione allo stato passivo propone nei confronti della massa (e non piu’, quindi, nei confronti del fallito) una domanda giudiziale (L. Fall., articolo 94). Questa domanda e’ idonea a interrompere i termini prescrizionali ai fini del concorso formale, non diversamente dall’atto di intervento in una procedura espropriativa, consentendogli di affermarsi creditore concorsuale. Il terzo non puo’, pertanto, piu’ considerarsi terzo estraneo al procedimento concorsuale, in quanto viene a prospettare la sua posizione giuridica di creditore (come di terzo rivendicante) e, conseguentemente, il medesimo terzo, in quanto asserito creditore, non puo’ piu’ invocare a propria tutela nel procedimento extraconcorsuale pendente (gia’ incardinato nei confronti del fallito) l’esigenza della conoscenza “legale” del procedimento fallimentare con atto di fede privilegiata, in quanto esigenza superata dalla partecipazione al procedimento concorsuale stesso.
2.5.3 – Si osserva, infine, come la stessa Corte costituzionale, con la “tata sentenza n. 17/2010, ha valorizzato l’osservazione del giudice rimettente, che distingueva, da un lato, la parte del procedimento ordinario non colpita dell’evento interruttivo che non potesse qualificarsi creditore (in quanto estranea al procedimento per la dichiarazione di fallimento), dalla parte processuale che invece potesse qualificarsi come creditore.
Analogamente, anche le precedenti pronunce del Giudice delle leggi hanno affermato l’incostituzionalita’ dell’articolo 305 c.p.c., nella parte in cui, facendo decorrere il termine per la riassunzione (per quello che interessa in questa sede) dal verificarsi dall’evento anziche’ dalla conoscenza dello stesso, hanno valorizzato l’inesistenza di una presunzione iuris et de iure di conoscenza dell’evento interruttivo, come anche di un onere di conoscenza dello stesso a carico della parte non colpita dall’evento (Corte Cost., 15 dicembre 1967, n. 139; 6 luglio 1971, n. 159; 19 febbraio 1976, n. 36), evitando alla parte non colpita dall’evento di farsi carico “indagini (…) non facili e onerose” (Corte Cost., 6 luglio 1070, n. 34), non distinguendo tra conoscenza legale e conoscenza di mero fatto.
2.6 – La parte che deve essere tutelata al fine della decorrenza del termine per la riassunzione dalla ricezione di una dichiarazione o comunicazione della dichiarazione di fallimento, fornita di fede privilegiata e’, quindi, la parte che nulla sappia della apertura della procedura di fallimento e che, pertanto, non abbia partecipato al procedimento concorsuale, non diversamente dalla parte che non abbia partecipato al precedente procedimento per la dichiarazione di fallimento.
Va, pertanto, affermato il principio di diritto secondo cui il termine per la riassunzione del giudizio, interrotto per intervenuta dichiarazione di fallimento, a carico della parte non colpita dall’evento interruttivo, la quale abbia preso parte al procedimento fallimentare presentando domanda di ammissione allo stato passivo, non decorre dalla legale conoscenza che tale parte abbia avute della pendenza del procedimento concorsuale, ma dal momento in cui essa abbia avuto conoscenza effettiva del procedimento concorsuale, conoscenza che decorre, in assenza di ulteriori elementi, dal momento in cui sia stata depositata o inviata la domanda di ammissione allo stato passivo.
Fatta tale premessa, il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Il ricorrente era effettivamente a conoscenza della intervenuta dichiarazione di fallimento quanto meno dal 4.12.2008, data di presentazione della domanda di ammissione al passivo, per cui da tale data decorreva nei suoi confronti il termine per la riassunzione del procedimento, interrotto alla data di dichiarazione di fallimento.
2.7 – Ne’ puo’ configurarsi errore scusabile (a prescindere dalla preclusione in sede di giudizio di legittimita’ di tale questione, in assenza di tempestiva proposizione davanti al giudice impugnato di istanza di rimessione in termini ex articolo 184-bis c.p.c., ratione temporis applicabile), in quanto la Corte Cost., con la menzionata sentenza n. 17/2010, non ha operato alcun overruling tale da giustificare l’incolpevole affidamento della parte nel precedente (asserito) diverso orientamento giurisprudenziale.
