In ambito edilizio la “concessione” gratuita è una figura eccezionale

Consiglio di Stato, Sentenza|14 giugno 2021| n. 4571.

In ambito edilizio la “concessione” gratuita è una figura eccezionale (articolo 17 Dpr n. 380/2001) essendo regola generale quella dell’onerosità del titolo edilizio. La ratio dell’esenzione dettata dall’articolo 17, comma 3, lettera c), in particolare, è finalizzata, da un lato, ad agevoare l’esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarne utilità, dall’altro, ad evitare che il soggetto che interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico interesse (realizzando un’opera che non può, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica) corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dell’opera, atteso che il beneficio dello sgravio si traduce in un abbattimento dei costi a cui corrisponde un minore aggravio di oneri per gli utenti.

Sentenza|14 giugno 2021| n. 4571. In ambito edilizio la “concessione” gratuita è una figura eccezionale

Data udienza 11 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Titolo edilizio – Onerosità – Eccezioni – Concessione gratuita – Beneficio dello sgravio – Effetti – Dpr 6 giugno 2001, n. 380, articoli 16, 17

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8391 del 2013, proposto dalla Opera Diocesana Sa. Ra. per la Pr. della Fe. e dalla Parrocchia di Sa. Mi. Ar. in (omissis), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Lo. Ac. e Fr. Br. e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Lungotevere (…)
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Al. Ci. ed An. Za. e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, corso (…)
per la riforma e/o l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, Sezione Prima, n. 552/2013 del 28 marzo 2013, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. 627/2009, proposto per l’annullamento della richiesta del Comune di (omissis) di pagamento dei contributi concessori per la realizzazione del centro scolastico “Re. Ma.”, nonché per l’accertamento del diritto all’esonero dal contributo di costruzione per detto centro, ai sensi dell’art. 9, primo comma, lett. f), della l. n. 10/1977 e dell’art. 39 della l. Reg, Liguria n. 16/2008, e per la condanna del Comune alla restituzione delle somme già versate.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie e le repliche delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;
Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Visto ancora l’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. 1° aprile 2021, n. 44;
Dato atto della presenza ai sensi di legge dei difensori delle parti;
Relatore nell’udienza dell’11 maggio 2021 il Cons. Pietro De Berardinis, in collegamento da remoto in videoconferenza;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

In ambito edilizio la “concessione” gratuita è una figura eccezionale

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe le appellanti Opera Diocesana Sa. Ra. per la Pr. della Fe. e Parrocchia di Sa. Mi. Ar. in (omissis) (d’ora in poi, rispettivamente: Opera e Parrocchia) hanno impugnato la sentenza del T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 552/2013 del 28 marzo 2013, chiedendone la riforma e/o l’annullamento.
1.1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’Opera e dalla Parrocchia per ottenere l’annullamento della nota con cui il Comune di (omissis) ha chiesto il pagamento di contributi concessori per E. 277.598,48 per la realizzazione del centro scolastico “Re. Ma.”, nonché l’accertamento del diritto all’esonero dai contributi concessori per la realizzazione del suddetto centro (quale edificio destinato a scuola paritaria) e la condanna del Comune alla restituzione degli importi ad esso già versati a tale titolo (E. 138.799,24).
1.2. Le ricorrenti hanno affermato, a sostegno delle proprie pretese, la riconducibilità della fattispecie per cui è causa all’ipotesi di concessione edilizia gratuita prevista dall’art. 9, primo comma, lett. f), della l. n. 10/1977 (sostituito dall’art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001) e dall’art. 39, comma 1, lett. d), della l.r. n. 16/2008, nella parte avente ad oggetto le “opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”.
1.3. L’adito T.A.R., dopo aver confermato la tempestività del ricorso (essendo l’azione di ripetizione degli oneri concessori assoggettata al termine ordinario di prescrizione), ha respinto le censure delle ricorrenti, evidenziando come nel caso di specie non sussistessero tutti i requisiti prescritti dall’art. 9, primo comma, lett. f), cit.:
in sintesi, il primo giudice ha osservato come, pur sussistendo il requisito oggettivo, dato dalla destinazione dell’opera al soddisfacimento dell’interesse generale, nondimeno difettasse il requisito soggettivo, consistente nella realizzazione dell’opera stessa da parte di un “ente istituzionalmente competente”.

