Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 14 giugno 2019, n. 26342.

La massima estrapolata:

In materia di misure di prevenzione, il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 127, comma 7, cod. proc. pen., in quanto il rinvio a detta norma non implica la completa ricezione del modello procedimentale ivi descritto, compreso il ricorso in sede di legittimità, ma riguarda la sola regola di svolgimento dell’udienza camerale e non trova applicazione l’art. 111 Cost., atteso che il provvedimento non incide sulla libertà personale e non ha carattere di definitività.

Sentenza 14 giugno 2019, n. 26342

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccar – rel. Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso il decreto del 18/07/2018 emesso dal Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Amoroso;
letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Orsi Luigi, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, sezione misure di prevenzione, con ordinanza emessa in data 4/12/18 ha riqualificato quale ricorso per cassazione il ricorso in appello proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente la prima nella qualita’ di amministratore unico e, la seconda, di socia al 20% della societa’ (OMISSIS) s.r.l., sul rilievo che il decreto emesso dal Tribunale di Reggio Calabria in data 18/07/18 relativamente al rigetto dell’istanza avanzata Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 34-bis, comma 6, (c.d. Codice Antimafia) dalla detta societa’ per l’applicazione nei suoi confronti della misura del controllo giudiziario a seguito dell’interdittiva antimafia emessa a suo carico ed oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo, possa essere impugnato unicamente con il ricorso per cassazione, atteso il richiamo operato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6 alle forme del procedimento in camera di consiglio di cui all’articolo 127 c.p.p. che al comma 7 prevede tale mezzo di impugnazione.
2. Con il proprio ricorso, come riqualificato dalla Corte di appello, le ricorrenti hanno impugnato il decreto di rigetto della istanza di sottoposizione della societa’ (OMISSIS) s.r.l. alla misura di prevenzione del controllo giudiziario, regolata dall’articolo 34-bis del citato Codice antimafia, deducendo i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge sotto il profilo della errata interpretazione della normativa di riferimento, dovendosi ritenere che la finalita’ dell’istituto sia quella di riconoscere tutela prevalente all’interesse alla salvaguardia della continuita’ produttiva e gestionale dell’impresa, attraverso il riconoscimento al titolare di una impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva di cui all’articolo 84, comma 4, cit. codice antimafia, di farsi promotore per l’applicazione di detta misura, previa impugnazione davanti al giudice amministrativo del provvedimento interdittivo del prefetto, consentendone di sospenderne gli effetti grazie alla gestione controllata dell’impresa da parte dell’A.G., realizzata ex articolo 34-bis, comma 2, lettera b), attraverso la nomina di un giudice delegato ed un amministratore giudiziario.
In particolare si censura l’interpretazione seguita dal Tribunale che ne avrebbe ridotto l’ambito di operativita’, senza tenere conto del predetto interesse volto ad assicurare la continuita’ dell’impresa con la conseguente tutela della dignita’ del lavoro, subordinandone l’applicazione alla verifica della sussistenza di altri presupposti, non previsti dalla norma ed individuati nella “terzieta’” dell’impresa, intesa come assenza di legami con il fenomeno mafioso, e nella “adeguatezza” della misura rispetto alla valutazione del prevalente interesse pubblico ad impedire che imprese condizionate dalla mafia o comunque legate ad interessi mafiosi, possano eludere, attraverso l’applicazione di detto istituto, i divieti correlati all’adozione di una informazione antimafia interdittiva.
2.2. Con il secondo motivo si censurano le ulteriori argomentazioni nel merito della valutazione operata dal Tribunale con riguardo ai legami esistenti tra la societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS), ritenuto soggetto gravitante nel contesto mafioso, considerati ostativi alla applicazione del controllo giudiziario.
