Impugnazione dello scioglimento dell’organo consiliare

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 12 novembre 2019, n. 7762.

La massima estrapolata:

L’impugnazione dello scioglimento dell’organo consiliare non è annoverabile tra le azioni proponibili dai singoli elettori ai sensi del richiamato art. 9 del TUEL, e ciò in quanto la misura dissolutoria di cui all’art. 143, mentre incide sulle situazioni soggettive dei componenti degli organi elettivi, i quali, per effetto di essa, vengono a subire una perdita di status, non altrettanto incide su quella dell’ente locale, titolare di posizioni autonome e distinte, che, anzi, nella misura vede uno strumento di tutela e di garanzia dell’Amministrazione”, sicché “l’azione popolare in questa sede proposta per impugnare lo scioglimento, la nomina di una Commissione straordinaria per la provvisoria gestione del medesimo, risulta inammissibile per difetto di legittimazione, perché lo strumento offerto dall’art. 9 del TUEL non può essere articolato per far valere azioni che non sono di spettanza dell’ente locale nell’interesse del quale si dichiara di agire.

Sentenza 12 novembre 2019, n. 7762

Data udienza 24 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5602 del 2019, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e dall’Ufficio Territoriale del Governo di Lecce, in persona del Prefetto pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’Avvocato Lu. An. e dall’Avvocato Pi. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Al. Pl. in Roma, via (…);
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza -OMISSIS- del 10 maggio 2019 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I, resa tra le parti, che ha annullato la proroga dello scioglimento del Consiglio comunale di -OMISSIS- adottata ai sensi dell’art. 143, comma 10, del T.U.E.L.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio degli odierni appellati, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per gli odierni appellati l’Avvocato Lu. An. e l’Avvocato Pi. Qu. e per le pubbliche amministrazioni appellanti l’Avvocato dello Stato Wa. Fe.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso ritualmente proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, gli odierni appellati, nella qualità di ex sindaco ed ex amministratori – ma anche di cittadini elettori – del Comune di -OMISSIS-, già sottoposto a scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, il T.U.E.L., hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti concernenti la disposta proroga della durata dello scioglimento in questione per ulteriori sei mesi, disposta il 17 settembre 2018 ai sensi del comma 10 del suddetto art. 143.
1.1. Riassumendo i presupposti di fatto della vicenda, i ricorrenti in prime cure hanno lamentato, in sintesi, quanto segue.
1.2. È stata dedotta, quale primo motivo di ricorso, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 143 del T.U.E.L.
1.2.1. Sarebbero in particolare del tutto assenti i “casi eccezionali” che l’art. 143, comma 10, del T.U.E.L. indica come necessari presupposti ai fini dell’adozione del provvedimento di proroga, come disposto, con il quale si sarebbe continuato ad incidere in maniera determinante sulla vita democratica della comunità di -OMISSIS-.
1.2.2. In particolare, la relativa relazione ministeriale ha motivato la richiesta di proroga della gestione commissariale straordinaria su tre circostanze:
a) gli interventi sul fenomeno delle occupazioni abusive degli alloggi popolari;
b) la gestione del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo;
c) l’ultimazione dei progetti in campo urbanistico avviati dalla commissione straordinaria per la gestione del Comune.
1.2.3. MA tutte tali circostanze, in realtà, non si sarebbero potuto ricondurre a “casi eccezionali” legittimanti la proroga, ad avviso dei ricorrenti in prime cure, che hanno perciò censurato l’illegittimità di questa al fine di ottenere un rapido ritorno alle consultazioni elettorali nell’interesse della stessa collettività locale.
1.2.4. Per quanto riguarda la circostanza sub a), i ricorrenti hanno osservato che la situazione dell’edilizia residenziale pubblica era caratterizzata da una pluridecennale difficile gestione per via delle occupazioni abusive verificatesi ed era sussistente in molti altri comuni salentini, così da potersi definire fenomeno non esclusivamente “-OMISSIS-” e, comunque, non imputabile alla disciolta amministrazione, dato che l’occupazione di alcuni alloggi era iniziata in epoca ben precedente all’ultima consiliatura, fermo restando che:
a) su settantasei alloggi popolari presenti a -OMISSIS-, solo tre erano stati oggetto di contestazione nel provvedimento originario di scioglimento, sicché apparirebbe singolare che in diciotto mesi la commissione straordinaria non sia riuscita a risolvere tale problematica, tanto da rappresentarla come “caso eccezionale” per motivare la proroga;
b) la normativa regionale pugliese (L.R. 54/2014 e ss.mm.) dispone che il rilascio degli immobili possa essere predisposto da “-OMISSIS-” (già “-OMISSIS-“), quale ente proprietario degli immobili, mentre l’ente locale ha solo una funzione ancillare, potendo mettere a disposizione la polizia locale su espressa richiesta -OMISSIS-.
1.2.5. In definitiva, la stessa relazione ministeriale avrebbe dovuto constatare la stasi dell’azione posta in essere dai commissari nominati dopo diciotto mesi di gestione straordinaria.
1.2.6. Inoltre, la relazione ministeriale avrebbe incluso anche la asserita necessità di avviare a completamento il procedimento per l’affidamento di due fabbricati sequestrati alla malavita organizzata, ma tale volontà non potrebbe di certo essere qualificata come un “caso eccezionale” tale da necessitare un prosieguo del commissariamento, non risultando rappresentata, infatti, alcuna impellente e improcrastinabile necessità in tal senso.
1.2.7. Per quanto riguardava la circostanza sub b), i ricorrenti hanno posto in evidenza che, secondo il Ministero dell’Interno, una cattiva gestione dei richiedenti asilo avrebbe determinato un ammanco di Euro 170.000,00 per le casse pubbliche, ma non era stato considerato che l’associazione che ha gestito la situazione non ha mai inviato una rendicontazione completa e puntuale delle spese sostenute da trasmettere dall’ente locale e al Ministero dell’Interno per ottenere il trasferimento dei fondi destinati al progetto e ciò, peraltro, era stato oggetto di molteplici segnalazioni da parte del Sindaco di -OMISSIS- al Prefetto di Lecce, alla Procura della Repubblica di Lecce, al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno ed all’ANAC, sin dal 2015-2016, e che un’azione civile di tale associazione contro l’amministrazione comunale era stata respinta nella competente sede.