 

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2. Nell’appello si dà per acquisito che il primo giudice abbia riconosciuto la sussistenza del requisito oggettivo (opera di interesse generale), nonché l’assenza dello scopo di lucro in capo alle appellanti e la destinazione dell’edificio a scuola paritaria: pertanto, lo scrutinio demandato a questo Giudice di appello viene delimitato alla richiesta di riesame della sentenza di primo grado nella parte in cui ha negato la sussistenza, nel caso di specie, del requisito soggettivo ex art. 9, primo comma, lett. f), cit., pervenendo per tal via alla reiezione del ricorso.
2.1. In sintesi, l’Opera e la Parrocchia sostengono di essere, quali enti ecclesiastici che edificano un immobile destinato a scuola paritaria, sussumibili tra gli “enti istituzionalmente competenti” di cui alla citata lett. f), di tal ché sarebbe fondato il motivo, dedotto innanzi al T.A.R., di illegittimità della pretesa di pagamento avanzata dal Comune per eccesso di potere, nonché per violazione di legge, sub violazione dell’art. 9, primo comma, lett. f), della l. 28 gennaio 1977, n. 10, dell’art. 2 della l. Reg. Liguria 24 gennaio 1985, n. 4, dell’art. 39 della l. Reg. Liguria 6 giugno 2008, n. 16 e dell’art. 1 della l. 10 marzo 2000, n. 62.
2.2. Le appellanti, premesso che l’opera erigenda (oggi realizzata) è destinata ad ospitare una scuola paritaria ex art. 1 della l. n. 62/2000 e che l’attività formativa ivi prestata costituisce servizio pubblico, sostengono che l’inclusione della suddetta scuola nel sistema scolastico nazionale valga di per sé ad assimilare le appellanti stesse agli “enti istituzionalmente competenti”, con conseguente gratuità della concessione edilizia.
2.2.1. Sotto distinto e concorrente profilo le appellanti invocano la giurisprudenza richiamata dalla stessa sentenza impugnata, la quale ha precisato che, ai fini dell’art. 9, primo comma, lett. f), cit., ove l’opera sia realizzata da un soggetto privato, questo deve agire per conto di un ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opere pubbliche o in altre analoghe figure organizzatorie: trattandosi di moduli organizzatori non del tutto tipizzati, nell’appello si sostiene che vi rientrerebbero le ipotesi in cui soggetti privati agiscano per la realizzazione di opere finalizzate alla prestazione di un servizio pubblico e, quindi, nella sostanziale veste di concessionari.

 

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2.2.2. Né potrebbe opporsi, come ha fatto il primo giudice, che la sussistenza originaria dell’elemento soggettivo si lega all’esigenza di evitare alla P.A. richieste di sgravio contributivo con riguardo ad utilizzazioni intervenute e concordate in un secondo momento. Infatti, ove l’esenzione dal contributo sia riconosciuta nella costanza degli elementi costitutivi della fattispecie al momento del rilascio del permesso di costruire, l’opera successivamente realizzata dovrà rispettare le condizioni sottese alla concessione del beneficio, a pena, in caso contrario, di corresponsione di quanto originariamente non versato.
2.2.3. Da ultimo, le appellanti criticano le motivazioni della sentenza impugnata fondate sull’art. 33 Cost. e sulla conseguente configurazione dell’esenzione a loro favore dal pagamento dei contributi di concessione quale onere improprio per la collettività (che non beneficia delle somme non incassate dal Comune), nonché sullo scopo di lucro proprio della scuola privata, che la differenzia dalla scuola pubblica. Da un lato, infatti, la destinazione dell’edificio alla prestazione di un servizio pubblico ne vincolerebbe l’utilizzo a tale finalità e, dunque, alla fruizione da parte della collettività, anche tramite borse di studio che consentono alle famiglie di fruire del servizio alle medesime condizioni previste per quello offerto dalla scuola pubblica. D’altro lato, il richiamo allo scopo di lucro sarebbe inesatto e confutato, nel caso di specie, dall’avvenuta dimostrazione dell’assenza di finalità lucrative in capo alle ricorrenti (ed appellanti).
2.3. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), depositando di seguito memoria difensiva e resistendo all’altrui appello. In sintesi, il Comune ha eccepito l’insussistenza, nel caso di specie, del requisito soggettivo ex art. 9, primo comma, lett. f), cit., poiché questo non dipende – come preteso da controparte – dalla natura del bene da costruire (che attiene al requisito oggettivo), ma dalla natura del soggetto realizzatore. E da questo punto di vista le appellanti sarebbero soggetti privati che non agiscono nella realizzazione dell’opera per conto di alcun Ente pubblico, difettando, perciò, qualsiasi collegamento organizzativo-funzionale o giuridicamente rilevante di tali soggetti con l’apparato della Pubblica Amministrazione.
2.4. Le appellanti hanno depositato a loro volta una memoria, invocando l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la gratuità della concessione compete anche alle opere di interesse generale realizzate da soggetti privati i quali agiscano senza scopo di lucro, ovvero che accompagnino il fine di lucro ad un legame istituzionale con l’azione della P.A. volta alla cura di interessi pubblici.
2.5. Le parti hanno depositato repliche.
2.6. All’udienza dell’11 maggio 2021, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con la l. 18 dicembre 2020, n. 176, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il gravame è infondato, non essendo le pur suggestive tesi delle appellanti suscettibili di positiva valutazione e dovendosi, invece, condividere il percorso argomentativo dei giudici di prime cure e le conclusioni cui questi sono pervenuti, pur con le osservazioni e le puntualizzazioni che di seguito si vanno ad esporre.
3.1. L’art. 9, primo comma, lett. f), della l. n. 10/1977 (cd. legge Bucalossi), ora abrogato e sostituito da una previsione di tenore identico contenuta nell’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001, disponeva che il contributo di concessione non fosse dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”: in questa sede si controverte della prima ipotesi di concessione gratuita ivi prevista.