In particolare si obietta che (OMISSIS) e’ stato assolto dalle contestazioni dei reati di mafia con sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in data 1/06/2006, ed e’ stato condannato solo per il reato comune di cui all’articolo 353 c.p. privo di connotazioni mafiose, oltre a contestare anche i rapporti tra l’amministratore unico della societa’, (OMISSIS), con il citato (OMISSIS), la rilevanza del rapporto di parentela della (OMISSIS) con (OMISSIS), presunto affiliato della cosca (OMISSIS), dei rapporti tra il coniuge del responsabile tecnico della societa’, (OMISSIS), con (OMISSIS), persona controllata in compagnia di pregiudicati, trattandosi di elementi equivoci e non dimostrativi dei ravvisati legami e condizionamenti mafiosi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
La questione processuale preliminare che il ricorso impone di affrontare e’ quella della verifica della impugnabilita’ del provvedimento di rigetto della richiesta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario, avanzata dall’impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva, ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6 (c.d. cod. antimafia).
Si tratta di una misura, introdotta dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161 ed inserita nel novero delle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca previste dal predetto codice antimafia e disciplinate nel capo V del titolo II dedicato al piu’ ampio genus delle misure di prevenzione patrimoniali.
Ritiene questo collegio di doversi discostare dal precedente di legittimita’, fatto proprio dalla Corte territoriale (Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018 Rv. 273646), poiche’ la soluzione adottata, oltre a non essere espressione di un orientamento consolidato, introduce un mezzo di impugnazione non previsto dal codice antimafia, in contrasto con il consolidato orientamento di legittimita’ formatosi in merito al carattere tassativo dei mezzi di impugnazione previsti nel sistema delle impugnazioni regolate dal citato Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 10, 27 e 28.
2. Secondo un consolidato orientamento, formatosi prima della riforma
introdotta con la citata L. n. 161 del 2017, la disciplina delle impugnazioni nell’ambito del sistema delle misure di prevenzione deve ritenersi soggetta al principio di tassativita’, con la conseguenza che essendo precluso il ricorso all’interpretazione analogica, i provvedimenti non contemplati negli articoli 10 e 27 Decreto Legislativo cit., e neppure in altre disposizioni espresse che richiamino tali articoli, non sono soggetti ad alcuna impugnazione, fatto salvo l’incidente di esecuzione nei limitati casi in cui possa trovare applicazione detto istituto.
Si deve rammentare che il principio di tassativita’ dei mezzi di impugnazione in materia di misure di prevenzione e’ stato affermato con riguardo alla questione della impugnabilita’ dei provvedimenti di sequestro di prevenzione e di rigetto della relativa istanza di revoca, che gia’ prima della introduzione del codice antimafia non erano stati ritenuti suscettibili di impugnazione e che anche dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 159 del 2011 sono stati ritenuti soggetti unicamente al rimedio dell’opposizione nelle forme dell’incidente di esecuzione ex articolo 667 c.p.p., comma 4, da proporsi davanti allo stesso giudice della prevenzione (Sez. 2, n. 4400 del 13/01/2015, Rv. 262373; Sez. 2 n. 4729 del 16/01/2018 Rv. 272084). E’ opportuno tenere presente che con la L. n. 161 del 17 ottobre 2017, il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 27 e’ stato parzialmente modificato nel senso che e’ stato ampliato l’ambito dei provvedimenti appellabili, prevedendo l’appello anche per i provvedimenti con cui viene applicato, negato o revocato il sequestro.
Il predetto intervento legislativo di ampliamento dei provvedimenti appellabili conferma, peraltro, il carattere tassativo dell’elencazione contenuta nel predetto articolo, e l’impossibilita’ di estenderla in mancanza di una previsione normativa espressa.
