Impugnato il bando non occorre ricorrere avverso l’aggiudicazione definitiva

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 18 dicembre 2018, n. 7130.

La massima estrapolata:

Una volta impugnato il bando non occorre ricorrere avverso l’aggiudicazione definitiva, perché questa in linea di principio viene meno per l’effetto caducante conseguente al sopravvenire dell’eventuale annullamento del bando.

Sentenza 18 dicembre 2018, n. 7130

Data udienza 22 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4722 del 2018, proposto da
Be. Di. It. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
Arca Lombardia – Azienda Regionale Centrale Acquisti S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cr. Bo. in Roma, viale (…);
nei confronti
Pi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Al., Lu. Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Fi. in Roma, viale (…);
Co. S.p.A., Regione Lombardia non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Quarta n. 01257/2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Arca Lombardia – Azienda Regionale Centrale Acquisti S.p.A e di Pi. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Pi. Fi., Cr. Bo. su delega di Vi. Fi. e Gi. Al.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il presente appello, la società Be. Di. It. S.p.A. ha impugnato la decisione con cui il TAR Lombardia ha dichiarato in parte improcedibile il ricorso principale e, per altra parte inammissibili i motivi aggiunti proposti in primo grado, diretti rispettivamente;
a) all’annullamento:
— del Bando di gara, del Disciplinare, del Capitolato tecnico, schema di convenzione per l’affidamento della fornitura di dispositivi medici per i pazienti diabetici, nonché per la prestazione dei servizi connessi, in favore degli Enti del Servizio Sanitario regionale di cui all’art. 1 della L. R. n. 30 del 27/12/2006 ed in favore degli altri Enti Sanitari presenti sul territorio Lombardo (gara ARCA_2016_92.1);
— delle successive rettifiche ai predetti atti di gara ed in particolare dell’atto indittivo della procedura (determinazione del D.G. di ARCA del 24.5.2016, prot. n. 6042/2016), e per quanto occorra dell’atto di revoca della precedente procedura (Determina n. 5779/2016 del 18 maggio 2016);
— ancora, per quanto occorra, di tutti gli atti indittivi della precedente procedura; nonché della lex specialis della stessa (gara ARCA_2016_92), e successive rettifiche, oltre che del carteggio con la G.U.U.E. cosi come richiamato nell’atto indittivo n. 6042/2016; nonché di tutti gli atti richiamati, connessi e/o conseguenti all’atto indittivo n. 6042/2016; di ogni altro atto relativo alla gara ARCA_2016_92.1, ivi compresi gli eventuali chiarimenti; compresi nomina della commissione, verbali di gara, graduatorie provvisorie e definitive; aggiudicazione provvisoria e definitiva;
b) per l’effetto, per la declaratoria di inefficacia del contratto o della convenzione nelle more eventualmente stipulato/a, con subentro nel contratto o nella convenzione;
c) nonché, per la condanna al risarcimento del danno, in forma specifica o, in ipotesi, per equivalente limitatamente al lotto n. 6 (aghi per penna insulinica- ago 32 g e lunghezza ago 4 mm).
L’appello è affidato ad un duplice ordine di rubriche di gravame relative:
1. all’erroneità della sentenza impugnata per errata ed incongrua motivazione. Il Tar si sarebbe limitato a dichiarare l’improcedibilità del ricorso principale e l’inammissibilità dei relativi motivi aggiunti, omettendo l’analisi dei ben più complessi profili fattuali su cui si era fondato il ricorso introduttivo di Be.;
2. all’illegittimità, nel merito, della lex specialis di gara, per i motivi di ricorso esaminati dal TAR in primo grado, e qui riproposti relativi alla violazione degli artt. 95 e ss. del d.lgs. n. 50/2016; eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità e travisamento; criteri di valutazione erronei, illogici, contraddittori e non ricollegati all’oggetto di gara); violazione degli artt. 83 ss. d.lgs. n. 50/2016, d.p.r. n. 445/2000; illegittimità derivata dai precedenti motivi di ricorso; eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità, travisamento relativamente al giudizio sull’anomalia dell’offerta di Pi..