1.2.8. Per quanto riguarda la circostanza sub c), la riscontrata necessità per cui le procedure per la partecipazione a numerosi bandi finalizzati ad acquisire finanziamenti destinati, in particolare, a interventi di miglioramento del decoro urbano fossero seguite dallo stesso organo straordinario che le aveva avviate, considerato che investono un settore notoriamente esposto – anche per la rilevanza dei sottesi interessi economici – al rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata”, non era qualificabile come un “caso eccezionale” così da richiedere una proroga della gestione commissariale straordinaria, dato che, quella esposta, era, in realtà, un’attività di ordinaria amministrazione svolta da tutte le municipalità salentine, senza che si riscontrasse una evidenza, neppure indiziaria, di infiltrazioni malavitose nel caso di specie.
1.3. Con un secondo motivo è stata dedotta in prime cure la violazione e la falsa applicazione dell’art. 143 del T.U.E.L. sotto altro profilo e, cioè, la violazione dei termini procedimentalmente previsti.
1.3.1. I ricorrenti sotto tale profilo hanno rilevato anche che non risulterebbe rispettato il termine perentorio del cinquantesimo giorno antecedente alla data di scadenza della durata dello scioglimento per disporre la proroga, dato che il termine di durata originario di diciotto mesi scadeva il 17 agosto 2018 e la proroga poteva essere disposta entro il 28 giugno 2018, non quindi il 17 settembre 2018 come avvenuto su relazione e istanza del Ministero dell’Interno del 13 settembre 2018.
1.3.2. Né si sarebbe potuto pervenire ad una diversa conclusione, asserendo la necessità di computare, in aggiunta al termine suddetto, l’ulteriore lasso di tempo di ottantanove giorni intercorso tra la data di emanazione della sentenza -OMISSIS- del 23 marzo 2018 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, che aveva annullato il provvedimento di scioglimento consentendo il reinsediamento della disciolta amministrazione comunale, e la data di emanazione dell’ordinanza cautelare -OMISSIS- del 22 giugno 2018 di questo Consiglio di Stato, che ha sospeso l’efficacia della predetta pronuncia, determinando il reinsediamento della gestione commissariale straordinaria.
1.3.3. Ciò sia perché sarebbe assente un formale provvedimento che abbia richiamato la rilevanza della vicenda giurisdizionale e la sua incidenza sul computo dei termini, sia perché, tutt’al più, la proroga potrebbe essere giustificata con riferimento ad un periodo corrispondente alla sospensione derivante dalla esecutività della sentenza dello stesso Tribunale ma, in nessun caso, in via di mero fatto, sarebbe intervenire dopo la scadenza del periodo di diciotto mesi, invocando quindi una proroga in funzione della sopravvenienza di casi eccezionali.
1.4. Con un terzo motivo è stata dedotta in prime cure la violazione del procedimento amministrativo, la violazione di legge e l’eccesso di potere per contraddittorietà e irrazionalità .
1.4.1. Indipendentemente dalla circostanza sopravvenuta per la quale il Consiglio di Stato, con la sentenza -OMISSIS- pubblicata il 18 ottobre 2018, aveva accolto nel merito l’appello avverso la sentenza del medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, i ricorrenti hanno osservato che le vicende di cui si discute nel presente giudizio atterrebbero ad un tempo anteriore ed immediatamente a ridosso dell’udienza del 27 settembre 2018, fissata per la discussione del merito in secondo grado.
1.4.2. Sarebbe pertanto censurabile e contraddittorio, quindi, il comportamento della pubblica amministrazione che, senza attendere la pronuncia del giudice d’appello, ha dapprima indetto, con il decreto del 3 settembre 2018, i comizi elettorali per la tornata del 21 ottobre 2018, e, dopo pochi giorni, senza alcuna specifica motivazione e senza alcun fatto sopravvenuto, ne ha disposto la revoca e richiesto la proroga della gestione commissariale straordinaria.
1.5. Con un quarto motivo, infine, è stata dedotta in primo grado la violazione e la falsa applicazione dell’art. 143, comma 10, del T.U.E.L. sotto altro profilo e, cioè, la violazione del procedimento amministrativo.
1.5.1. Dalla ricostruzione contenuta nella relazione del Ministero dell’Interno, infatti, si evincerebbe che il 13 settembre 2018, data della richiesta prefettizia, si è svolta una riunione “istantanea” del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, rispetto alla quale – per quanto era dato conoscere – non risulterebbe una convocazione ai sensi di legge e la stessa si sarebbe tenuta con l’assenza di alcuni rappresentanti istituzionali, necessari per la validità della seduta.
1.6. Si sono costituite nel primo grado del giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Lecce, depositando una distinta memoria in prossimità della camera di consiglio, ove hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso – perché proposto da soggetti carenti di un interesse diretto, concreto e attuale all’annullamento richiesto, dato che, quali “ex amministratori”, i ricorrenti non si sarebbero comunque potuti reintegrare nella loro carica in virtù della definitiva cessazione del proprio mandato conseguente alla sentenza di questo stesso Consiglio di Stato – nonché la sua infondatezza nel merito.
1.7. A tale tesi hanno replicato i ricorrenti, a loro volta depositando una memoria illustrativa, in cui hanno contestato la ritualità del deposito da parte dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, hanno confutato l’eccezione suddetta e hanno ribadito le proprie tesi.
1.8. Con l’ordinanza collegiale -OMISSIS- del 6 dicembre 2018 è stata disposta dal primo giudice l’acquisizione di una dettagliata relazione sui fatti di causa, corredata da copia integrale della documentazione istruttoria relativa all’adozione dei provvedimenti impugnati.
1.9. In prossimità della nuova camera di consiglio, dopo l’adempimento della pubblica amministrazione, i ricorrenti hanno depositato un’ulteriore memoria a sostegno di quanto illustrato in precedenza.
1.10. Con la seconda ordinanza -OMISSIS- del 17 gennaio 2019, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha respinto l’istanza cautelare sulla quale hanno insistito i ricorrenti, non rinvenendo i presupposti di estrema gravità e urgenza prescritti dall’art. 119 c.p.a. né quelli di una pronuncia ai sensi dell’art. 60 c.p.a., come richiesta dagli stessi ricorrenti.