3. Invero e’ sufficiente leggere dell’articolo 27 cit., i primi due commi, inserito nel capo II del titolo II dedicato alle misure di prevenzione patrimoniali, per evincerne il carattere tassativo dell’elencazione dei provvedimenti concernenti le misure di prevenzione patrimoniali riportata al comma 1 (1. “I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, l’applicazione, il diniego o la revoca del sequestro, il rigetto della richiesta di confisca anche qualora non sia stato precedentemente disposto il sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o l’esecuzione sui beni costituiti in garanzia…”), e per i quali soltanto opera il richiamo, contenuto al comma 2 (2. “Per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste dall’articolo 10”), delle disposizioni previste dall’articolo 10 cit., dedicato alla disciplina delle impugnazioni, inserita nella sezione II del titolo I, dedicato alle misure di prevenzione personali.
Dal combinato delle due predette disposizioni si desume, infatti, che sono soggetti al ricorso, anche nel merito, davanti alla corte di appello, ed al ricorso per cassazione per violazione di legge avverso i decreti emessi dalla corte di appello, i provvedimenti con i quali il tribunale dispone: a) la confisca dei beni sequestrati;b)l’applicazione, il diniego o la revoca del sequestro; c) il rigetto della richiesta di confisca; d) la restituzione della cauzione; d) la liberazione delle garanzie; e) la confisca della cauzione; f) la esecuzione sui beni costituiti in garanzia.
Sulla base del medesimo principio di tassativita’, in sede di legittimita’, e’ stata vagliata – sia pure indirettamente con riferimento ad un ricorso per cassazione avverso il rigetto di una opposizione proposta ai sensi dell’articolo 667 c.p.p., comma 4 – ed esclusa la possibilita’ di impugnare la misura dell’amministrazione giudiziaria di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34 al di fuori dei casi espressamente previsti dal comma 7 del medesimo articolo, relativi all’impugnabilita’ dei provvedimenti conclusivi che possono essere adottati al termine del periodo di amministrazione giudiziaria, diversi dal rinnovo, ovvero la revoca con controllo giudiziario e la confisca (Sez. 6, n. 44602, 15/09/2015, Rv. 265344).
Anche con riferimento alla predetta misura di prevenzione si deve tenere conto che con la medesima L. 17 ottobre 2017, n. 161, il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34 e’ stato parzialmente modificato nel senso di prevedere che al termine del periodo stabilito di durata dell’amministrazione giudiziaria, il tribunale qualora non disponga il rinnovo del provvedimento, possa deliberare la revoca con la contestuale applicazione del nuovo istituto del controllo giudiziario di cui all’articolo 34-bis, introdotto dalla stessa L. n. 161 del 2017, ferma restando la previsione della sola impugnabilita’, in applicazione delle disposizioni del richiamato articolo 27 cit., dei provvedimenti di revoca con controllo giudiziario e della confisca.
Si deve, poi, considerare che il ricorso per cassazione nell’ambito delle misure di prevenzione e’ previsto solo per violazione di legge, e cio’ sia per le misure di prevenzione personali ex articolo 10 cit., e sia per le impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali e degli altri provvedimenti specificamente elencati ex articolo 27 cit., che rinvia alle disposizioni previste dal cit. Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10.
4. Tenuto conto della disciplina delle impugnazioni, organicamente regolata attraverso un corpo di norme unitario che prevede come unici mezzi di impugnazione l’appello, anche nel merito, e poi il ricorso per cassazione, solo per violazione di legge, retto dal principio della tassativita’ dei mezzi di impugnazione, appare distonica ed asistematica l’interpretazione seguita dalla Corte territoriale, pur se conforme al sopra richiamato precedente di legittimita’, posta a fondamento dell’affermata proponibilita’ del ricorso per cassazione quale unico mezzo di impugnazione avverso la decisione di rigetto dell’istanza avanzata Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 34-bis, comma 6 (c.d. Codice Antimafia) dalla societa’ ricorrente per l’applicazione nei suoi confronti. della misura del controllo giudiziario a seguito dell’interdittiva antimafia emessa a suo carico ed oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo.
