Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 34243.
Impugnazioni e proposizione in base alle forme del rito seguito in primo grado
In tema di impugnazioni, alla luce del principio di ultrattività del rito, la proposizione dell’appello deve conformarsi alle forme del rito seguito in primo grado. Ne consegue che, in controversia trattata con il rito del lavoro, l’inammissibilità dell’impugnazione, perché depositata in cancelleria oltre il termine di decadenza previsto dell’articolo 434, secondo comma, cod. proc. civ. e, in caso di mancata notifica della sentenza, nel termine di cui all’articolo 327, primo comma, stesso codice, non trova deroga con riguardo all’ipotesi in cui l’appello sia stato irritualmente proposto nella forma della citazione, ancorché questa sia suscettibile di convalidazione a norma dell’articolo 156, ultimo comma, cod. proc. civ., trattandosi di inosservanza di un adempimento prescritto a pena di decadenza, dal quale deriva il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia locatizia, la Suprema Corte, ribadito l’enunciato principio, ha ritenuto incensurabile la sentenza gravata con la quale la corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l’appello, in quanto, essendo lo stesso soggetto al rito del lavoro, ai fini della tempestività del termine breve di impugnazione, doveva farsi riferimento al deposito dell’atto e non già alla sua notifica alla controparte). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 3 novembre 2020, n. 24415; Cassazione, sezione civile L, sentenza 10 luglio 2015, n. 14401; Cassazione, sezione civile III, sentenza 27 maggio 2010, n. 12990).
Ordinanza|| n. 34243. Impugnazioni e proposizione in base alle forme del rito seguito in primo grado
Data udienza 11 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave:Procedimento civile – Impugnazioni – Proposizione in base alle forme del rito seguito in primo grado – Necessità – Fondamento – Conseguenze – Controversia trattata con il rito del lavoro – Appello – Proposizione nella forma della citazione – Deposito in cancelleria nel termine previsto dall’art. 434, comma 2, c.p.c. – Necessità – Omissione – Conseguenze – Inammissibilità dell’appello – Fondamento – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia locatizia. (Cpc, articoli 156, 327 e 434)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano – Presidente
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 997/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SNC, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SALERNO n. 722/2020, depositata il 23/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11/10/2023 dal Consigliere FRANCESCO MARIA CIRILLO.
Impugnazioni e proposizione in base alle forme del rito seguito in primo grado
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS), sulla premessa di aver concesso in locazione alla (OMISSIS) s.n.c. un immobile ad uso artigianale e commerciale, intimo’ sfratto per morosita’ alla conduttrice per il mancato pagamento di due mensilita’ di canone, contestualmente citandola per la convalida davanti al Tribunale di Salerno.
Si costitui’ in giudizio la societa’ conduttrice, opponendosi alla convalida, eccependo una serie di inadempimenti della parte locatrice e proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni.
Il Tribunale non convalido’ lo sfratto ma ordino’ alla parte convenuta il rilascio dell’immobile ai sensi dell’articolo 665 c.p.c., dispose il mutamento del rito e l’assunzione di prova testimoniale. Indi accolse la domanda principale, dichiaro’ la risoluzione del contratto di locazione, condanno’ la (OMISSIS) s.n.c. al pagamento delle mensilita’ non corrisposte, confermo’ il provvedimento di rilascio e rigetto’ la domanda riconvenzionale, condannando la convenuta alle spese di lite.
2. Avverso la sentenza e’ stato proposto appello dalla conduttrice soccombente e la Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 23 giugno 2020, l’ha dichiarato inammissibile per tardivita’, condannando la societa’ appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Ha osservato la Corte salernitana che la sentenza di primo grado, depositata il 29 dicembre 2017, era stata notificata, a cura della locatrice, il successivo 5 gennaio 2018 e impugnata con atto di citazione notificato il 5 febbraio 2018. L’atto di appello, pero’, era stato depositato il 14 febbraio 2018, con iscrizione a ruolo. Pertanto, dovendo l’appello essere proposto col rito del lavoro, ai fini della tempestivita’ doveva farsi riferimento al deposito dell’atto e non alla sua notifica alla controparte; l’impugnazione era da considerarsi proposta oltre il termine breve di trenta giorni e, pertanto, tardiva.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno propone ricorso la (OMISSIS) s.n.c. con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste (OMISSIS) con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Impugnazioni e proposizione in base alle forme del rito seguito in primo grado
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli articoli 170, 285, 325, 326, 327 e 133 c.p.c., sul rilievo che la sentenza di primo grado era stata notificata.
