Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 18 aprile 2019, n. 10814.

La massima estrapolata:

L’imprenditore che acconsente a ricevere plurimi pagamenti dalla medesima persona con assegni privi di copertura, senza effettuare protesto, non può ritenere la banca di cui è correntista né la banca trattataria responsabili per il conseguente fallimento.

Sentenza 18 aprile 2019, n. 10814

Data udienza 18 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 8398/2016 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona di (OMISSIS) e (OMISSIS) nella loro qualita’ di procuratori, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del proprio controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) COOP PER AZIONI;
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) SPA in persona di (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale –
Nonche’ da:
(OMISSIS) COOP PER AZIONI in persona del suo Presidente p.t. Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 5102/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbiti o rigettati i ricorsi incidentali;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5102/15, del 15 settembre 2015, resa all’esito di procedimento ex articolo 394 c.p.c., (originato da sentenza di questa Corte n. 27333/13, dell’11 dicembre 2013), che, riformando solo in punto spese di lite la sentenza n. 233/02 del Tribunale di Cassino, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dall’odierno ricorrente nei confronti delle societa’ (OMISSIS) cooperativa per azioni e della societa’ (OMISSIS) S.p.a. (subentrata alla societa’ (OMISSIS); d’ora in poi, “(OMISSIS)”), quest’ultima, oggi, (OMISSIS) S.p.a..
2. Riferisce, in punto di fatto, il ricorrente di aver convenuto in giudizio – e con lui anche (OMISSIS), sebbene con separata citazione – i predetti istituti di credito, per conseguire il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, conseguenti ad asserite condotte illecite degli stessi, in particolare per la negoziazione di titoli, circostanza che avrebbe originato il fallimento di due societa’ delle quali (OMISSIS) era socio ed amministratore.
In particolare, adito in prime cure il Tribunale cassinate, il (OMISSIS) deduceva che, nel maggio 1991, tale (OMISSIS) – in pagamento di alcune autovetture – gli consegno’ tre assegni, tratti sulla (OMISSIS) (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”) e versati per l’incasso alla (OMISSIS), dove le suddette societa’ amministrate dal (OMISSIS) avevano due conti correnti. Deduceva, altresi’, l’allora attore che il direttore di (OMISSIS) – in violazione dell’articolo 4 del contratto di conto corrente – concedeva ad esso (OMISSIS) l’immediata disponibilita’ delle somme, senza verificare se i titoli fossero coperti. Appreso dal (OMISSIS), successivamente all’incasso, dell’assenza di copertura degli assegni, l’odierno ricorrente – al solo fine di mantenere buoni rapporti con il medesimo e di evitargli danni – decise di rinnovarli, di talche’, nella prosecuzione delle relazioni commerciali tra i due soggetti, il (OMISSIS) consegno’ altri assegni, portati, di seguito, all’incasso e riscossi nell’immediatezza.
Riferiva, ancora, il (OMISSIS) – nel proprio atto di citazione, secondo quanto si legge sempre nell’odierno ricorso – che dopo altre due operazioni di analoga natura, decorsi quarantacinque giorni dal primo assegno impagato, e precisamente il 10 luglio 1991, (OMISSIS) restitui’ a (OMISSIS) un gruppo di assegni insoluti e non protestati (o per irregolarita’ della girata, o con la dicitura “fuori termine per il protesto”), soggiungendo l’allora parte attrice che detti titoli presentavano cancellature ed abrasioni apparentemente aggiunte dopo la loro compilazione e negoziazione, dolendosi, infine, che il direttore di (OMISSIS) avesse violato la normativa bancaria, in difetto di comunicazione entro i previsti sette giorni – del mancato pagamento degli assegni.
Non senza, peraltro, rammentare come (OMISSIS) avesse, “medio tempore”, ottenuto ingiunzione di pagamento di Lire 1.773.022.377, iscrivendo ipoteca sui beni delle societa’ amministrate dal medesimo (OMISSIS) (poi dichiarate fallite dal Tribunale di Cassino), oltre che su quelli personali dei fideiussori, tra i quali lo stesso odierno ricorrente, parte attrice chiedeva il risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva in giudizio (OMISSIS), che contestava la domanda risarcitoria, sul rilievo che la responsabilita’ per i danni fosse da ascrivere a (OMISSIS) e a (OMISSIS), nei confronti della quale svolgeva domanda di garanzia, essendo, all’uopo, autorizzata dal primo giudice a chiamarla in causa. Costituitosi anche la societa’ (OMISSIS) (succeduta a (OMISSIS)), lo stessa chiedeva il rigetto della domanda attorea e di quella di garanzia.