L’interpretazione, qui censurata, fonda il proprio assunto sulla base del richiamo operato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 34-bis, comma 6 alle forme del procedimento in camera di consiglio di cui all’articolo 127 c.p.p., e quindi in forza del comma 7 che prevede il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa all’esito dell’udienza camerale.
5. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello si deve, invece, ritenere che la nuova misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario, di cui al citato articolo 34-bis, introdotta con la stessa legge con cui e’ stato ampliato il novero dei provvedimenti appellabili elencati all’articolo 27 cit., non rientri tra i provvedimenti suscettibili di essere impugnati secondo il vigente sistema delle impugnazioni del codice antimafia.
In primo luogo si deve rilevare, sotto il profilo della voluntas legis dell’intervento di riforma del codice antimafia, non vi puo’ essere dubbio che se il legislatore avesse ritenuto di sottoporre il provvedimento in esame al sistema delle impugnazioni, non avrebbe limitato la modifica dell’articolo 27 ai soli provvedimenti concernenti il sequestro di prevenzione.
Sotto, poi, il profilo della ratio legis, appare incoerente con il sistema delle impugnazioni delle misure di prevenzione prevedere l’impugnabilita’ del provvedimento che rigetta la richiesta di applicazione del controllo giudiziario, a fronte della non prevista impugnabilita’ dei provvedimenti che dispongono o rigettano la richiesta di applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria di cui all’articolo 34 cit., sebbene si tratti di una misura di prevenzione di maggiore portata e con effetti piu’ invasivi, comportando la sostituzione degli amministratori dell’azienda interessata, rispetto al controllo giudiziario che, nella sua forma piu’ grave, ovvero quella prevista dal cit. articolo 34-bis, comma 2, lettera b) prevede la nomina di un amministratore giudiziario con funzioni solo di controllo e non di amministrazione diretta.
Sulla scorta di tali considerazioni, il richiamo alle forme del procedimento in camera di consiglio di cui all’articolo 127 c.p.p., contenuto nell’articolo 34-bis cit., comma 6 e che il tribunale deve seguire per sentire il procuratore distrettuale e gli altri soggetti interessati e per decidere sull’istanza avanzata dalla impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva, rivolta ad ottenere l’applicazione della misura di prevenzione del controllo giudiziario, non puo’ essere esteso all’intera procedura camerale regolata dall’articolo 127 c.p.p., e quindi anche al riconoscimento della possibilita’ di proporre ricorso per cassazione, giusta la previsione del citato articolo 127, comma 7.
Una tale interpretazione avrebbe l’effetto di introdurre un mezzo di impugnazione, quale quello del ricorso per cassazione, che, per il richiamo operato al procedimento camerale, andrebbe inteso come esperibile per tutti i motivi indicati dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, e quindi anche per vizio della motivazione, determinando una palese disarmonia con il sistema delle impugnazioni delle misure di prevenzione, nel cui ambito il ricorso per cassazione e’ limitato al solo caso di violazione di legge, anche quando si tratti di provvedimenti molto piu’ invasivi del controllo giudiziario.
L’interpretazione secondo cui il ricorso per cassazione, ove introdotto attraverso il richiamo delle forme previste per l’udienza camerale dall’articolo 127 c.p.p., dovrebbe poi soggiacere al limite previsto dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 10 non puo’ essere seguita, perche’ in palese contrasto con il dato testuale normativo, non potendosi ritenere al contempo richiamati per relationem il mezzo di impugnazione previsto dall’articolo 127 c.p.p., comma 7 e poi ritenere che tale richiamo sia solo parziale, perche’ in contrasto con il sistema delle impugnazioni regolato dall’articolo 10 del citato Cod. antimafia.
Si deve al contrario rilevare che e’ proprio il sistema delle impugnazioni, come organicamente regolato dal combinato disposto degli articoli 10 e 27, ad escludere che il richiamo delle forme dell’articolo 127 cod. proc. pen. possa estendersi oltre il riferimento alle modalita’ con le quali deve essere adottata la decisione di accoglimento o rigetto della istanza avanzata dalla stessa impresa nei cui confronti la misura di prevenzione dovrebbe essere disposta.