1.11. Infine, alla pubblica udienza del 3 aprile 2019, la causa è stata trattenuta in decisione dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
1.12. Con la sentenza -OMISSIS- del 10 maggio 2019 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha accolto il ricorso e ha compensato le spese di lite.
1.13. Ad avviso del primo giudice, infatti, nel caso di specie la proroga della gestione commissariale sia stata priva di adeguata motivazione sulle circostanze eccezionali che l’avrebbero giustificata, ai sensi dell’art. 143, comma 10, del T.U.E.L., laddove appare tesa più a ribadire la legittimità del precedente scioglimento che effettive esigenze di prolungamento del commissariamento per ragioni specifiche.
2. Avverso questa sentenza hanno proposto appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Lecce, articolando quattro motivi di censura che di seguito saranno esaminati, e ne hanno chiesto la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso proposto in prime cure dagli odierni appellati.
2.1. Questi ultimi, costituitisi ritualmente, hanno chiesto la reiezione dell’appello e hanno depositato l’8 ottobre 2019 un’articolata memoria, in cui hanno replicato a tutti i motivi proposti dagli appellanti.
2.2. Nell’udienza pubblica del 24 ottobre 2019 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello è fondato, per le ragioni che qui di seguito si espongono.
4. Quanto al primo motivo di appello (pp. 3-6 del ricorso), relativo al difetto di legittimazione attiva in capo agli originari ricorrenti ad impugnare il provvedimento di proroga dello scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS-, si deve osservare che esso è fondato.
4.1. Con la sentenza -OMISSIS- del 18 ottobre 2018 questo Consiglio di Stato ha accertato la legittimità dello scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS- e, con la successiva sentenza -OMISSIS- del 4 febbraio 2019, questo stesso Consiglio ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto contro tale sentenza.
4.2. Gli odierni appellati non avrebbero potuto dunque aspirare, a seguito dell’eventuale annullamento del decreto presidenziale impugnato nel presente giudizio, né a riottenere le cariche elettive precedentemente rivestite né ad alcuna utilità, nemmeno di ordine morale, per essere ormai sancita, in modo definitivo, la legittimità della misura dissolutoria disposta per le gravi infiltrazioni mafiose nel Comune e le conseguenti irregolarità in ogni settore della vita amministrativa dell’ente, come questo Consiglio di Stato ha rilevato nella già menzionata sentenza -OMISSIS- del 2018.
4.3. Il ricorso di prime cure, dunque, non potrebbe giammai avere un effetto ripristinatorio né, per tale ragione, il suo eventuale accoglimento potrebbe mai essere posto a base di pretese risarcitorie, conseguendo il mancato ripristino della carica elettiva direttamente allo scioglimento del consiglio comunale disposto, con il d.P.R. del 17 febbraio 2017, ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L. e confermato definitivamente da questo Consiglio di Stato con le predette sentenze -OMISSIS- del 2018 e -OMISSIS- del 2019, in sede di revocazione.
4.4. Neppure gli odierni appellati potrebbero rivendicare un interesse all’annullamento del provvedimento impugnato di proroga nella loro qualità di cittadini-elettori, in ossequio al consolidato orientamento giurisprudenziale, al quale questo Consiglio di Stato qui convintamente aderisce, secondo cui “l’impugnazione dello scioglimento dell’organo consiliare non è annoverabile tra le azioni proponibili dai singoli elettori ai sensi del richiamato art. 9 del TUEL, e ciò in quanto la misura dissolutoria di cui all’art. 143, mentre incide sulle situazioni soggettive dei componenti degli organi elettivi, i quali, per effetto di essa, vengono a subire una perdita di status, non altrettanto incide su quella dell’ente locale, titolare di posizioni autonome e distinte, che, anzi, nella misura vede uno strumento di tutela e di garanzia dell’Amministrazione”, sicché “l’azione popolare in questa sede proposta per impugnare lo scioglimento […] e la nomina di una Commissione straordinaria per la provvisoria gestione del medesimo, risulta inammissibile per difetto di legittimazione, perché lo strumento offerto dall’art. 9 del TUEL non può essere articolato per far valere azioni che non sono di spettanza dell’ente locale nell’interesse del quale si dichiara di agire (Cass. Civ., Sez. I, 10 giugno 2016, n. 11994)” (T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I, 15 dicembre 2017, n. 12424 e, più di recente, T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I, 28 ottobre 2019, n. 12355).
4.5. Va anche escluso che l’interesse ad agire possa avere, in simili casi, natura strettamente “morale”, posto che “il provvedimento di scioglimento ex art. 143 TUEL si basa sull’accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata e non ha natura di provvedimento “sanzionatorio”, non avendo finalità repressive nei confronti di singoli, ma risponde allo scopo fondamentale di salvaguardare la funzionalità dell’amministrazione pubblica” (cfr. T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I, 29 marzo 2018, n. 3542; T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I, 3 maggio 2019, n. 5584).
4.6. Né l’interesse alla impugnazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 143 T.U.E.L. può correlarsi alla possibilità che gli amministratori, facenti parte degli organi sciolti, siano stati sottoposti al giudizio di incandidabilità previsto dall’art. 143, comma 11, T.U.E.L., atteso che “lo scioglimento del Consiglio comunale prescinde dall’accertamento di responsabilità di singoli soggetti ed è rimedio attraverso il quale il legislatore ha inteso ovviare ad una condizione patologica dell’ente nel suo complesso” e “il provvedimento di scioglimento non è quindi la conseguenza di responsabilità del singolo amministratore” (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 7 dicembre 2017, n. 5782).
4.7. Inoltre il giudizio di incandidabilità, come mostrano i suoi esiti ancora non definitivi nel caso di specie in quanto il decreto -OMISSIS- del 17 maggio 2019 della Corte d’Appello di Lecce è stato impugnato in cassazione, è autonomo e separato ed ha un esito che non è automaticamente determinato dallo scioglimento del Comune, postulando una valutazione delle singole posizioni in nome del diritto costituzionale all’elettorato passivo, per verificare che collusioni o condizionamenti abbiano determinato una cattiva gestione della cosa pubblica (Cass. civ., sez. I, 11 gennaio 2017, n. 516).