2.1. Cio’ premesso, l’adito Tribunale rigettava la domanda attorea (regolando in base al principio della soccombenza le spese del giudizio), sul rilievo che la qualita’ di soci delle societa’ di capitali poi dichiarate fallite non legittimasse gli attori a far valere il danno da queste subito, e cio’ neppure nella qualita’ di fideiussori, qualora come nella specie – non si fosse determinato, per effetto della condotta illecita, un incremento dell’obbligazione garantita.
2.2. Proposto gravame principale dai soccombenti (ed incidentale da (OMISSIS)), la pronuncia di rigetto dello stesso, e di condanna degli appellanti principali alle spese del grado, veniva cassata da questa Corte con la sentenza n. 27333/13, che affermava come gli attori/appellanti avessero dedotto l’esistenza anche di danni ulteriori – patrimoniali e, soprattutto, non patrimoniali – fatti valere come persone e non come soci, e cio’ sia sul piano della loro attivita’ economica che delle ripercussioni negative sulle rispettive vite di relazione. Orbene, rispetto a tali danni risultava mancata qualsiasi spiegazione del giudice di appello circa la possibilita’, ritenuta quale ragione ostativa all’ammissibilita’ dell’azione esercitata dai (OMISSIS), “di rivendicarli come propri” da parte delle societa’.
Riassunto, pertanto, il processo innanzi alla Corte capitolina, essa – con la pronuncia oggi impugnata – confermava il rigetto della domanda risarcitoria dei (OMISSIS), accogliendo il loro gravame solo in punto spese giudiziali, compensandole tutte (quelle del giudizio di primo e secondo grado, come quelle del giudizio di legittimita’), in via integrale, tra ognuna delle parti del giudizio.
3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto ricorso principale il solo (OMISSIS), svolgendo quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – si ipotizza “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, e cio’ “in relazione all’articolo 116 c.p.c., e articolo 111 Cost.”.
Ci si duole del fatto che la sentenza impugnata abbia individuato nella stessa condotta tenuta dal (OMISSIS), nella qualita’ di amministratore delle due societa’ fallite, in complicita’ con il direttore della filiale di (OMISSIS) della (OMISSIS) e con quello della (OMISSIS), la causa del loro dissesto, e cio’ sulla base di un provvedimento di rinvio a giudizio, in concorso con costoro, per “azioni criminose” finalizzate al conseguimento indebito di grosse somme di denaro.
Nondimeno, tale provvedimento risulta essere stato “annullato per indeterminatezza del capo di imputazione”, sicche’ esso non poteva costituire – se non in violazione dell’articolo 116 c.p.c. – la prova della condotta illecita dell’odierno ricorrente, ed essere, cosi’, posta a fondamento del rigetto della sua domanda risarcitoria. Tale provvedimento, inoltre, diversamente da una sentenza di condanna non definitiva o dalle prove raccolte nel giudizio penale, non potrebbe valere neppure come prova “atipica”, e cio’, innanzitutto, nella sua natura di mero atto di esercizio dell’azione penale, senza, poi, tralasciarne l’indeterminatezza da cui era affetto e che ha condotto al suo annullamento.
3.2. Il secondo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – deduce “nullita’ della sentenza”, e cio’ “in relazione all’articolo 112 c.p.c.”.
Si censura la sentenza impugnata sul presupposto che, pur avendo il ricorrente proposto domanda risarcitoria in relazione “anche alla sua qualita’ di fideiubente delle societa’ fallite” (a comprova della cui proposizione si indicano “l’atto di citazione a giudizio di I grado e tutti i documenti contenuti nel fascicolo di parte”, l’uno e gli altri ridepositati nel presente giudizio), siffatto “capo di domanda e’ rimasto del tutto privo di giudizio, non risultando che il giudice di rinvio lo abbia in alcun modo scrutinato”, e cio’ quantunque il ricorrente avesse allegato di aver subito, proprio nella veste di garante, “l’esazione della somma complessiva di Euro 411.914,00”.
3.3. Il terzo motivo – proposto a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione all’articolo 132, comma 2, n. 4), del medesimo codice e dell’articolo 111 Cost. – deduce “omessa motivazione” e “nullita’ della sentenza”.
