Impugnabilità degli atti preparatori immediatamente lesivi

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 9 marzo 2020, n. 1661.

La massima estrapolata:

Sebbene sia ammessa l’immediata impugnabilità degli atti preparatori immediatamente lesivi allo scopo di garantire un’immediata tutela giurisdizionale, anche cautelare, mediante ammissione con riserva a gare, esami e concorsi, tuttavia tale possibilità di immediata impugnazione dell’atto lesivo non si può tradurre in un esonero dal dovere di impugnare anche l’atto finale.

Sentenza 9 marzo 2020, n. 1661

Data udienza 20 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8089 del 2014, proposto da
Cl. Ta., rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Co. Pi., Gi. Ia., con domicilio eletto presso l’avvocato Al. Co. Pi. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Lo., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Mo. in Roma, corso (…);
nei confronti
Lu. Do., rappresentato e difeso dagli avvocati Fl. Bu. e Se. Bu., con domicilio eletto presso l’avvocato Su. Lo. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima n. 1138/2014, resa tra le parti, concernente selezione per assunzione a tempo indeterminato lavoratore diversamente abile;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Lu. Do.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Ia., Lo., Co. su dichiarata delega di Bu. e Lo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La Provincia di Lucca aveva invitato il Comune di (omissis) a procedere all’assunzione di un soggetto disabile ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui alla legge n. 68 del 1999.
Interpellati la Provincia e l’ANCI sull’interpretazione dell’art. 7 del provvedimento della Conferenza unificata 16 novembre 2006, n. 992/CU, il Comune, con determinazione n. 844 del 10 giugno 2009 aveva indetto una “procedura di selezione per l’assunzione a tempo indeterminato di n. 1 lavoratore disabile, ai sensi della norma transitoria di cui all’art. 7 del provvedimento 16 novembre 2006 n. 992 della Conferenza unificata.
Il bando del 19 giugno 2009 aveva previsto tra i requisiti per l’ammissione, l’appartenenza alla categoria dei “lavoratori disabili attualmente utilizzati presso il Comune di (omissis) per attività di tirocinio che alla data di entrata in vigore del predetto provvedimento, avessero svolto attività lavorativa per almeno 2 anni presso il Comune di (omissis).
Cl. Ta. non veniva ammessa per assenza del requisito dei due anni di attività lavorativa presso il Comune di (omissis), a far data dal 7 dicembre 2006.
La Tamburini impugnava tale esclusione dinanzi al Tribunale amministrativo della Toscana e deduceva la violazione dell’art. 7 del Provvedimento della Conferenza unificata 16 novembre 2006, n. 992/CU – Intesa in materia di diritto al lavoro dei disabili in attuazione dell’art. 11 della legge n. 68 del 1999 e dell’art. 39 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Si costituivano in giudizio il Comune di (omissis), nonché, ad opponendum, Lu. Do., sostenendo l’inammissibilità ed il rigetto del ricorso.
Con la sentenza n. 1138 del 1° luglio 2014 il Tribunale amministrativo
accoglieva l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune derivata dall’omessa impugnazione dell’avviso di selezione del 19 giugno 2009: il bando prevedeva infatti espressamente all’art. 3, per l’ammissione dei concorrenti alla procedura selettiva, il requisito dello svolgimento di “attività lavorativa per almeno 2 anni presso il Comune di (omissis)” e tale clausola, nell’imporre requisiti determinati di partecipazione che nella specie non erano posseduti, era immediatamente lesiva dell’interesse degli aspiranti al concorso e dunque andava impugnata unitamente al provvedimento di esclusione, ove siano ormai decorsi i termini per il ricorso avverso il bando medesimo.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 13 settembre 2014 Cl. Ta. impugnava la sentenza in questione e ne deduceva l’erroneità laddove era stata affermata l’inequivocità della clausola contestata e la necessità conseguente di immediata impugnazione e quindi ribadiva quanto proposto in primo grado e non esaminato circa l’illegittimità della stessa clausola.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.
Il Comune di (omissis) si è costituito anche in questa fase di giudizio, difendendo le affermazioni della sentenza di primo grado e nel merito sostenendo l’infondatezza dell’appello; interveniva ad oppondendum Lu. Do..
All’udienza del 22 novembre 2018 la causa passava in decisione; in quella sede il Collegio pronunciava sentenza parziale, avendo ritenuto che la sentenza di primo grado avesse errato nel ritenere l’onere di immediata impugnabilità del bando, poiché andava esclusa nel caso la sussistenza di quell’inequivocità delle clausole di bando dalle quali sarebbe derivata in via diretta e non in base ad interpretazione un’illegittimità per l’interesse vantato in giudizio.