4.8. Discende da quanto detto che gli originari ricorrenti non avevano alcuna legittimazione ad impugnare la proroga dello scioglimento del consiglio comunale né in quanto ex amministratori né in qualità di cittadini-elettori di -OMISSIS-.
5. Non convincono le contrarie argomentazioni svolte dal primo giudice per affermare la legittimazione dei ricorrenti in prime cure.
5.1. L’azione dei ricorrenti, va qui ricordato, era diretta a contestare la sussistenza dei motivi posti a base della proroga dello scioglimento, negando che ricorressero i casi eccezionali di cui all’art. 143, comma 10, del T.U.E.L., ma questa contestazione può essere correlata all’esclusivo interesse, in ipotesi riconoscibile in capo all’ex sindaco e agli ex consiglieri, ad essere reintegrati nella loro carica, non già ad ottenere un più rapido ritorno alle consultazioni elettorali, interesse, da questi fatto valere nel presente giudizio, di cui essi non sono né possono essere riconosciuti portatori in qualità di cittadini-elettori.
5.2. Il provvedimento di proroga, in altri termini, è sì contestabile in sede giurisdizionale avanti al giudice amministrativo da parte dei componenti del disciolto organo consiliare, ma solo se e nella misura in cui tale contestazione, per vizi proprî del medesimo provvedimento – ad esempio per la sua tardività – o per vizi derivati dallo scioglimento medesimo, possa condurre al reinsediamento dei soggetti eletti, risultato da escludersi nel caso di specie, come detto, per l’accertata definitiva legittimità del predetto scioglimento, e non già quando l’eventuale annullamento possa portare a nuove, più ravvicinate, elezioni.
5.3. Non sussiste dunque legittimazione dei componenti della disciolta amministrazione comunale, nemmeno quali cittadini-elettori, ad impugnare il provvedimento di proroga per far valere un siffatto interesse.
5.4. Erra il primo giudice quando, nel sopravvalutare il senso e la portata della “democrazia elettorale” e nell’enfatizzare l’interesse alla legittimità del procedimento elettorale e alla data di svolgimento delle elezioni, giunge ad adombrare una superlegittimazione dell’ex sindaco e degli ex consiglieri del Comune, legittimazione che non è loro riconosciuta dall’art. 9 del T.U.E.L., soprattutto a fronte dell’ormai accertata legittimità della misura dissolutoria, con effetto di giudicato nei loro confronti, e in palese contrasto con la contraria, consolidata giurisprudenza, anche del medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sopra richiamata in ordine al difetto di legittimazione popolare degli ex amministratori.
5.5. Nemmeno la legittimazione dei ricorrenti in prime cure può configurarsi, o ipotizzarsi, come ha ritenuto il primo giudice, per via del fatto che le motivazioni del provvedimento di proroga, nel valutare l’operato del consiglio comunale reinsediatosi dopo l’iniziale annullamento della misura dissolutoria, inciderebbero sulla loro immagine agli occhi dell’elettorato, perché un siffatto interesse è e resta di mero fatto e non può certo abilitarli ad impugnare la proroga.
5.6. Discende da quanto detto l’inammissibilità dell’originario ricorso.
6. In ogni caso, anche volendo ammettere per ipotesi, quod non est, che sussistesse l’unico, reale, concreto interesse degli originari ricorrenti ad ottenere una legittima, sollecita, fissazione delle nuova tornata elettorale nel termine “naturale” del 21 ottobre 2018, come ha affermato il primo giudice, questi nel momento della decisione avrebbe comunque dovuto prendere atto che, in assenza di misura sospensiva non concessa dal medesimo Tribunale, le elezioni si sarebbero svolte di lì a poco, nella successiva tornata elettorale del 26 maggio 2019, con la conseguente consumazione irreversibile di tale preteso interesse, ormai per la sua definitiva consumazione, e declaratora di improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a.
6.1. Va quindi accolto anche il secondo motivo di appello (p. 6 del ricorso), con il quale le pubbliche amministrazioni appellanti hanno eccepito l’erronea mancata declaratoria di improcedibilità dell’originario ricorso, né in senso contrario giova eccepire, come fanno gli odierni appellati, che le valutazioni amministrative e politiche di segno negativo sull’operato degli ex amministratori di -OMISSIS-, nel periodo di reinsediamento di 3 mesi, valutazioni poste a base del provvedimento di proroga, avrebbero avuto un presunto riflesso diretto sull’immagine dei ricorrenti in primo grado, tanto da incidere sulla loro decisione di non partecipare alla competizione elettorale, poiché si tratta di interesse di mero fatto, come detto, e comunque l’affermazione di un legame tra tali valutazioni e la libera decisione di candidarsi – come nel caso di -OMISSIS- – o meno è del tutto aleatoria, soggettiva, opinabile e sfornita di qualsivoglia convincente elemento di prova.
7. Quanto sin qui esposto e deciso in ordine ai due primi motivi di appello già sarebbe ampiamente sufficiente a far dichiarare inammissibile e/o, a tutto concedere, improcedibile l’originario ricorso erroneamente delibato dal primo giudice, ma cionondimeno, per l’importanza delle questioni, di diritto e di fatto, in questo giudizio dibattute e per l’esigenza di garantire giustizia anche sul piano sostanziale, ritiene questo Collegio, scrutinando il terzo motivo dell’appello (pp. 6-17 del ricorso), di dover esaminare nel merito anche le censure, di cui al primo motivo dell’originario ricorso, accolto dal Tribunale con assorbimento di tutti gli altri motivi, non riproposti dagli odierni appellati.
8. Il primo giudice muove anzitutto dall’inquadramento dell’istituto di cui all’art. 143, comma 10, del T.U.E.L.
8.1. Dalla mera lettura del testo legislativo emergerebbe, a suo avviso, che l’evento della proroga dello scioglimento è considerato non certo “naturale” e/o “conseguenziale” a una, sia pure impeccabile e incisiva, gestione commissariale, ma disponibile solo in casi “eccezionali”, come iniziativa “eventuale”.