Il rigetto della domanda risarcitoria, per “ritenuta insussistenza del nesso causale e della responsabilita’ delle banche nella produzione del danno”, si sarebbe risolto, secondo il ricorrente, in una “mera ed apodittica dichiarazione”.
In particolare, pur riconosciuta dalla sentenza la responsabilita’ dei due istituiti di credito per il fatto dei loro direttori (ai sensi dell’articolo 2049 c.c.), la condotta del (OMISSIS) – con motivazione “lacunosa ed inconsistente, al punto di essere meramente apparente” – “viene prima confusamente ritenuta di compartecipazione, di complicita’ con tali autori”, senza pero’ che si identifichi la parte danneggiata, salvo, poi, essere “ridotta e declassata al minor rango di negligenza (per quanto grave)”, ovvero “a comportamento sconsiderato”.
Inoltre, si ipotizza che simili risultanze “avrebbero potuto condurre ad una decisione di concorsualita’” ai sensi degli articoli 2056 e 1227 c.c..
3.4. Infine, con il quarto motivo – proposto, del pari, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – si ipotizza “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, ovvero dell’articolo 384 c.p.c., comma 2.
Ci si duole del fatto che la sentenza oggi impugnata avrebbe operato il giudizio rescissorio nel dichiarato presupposto dell’avvenuto accoglimento, in quello rescindente, solo dei “primi due motivi di ricorso” che hanno messo capo alla sentenza di questa Corte n. 27733 del 2013, laddove questa aveva, invece, accolto anche il terzo.
Questa Corte, infatti, aveva censurato – assume l’odierno ricorrente – la sentenza (allora) impugnata per non essersi avveduta del fatto che i (OMISSIS) avevano agito in via extracontrattuale per il ristoro anche dei danni, in ipotesi, subiti come fideiussori, “facendo valere un danno ingiusto”, ampiamente inteso, “causato dal comportamento imputabile al creditore, non inerente ai rapporti diretti tra creditore e fideiussore”, bensi’ “alla violazione degli obblighi nascenti dal rapporto contrattuale tra creditore e debitore principale”.
In questo modo, dunque, il giudice del rinvio non si sarebbe uniformato al principio di diritto espresso da questa Corte, donde la violazione dell’articolo 384 c.p.c., comma 2.
4. Ha resistito alla descritta impugnazione, con controricorso, (OMISSIS), proponendo anche ricorso incidentale.
4.1. In via preliminare, la controricorrente assume che il primo motivo del ricorso avversario sarebbe, inammissibile, giacche’ diretto a sollecitare un non consentito riesame del merito della vertenza.
In ogni caso, esso risulterebbe non fondato, poiche’, la sentenza impugnata – nell’individuare nella condotta esclusiva del (OMISSIS) la causa del danno dallo stesso lamentato – avrebbe fatto riferimento, quale fonte del proprio convincimento, non al solo provvedimento emesso in sede penale (e poi dichiarato nullo), ma pure a quanto sostenuto, dalla allora parte attrice, nell’atto introduttivo del presente giudizio civile.
Non fondato sarebbe, poi, anche il secondo motivo di ricorso, perche’, nella specie, ricorrerebbe un’ipotesi di rigetto implicito della domanda risarcitoria proposta dal (OMISSIS) anche in qualita’ di fideiussore (viene citata, a supporto, Cass. Sez. 5, sent. 6 Febbraio 2015, n. 2197).
Il terzo motivo sarebbe, invece, inammissibile, giacche’ teso a fare rivivere un non piu’ consentito sindacato sulla sufficienza della motivazione della sentenza impugnata.
L’infondatezza del quarto motivo, infine, deriverebbe dalle stesse ragioni gia’ illustrate con riferimento al secondo motivo di ricorso.
4.2. Inoltre, (OMISSIS) ha proposto – come detto – ricorso incidentale, censurando la sentenza impugnata laddove ha ravvisato la responsabilita’ di (OMISSIS) ex articolo 2043 e 2049 c.c., pervenendo a tale esito sia obliterando le risultanze documentali in atti, sia travisando – in termini di violazione di giudicato esterno – il contenuto di diversa sentenza resa dalla Corte di Appello di Roma (per l’esattezza la n. 2088/13) tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione alla domanda risarcitoria svolta da altro socio delle societa’ dichiarate fallite, per inadempimento rispetto alle previsioni di cui all’articolo 2.3 e all’articolo 6 della convenzione disciplinante la procedura di scambio di assegni bancari fuori piazza.