Ciò derivava dall’ambiguità sostenuta nell’appello della congiunzione “ovvero”: si può infatti desumere da qualsiasi vocabolario, ma è sufficiente la comune pratica linguistica per sapere che la congiunzione “ovvero” ha un significato ambiguo che porta a conseguenze opposte, da una disgiuntivo “oppure” ad un congiuntivo “vale a dire”.
Dunque nell’espressione contenuta nel bando sui soggetti ammessi alla procedura di assunzione come “coloro cui si riferisce la norma transitoria contenuta nell’art. 7 del provvedimento della Conferenza Unificata n. 992/2006 ovvero i lavoratori disabili attualmente utilizzati presso il Comune di (omissis) per attività di tirocinio…” non vi era quella chiarezza richiesta dalla giurisprudenza per l’impugnazione immediata della legge di gara o del bando di concorso e dunque il ricorso della Tamburini era da considerarsi ammissibile.
Ai fini della corretta decisione del merito, il Collegio riteneva necessaria la produzione del testo della Conferenza Unificata n. 992/2006 ed unitamente il bando di concorso emesso in attuazione dal medesimo Comune ed assegnava al Comune per il deposito di detti documenti il termine 45 giorni.
Il 18 gennaio 2019 il Comune di (omissis) adempiva alle incombenze istruttorie e la causa passava nuovamente in decisione all’udienza del 20 febbraio 2020.
Con memoria depositata nell’imminenza di tale udienza, il controinteressato Donati eccepiva l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, poiché si erano nel seguito tenute le prove di concorso, approvata la graduatoria che lo aveva visto in posizione di vincitore con successiva assunzione, il tutto senza alcuna reazione giurisdizionale da parte dell’attuale appellante.
Va rilevato al riguardo che, sebbene la giurisprudenza abbia da tempo ammesso l’immediata impugnabilità degli atti preparatori immediatamente lesivi allo scopo di garantire un’immediata tutela giurisdizionale, anche cautelare, mediante ammissione con riserva a gare, esami e concorsi, tuttavia tale possibilità di immediata impugnazione dell’atto lesivo non si può tradurre in un esonero dal dovere di impugnare anche l’atto finale, soprattutto quando quest’ultimo, come nel caso dell’approvazione della graduatoria finale di un concorso o dell’aggiudicazione definitiva di una gara di appalto, sia frutto di un’autonoma valutazione di altri ed ulteriori elementi, di fatto e di interessi, rispetto a quelli posti a fondamento della esclusione dal concorso o dalla gara.
Non può infatti condividersi secondo cui, una volta impugnata l’esclusione da una procedura concorsuale, non occorrerebbe anche un’autonoma impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento, in quanto quest’ultimo sarebbe travolto dall’eventuale annullamento dell’esclusione. Infatti, da un lato, l’anticipazione della tutela di impugnazione costituisce un ampliamento degli strumenti di tutela degli interessati, ma non una deroga alla regola generale secondo cui va impugnato l’atto finale e conclusivo del procedimento; dall’altro lato, la circostanza che l’atto finale sia affetto da invalidità derivata dai vizi dell’atto preparatorio, non esclude che tale invalidità derivata debba essere fatta valere con i rimedi tipici del processo impugnatorio, per cui, in mancanza, l’atto viziato da invalidità derivata si consolida e non è più impugnabile (ex multis Cons. Stato, V, 5 marzo 2018 n. 1348; id. 23 marzo 2004 n. 1519).
Non è corretto trattare tale eccezione, come sostenuto dalle difese dell’appellante alla stregua di una nuova prova dedotta per la prima volta in appello, poiché si tratta di fatti successivi ed oggettivi che attengono all’evolversi della vicenda concorsuale che riguardano il conseguimento del bene della vita per cui è causa ed infine il loro avvenuta consolidamento sostanzialmente permesso dall’interessata.
Su deve rammentare, per completezza, che è comunque giurisprudenza uniforme il principio secondo cui, in assenza di una esplicita previsione nel bando di concorso come nel caso di specie, non sussiste a carico dell’amministrazione, che lo ha indetto, alcun obbligo legale e specifico di comunicazione dell’esito del concorso nei confronti dei soggetti non vincitori, essendo per essi sufficiente la pubblicità notizia che si realizza mediante la pubblicazione della graduatoria definitiva sull’albo pretorio dell’ente (ex multis, Cons. Stato, V, 28 maggio 2010 n. 3417).
Per le suesposte considerazioni l’appello deve dunque essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Il superamento della questione di ammissibilità del ricorso di primo grado e ragioni equitative giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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