 

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3.1.1. Dal canto suo l’art. 39 della l.r. n. 16/2008 reca una previsione di contenuto pressoché identico, in base alla quale il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici ivi compresi gli alloggi destinati all’edilizia residenziale pubblica (ERP)”.
3.2. Come già visto, nella fattispecie in esame il T.A.R. ha ritenuto sussistente il requisito soggettivo previsto dall’art. 9, primo comma, lett. f), cit. per la gratuità della concessione edilizia: tale requisito è stato rinvenuto in particolare nel fatto che si è trattato della realizzazione di un edificio destinato a scuola paritaria, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 62/2000, le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico. Inoltre, il Comune di (omissis) ha riconosciuto con apposita delibera che l’opera rientra nel nuovo Polo educativo per (omissis).
3.3. La sentenza appellata ha, invece, affermato la carenza del requisito soggettivo di cui alla citata lett. f), alla stregua dell’indirizzo per il quale le opere a cui si riferisce la disposizione in esame o sono realizzate da soggetti pubblici, ovvero, quando a realizzarle sono soggetti privati, questi ultimi devono essere concessionari del soggetto pubblico e le opere realizzate devono essere inerenti all’esercizio del rapporto concessorio. In questa ipotesi, perciò, deve esistere un vincolo tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico e l’esecutore materiale dell’opera e detto vincolo deve contrassegnare fin dalla richiesta del titolo edilizio la realizzazione dell’intervento.
3.3.1. Vero è che nel caso de quo la richiesta promana da un ente ecclesiastico, tuttavia – osserva il T.A.R. – la scuola privata impone il pagamento di rette e non è accessibile a tutti e quindi ha un fine di lucro che la distingue dalla scuola pubblica e le impedisce di beneficiare dell’esonero dai contributi, pur ove sia dimostrata la mancanza del suddetto fine lucrativo.
3.4. La sentenza indica inoltre, a supporto della conclusione della debenza dei contributi concessori da parte delle ricorrenti, i seguenti insegnamenti giurisprudenziali:
1. a) la normativa sulla concessione gratuita è eccezionale; b) per “enti istituzionalmente competenti” devono intendersi gli enti pubblici ovvero altri soggetti che realizzino l’opera per conto di un ente pubblico, come il concessionario di opera pubblica o altre analoghe figure organizzatorie; c) ove si tratti di un soggetto privato, non deve essere animato da scopo di lucro, o deve accompagnare tale iniziativa con un legame istituzionale con l’azione della P.A. per la cura degli interessi della collettività; d) non rientra nell’esenzione di cui all’art. 9, primo comma, lett. f), della l. n. 10/1977 l’opera che sia destinata a restare nella disponibilità del privato esecutore, senza alcun vincolo atto a preservare la funzione nel tempo.
2. Il richiamo operato dal primo giudice alla necessaria assenza di uno scopo lucrativo, in disparte il suo attagliarsi o meno alla fattispecie per cui è causa, in linea generale non è pienamente convincente, in quanto tra gli “enti istituzionalmente competenti”, che possono beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 9, primo comma, lett. f), cit. rientrano, per pacifica giurisprudenza, i concessionari di opere pubbliche, i quali sono soggetti privati che agiscono, di regola, per fini di lucro.
4.1. Neppure sono del tutto conferenti taluni dei richiami giurisprudenziali contenuti nella sentenza appellata, perché riguardano casi in cui è dubbia l’esistenza del requisito oggettivo (realizzazione di un centro commerciale: C.d.S., Sez. V, 15 dicembre 2005 n. 7140), o in cui la destinazione dell’opera alla funzione di interesse sociale era solamente temporanea (realizzazione di una R.S.A. con vincolo di destinazione dell’immobile per quindici anni: C.d.S., Sez. V, 11 gennaio 2006, n. 51), o, ancora, in cui vi era stato un successivo mutamento di destinazione d’uso dell’immobile (costruzione di un immobile da destinare a sede del Ministero della Salute, per il quale era stata perciò ottenuta la gratuità della concessione, poi venuta meno a causa della destinazione in concreto dell’immobile a sede della direzione generale di Telecom Italia: C.d.S., Sez. V, 2 dicembre 2002, n. 6618).
4.2. Per quanto riguarda, poi, il richiamo, da parte del primo giudice, all’art. 33, terzo comma, Cost. (in base al quale “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”), ad avviso del Collegio il precetto costituzionale non può intendersi nel senso che esso sancisca l’esclusione degli enti ecclesiastici, come tali, dalla possibilità di beneficiare dell’esenzione dai contributi concessori ai sensi dell’art. 9, primo comma, lett. f), della l. n. 10/1977, trattandosi di interpretazione che discriminerebbe i suddetti enti rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento (i quali, in presenza dei requisiti previsti dalla norma, accedono all’esenzione).

