Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 25 maggio 2020, n. 15750.
Massima estrapolata:
In caso di giudizio abbreviato, ai fini del riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62, n. 6, cod. pen., la riparazione del danno mediante risarcimento o restituzione deve intervenire prima che sia pronunciata l’ordinanza del giudice di ammissione al rito ex art. 438, comma 4, cod. proc. pen. e non prima dell’inizio della discussione ex art. 421 cod. proc. pen.
Sentenza 25 maggio 2020, n. 15750
Data udienza 16 gennaio 2020
Tag – parola chiave: REATI CONTRO LA PERSONA – DELITTI CONTRO LA LIBERTA’ INDIVIDUALE – VIOLENZA SESSUALE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/04/2019 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere REYNAUD Gianni Filippo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale FILIPPI Paola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 aprile 2019, la Corte d’appello di Genova, giudicando sull’appello proposto dall’odierno ricorrente, ha integralmente confermato la sentenza con cui, all’esito del giudizio abbreviato, il Tribunale di Genova lo aveva ritenuto responsabile dei reati di violenza sessuale, percosse e tentata rapina, ritenendo la continuazione tra gli stessi e condannandolo alle pene di legge con concessione delle circostanze attenuati generiche.
2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo con un unico motivo il vizio di cui all’articolo 606, comma 1, lettera b) – in relazione all’articolo 458 c.p.p. e articolo 62 c.p., n. 6, – con riguardo al rigetto della doglianza volta ad ottenere il riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno. Aveva errato la Corte d’appello a negare l’invocata attenuante sul rilievo che parte della somma versata alla persona offesa a titolo di risarcimento del danno, complessivamente pari a 1.500 Euro, fosse stata corrisposta tardivamente, dopo la pronuncia dell’ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato. Nel caso in cui si proceda con tale rito speciale – reputa il ricorrente, citando conforme giurisprudenza di legittimita’, pur indicata come minoritaria il termine perentorio entro il quale effettuare il risarcimento dovrebbe invece essere individuato nell’inizio della discussione, ovvero, nel caso di giudizio abbreviato condizionato, come nella specie avvenuto, in quello dell’assunzione delle prove integrative. La mera pronuncia di ammissione del rito – si osserva in ricorso – non modica in alcun modo il quadro probatorio e non incide quindi sulla ratio della fattispecie circostanziale, individuata nel premiare la concreta resipiscenza non riconducibile ad un calcolo utilitaristico legato all’andamento del giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nel rigettare la richiesta di applicazione della circostanza attenuante connessa all’integrale riparazione del danno prima del giudizio, il giudice d’appello ha seguito il maggioritario orientamento di questa Corte, secondo cui, nel caso di procedimento definito con giudizio abbreviato, la richiamata circostanza postula che il risarcimento del danno abbia luogo prima che sia pronunziata l’ordinanza prevista dall’articolo 438 c.p.p., comma 4, (Sez. 6, n. 20836 del 13/04/2018, Romano, Rv. 272933; Sez. 2, n. 56935 del 15/11/2017, Sarracino, Rv. 271666; Sez. 4, n. 39512 del 30/04/2014, Palanca, Rv. 261403; Sez. 2, n. 5629 del 13/11/2012, Lucchesi e a., Rv. 254356).