8.2. Già, infatti, lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di prevenzione per fronteggiare un’emergenza straordinaria, priva di finalità repressive nei confronti dei singoli amministratori e posta al fine di salvaguardia della pubblica collettività (v., inter multas, Cons. St., sez. III, 22 giugno 2018, n. 3828, Cons. St., sez. III, 14 febbraio 2014, n. 727), sicché sarebbe coerente con tale impostazione considerare la sua proroga come un evento ancor più straordinario, da legarsi a circostanze diverse dalla mera continuazione dell’operato della commissione prefettizia che, inserendosi comunque nella gestione dell’ente, naturaliter ne affronta le problematiche preesistenti, al fine di rimuovere l’evento di pericolo per l’ordine pubblico quale desumibile dal complesso degli effetti derivanti dai “collegamenti” o dalle “forme di condizionamento” della criminalità organizzata locale.
8.3. Dovrebbe sussistere, pertanto, una motivazione molto rilevante e legata alla peculiarità del caso di specie per allontanare ulteriormente lo svolgersi della “democrazia elettorale” che caratterizza l’affidamento ordinario della gestione di un ente locale.
8.4. Ebbene, nel caso di specie, tale “eccezionalità “, che deve essere legata alle esigenze specifiche della gestione commissariale e alla ritenuta evidenza di necessitare dell’ulteriore periodo semestrale, non si riscontrerebbe, ad avviso del primo giudice.
8.5. Dalle motivazioni addotte, rispettivamente, per chiedere e disporre la proroga, si legge piuttosto la rilevata volontà di continuare la gestione commissariale secondo la ordinaria attività svolta fino alla conclusione naturale del periodo di diciotto mesi e non il riscontro di una particolare situazione di “eccezionalità “, che avrebbe imposto la proroga in questione in riferimento a iniziative che solo la commissione stessa avrebbe potuto assumere o continuare a gestire e non l’amministrazione di nuova elezione.
9. Occorre rilevare che tale motivazione, anzitutto, è errata in diritto e merita riforma.
9.1. Ben evidente è, infatti, che il concetto di eccezionalità, di cui all’art. 143, comma 10, c.p.a., necessariamente si lega all’eccezionalità della situazione che ha determinato lo scioglimento del consiglio comunale, non potendo ipotizzarsi, come sembra postulare il primo giudice, una c.d. doppia eccezionalità, la prima, tale da determinare la misura dissolutoria, e la seconda, del tutto diversa dalla prima, tale da giustificarne la proroga.
9.2. È insita nella stessa natura della proroga l’esigenza di proseguire, nel tempo, gli effetti dell’originario provvedimento prorogato al fine di consentire che questo possa continuare ad esplicare la propria efficacia per tutte le ragioni che ne hanno giustificato l’iniziale adozione e non è logicamente sostenibile che i motivi della prolungata efficacia debbano essere del tutto diversi e avulsi rispetto a quelle originarie ragioni al cospetto di una misura, come quella straordinaria dello scioglimento del consiglio comunale, adottata proprio al fine di contrastare l’infiltrazione mafiosa negli organi politici e amministrativi dell’ente locale.
9.3. Non è perciò condivisibile la tesi sostenuta dagli appellati, ancora nella memoria depositata l’8 ottobre 2019 (p. 19), secondo cui la proroga dovrebbe presuppore “un surplus rigoristico nelle motivazioni poste a base della decisione di prolungamento dello scioglimento che dia conto della presenza di elementi nuovi, imprevisti e la cui soluzione necessiti dell’ulteriore sospensione degli organi elettivi (con sacrificio della democrazia rappresentativa)”.
9.4. La lettura dell’art. 143, comma 10, c.p.a. offerta dal primo giudice che ha seguito tale tesi, proprio per le ragioni esposte, contrasta frontalmente, prima ancora che in generale con la ratio dell’istituto della proroga, già sul piano letterale, e nello specifico, con la volontà del legislatore, il quale si è premurato di chiarire che il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi, prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, “al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princì pi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa”.
9.5. Il legislatore ha cioè presupposto che il termine massimo di diciotto mesi, di norma, sia sufficiente per la commissione straordinaria ad assicurare il ripristino della legalità gravemente compromessa nell’ente e il ritorno al regolare funzionamento dei servizi ad esso affidati, nel rispetto dei principî sanciti dall’art. 97 Cost., ma ha voluto ammettere la possibilità, eccezionale, che la misura del commissariamento possa giungere sino a ventiquattro mesi proprio per consentire che questa azione di ripristino, di fronte ad esigenze concrete che richiedano più tempo, non si interrompa per il solo scadere del termine massimo ordinario di diciotto mesi.
9.6. Si deve trattare certo di esigenze concrete, gravi, che necessitano di adeguata motivazione, ma esse non devono presentare necessariamente un carattere di straordinarietà sopravvenuto, ulteriore o diverso, rispetto alle esigenze che la commissione straordinaria si è trovata a fronteggiare all’atto del suo insediamento per effetto della misura dissolutoria dovuta all’infiltrazione mafiosa del Comune, misura che ha già in sé il carattere della straordinarietà, quale extrema ratio dell’ordinamento, a tutela delle libertà democratiche, contro la minaccia dell’infiltrazione mafiosa nella vita politica e amministrativa dell’ente locale.
9.7. La proroga non è, cioè, una misura straordinaria che si assomma ad una misura straordinaria, ma la mera prosecuzione temporale dell’unica misura straordinaria in presenza di stringenti ragioni finalizzate al regolare funzionamento dei servizi affidati alle pubbliche amministrazioni.
9.8. A fronte di questa primaria necessità, tutelata dall’art. 97 Cost. e ritenuta prevalente dal legislatore in un non irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, non vi è alcuna compromissione delle libertà democratiche se la prosecuzione della misura straordinaria è motivata con riferimento all’azione di ripristino della legalità intrapresa dalla commissione straordinaria, soprattutto ove si consideri, nel caso di specie, l’interruzione della sua attività conseguente all’originario annullamento della misura dissolutoria, disposto dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
9.9. Ciò non vuol dire, come si legge nella sentenza impugnata, che si dovrebbe altrimenti ritenere naturale la proroga del commissariamento ogni qual volta si sia in presenza di sentenze di primo grado, sospese nella loro efficacia solo alcuni mesi dopo dal giudice d’appello, ma solo che tale esigenza di ripristino può porsi con maggior forza ed evidenza nel caso in cui l’azione della commissione sia stata interrotta per effetto della statuizione annullatoria resa in primo grado e il reinsediamento dell’amministrazione comunale poi definitivamente disciolta.