6. Neppure si pone la necessita’ di assicurare il controllo di legittimita’, imposto ex articolo 111 Cost., dalla interferenza con diritti soggettivi costituzionalmente garantiti, quale e’ la liberta’ d’impresa, perche’ il provvedimento di rigetto dell’istanza di applicazione della misura di prevenzione, non esercita alcun effetto diretto sulla gestione ed amministrazione dell’attivita’ di impresa.
L’interesse dell’impresa destinataria dall’interdittiva antimafia si correla, piuttosto, all’effetto sospensivo previsto dall’articolo 34-bis, comma 7 che prevede che l’applicazione del controllo giudiziario, cosi’ come anche l’applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria di cui all’articolo 34, comportano la sospensione degli effetti dell’interdittiva antimafia previsti dall’articolo 94 del cod. antimafia, facendo venire meno le ragioni ostative alle limitazioni imposte alle pubbliche amministrazioni di intrattenere rapporti commerciali con le imprese stesse, grazie all’intervento di carattere sostitutivo o di solo controllo che attraverso le predette misure di prevenzione si produce in seno all’amministrazione dell’impresa.
Ma siffatto interesse, soltanto indirettamente leso dal rigetto della richiesta di accedere alle (imitazioni del controllo giudiziario, e’ gia’ adeguatamente tutelato in sede giudiziaria attraverso l’impugnazione prevista davanti agli organi della giustizia amministrativa, e che rappresenta anche la condizione per poter accedere alla procedura del controllo giudiziario.
La norma in esame prevede che le imprese destinatarie dell’interdittiva antimafia possano farsi esse stesse promotrici dell’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario dell’azienda, ma solo dopo avere previamente proposto impugnazione avverso il provvedimento del prefetto.
Solo in tale caso possono scegliere se subire gli effetti ostativi del provvedimento amministrativo, attendendo l’esito dell’impugnazione davanti al giudice amministrativo, oppure sottoporsi al sistema dei controlli previsti dalla misura di prevenzione, con la prospettiva eventuale che il giudice della prevenzione, attraverso le piu’ penetranti verifiche operate dall’amministratore giudiziario, grazie quindi anche al controllo giudiziario, possa decidere di dover disporre l’amministrazione giudiziaria, che comporta la rimozione degli amministratori dell’azienda, con possibile evoluzione, nei casi piu’ gravi, nel sequestro e nella confisca dell’azienda (cfr. articolo 34-bis, comma 4; articolo 34, comma 6).
Si tratta, evidentemente, di una possibile opzione dell’impresa che non legittima pero’ alcun diritto incondizionato all’accoglimento dell’istanza, essendo rimesso al giudice della prevenzione la valutazione degli elementi sintomatici del pericolo di infiltrazione mafiosa e della gravita’ del rischio del condizionamento mafioso.
In tal senso depone la prevista necessita’ che il giudice decida, sentito il procuratore distrettuale competente, al fine di acquisire ulteriori elementi conoscitivi utili a calibrare la scelta della misura di prevenzione piu’ opportuna ed adatta al caso concreto.
Non si deve dimenticare che anche il controllo giudiziario si inserisce nel novero delle misure di prevenzione che hanno come loro scopo prioritario quello di salvaguardare l’interesse dello Stato ad assicurare che l’attivita’ di impresa non sia utilizzata come strumento per accrescere lo sviluppo delle associazioni mafiose.
La misura del controllo giudiziario puo’ essere emessa secondo quanto previsto dall’articolo 34-bis, comma 1 solo “quando l’agevolazione prevista dall’articolo 34, comma 1 risulta occasionale”.