2. Pur consapevole di tale orientamento, il ricorrente richiama invece la linea interpretativa – sostenuta da questa Corte in alcune decisioni – giusta la quale, laddove si proceda nelle forme del giudizio abbreviato, il risarcimento del danno ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, deve avere luogo prima dell’inizio della discussione (Sez. 3, n. 10490 del 19/11/2014, dep. 2015, C., Rv. 262652). Nella motivazione di tale sentenza che richiama il conforme precedente costituito da Sez. 3, n. 5457 del 28/11/2013, dep. 2014 – si muove dal risalente principio secondo cui presupposto indefettibile per la concessione dell’attenuante del risarcimento del danno prevista dall’articolo 62 c.p., n. 6 e’ che tale risarcimento avvenga “prima del giudizio”, vale a dire, qualora si proceda con rito ordinario, in una fase antecedente alle formalita’ di apertura del dibattimento di primo grado, essendo invece oggettivamente preclusa l’applicabilita’ di detta attenuante sulla base di qualsiasi dimostrazione di ravvedimento, pur nel senso previsto dalla norma, ma successivamente all’inizio del giudizio di primo grado, nell’ambito del quale, una volta visto l’andamento del dibattimento, ancor prima della sentenza, l’imputato potrebbe determinarsi, seguendo un calcolo di opportunita’, a risarcire il danno ovvero al comportamento alternativo previsto dalla norma in esame (Sez. 6, n. 897 del 25/11/1993, dep. 1994, Ceglie, Rv. 197360). Muovendo da tale ratio della previsione e dall’interpretazione di essa data nel caso in cui si proceda con rito ordinario, l’orientamento invocato dal ricorrente reputa pertanto non condivisibile una interpretazione che, nel caso di giudizio abbreviato, postuli che il risarcimento debba necessariamente intervenire prima della ordinanza di ammissione al rito. Si argomenta, al proposito, che “tale atto non ha, infatti, alcun significato di ragionevole discriminazione tra manifestazioni dell’imputato di ravvedimento davvero disinteressate e manifestazioni, invece, possibilmente suggerite dallo sfavorevole andamento processuale. Un tale momento deve, invece, ravvisarsi nell’inizio della discussione ex articolo 421 c.p.p., come richiamato dall’articolo 442 c.p.p., posto che solo successivamente a detto inizio possono insorgere elementi predittivi di un epilogo processuale sfavorevole, tali da indurre l’imputato a risarcire il danno allo scopo di ottenere l’attenuante. Al contrario, nessun elemento in tal senso puo’ trarsi dalla mera ammissione al rito abbreviato puro, di per se’ del tutto neutra” (Sez. 3, n. 10490 del 19/11/2014, dep. 2015, C.).
3. Cio’ premesso, reputa il Collegio di dover dare continuita’ al prevalente orientamento citato sub §. 1, sia per le condivisibili ragioni addotte nelle sentenze cola’ richiamate, sia in forza di ulteriori argomenti di cui piu’ oltre si dira’.
Si condivide, innanzitutto, il rilievo secondo cui l’articolo 62 c.p., n. 6, nel fissare un chiaro limite preclusivo entro il quale la condotta riparatoria del responsabile puo’ assumere giuridica rilevanza, non abbia inteso valorizzare (soltanto) il profilo soggettivo connesso alla resipiscenza del soggetto per impedire un uso strumentale dell’istituto nell’ipotesi in cui l’imputato possa rappresentarsi i probabili esiti del giudizio. Uno strumentale utilizzo dell’istituto in tal senso, che tuttavia non impedisce di fruire della riduzione della pena prevista dalla legge, infatti, “ben puo’ evidenziarsi anche quando si trascenda da tale sbarramento processuale, attesa l’applicazione dell’attenuante in esame anche quando la condanna appare, per le ragioni piu’ varie, praticamente certa” (Sez. 6, n. 20836 del 13/04/2018, Romano, in motivazione).
Del resto – si aggiunge nella sentenza appena citata – non risulta neppure conforme alle dinamiche processuali del giudizio abbreviato ritenere che sia possibile spostare in avanti sino alla discussione la riparazione/risarcimento, fondando tale interpretazione estensiva sulla impossibilita’ di effettuare previsioni circa gli esiti del giudizio se non a partire da tale momento. Ed invero, la circostanza che la “decisione e’ assunta sulla base degli atti gia’ a disposizione di tutte le parti e del giudice fa si’ che anche la fase della discussione presenti chiara valenza neutra circa i futuri esiti sulla responsabilita’” (Sez. 6, n. 20836 del 13/04/2018, Romano, in motivazione).
Le argomentazioni che sorreggono la tesi criticata, inoltre, appaiono “poco compatibili con la lettera dell’articolo 62 c.p., n. 6, che ancora l’applicabilita’ dell’attenuante al fatto che l’imputato abbia, “prima del giudizio”, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento o le restituzioni” (Sez. 2, n. 56935 del 15/11/2017, Sarracino, in motivazione).