9.10. E tanto è accaduto nel caso di specie, ove la disciolta amministrazione comunale, una volta reinsediatasi temporaneamente, nel lasso di tre mesi, per effetto della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha posto in essere una serie di atti intesi a revocare l’azione fino a quel momento svolta dalla commissione.
10. Quanto ai timori, prospettati dagli appellati nella memoria depositata l’8 ottobre 2019 (pp. 30-33), secondo cui una diversa interpretazione, come quella qui seguita, implicherebbe un vulnus degli artt. 5, 97, 114, 118 e 120 Cost., ne è manifesta l’infondatezza, perché proprio l’innegabile collegamento tra l’esigenza di proseguire nell’opera di ripristino della legalità, non conclusa nei 18 mesi, e gli elementi, concreti, univoci e rilevanti, che hanno condotto alla misura dissolutoria, pone al riparo l’istituto della proroga in esame dal dubbio di essere eccessivamente ampia, nei suoi presupposti applicativi, e di schiudere la strada all’indeterminatezza del potere governativo anche nella decisione del suo prolungamento temporale, finalizzato ad evitare che il mero scadere dei diciotto mesi comprometta l’efficace ripristino della legalità, da parte della gestione commissariale, “al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princì pi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa”, come prevede il già richiamato art. 143, comma 10, del T.U.E.L:
10.1. È al contrario la nozione eccessivamente lata di eccezionalità, propugnata dagli appellanti e condivisa dal primo giudice, slegata com’è da ogni rapporto, invece necessario, rispetto alle primigenie ragioni poste a base dello scioglimento e alle conseguenti esigenze del commissariamento, che condurrebbe ad una interpretazione contra Constitutionem, proprio in ossequio a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza -OMISSIS- del 24 luglio 2019, poiché, come questa Sezione ha rilevato nel far propri gli insegnamenti della Corte (v., di recente, Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), una simile interpretazione, non chiarendo con precisione se e quando si sia al cospetto di casi eccezionali, espone l’istituto al serio rischio di indeterminatezza.
10.2. Anche nella materia dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali, quale espressione del diritto della prevenzione antimafia, occorre garantire il rispetto dei fondamentali principî di tassatività sostanziale e di tassatività processuale, enucleati dalla sentenza -OMISSIS- del 27 febbraio 2019 della Corte costituzionale, a tutela, in questa materia, delle libertà democratiche e dell’esercizio della sovranità popolare.
10.3. Sul piano della tassatività sostanziale, infatti, la sentenza -OMISSIS- del 24 luglio 2019 della Corte costituzionale, va qui ricordato, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, del d.l. n. 113 del 2018, che aveva inserito il comma 7-bis nell’art. 143 del T.U.E.L., e ha rilevato che, mentre per l’attivazione del potere di scioglimento del consiglio comunale o provinciale occorre che gli elementi in ordine a collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso, raggiungano un livello di coerenza e significatività tali da poterli qualificare come “concreti, univoci e rilevanti” (art. 143, comma 1, del T.U.E.L.), invece, quanto alle “condotte illecite gravi e reiterate”, di cui al comma 7-bis censurato avanti alla Corte, è sufficiente che risultino mere “situazioni sintomatiche”, sicché il presupposto positivo del potere sostitutivo prefettizio “è disegnato dalla disposizione censurata in termini vaghi, ampiamente discrezionali e certamente assai meno definiti di quelli del potere governativo di scioglimento dei Consigli comunali e provinciali, pur essendo il primo agganciato a quest’ultimo come occasionale appendice procedimentale”.
10.4. Proprio la sentenza -OMISSIS- del 24 luglio 2019 della Corte costituzionale ha confermato il principio, fondamentale in ogni Stato di diritto come il nostro, secondo cui ogni potere amministrativo, non escluso dunque quello di proroga qui contestato, deve essere “determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa”, per usare le parole della Corte costituzionale (sent. -OMISSIS- del 24 luglio 2019, appena citata, che richiama la sentenza n. 115 del 7 aprile 2011 della stessa Corte costituzionale sull’interpretazione dell’art. 54, comma 4, del T.U.E.L.).
11. La richiesta di proroga, da parte della Prefettura di Lecce, e la relazione del Ministro dell’Interno al Presidente della Repubblica, come si è già accennato, si fondano su tre elementi essenziali:
a) gli interventi sul fenomeno delle occupazioni abusive degli alloggi popolari;
b) la gestione del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo;
c) l’ultimazione dei progetti in campo urbanistico avviati per la gestione del Comune.
12. Nessuno di questi tre elementi, ad avviso del primo giudice, giustificherebbe la proroga della gestione commissariale, ma le considerazioni della sentenza impugnata ancora una volta, e anche nel merito, non meritano condivisione.
13. In relazione al primo punto, di cui alla lett. a), il settore degli alloggi popolari e dell’edilizia residenziale pubblica, infatti, il primo giudice evidenzia come l’emersione di “gravi lacune ed illegittimità “, principalmente in tema di monitoraggio della situazione in relazione all'”occupazione abusiva” costituirebbe un accenno alquanto generico e risalente a quanto già osservato a sostegno del precedente scioglimento e valutato in dettaglio nella sentenza di accoglimento dallo stesso Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
13.1. L’affermazione della commissione, ripresa dalla Prefettura, per la quale la commissione aveva trasferito le competenze sul controllo dell’abusivismo alla Polizia Locale, avviando una fattiva collaborazione con -OMISSIS-, al fine di scongiurare il protrarsi di situazioni di illegalità, “contrastando in modo efficace le occupazioni abusive con ogni opportuna iniziativa”, apparirebbe, ad avvio della sentenza impugnata, altrettanto generica e non indicativa della necessità di un ulteriore periodo di sei mesi, ben potendo un’amministrazione subentrante, eletta dai cittadini, provvedere ugualmente in tal senso.