L’ARCA S.p.a. e la Pi. S.r.l. si sono ritualmente costituite in giudizio con i rispettivi atti in data 25.06.2018 e 13.06.2018 con cui hanno confutato le argomentazioni di controparte e hanno insistito per il rigetto dell’appello.
Con successivi scritti difensivi conclusionali, le parti hanno ulteriormente argomentato e ribadito le proprie ragioni.
Uditi, all’Udienza pubblica di discussione, i difensori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1.§ . Nell’ordine logico delle questioni deve essere affrontato il primo motivo di appello con cui si contesta la declaratoria dell’improcedibilità del ricorso proposto avverso la lex specialis “per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, pure nel caso di accoglimento del ricorso, resterebbe comunque efficace la sua esclusione dalla gara”.
La sentenza ha fatto proprio l’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui l’illegittimità della lex specialis di gara non avrebbe efficacia automaticamente caducante e, dunque, non sarebbe idonea a determinare l’automatica illegittimità del provvedimento conclusivo della stessa; pertanto, l’esclusione dalla procedura dell’appellante avrebbe dovuto necessariamente essere successivamente impugnata.
Tale motivazione, per la ricorrente, sarebbe errata giacché la giurisprudenza richiamata dal TAR si riferirebbe esclusivamente alla posizione del concorrente che si limiti a contestare l’aggiudicazione ad altro soggetto partecipante, mentre la Be., dopo la pubblicazione del bando, aveva immediatamente provveduto ad impugnare la lex specialis che conteneva diversi profili ostativi alla sua partecipazione: il bene della vita che il ricorrente aveva intenzione di tutelare, dunque, non era quello alla partecipazione, ma quello all’annullamento della gara e alla riedizione della stessa epurata dai vizi rilevati.
Di conseguenza, pendendo un ricorso originario che contestava l’impianto stesso della gara per il lotto n. 6, l’esclusione di Be. avrebbe una natura sostanzialmente “vincolata” e “confermativa”.
Si sarebbe cioè trattato della necessaria conseguenza proprio delle illegittime previsioni iniziali di gara preventivamente contestate.
La posizione di Be. sarebbe pertanto assimilabile a quella di chi, senza partecipare alla gara, contesti una clausola di esclusione che impedisce la sua partecipazione, per cui non solo non sarebbe stata tenuta ad impugnare il provvedimento di esclusione (alla luce delle considerazioni che precedono), ma il provvedimento di esclusione rappresenterebbe proprio la prova della natura escludente delle clausole del bando.
Se avesse impugnato l’esclusione, la Be. avrebbe paradossalmente chiesto l’annullamento di un provvedimento che nella realtà dei fatti sarebbe andato a confermare quanto dalla stessa sostenuto sin dall’inizio, e cioè che, così come predisposta, la lex specialis ne impediva la partecipazione (che equivarrebbe a sostenere che se avesse partecipato, ne sarebbe stata esclusa).
Con una seconda doglianza, l’appellante lamenta che il TAR ha dichiarato l’inammissibilità dei motivi aggiunti, per carenza di legittimazione attiva, perché “l’operatore escluso dalla gara non è legittimato ad impugnare il successivo provvedimento di aggiudicazione della stessa”.
L’appellante lamenta l’erroneità di una simile statuizione che sarebbe stata in contrasto con quanto definitivamente chiarito nella recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 26.04.2018, n. 4, secondo cui la partecipazione alla gara è del tutto irrilevante ai fini dell’interesse e della legittimazione al ricorso, ove si sia impugnata la lex specialis di gara.
Ai fini dell’onere dell’immediata impugnazione delle clausole che prescrivono i requisiti di partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica, è necessario non solo che esse manifestino immediatamente la loro attitudine lesiva, ma anche che le stesse risultino legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare preesistenti alla gara e non siano condizionate dal suo successivo svolgimento e perciò ledono immediatamente e direttamente l’interesse sostanziale del soggetto (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 1 agosto 2014, n. 4067).