Perche’ si verifichi un mutamento di giurisprudenza improvviso, tale da richiedere una tutela dell’affidamento della parte che ha senza colpa confidato nell’interpretazione precedente, occorre sia l’esistenza di questo consolidato orientamento, sia il suo improvviso mutamento. La piu’ volte citata pronuncia della Corte costituzionale n. 17/2010 non ha mutato l’orientamento che si era gia’ manifestato in giurisprudenza (di legittimita’ come di merito) in materia di interruzione per effetto della dichiarazione di fallimento, come anche nelle altre fattispecie di interruzione automatica del processo. Il giudice delle leggi, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 305 c.p.c., ha ribadito la consolidata giurisprudenza quale “diritto vivente” secondo cui – sulla scorta di precedenti pronunce di incostituzionalita’ dell’articolo 305 c.p.c., in relazione alla decorrenza del termine per la riassunzione nei casi regolati dagli articoli 299, 300 c.p.c., comma 3, e articolo 301 c.p.c., come anche del termine per la riassunzione del processo sospeso ex articolo 297 c.p.c., – “nei casi d’interruzione automatica del processo (articoli 299, 300 c.p.c., comma 3, articolo 301 c.p.c., comma 1), il termine per la riassunzione decorre non gia’ dal giorno in cui l’evento interruttivo e’ accaduto, bensi’ dal giorno in cui esso e’ venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima” (Corte Cost., n. 17/2010, cit.). Principio al quale, secondo il Giudice delle leggi, non si sottrae la L. Fall., articolo 43, come modificato dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, articolo 41, che, pur introducendo un nuovo caso d’interruzione automatica del processo per effetto della dichiarazione di fallimento di una parte, “nulla ha previsto per la riassunzione, sicche’ al riguardo continua a trovare applicazione l’articolo 305 c.p.c., nel testo risultante a seguito delle ricordate pronunzie di questa Corte e del principio di diritto che sulla base di esse si e’ consolidato”. Nessun overruling puo’, pertanto, prospettarsi sulla base della citata sentenza, per cui non potrebbe neanche astrattamente invocarsi processualmente una richiesta di rimessione in termini, come anche un errore scusabile.
Il primo motivo va, pertanto, rigettato.
3 – Il secondo motivo e’ inammissibile.
Il ricorrente non individua per quali motivi l’applicazione dell’articolo 305 c.p.c., con decorrenza dal momento in cui la parte non colpita dall’evento interruttivo ha avuto effettiva conoscenza dell’evento interruttivo, ha l’onere di attivarsi per la riassunzione del processo sarebbe in contrasto con l’ordinamento comunitario. Il merito del giudizio devoluto in sede di impugnazione alla Corte di Appello riguardava effettivamente la percezione indebita di contributi comunitari delle restituzioni all’esportazione erogate dal Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia (FEOGA), ma non e’ stato specificato in che termini l’applicazione costituzionalmente orientata dell’articolo 305 c.p.c., (che, tra l’altro tutela proprio la posizione processuale dell’Agenzia delle Dogane, in quanto non fa decorrere l’evento interruttivo dal suo verificarsi, bensi’ dalla conoscenza dello stesso) si ponga in contrasto con la disciplina dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato. Ne’ pare pertinente il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 18 luglio 2007, Lucchini, la quale si riferisce al caso in cui l’articolo 2909 c.c., impedisce “il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilita’ con il mercato comune e’ stata dichiarata con decisione della Commissione divenuta definitiva”, il che non ricorre nella specie.
Il ricorso va, pertanto, rigettato nel suo complesso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; condanna l’AGENZIA DELLE DOGANE al pagamento delle spese processuali in favore del FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, che liquida in complessivi Euro 13.000,00, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge.

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