Il riferimento e’ all’agevolazione che l’impresa puo’ avere dato e che continua a dare a persone ritenute vicine alle organizzazioni criminali o comunque a persone proposte per l’applicazione di una misura di prevenzione personale o patrimoniale, o di persone sottoposte a procedimento penale per i reati di associazione mafiosa e di criminalita’ economica specificati nell’articolo di legge richiamato.
La richiesta condizione del carattere occasionale dell’agevolazione, costituisce poi la misura dell’intervento di prevenzione, che deve essere pur sempre calibrato e commisurato alla maggiore o minore intensita’ del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionare l’attivita’ dell’impresa, non solo nella determinazione del contenuto della medesima misura che puo’ assumere una diversa gradualita’ attraverso diversificati interventi di controllo, secondo le prescrizioni che il tribunale puo’ adottare a norma dell’articolo 34-bis, commi 2, 3 e 4 ma ancora prima, privilegiando l’applicazione di misure diverse e piu’ incisive, che possono essere sollecitate dal pubblico ministero, o anche per escluderne l’applicazione ove la misura del controllo giudiziario fosse ritenuta inidonea nel caso concreto allo scopo di rimuovere il rischio di infiltrazione mafiosa, con la conseguente inopportunita’ di una sospensione dell’efficacia della informativa interdittiva.
Si deve ribadire che l’accesso al “controllo giudiziario” non puo’ rappresentare un espediente per rimuovere gli effetti dell’interdittiva antimafia, soggetta alla verifica giurisdizionale di competenza del giudice amministrativo.
Nel caso in cui il prefetto verifichi la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attivita’ di impresa da cui risulti che l’attivita’ di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attivita’ criminose (“contiguita’ concorrente”) o esserne in qualche modo condizionata (“contiguita’ soggiacente”), emette l’informativa interdittiva antimafia che preclude qualunque attivita’ nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione (contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici).
7. Non va neppure dimenticato che il controllo giudiziario, come tutte le altre misure di prevenzione, puo’ essere applicata, secondo la sua piu’ fisiologica procedura, su richiesta della procura distrettuale competente e non su iniziativa della stessa impresa privata, su cui incombe il pericolo di infiltrazione mafiosa, e come ne sia prevista anche la possibilita’ di una applicazione di ufficio da parte del tribunale competente.
Se si considera, quindi, la finalita’ naturale delle misure di prevenzione, l’effetto di vantaggio che puo’ derivare per l’impresa dall’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale diverse dalla confisca, di cui ai citati articolo 34 (Amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attivita’ economiche e delle aziende) e articolo 34-bis (Controllo giudiziario delle aziende), a causa della conseguente sospensione degli effetti di cui all’articolo 94, correlati all’informazione interdittiva antimafia, secondo il disposto dell’articolo 34-bis, comma 7 non puo’ essere considerato come l’espressione di un diritto e non comporta alcuna violazione delle prerogative costituzionali in materia di diritto di impresa, sotto il profilo della lesione delle stesse come conseguenza della affermata inoppugnabilita’ della decisione di rigetto dell’istanza promossa dalla stessa impresa.
Il diritto al libero esercizio dell’impresa non e’ compromesso dal diniego dell’applicazione della misura di prevenzione richiesta dalla parte, ma dall’applicazione dell’interdittiva antimafia cui si ricollegano le limitazioni legali all’autonomia contrattuale per le superiori ragioni di salvaguardia dell’economia dalle infiltrazioni della criminalita’ mafiosa.
Quindi il diritto alla liberta’ di impresa trova piena tutela nella competente sede giudiziaria amministrativa, attraverso i rimedi che sono previsti in quella diversa sede giurisdizionale.
La misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario non costituisce, pertanto, espressione del diritto alla liberta’ di impresa, anche quando a richiederla sia la parte privata e non quella pubblica, essendo la sua applicazione pur sempre necessariamente correlata alla sussistenza di elementi di fatto indicativi che l’impresa che la richiede sia effettivamente esposta al concreto pericolo del condizionamento mafioso.