Nel caso sarebbe stato irrilevante che l’appellante avesse contestato i criteri di valutazione e non i requisiti di partecipazione, poiché i meccanismi di esclusione resterebbero tali anche se traslati dalla fase di valutazione dei requisiti di ammissione a quella di valutazione tecnica.
Le precipue previsioni della lex specialis contestate avrebbero infatti reso sostanzialmente impossibile la partecipazione dell’appellante alla procedura per il lotto indicato, la quale non avrebbe avuto alcuna concreta chance di superare la fase di valutazione delle offerte tecniche, restandole preclusa una corretta e consapevole elaborazione della propria proposta economica.
L’immediata impugnativa del bando sarebbe stata pertanto legittima perché la lesione della situazione giuridica soggettiva del ricorrente sarebbe stata prodotta non già da atti successivi e meramente confermativi, ma direttamente dalla lex specialis.
La regola ermeneutica esplicitamente evocata dal TAR nel motivare l’improcedibilità del ricorso principale sarebbe corretta, ma derogabile laddove la parte processuale deduca l’illegittimità dell’intera procedura selettiva, come avvenuto appunto nel caso di specie.
Infatti, il ricorrente non avrebbe inteso contestare l’esito della gara ma, a monte, la procedura stessa e gli atti che l’hanno indetta. La sua aggiudicazione definitiva si configura nel senso di una consequenzialità immediata, diretta e necessaria: l’atto finale si pone, quindi, come inevitabile conseguenza di quello iniziale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 dicembre 2016, n. 5112; Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 617).
La pronuncia di inammissibilità del ricorso dei motivi aggiunti per carenza di legittimazione attiva avrebbe, poi, violato le regole generali in materia di legittimazione attiva al ricorso nelle controversie riguardanti l’affidamento dei contratti pubblici, in base alle quali fanno eccezione alcune tassative ipotesi tra cui – in particolare – il caso in cui si impugnano solamente le clausole del bando, assumendo che le stesse sono immediatamente escludenti (in tal senso Cons. Stato, A.P., 26 aprile 2018, n. 4).
Il motivo di gravame è in parte fondato negli esclusivi limiti che seguono.
Si deve infatti osservare che, in relazione alla presente fattispecie, la tesi del TAR non possa essere condivisa. La Sezione non ignora che la Corte di Giustizia UE ha affermato che il soggetto che non ha presentato un’offerta può difficilmente dimostrare di avere interesse a opporsi alla decisione di aggiudicazione o di esserne leso o rischiare di esserlo, costituendo la partecipazione a un procedimento di aggiudicazione, in linea di principio, una valida condizione per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse all’aggiudicazione o rischia di subire un danno a causa della sua asserita illegittimità (12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C 230/02).
Tuttavia, la medesima Corte UE ha affermato che spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.
In tale prospettiva la Sezione, per ragioni di economia processuale e di giustizia sostanziale, ha affermato che, nelle gare pubbliche, non occorre impugnare gli atti di aggiudicazione se sono stati ritualmente impugnati quelli di indizione del procedimento di gara, atteso che l’annullamento del bando di gara travolge il provvedimento di aggiudicazione, sicché la mancata impugnazione di quest’ultima non determina l’improcedibilità del ricorso (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 05 dicembre 2016, n. 5112).
Deve dunque affermarsi che, quando l’impugnazione originaria è diretta contro una clausola del bando, non si rinviene né l’onere e né l’utilità di impugnare anche l’aggiudicazione definitiva dato che il possibile accoglimento dei motivi diretti alla caducazione di norme generali della lex specialis comporterebbe un effetto caducante dell’intera procedura.
Ha dunque ragione l’appellante quando ricorda che, per la giurisprudenza, una volta impugnato il bando non occorre ricorrere avverso l’aggiudicazione definitiva, perché questa in linea di principio viene meno per l’effetto caducante conseguente al sopravvenire dell’eventuale annullamento del bando.