 

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5. Piuttosto, l’elemento fondamentale, nel ragionamento svolto dal T.A.R. sulla falsariga del costante insegnamento giurisprudenziale (cfr., da ultimo, la sentenza di questa Sezione n. 2939/2021 del 12 aprile 2021, con i precedenti ivi richiamati), è il carattere eccezionale e derogatorio delle ipotesi di concessione edilizia gratuita, a fronte del principio generale che è, invece, quello della sua onerosità, cosicché l’esenzione dal contributo concessorio riguarda ipotesi tassative e da interpretare in senso restrittivo (C.d.S., Sez. II, n. 2921/2021, cit.; Sez. IV, 1° giugno 2020, n. 3405; Sez. V, n. 51/2006, cit.).
5.1. Da quanto appena esposto discende che l’espressione “enti istituzionalmente competenti” di cui all’art. 9, primo comma, lett. f), cit. deve intendersi, appunto, restrittivamente e che dunque non se ne può accogliere la nozione ampia che pretende di darne l’appellante in sede di memoria finale, traendo spunto dalla nuova formulazione dell’art. 22 della l. n. 241/1990 e da un articolo della dottrina che è stato versato in atti. Non è condivisibile, perciò, che accanto agli enti pubblici ed ai concessionari di opera pubblica, individuati dal T.A.R. tra i soggetti realizzatori dell’opera ai sensi della citata lett. f), rientrino nella sfera applicativa della norma in esame – come preteso dalle appellanti – altri moduli organizzatori non del tutto tipizzati, con il corollario che il predetto art. 9, ed ora l’art. 17 del d.P.R. n. 380/2001, contemplerebbero una fattispecie atipica:
non è condivisibile, in particolare, che per tal via si facciano rientrare nello sgravio contributivo previsto dalla disposizione de qua soggetti privati che – com’è nella fattispecie in esame – intraprendono l’iniziativa al di fuori di un legame con l’Ente pubblico e senza agire per conto di questo.
5.1.1. La giurisprudenza ha infatti escluso la spettanza dell’esonero dal contributo nelle ipotesi in cui l’opera sia stata realizzata da soggetti privati sganciati da un legame con la P.A. (v. i precedenti citati dalla sentenza di primo grado: C.d.S., Sez. IV, 10 maggio 2005, n. 2226, attinente alla realizzazione di un centro giovanile di tipo socio-assistenziale da parte di un’associazione, e Sez. V, 12 luglio 2005, n. 3774, riguardante un intervento di recupero di un castello da parte di una fondazione per farne un centro congressi ed una residenza studentesca).