13.2. Sul punto, peraltro, il Collegio di prime concorda con quanto prospettato dai ricorrenti, secondo i quali la situazione dell’edilizia residenziale pubblica era caratterizzata da una “pluridecennale” difficile gestione per via delle occupazioni abusive verificatesi ed era sussistente in molti altri comuni salentini, fermo restando che è la stessa normativa regionale pugliese (di cui alla L.R. n. 54 del 2014 e ss. mm.) a disporre che il rilascio degli immobili possa essere predisposto da -OMISSIS-, quale ente proprietario degli immobili, mentre l’ente locale ha solo una funzione “ancillare”, potendo mettere a disposizione la Polizia Locale su espressa richiesta -OMISSIS- stessa, sicché non sarebbe stato chiarito in cosa sia consistita la situazione di “eccezionalità ” invocata dalla commissione e dalla Prefettura.
13.3. Queste argomentazioni non possono essere condivise perché, tra i motivi che avevano condotto allo scioglimento del Comune, era stato evidenziato come, al momento dell’insediamento della commissione straordinaria, vi fosse l’assenza totale di un quadro attendibile della situazione degli alloggi popolari e la presenza solo di informazioni approssimative, spesso non attuali, sugli occupanti.
13.4. L’organo di gestione straordinaria, oltre a destinare la responsabile di tale settore ad altro incarico, senza titolarità di settore, ha trasferito le relative competenze alla polizia municipale e ha realizzato una fattiva collaborazione con -OMISSIS-, mediante una fitta corrispondenza e una serie di riunioni e incontri presso la sede comunale, proprio al fine di scongiurare il protrarsi di situazioni di illegalità e per contrastare in modo efficace le occupazioni abusive con ogni opportuna iniziativa.
13.5. Gli ultimi dati forniti dalla commissione straordinaria hanno consentito di avere un quadro preciso della situazione, con dati esatti che, fino al quel momento, non si erano mai avuti.
13.6. È stata, inoltre, accertata una situazione particolarmente delicata in un edificio, ove ben sette alloggi risultano occupati abusivamente, quattro dei quali occupati da nuclei familiari fortemente controindicati e con la presenza di minori, alcuni dei quali seguiti dal servizio sociale per via di provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile.
13.7. Ben evidente dunque appare l’eccezionalità della situazione, delineatasi all’atto dello scioglimento del consiglio comunale, e la gravità di un panorama amministrativo che, al momento della proroga, mostrava ancora criticità non risolvibili in temi brevi e necessitanti, quindi, di ulteriore monitoraggio per poter essere seguite con la massima attenzione, fino all’effettivo sgombero in condizioni di sicurezza.
13.8. D’altronde, come bene ha rilevato l’Avvocatura Generale dello Stato nell’atto di appello (pp. 11-12 del ricorso), sebbene la normativa disponga che il rilascio degli immobili sia disposto da -OMISSIS- quale ente proprietario degli immobili, è innegabile l’importanza dell’attività di supporto all’amministrazione locale soprattutto a fronte delle situazioni di grave disagio sociale come quelle rappresentate.
13.9. Non condivisibile è, pertanto, la valutazione del primo giudice che, in un contesto amministrativo altamente problematico e inquinato come quello della disciolta amministrazione comunale, ha inteso negare l’eccezionalità della situazione relativa all’edilizia residenziale pubblica, connotata da un grave disordine amministrativo e dalla presenza di soggetti occupanti non immuni da sospetti antimafia.
14. Anche in relazione al secondo punto, di cui alla lett. b), e cioè al c.d. “SPRAR” (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati), il primo giudice ha criticato il riferimento agli ammanchi di cassa, che però risultavano verificati dallo stesso precedente Sindaco che ne aveva fatto documentata segnalazione alle autorità penali competenti, segnalazione da cui era scaturito anche un contenzioso legale in cui la stessa commissione straordinaria aveva ritenuto di costituirsi in giudizio a sostegno delle ragioni del Comune, secondo l’impostazione della precedente amministrazione, poi disciolta.
14.1. Anche in questo caso quindi, secondo la sentenza impugnata, non si evincerebbero le ragioni di “eccezionalità “, se non quelle di proseguire in un iter ordinario, che ben avrebbe potuto perpetuare una nuova amministrazione eletta, anche in riferimento alla nuova gara bandita per l’individuazione di un soggetto giuridico affidabile, come pure evidenziato nella relazione prefettizia.
14.2. Pure questa valutazione non è condivisibile perché la commissione straordinaria si è trovata a fronteggiare notevoli criticità, segnatamente correlate alla mala gestio del progetto sotto il profilo contabile e della rendicontazione rispetto ai finanziamenti ricevuti dallo Stato e, sul punto, la commissione si è impegnata nel ripristino della legalità, attuata mediante l’indizione di una nuova gara, che ha individuato un soggetto giuridico affidabile, al fine di continuare a garantire i servizi di accoglienza integrata e il relativo procedimento amministrativo, tuttavia, nel 2018 non risultava ancora definito anche a causa delle criticità del progetto SPRAR.
14.3. Anche in questo caso la gravità della situazione venutasi a creare, ben diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, e la necessità di continuare a ripristinare e, infine, assicurare una corretta gestione, amministrativa ed economica, del centro destinato all’accoglienza dei richiedenti asilo, configurava sicuramente, ai fini dell’art. 143, comma 10, del T.U.E.L., la situazione di eccezionalità, negata invece dal primo giudice, anche a fronte delle chiare risultanze emergenti dalla relazione della commissione straordinaria depositata il 4 settembre 2018 in adempimento dell’ordinanza istruttoria -OMISSIS- del 2018 del medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
15. Infine, anche in relazione al terzo punto, di cui supra alla lett. c) del § 11, riguardante i richiamati l’iter di completamento dell’affidamento di due beni confiscati alla criminalità organizzata e il relativo percorso avviato con la Regione Puglia nonché l’esigenza di chiudere numerosi contenziosi pendenti, di partecipare a bandi per l’acquisizione di finanziamenti destinati alla rigenerazione urbana e di deliberare debiti fuori bilancio asseritamente contratti dalla disciolta amministrazione nei tre mesi del proprio reinsediamento, ad avviso della sentenza impugnata si tratterebbe di elementi riconducibili all’ordinario svolgimento della gestione commissariale e non alla eccezionalità di una peculiare situazione di cui si occupava l’organo straordinario alla scadenza del suo mandato di diciotto mesi, sia pure interrotto – ma poi ripreso – nei tre mesi indicati.