In caso di impugnativa della lex specialis, la mancata impugnazione dell’esclusione non può determinare alcuna improcedibilità quando, come nel caso di specie, tale esclusione dipenda strettamente e sia conseguenza dell’applicazione della clausola del bando originariamente censurata come illegittima.
L’appellante, pur essendo tra i principali player del mercato della sanità, infatti, è stata esclusa proprio per la diretta e determinante incidenza di una soglia di sbarramento ritenuta dalla Be. eccessivamente alta ed affidata ad elementi irrilevanti, irragionevoli, inconferenti e comunque illegittimi.
Nel caso in esame, il ricorso di primo grado e i relativi motivi aggiunti erano dunque pienamente ammissibili.
2.§ . In conseguenza, per ragioni di economia espositiva, devono essere esaminati congiuntamente i seguenti motivi di gravame.
Con il secondo, il quarto ed il quinto motivo di appello (con cui vengono riproposti il primo motivo di ricorso di prime cure, e il primo ed il secondo motivo aggiunto) l’appellante lamenta l’illegittimità del bando di gara e del provvedimento di aggiudicazione per violazione dell’art. 95 del d.lgs. 50/2016.
L’Arca avrebbe predisposto dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica per il lotto n. 6, con un’alta soglia di sbarramento (pari a 36/60) collegata però alla valorizzazione di elementi del tutto recessivi, sul piano qualitativo, quali:
— l’ampiezza di gamma nei diametri di aghi (punteggio massimo previsto fino a ben 20 punti);
— la numerosità di aghi all’interno del confezionamento secondario offerto (punteggio massimo 15 punti);
— le modalità dell’imballaggio e del confezionamento primario (punteggio massimo 15 punti).
Sarebbe evidente l’illegittimità, l’irragionevolezza e la lesività dei predetti parametri in quanto andrebbero a premiare eccessivamente, in termini di massimo punteggio attribuibile, delle caratteristiche secondarie del prodotto oggetto di bando che esulerebbero, quindi, da una valutazione squisitamente qualitativa dello stesso.
Inoltre, con la quinta censura, Be. impugna il provvedimento di aggiudicazione in favore di Pi. S.r.l., nonché tutti gli atti ad esso connesso, per illegittimità derivata dai predetti motivi di ricorso.
2.§ .1. Tutti i predetti motivi non convincono.
Si deve osservare che la fissazione di un’alta soglia di sbarramento ed i criteri di valutazione per il lotto n. 6, seppure potrebbero apparire una determinazione comunque abbastanza singolare, sul piano sintomatico dell’eccesso di potere per sviamento, non appaiono tali da condurre con sufficiente sicurezza il Collegio ad un giudizio di illegittimità dell’intero lotto.
Nel caso, l’appellante non rappresenta alcun apporto della letteratura scientifica in grado di supportare le sue tesi.
Né si ravvisa comunque, sul piano del senso comune, alcun ulteriore elemento che deponga aliunde per la sicura irragionevolezza dei parametri di valutazione dell’offerta qualitativa.
Al riguardo, tenendo conto della natura dei prodotti in questione, che sono classificati come Dispostivi Medici di Categoria A (di cui al D.M. 07.10.2011), nel caso in esame appare legittimo che la Stazione Appaltante, in primo luogo, abbia agganciato la qualità alla configurazione dei prodotti oggetto dell’appalto di fornitura modulata secondo le proprie esigenze e, in secondo luogo, abbia individuato in conformità i criteri e conseguentemente effettuato una ripartizione del punteggio tra i parametri previsti all’art. 95, comma 6, lett.a), del d.lgs. n. 50/2016.
Si tratta di profili che non appaiono manifestamente illogici e comunque, come tali, non sembrano censurabili dal giudice amministrativo in sede di sindacato di legittimità .