4. La lettera della legge, infatti, individua quale momento preclusivo per l’utile riparazione valutabile ai fini della diminuzione premiale di pena la fase precedente quella del giudizio. Si tratta – reputa il Collegio – di un limite oggettivo che, in forza delle esigenze di legalita’ e determinatezza che governano la materia penale, e che valgono anche per le circostanza attenuanti (cfr. Sez. 1, n. 884 del 29/11/1994, dep. 1995, Crucilla’, Rv. 200111; Sez. 1, n. 6796 del 07/12/1993, dep. 1994, Pasotti, Rv. 198109), non tollera interpretazioni equivoche le quali, a seconda dei casi, spostino il limite in modo non predeterminabile ed invece dipendente dal contingente andamento del processo.
Se, infatti, l’articolo 62 c.p., n. 6, dovesse essere interpretato in conformita’ alla ratio individuata dal minoritario orientamento invocato dal ricorrente e nel senso da esso ritenuto, nel caso di giudizio abbreviato il limite processuale entro il quale il risarcimento integrale giustificherebbe il riconoscimento della circostanza attenuante sarebbe assolutamente incerto e verrebbe ad assumere i contorni (indefiniti) di una situazione ben diversa da quella che il legislatore ha inteso individuare con il riferimento temporale alla fase che precede il giudizio.
Si consideri, innanzitutto, che il ricorrente invoca quella giurisprudenza benche’ la stessa faccia riferimento – sia pur incidentalmente – al giudizio abbreviato non condizionato all’assunzione di prove e lo fa, pur se nel caso di specie si trattava invece di abbreviato condizionato all’assunzione della testimonianza della persona offesa, sul rilievo che il risarcimento e’ avvenuto bensi’ in corso di giudizio, quasi sei mesi dopo l’ammissione, ma prima che intervenisse l’assunzione della prova, incombente per il quale il processo era stato piu’ volte rinviato. Se si accedesse a questa interpretazione, tuttavia, e’ evidente come non vi sarebbe ragione per non estenderla anche al giudizio dibattimentale, consentendosi, ad es., di valorizzare ai fini in esame il risarcimento del danno intervenuto dopo l’apertura del dibattimento e prima che siano state assunte le prove: conclusione, questa, mai sostenuta da alcuno. Ma anche laddove si escludesse l’applicabilita’ dei principi affermati nella citata sentenza n. 10490/2015 al giudizio abbreviato condizionato – cio’ che peraltro basterebbe per ritenere infondato il ricorso qui esaminato – la tesi continuerebbe a prestare il fianco alle medesime critiche poiche’ l’assunzione di prove (e, dunque, il possibile condizionamento delle scelte dell’imputato in base all’andamento del processo) e’ evenienza che ben puo’ verificarsi anche nel giudizio abbreviato non condizionato, nel quale e’ sempre ammessa l’assunzione di prove ad iniziativa del giudice ai sensi dell’articolo 441 c.p.p., comma 5. In tali casi, pertanto, si dovrebbe introdurre un’ulteriore variabile che, pur nel giudizio abbreviato non condizionato, varrebbe a rendere mobile il momento processuale entro il quale il risarcimento del danno potrebbe sortire effetti ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, che – contro l’interpretazione letterale – dovrebbe pertanto essere letto come riferito a “prima dell’assunzione delle prove”, piuttosto che a “prima del giudizio”.