5. Anche (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, all’impugnazione principale, proponendo, altresi’, ricorso incidentale condizionato.
Nel confutare, sulla base di argomentazioni analoghe a quelle svolte da (OMISSIS), i motivi di censura posti a fondamento del ricorso principale, (OMISSIS) evidenzia, tuttavia, come la citata sentenza della Corte di Appello n. 2088 del 2013, diversamente da quanto affermato da (OMISSIS), abbia individuato nel contegno del (OMISSIS) e del personale di (OMISSIS) l’origine esclusiva della vicenda oggetto del presente giudizio.
Con il ricorso incidentale condizionato, (OMISSIS) ripropone, invece, la domanda di garanzia gia’ esperita contro (OMISSIS) e ritenuta assorbita dal giudice di merito.
6. A propria volta, (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, al ricorso incidentale condizionato di (OMISSIS), chiedendo il rigetto della domanda di garanzia esperita suoi confronti, in base al rilievo che nessuna responsabilita’ potrebbe attribuirsi a (OMISSIS), e per essa a suoi funzionari, in relazione alla vicenda oggetto di giudizio.
7. (OMISSIS), inoltre, ha presentato memoria, ex articolo 378 c.p.c., insistendo nelle rispettive argomentazioni e replicando a quelle avversarie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il ricorso principale va rigettato.
8.1. Il primo motivo e’ inammissibile.
8.1.1. In via preliminare, peraltro, va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ dello stesso, per violazione dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4), formulata da (OMISSIS) sul rilievo che il ricorrente non avrebbe indicato ove reperire, negli atti di causa, il decreto di rinvio a giudizio e la prova del suo annullamento.
Nel ricorso, infatti, si indica nell’allegato n. 239 del fascicolo di primo grado la sede per il reperimento dell’atto, mentre la circostanza del suo avvenuto annullamento e’ attestata dalla stessa sentenza impugnata.
Cio’ posto, tuttavia, il motivo e’ egualmente inammissibile.
A prescindere, infatti, dalla constatazione che, in virtu’ del “principio dell’unita’ della giurisdizione”, il giudice civile puo’ “porre anche ad esclusiva base del suo convincimento gli elementi di fatto acquisiti in sede penale, ricavandoli dalla sentenza o dagli atti di quel processo, con apprezzamento non sindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da congrua e logica motivazione” (cfr. Cass. Sez. 1, sent. 2 marzo 2009, n. 5009, Rv. 607110-01), dirimente e’ il rilievo, su cui insiste la difesa di (OMISSIS), che il contributo decisivo dell’odierno ricorrente alla causazione del danno dallo stesso lamentato sia stato motivato, dal giudice di appello, con riferimento alla “stessa esposizione dei fatti contenuta nell’atto introduttivo dei fratelli (OMISSIS)”, ovvero sulla base di una “ratio decidendi” che il ricorso non provvede ad impugnare.
Opera, pertanto, nel caso di specie il principio secondo cui “se la sentenza sia sorretta da una pluralita’ di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza” (“ex multis”, Cass. Sez. 6-5, ord. 18 aprile 2017, n. 9752, Rv. 643802-01).
8.2. Il secondo motivo non e’ fondato.
8.2.1. Una volta ravvisata nella condotta del ricorrente la causa del danno lamentato, siffatta conclusione – come osserva, nuovamente, (OMISSIS) – vale ad escludere, identicamente, la pretesa risarcitoria fatta valere dal (OMISSIS) tanto in qualita’ di socio e amministratore delle societa’ dichiarate fallite, quanto come fideiussore.
Trova, cosi’, applicazione il principio secondo cui “non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo” (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 6 dicembre 2017, n. 29191, Rv. 646290-01).
8.3. Anche il terzo motivo del ricorso principale non e’ fondato.
8.3.1. La sentenza impugnata, pur non ritenendo esente da mende il contegno delle banche convenute, per l’illecito commesso dai loro funzionari, esclude la ricorrenza di un nesso di causalita’ tra le condotte dei medesimi, ed il fallimento delle societa’, che addebita, invece, allo stesso contegno del (OMISSIS), affermando che costui “non puo’ ritenersi vittima dei comportamenti negligenti delle banche convenute”, essendo stato “l’artefice” del “marchingegno nella negoziazione degli assegni” che individua quale “causa del fallimento delle due societa’”.