La diversa impostazione che correla la sua applicazione alla liberta’ di impresa, tanto da ritenere necessaria la previsione del sindacato di legittimita’, ribalta la naturale finalita’ delle misure di prevenzione, tra cui puo’ anche certamente rientrare lo scopo di tutelare lo stesso soggetto titolare dell’impresa dai condizionamenti mafiosi di natura intimidatoria, ma giammai la finalita’ di favorire attraverso la sua applicazione l’elusione degli effetti legittimamente imposti da altra misura di prevenzione di carattere amministrativo e di competenza del prefetto.
8. L’assenza di mezzi di impugnazione appare, percio’, coerente con la natura provvisoria e le finalita’ di carattere esplorativo ed investigativo che la misura del controllo giudiziario espleta, insieme a quella di promuovere il recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, non essendo prevista coerentemente neppure l’impugnabilita’ da parte del pubblico ministero nel caso opposto di accoglimento dell’istanza.
Sotto tale diversa prospettiva, si deve rilevare che ove il pubblico ministero non dovesse ritenere adeguata la misura del controllo giudiziario, a fronte della pericolosita’ maggiore dallo stesso rappresentatasi del rischio di infiltrazione mafiosa rispetto a quella minore ritenuta dal giudice della prevenzione, la legge gli consente comunque di utilizzare la misura di prevenzione applicata per acquisire proprio grazie ad essa, ad esempio attraverso le relazioni informative dell’amministratore giudiziario e con l’impiego degli altri poteri ispettivi previsti dall’articolo 34-bis, comma 4 quegli ulteriori elementi di cognizione necessari per richiedere una diversa e piu’ grave misura di prevenzione, quale quella dell’amministrazione giudiziaria o nei casi piu’ estremi il sequestro e la confisca dell’azienda.
La mancata previsione di un mezzo di impugnazione non sembra percio’ essere frutto di una dimenticanza del legislatore, cui si imponga di trovare rimedio in sede interpretativa, ed in ossequio al principio costituzionale della liberta’ di impresa, ma e’ coerente con la natura, gli scopi e la tipologia del provvedimento in oggetto.
Un problema di sacrificio non adeguatamente tutelato della liberta’ di impresa si potrebbe semmai ravvisare nel caso opposto a quello qui scrutinato, allorche’ la medesima misura sia stata applicata su richiesta del pubblico ministero, o di ufficio come prevede dell’articolo 34-bis cit., il comma 1, in cui le posizioni dell’impresa e del pubblico ministero si riallineano secondo la consueta dinamica del gioco delle parti, nel senso che la parte privata manifesta l’interesse a non subire la misura di prevenzione, perche’ limitativa della sua liberta’ di impresa, mentre la parte pubblica si attiva per chiederne l’applicazione in funzione di tutela della liberta’ di impresa dal condizionamento mafioso.
Solo in tale caso, la mancanza di un mezzo di impugnazione potrebbe astrattamente dare adito a possibili rilievi sotto il profilo della tutela della liberta’ di impresa, perche’ deprivata di una tutela giurisdizionale articolata in piu’ gradi di giudizio, ma non certamente nel caso opposto, che qui viene in esame, ed in cui la misura di prevenzione richiesta dalla parte non e’ stata applicata.
Peraltro, la scelta del legislatore di non prevedere mezzi di impugnazione, trova logica giustificazione nella natura provvisoria del provvedimento, che come l’amministrazione giudiziaria, puo’ evolvere per decisione dello stesso giudice che le ha disposte, nel senso della revoca o dell’aggravamento, ed al cui prudente apprezzamento le parti possono eventualmente riproporre le proprie istanze, in presenza di una mutata situazione di fatto, stante il principio della permanente verifica dei presupposti di fatto, immanente alla materia della prevenzione, in cui la preclusione del giudicato resta soggetta alla regola rebus sic stantibus.
4. Dalla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare ciascuno una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati.

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