4.1. Quest’ultimo limite – che nel giudizio abbreviato va pacificamente individuato nel momento della pronuncia dell’ordinanza di ammissione del rito speciale, anche in forza di una decisione delle Sezioni unite di questa Corte pur resa con riguardo alla diversa questione inerente i termini di fase previsti ai fini della durata massima della custodia cautelare (Sez. U, n. 30200 del 28/04/2011, Ohonba, Rv. 250348) – trova, peraltro, una del tutto logica spiegazione se si pone mente alla disciplina dell’esercizio delle facolta’ processuali che nel processo penale spettano al danneggiato dal reato. Ed invero, la costituzione di parte civile – che nel giudizio dibattimentale deve avvenire, a pena di decadenza, prima dell’apertura del dibattimento (articolo 79 c.p.p., commi 1 e 2) – nel giudizio abbreviato, pur potendo intervenire anche immediatamente dopo la pronuncia dell’ordinanza ammissiva del rito, come espressamente consente l’articolo 441 c.p.p., comma 2 (cfr. Sez. 3, n. 27274 del 15/06/2010, F., Rv. 247933; Sez. 5, n. 33356 del 06/06/2008, Bianchi, Rv. 241391), deve tuttavia collocarsi in una fase preliminare allo svolgimento del giudizio e delle attivita’ processuali, anche diverse dalla conclusiva discussione delle parti, che vi si possono svolgere (v. Sez. 2, n. 12608 del 18/02/2015, Pisani, Rv. 262774, che ha ritenuto tardiva la costituzione di parte civile intervenuta, in udienza preliminare, dopo la pronuncia dell’ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, mentre l’imputato stava rendendo dichiarazioni spontanee; Sez. 4, n. 40923 del 30/05/2018, I., Rv. 273927, che ha ritenuto tempestiva la costituzione intervenuta all’udienza immediatamente successiva all’ammissione del giudizio abbreviato condizionato, prima che si procedesse all’assunzione della prova ammessa). Nonostante l’espressa previsione contenuta nell’articolo 441 c.p.p., comma 2, sposti leggermente piu’ avanti il termine finale previsto a pena di decadenza per l’esercizio dell’azione civile nel giudizio abbreviato, dal complesso del sistema normativo emerge una chiara linea di tendenza a che le questioni civilistiche accessorie al processo penale siano definite prima dell’inizio del giudizio e, possibilmente, della stessa costituzione di parte civile. La sostanziale coincidenza dei due momenti processuali fissati per conseguire la diminuzione di pena connessa al risarcimento del danno e per l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, dunque, da un lato sollecita le parti a definire in limine le questioni civilistiche che, se introdotte nel giudizio penale, ne appesantirebbe la trattazione, d’altro lato, anche nell’ottica della ratio individuata dalla tesi qui non condivisa, rafforza la positiva valutazione sulla resipiscenza di chi si determini a riparare l’offesa prima della (ed indipendentemente dalla) avvenuta costituzione di parte civile.
4.2. Da ultimo, val la pena di osservare che la ratio della diminuzione di pena connessa alla circostanza attenuante in parola – che pure ha natura soggettiva quanto agli effetti (v. Sez. 2, n. 21014 del 13/05/2010, Gebbia, Rv. 247121; Sez. 5, n. 996 del 25/02/2000, Fagiuli, Rv. 216459), sicche’ ove un solo concorrente abbia provveduto all’integrale risarcimento del danno non si estende ai compartecipi, a meno che essi non manifestino una concreta e tempestiva volonta’ di riparazione del danno (Sez. U, n. 5941 del 22/01/2009, Pagani e a., Rv. 242215) – non sta soltanto nella resipiscenza, ma anche nel minor disvalore penale di una condotta i cui effetti dannosi siano stati eliminati. Ed invero, e’ stato affermato che la circostanza attenuante del risarcimento del danno, quantunque fondata anche su una valutazione positiva della resipiscenza del colpevole e quindi su una sua minore pericolosita’ sociale, ha altresi’ una componente obbiettiva che si rivela nel tenore letterale della disposizione laddove il termine “interamente”, riferito alla riparazione del danno costituito dal reato dimostra la finalita’ dell’attenuante di assicurare l’eliminazione degli effetti lesivi della condotta (Sez. 1, n. 6490 del 02/02/1998, Bonazzi e aa., Rv. 210758; pongono in luce anche la natura oggettiva, quanto ai contenuti, della circostanza in esame: Sez. 2; n. 12366 del 24/03/2010, Sola, Rv. 246673; Sez. 2, n. 21014 del 13/05/2010, Gebbia, Rv. 247121). Su questo piano, dunque, l’anticipazione, in limine iudicii, del momento satisfattivo del danneggiato non e’ priva di rilevanza e concorre a spiegare la formulazione letterale della norma e la necessita’ di non discostarsi dalla stessa.
Deve conseguentemente ribadirsi il principio secondo cui, nel caso di procedimento definito con rito abbreviato, l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, prima parte, postula che l’integrale riparazione del danno prima del giudizio intervenga non oltre la pronuncia dell’ordinanza prevista dall’articolo 438 c.p.p., comma 4.
5. La decisione assunta con la sentenza impugnata, dunque, e’ certamente corretta e il ricorso va conseguentemente rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone a norma del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, che – a tutela dei diritti o della dignita’ degli interessati – sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale della sentenza, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalita’ e degli altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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