 

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5.2. Ai fini del necessario legame con la P.A. non può bastare il fatto che ci si trovi innanzi ad un ente ecclesiastico che, come riferisce la sentenza appellata, ha tra gli scopi statutari l’attività di istruzione scolastica e che ha ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria.
5.2.1. Vero è che, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 62/2000 (“Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”), il sistema nazionale di istruzione “è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” (comma 1) e che vi è espressamente sancito che le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico (comma 3). La giurisprudenza ha però escluso che la disciplina sulla parità scolastica possa utilizzata per interpretare estensivamente norme anteriori rigidamente strutturate a favore delle sole Amministrazioni Pubbliche (v. C.d.S., Sez. VI, 26 giugno 2006, n. 4079, con riguardo alla disciplina dettata dalla l. n. 23/1996, che ha riservato alla sola P.A. i finanziamenti per l’edilizia scolastica) ed ha anche precisato, con riguardo alle scuole parificate, che la parificazione scolastica non trasforma il privato che gestisce dette scuole in un ente pubblico e non gli consente, perciò, di beneficiare dell’esenzione dal contributo urbanistico di cui all’art. 9, primo comma, lett. f), della l. n. 10/1977 (C.d.S., Sez. V, 10 dicembre 1990, n. 857).
5.3. Con riferimento ad un ente ecclesiastico avente quale fine istituzionale l’educazione ed istruzione della gioventù femminile, la giurisprudenza ha negato la sussistenza dei presupposti per beneficiare dello sgravio ex art. 9, primo comma, lett. f), cit. in relazione ad un’istanza di concessione edilizia che aveva ad oggetto l’ampliamento di un preesistente fabbricato, adibito alle attività assistenziali ed educative dell’ente e la realizzazione di un salone per attività ricreative: ciò, proprio per la mancanza del presupposto di carattere soggettivo, essendo il richiedente la concessione un istituto privato e non un “ente istituzionalmente competente” alla realizzazione dell’opera (C.d.S., Sez. V, 19 maggio 1998, n. 617).
5.3.1. La pronuncia in commento ha richiamato l’indirizzo per il quale l’esenzione dal contributo di costruzione postula che l’opera da costruire sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata o da un ente pubblico, o da altro soggetto per conto di un ente pubblico, come nel caso della concessione di opera pubblica “o altre analoghe figure organizzatorie”. Pur essendosi talora esclusa la necessaria soggettività pubblica dell’ente realizzatore dell’intervento, si è, però, tenuto fermo che deve trattarsi di attività compiuta da un concessionario, e cioè la realizzazione di opere di interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate. In questa prospettiva, si è anche chiarito che “non ricade nell’esenzione l’opera costruita da un imprenditore per la propria attività d’impresa, considerato altresì che il fine dell’esenzione è quello di evitare una contribuzione- intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d’impresa”.
5.4. In conclusione, dunque, l’appello è infondato e da respingere, meritando la sentenza impugnata di essere confermata.
6. Ai fini dell’effetto conformativo della presente decisione, occorre tuttavia aggiungere le seguenti ulteriori considerazioni.
6.1. Nell’ultima memoria le appellanti hanno invocato l’altra ipotesi di concessione gratuita prevista dalla lett. f) cit. (ed ora dalla lett. c), dell’art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001) e cioè il fatto che la scuola realizzata costituirebbe un’opera di urbanizzazione eseguita in attuazione dello strumento urbanistico, precisando che il P.R.G. ratione temporis applicabile aveva destinato il lotto su cui sorge l’edificio scolastico in esame ad “area da destinarsi ad istruzione”. Si tratta di questione nuova, che perciò, all’evidenza, non può trovare ingresso per la prima volta in questo giudizio d’appello (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 20 agosto 2015, n. 3956), tanto più che su di essa la difesa comunale non si è pronunciata e che, però, ha indubbia rilevanza per l’Amministrazione comunale, chiamata a verificare la debenza o meno del contributo concessorio da parte dell’Opera e della Parrocchia (cfr. C.d.S., Sez. IV, 18 maggio 2016, n. 2011).
6.1.1. Ne segue che il Comune è comunque tenuto a verificare l’applicabilità o meno alla fattispecie in esame dell’altra ipotesi di sgravio dal contributo concessorio – estranea alla presente controversia – indicata dall’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 e, pertanto, a verificare se l’edificio scolastico per cui è causa possa configurarsi come un’opera di urbanizzazione eseguita dal privato in attuazione dello strumento urbanistico illo tempore vigente.
7. La complessità delle questioni giuridiche analizzate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Seconda (II^), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2021, tenutasi, ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, conv. con l. n. 176/2020, tramite collegamento da remoto in videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Presidente FF
Italo Volpe – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Pietro De Berardinis – Consigliere, Estensore

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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