In tale prospettiva interpretativa, non si ravvisa nemmeno quell’oggettiva incertezza di carattere ontologico che possa giustificare una verificazione o una consulenza tecnica d’ufficio al riguardo.
In definitiva, deve dunque concludersi che si tratta di scelte di merito della Stazione Appaltante per le quali, come dedotto dall’Arca nelle proprie memorie difensive, non solo sussisterebbe comunque una certa ratio di funzionalità e di gestione delle commesse, ma che in ogni caso comunque rientrano nell’alveo della discrezionalità tecnico-amministrativa della stessa.
3.§ . Con il terzo motivo, invece, si evidenziava l’illegittimità della lex specialis nella parte in cui richiedeva la produzione in gara, da parte dei concorrenti stessi, dei certificati di esecuzione di prestazioni analoghe presso altri enti pubblici.
Per la Be. si tratterebbe non solo di un onere tale da renderne eccessivamente gravosa la partecipazione, ma anche di una violazione del principio di necessaria acquisizione d’ufficio della documentazione comprovante il requisito autodichiarato (ex art. 43, comma 1, D.P.R. n. 445/2000).
L’assunto va respinto.
In primo luogo, la produzione di certificati di esecuzione di prestazioni analoghe presso altri enti pubblici non era posta dalla lex specialis a pena di esclusione, ma finalizzata a comprovare i requisiti di capacità tecnico professionale precedentemente autodichiarati, nel pieno rispetto del dettato normativo di riferimento, ai sensi dell’art. 86 comma 5 del d.lgs. n. 50/2016.
In secondo luogo, la prescrizione era meramente indicativa degli eventuali mezzi di prova che il concorrente poteva fornire, e non esclusiva come invece paventato nel ricorso.
Appare poi del tutto singolare che l’appellante pretenda di invertire l’onere della prova, di cui al ricordato art. 86 del Codice dei Contratti, relativo al buon esito dei suoi precedenti contratti, addossandolo sulla Stazione Appaltante.
Le certificazioni sui fatturati eseguiti e sulla relativa buona esecuzione concernono documenti strettamente pertinenti all’attività dell’impresa che, in quanto tali, dovrebbero costituire non un “costruito” a posteriori del concorrente ma un “dato” preesistente, in quanto sulla base dei predetti certificati avrebbero dovuto essere effettuate le autodichiarazioni sulla capacità tecnica prodotte in sede di ammissione alla gara.
4.§ . Con il sesto ed ultimo gravame, Be. censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 e ss. del d.lgs. 50/2016, lamentando profili di carenza di istruttoria, illogicità e travisamento in riferimento alla procedura di valutazione dell’anomalia effettuata dalla Stazione Appaltante relativamente all’offerta Pi., la quale avrebbe presentato un’offerta non congrua e non sostenibile. In ragione di ciò, è stata domandata in via principale l’esclusione dell’offerta di Pi. e, in via gradata, la ripetizione del giudizio di anomalia dell’offerta.
La censura è priva di pregio.
In primo luogo, le asserzioni della ricorrente relativamente alla pretesa insostenibilità dell’offerta economica presentata da Pi. si riferiscono a voci (costi commerciali e costo del lavoro) non meccanicisticamente sovrapponibili tra loro, con conseguente irrilevanza delle contestazioni sollevate sul punto.
In secondo luogo, è consolidata la giurisprudenza secondo cui durante il sub-procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte, l’Amministrazione goda di ampia discrezionalità, per cui la sua valutazione è espressione di un apprezzamento tecnico-discrezionale inerente al merito amministrativo, che come tale di norma è insindacabile in sede di legittimità, se non per aspetti di manifesta irrazionalità o evidente travisamento dei fatti.
In questo senso non vi sono elementi per affermare con evidente chiarezza la presenza di macroscopiche e tangibili illogicità del procedimento di verifica e, comunque, di non congruità dell’offerta.
5.§ . In conclusione, in riforma parziale della sentenza di primo grado, l’appello deve essere respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando:
1. Respinge l’appello come in epigrafe proposto.
2. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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