Sostiene la parte ricorrente che l’affermazione sarebbe erronea, perche’ la sentenza di primo grado non era stata notificata; la dicitura, contenuta nell’atto di appello, secondo cui la sentenza era stata notificata il 5 gennaio 2018 intendeva, in realta’, riferirsi al fatto che il difensore aveva preso visione della sentenza in cancelleria, ma non che essa le era stata davvero notificata. Doveva, quindi, farsi riferimento al termine lungo per l’impugnazione, rispetto al quale l’appello era tempestivo. La questione, inoltre, non era stata sollevata dalla controparte, e comunque, la relata di notifica e il relativo avviso non ammettono equipollenti.
1.1. Il motivo non e’ fondato.
Risulta dal controllo degli atti processuali – attivita’ alla quale questa Corte e’ tenuta, in considerazione della natura del vizio processuale di cui si discute – che effettivamente la sentenza di primo grado venne depositata il 29 dicembre 2017 e notificata, a cura della locatrice, il successivo 5 gennaio 2018; come, tra l’altro, la parte appellante ha riconosciuto nell’intestazione dell’atto di appello e come risulta dal controricorso (nel quale la copia notificata della sentenza di primo grado e’ stata prodotta).
L’impugnazione, proposta con citazione notificata alla locatrice il 5 febbraio 2018, fu depositata nella cancelleria della Corte d’ppello il successivo 14 febbraio 2018.
La costante giurisprudenza di questa Corte e’ nel senso che in tema di impugnazioni, alla luce del principio di ultrattivita’ del rito, la proposizione dell’appello deve conformarsi alle forme del rito seguito in primo grado. Ne consegue che, in una controversia trattata con il rito del lavoro, l’inammissibilita’ dell’impugnazione, perche’ depositata in cancelleria oltre il termine di decadenza previsto dell’articolo 434, comma 2, c.p.c. e, in caso di mancata notifica della sentenza, nel termine di cui all’articolo 327, comma 1, stesso codice, non trova deroga con riguardo all’ipotesi in cui l’appello sia stato irritualmente proposto nella forma della citazione, ancorche’ questa sia suscettibile di convalidazione a norma dell’articolo 156, ultimo comma c.p.c., trattandosi di inosservanza di un adempimento prescritto a pena di decadenza, dal quale deriva il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (sentenze 27 maggio 2010, n. 12990, e 10 luglio 2015, n. 14401; v. in argomento anche l’ordinanza 3 novembre 2020, n. 24415).
Ne consegue che la tempestivita’ dell’appello doveva essere valutata secondo le regole del rito del lavoro, applicabile anche nelle cause di locazione, e non con quelle del rito ordinario, e percio’ tenendo presente la data del deposito e non quella della notifica dell’atto di impugnazione (ne’ a diversa conclusione puo’ pervenirsi sulla base della recente sentenza 12 gennaio 2022, n. 758, delle Sezioni Unite di questa Corte).
Il Collegio ritiene opportuno precisare che, quando si e’ in presenza di una dichiarazione del difensore circa l’avvenuta notificazione della sentenza impugnata, il principio di responsabilita’ che deve accompagnare l’esercizio del diritto di difesa in giudizio, di cui e’ espressione la disciplina delle nullita’ di cui agli articoli 156 e ss. c.p.c. (e, segnatamente, il comma 3 dell’articolo 157 cod. proc. civ.) esclude che il giudice dell’impugnazione non debba assumere come veritiera la dichiarazione di avvenuta notificazione e, dunque, parametrare la tempestivita’ dell’impugnazione a quanto indicato, sebbene erroneamente, dalla parte; restando affidato al difensore di rimediare all’errore attraverso la precisazione, compiuta prima della decisione, che la dichiarazione e’ stata erronea, a meno che, o per le stesse produzioni effettuate dalla parte rappresentata dal difensore o per una dichiarazione contraria della parte destinataria dell’impugnazione (cioe’ nel senso che la notificazione non via sia stata) emerga che la notificazione non via sia stata o che non sia stata valida.
Tale considerazione rende ininfluente l’ulteriore argomentazione contenuta nel ricorso – sebbene senza un’esplicita invocazione dell’articolo 101 c.p.c. – secondo cui la questione esaminata non sarebbe stata dibattuta nel giudizio di merito.
La Corte d’appello, in conclusione, ha correttamente dichiarato l’inammissibilita’ dell’appello.
2. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna della societa’ ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale n. 13 agosto 2022, n. 147, sopravvenuto a regolare i compensi professionali.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 8.000, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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