15.1. Così non è, tuttavia, e anche su questo punto la sentenza impugnata merita decisa riforma.
15.2. La proposta di proroga si è fondata, infatti, anche sugli interventi della gestione straordinaria in un altro settore rilevante della vita amministrativa dell’ente e, cioè, il settore urbanistico, per il quale è stato dato avvio, da parte dei commissari, ad alcune procedure per la partecipazione a numerosi bandi finalizzati ad acquisire i finanziamenti destinati ad interventi di miglioramento del decoro urbano e, in particolare, l’associazione al confinante Comune di -OMISSIS-per accedere al finanziamento per la rigenerazione urbana.
15.3. Non va trascurato che il sindaco, reinsediatosi per tre mesi dopo l’annullamento della misura dissolutoria, aveva preannunciato l’azzeramento di ogni forma di collaborazione con il Comune di -OMISSIS-e la commissione si è trovata a riprendere l’iter amministrativo dopo la battuta d’arresto imposta dalla poi disciolta amministrazione comunale.
15.4. Una situazione analoga si era poi verificata anche con riguardo alla costituzione di un punto di informazione turistica, del quale il Comune di -OMISSIS- era del tutto sprovvista, iniziativa che nuovamente la commissione straordinaria non ha potuto portare a termine, attesa la intervenuta revoca, da parte del sindaco reinsediatosi, della delibera commissariale con la quale era stata disposta l’apertura di tale punto informazioni in uno stabile di proprietà comunale ubicato nel Parco all’ingresso della città, laddove è stata invece prevista, da parte del sindaco, l’apertura di un bar.
15.5. Anche questa iniziativa della commissione, non conclusa al momento della richiesta proroga, si è inserita nel contesto di una più ampia, lunga, faticosa, ostacolata azione volta al ripristino della legalità nel Comune di -OMISSIS-, azione che ha incontrato la forte resistenza non solo della disciolta amministrazione comunale, reinsediatasi temporaneamente per tre mesi, ma anche di un contesto ambientale fortemente compromesso nel quale, al di là del fisiologico e democratico dissenso tra i cittadini rispetto alle iniziative gestorie prese dalla commissione, si sono avuti veri e propri atti intimidatori, probabilmente non avulsi da logiche mafiose, come quello – niente affatto democratico e risalente al 12 aprile 2019, nel fervore della campagna elettorale – della busta recapitata presso la casa comunale e recante un chiaro messaggio intimidatorio alla commissione straordinaria, del seguente tenore: “chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni e campare è meglio ve lo dice un amico” (p. 16 del ricorso).
15.6. Avvertimento, questo, che ben lascia intravedere il clima di pesante intimidazione, che ancora contraddistingue la vita politica di -OMISSIS-, e mostra ancora una volta, ove ve ne fosse bisogno, l’eccezionalità della situazione, che certo non può essere liquidata in modo semplicistico e riduttivo, come sostengono gli appellati allorché, quasi ignorando tutto questo, parlano del “corretto svolgimento della campagna elettorale” (p. 30 della memoria depositata l’8 ottobre 2019), come la conferma del fallimento dell’opera di risanamento, avviata in modo tanto difficoltoso dalla commissione, se è vero che proprio lo sconcerto derivante da tali episodi, e altri consimili (di cui è stato oggetto il candidato sindaco -OMISSIS-, poi ritiratosi dalla competizione elettorale), hanno indotto il Prefetto di Lecce a convocare il 19 aprile 2019 una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia proprio nella città di -OMISSIS-, al fine di dare un segnale della presenza dello Stato sul territorio proprio dopo i gravissimi episodi occorsi nei giorni immediatamente precedenti.
16. Di qui, per tutte le ragioni esposte, il ricorrere di tutte le ragioni di eccezionalità, nei sensi sopra indicati, che ai sensi dell’art. 143, comma 10, del T.U.E.L. pienamente hanno giustificato la proroga del commissariamento, erroneamente annullata dal primo giudice, se è vero che tutte le ragioni della proroga, sin qui esaminate, si ricollegano direttamente al grave quadro indiziario, che aveva giustificato lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, come aveva già rilevato questo Consiglio di Stato nella sentenza -OMISSIS- del 18 ottobre 2018, nell’evidenziare, al § 2.2., questo “vasto quadro indiziario relativo alla pervasività del pericolo di influenza dell’organizzazione di stampo mafioso, proprio in settori che assumono, per così, valore “sintomatico” quali quelli dell’urbanistica, della gestione dei rifiuti, degli appalti, degli alloggi popolari e delle assunzioni”.
17. Quanto al quarto motivo di appello (pp. 17-20 del ricorso), con il quale le amministrazioni appellanti contestano nel merito la fondatezza delle altre censure in primo grado assorbite dalla sentenza impugnata, si deve qui rilevare che gli appellati, costituitisi, non hanno in questa sede riproposto dette censure assorbite appunto dalla sentenza impugnata e, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., la loro mancata tempestiva proposizione ne preclude l’esame anche a questo Collegio, con la conseguente inammissibilità del motivo di appello, tendente ad ottenerne il rigetto nel merito, per difetto di interesse.
18. Da quanto esposto discende che l’appello debba essere accolto per le ragioni sopra esposte e che, in integrale riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in prime cure dagli odierni appellati debba essere dichiarato inammissibile, improcedibile e, comunque, infondato anche nel merito.
19. Gli appellati, stante la loro soccombenza, devono essere condannati a rifondere le spese del doppio grado del giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
19.1. Rimane a loro definitivo carico anche il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in prime cure, mentre essi vanno condannati a versare il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Lecce, lo accoglie nei suoi primi tre motivi, dichiarando inammissibile il quarto, e per l’effetto dichiara inammissibile, improcedibile e, comunque, respinge anche nel merito il ricorso proposto in prime cure da -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Condanna -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- a rifondere in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri le spese del doppio grado del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 5.000,00 (Euro 2.000,00 per il primo grado ed Euro 3.000,00 per il secondo grado), oltre gli accessori come per legge.
Pone definitivamente a carico di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in prime cure.
Condanna in solido -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- a corrispondere il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello da parte delle Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Lecce.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità e di ogni altro dato concernente il Comune di -OMISSIS-, il Comune di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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