Si tratta di motivazione che si sottrae alla censura prospettata, giacche’ del tutto adeguata.
Si consideri, infatti, che ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – nel testo “novellato” dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile “ratione temporis” al presente giudizio) – il sindacato di questa Corte e’ destinato ad investire la parte motiva della sentenza solo entro il “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonche’, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01).
Lo scrutinio di questa Corte e’, dunque, ipotizzabile solo in caso di motivazione “meramente apparente”, configurabile, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, quando essa, “benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01), in quanto affetta da “irriducibile contraddittorieta’” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01), ovvero connotata da “affermazioni inconciliabili” (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01), mentre “resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20721, Rv. 650018-01).
Orbene, come detto, il giudice di appello – con motivazione tutt’altro che irriducibilmente contraddittoria o imperscrutabile – ha affermato che il (OMISSIS) e’ da ritenere l’artefice del danno subito, sicche’ ipotizzare che tale affermazione possa essere sindacata da questa Corte “sub specie” di vizio motivazionale equivarrebbe a consentire un non piu’ ammissibile sindacato sulla “sufficienza” della motivazione.
8.4. Infine, anche il quarto motivo non e’ fondato.
8.4.1. In ordine ad esso, vanno ribadite le medesime considerazioni svolte in relazione al secondo motivo, ovvero che la sentenza impugnata ha ravvisato nella condotta del (OMISSIS) la causa esclusiva del danno lamentato, cio’ che vale ad escludere la risarcibilita’ tanto di quello lamentato come socio ed amministratore delle due societa’ fallite, quanto come fideiussore delle loro obbligazioni.
Cosi’ facendo, il giudice del rinvio non ha disatteso i vincoli nascenti dalla sentenza rescindente di questa Corte n. 27333/13, giacche’ essa – nell’accogliere il terzo motivo di ricorso allora proposto – aveva ravvisato un vizio motivazionale, in particolare, in ordine alla mancata considerazione “che il dissesto delle societa’ Starter era stato, in tesi, causato dal comportamento delle banche convenute (…) da cui era derivata l’attivazione delle fideiussioni che non vi sarebbe altrimenti stata”, non avvedendosi “che l’azione proposta dai ricorrenti (quali fideiussori) aveva natura extracontrattuale, a norma dell’articolo 2043 c.c., facendo essi valere un danno ingiusto”.
Al riguardo, pertanto, va rammentato che “in caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio fondato sulla deduzione della infedele esecuzione dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento”, il sindacato di questa Corte “varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto per violazione di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia”, giacche’, in questo secondo caso, “la sentenza rescindente – indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorieta’ della motivazione – non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facolta’ che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento” (Cass. Sez. 6-5, ord. 2 febbraio 2018, n. 2652, Rv. 647108-01).
Il giudice del rinvio, dunque, nel ravvisare nel contegno del (OMISSIS) la causa esclusiva del danno dallo stesso lamentato, negando su tali basi soddisfazione alla pretesa risarcitoria dallo stesso azionata (anche) come fideiussore, ha compiuto un apprezzamento che non gli era precluso dalla sentenza rescindente di questa Corte.
9. Il ricorso incidentale di (OMISSIS) e’, invece, inammissibile.
9.1. Trova applicazione il principio secondo cui “la parte risultata totalmente vittoriosa non puo’ impugnare la sentenza a se’ favorevole per far valere motivi attinenti alla motivazione della stessa, neppure lamentando un ipotetico pregiudizio derivante dal formarsi del giudicato su di essa, trattandosi di evenienza non idonea ad integrare l’interesse ad impugnare” (Cass. Sez. 3, sent. 7 aprile 2015, n. 6894, Rv. 634985-01).
10. Il ricorso incidentale di (OMISSIS) e’ anch’esso inammissibile.
10.1. Va, infatti, applicato il principio secondo cui “e’ inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorche’ proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensi’ a questioni su cui il giudice di appello non si e’ pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facolta’ di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza” (da ultimo, Cass. Sez. 5, sent. 22 settembre 2017, n. 22095, Rv. 645632-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. 5, ord. 20 dicembre 2012, n. 23548, Rv. 625035-01).
11. La reciproca soccombenza delle parti comporta l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.
12. A carico del ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, stante il rigetto dell’impugnazione del primo e la declaratoria di inammissibilita’ delle impugnazioni delle altre due, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibili quelli incidentali, compensando integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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