Impedito utilizzo di un bene strumentale dell’impresa e la deducibilità delle quote di ammortamento

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 18 aprile 2019, n. 10902.

La massima estrapolata:

L’impedito utilizzo di un bene strumentale dell’impresa, necessitato da un provvedimento di sequestro giudiziario, consente comunque la deducibilità delle quote di ammortamento perché la determinazione della base imponibile della società di capitali è sempre ispirata al principio della derivazione del risultato del conto economico redatto in conformità del codice civile e dei principi contabili nazionali. Tale deducibilità vale per tutte le annualità, comprese quelle nelle quali, a causa di un factum principis, non sia stato possibile l’utilizzo dello stesso bene strumentale.

Ordinanza 18 aprile 2019, n. 10902

Data udienza 26 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere

Dott. CATALDI Michele – Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20341/2012 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA, (gia’ (OMISSIS) SPA), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione n. 6, n. 15/6/12, pronunciata il 27/01/2012, depositata il 3/02/2012;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2019 dal Consigliere Guida Riccardo.

RILEVATO

che:
1. Con ricorso alla CTP di Bari, la (OMISSIS) Spa impugno’ l’avvio di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione IRES, IRAP, IVA, per il 2005, per quanto ancora rileva, la quota di ammortamento (di Euro 260.297,24) di un impianto di compostaggio dei rifiuti, sul presupposto dell’indeducibilita’ del costo in quanto l’impianto, nella detta annualita’, era rimasto inattivo perche’ sottoposto a sequestro giudiziario;
la CTP di Bari, con sentenza n. 44/2010, accolse (parzialmente) il ricorso della contribuente, ritenendo, tra l’altro, illegittimo il rilievo relativo all’indeducibilita’ del costo appena indicato;
l’Agenzia ha appellato la sentenza di primo grado e la societa’ ha proposto appello incidentale;
la CTR della Puglia, in accoglimento dell’appello principale, ha disposto il recupero a reddito della somma di Euro 260.297,24, e ha respinto l’appello incidentale della societa’;
in particolare, per quanto ancora interessa, la CTR ha rilevato che, per un verso, in base al TUIR, articolo 102, ai fini della deducibilita’ della quota d’ammortamento di un bene, e’ necessario che esso sia in funzione e venga utilizzato; per altro verso, che l’attribuzione a conto economico di un costo (la quota di ammortamento) relativo ad un bene che non partecipa al processo produttivo dell’impresa viola il principio d’inerenza, sancito dal TUIR, articolo 109;
il giudice dall’appello, quindi, ha negato la deducibilita’ della quota di ammortamento dell’impianto di compostaggio che, nel periodo d’imposta in esame, era inattivo;
la contribuente ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza della CTR, sulla base di un unico motivo, cui l’Agenzia resiste con atto di costituzione, ai sensi dell’articolo 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

che:
1. con l’unico motivo del ricorso, denunciando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullita’ della sentenza per violazione e/o falsa applicazione del TUIR, articolo 102 e articolo 109, comma 5, la ricorrente censura la sentenza impugnata, che avrebbe erroneamente affermato che la deducibilita’ della quota d’ammortamento di un bene strumentale sia collegata al funzionamento dell’impianto nell’anno d’imposta di riferimento, anziche’ alla sola circostanza che l’impianto fosse funzionante nell’anno nel quale era iniziato l’ammortamento;
1.1. il motivo e’ fondato;
la CTR ha negato la deducibilita’ delle quote di ammortamento dell’impianto di compostaggio, nei due esercizi (2006 e 2007) durante i quali il bene strumentale era rimasto inattivo e, quindi, non aveva concorso alla produzione di ricavi;
la Commissione tributaria pugliese muove dalla premessa secondo cui, posto che, ai sensi del TUIR, articolo 102, comma 1, le quote di ammortamento dei beni materiali strumentali sono deducibili dall’esercizio dell’entrata in funzione del bene, vi sarebbe un nesso imprescindibile tra deducibilita’ del costo (recte: della quota d’ammortamento dell’immobilizzazione materiale) e il suo effettivo utilizzo, sicche’ la mancata utilizzazione del bene, anche per un factum principis (come un sequestro), non ne consentirebbe la deducibilita’;
ancora, nella fattispecie concreta il costo dell’impianto di compostaggio non sarebbe deducibile, per gli anni d’imposta nei quali e’ rimasto inattivo, per la semplice ragione che esso, nello stesso periodo, non ha concorso alla produzione dei ricavi dell’impresa;
in conclusione, la sentenza impugnata afferma che, in base alla disciplina tributaria, distonica rispetto ai criteri civilistici di redazione del bilancio delle societa’ di capitali, ai fini della determinazione del reddito fiscalmente rilevante, e’ possibile fruire della deduzione dei soli costi che abbiano concorso a realizzare i ricavi, donde la necessita’, in taluni casi, di rettificare l’utile civilistico;
un simile paradigma giuridico, ad avviso del giudice d’appello, sarebbe conforme al principio di inerenza, sancito dal TUIR, articolo 109, comma 5, per il quale le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attivita’ o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito;
questa Corte, in passato, occupandosi di un argomento prossimo alla materia del contendere, ha avuto modo di affermare che: “In tema di determinazione del reddito di impresa, le quote di ammortamento del costo dei beni sono deducibili, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 67, comma 1 (attuale TUIR, articolo 102), purche’ i costi siano sostenuti in funzione della produzione di ricavi e, dunque, a condizione che i beni acquistati siano non soltanto strumentali alla specifica attivita’ aziendale ma anche effettivamente utilizzati nell’esercizio dell’impresa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che i componenti negativi, costituiti dall’ammortamento dell’avviamento e dalle quote degli ammortamenti ordinari, potessero essere portati in deduzione dalla societa’ contribuente, successivamente alla messa in liquidazione ed alla cessione dell’azienda).” (Cass. 18/06/2014, n. 13807);
il precedente, pero’, non si attaglia compiutamente al thema decidendum poiche’ riguarda una fattispecie concreta – diversa dal caso in esame -, nella quale il bene non era piu’ ammortizzabile perche’ l’impresa aveva cessato la propria attivita’ e dismesso l’azienda, sicche’ la sua eliminazione definitiva dal processo produttivo aziendale rilevava ormai soltanto nella prospettiva del calcolo della plusvalenza o della minusvalenza da dismissione, da appostare nel bilancio di liquidazione dell’ente collettivo;
privo d’efficacia decisiva e’ anche il dictum di questa Corte (Cass. 4/04/2008, n. 8773) – che la ricorrente pone a fondamento della propria tesi difensiva -, che attiene a una vicenda affatto peculiare, nella quale, in ragione della relazione di congiunta funzione che si realizza tra gli erogatori dei carburanti usati nelle stazioni di servizio e quelli destinati al loro ricambio, per questi ultimi era stata ritenuta legittima la deduzione di quote di ammortamento, anche se lasciati in deposito presso le stazioni di servizio e non ancora utilizzati;
1.2. cio’ precisato sul versante delle sentenze di cassazione, si rileva che, diversamente da quanto asserisce la CTR, non e’ l’inerenza o meno del costo il discrimine tra deducibilita’ e indeducibilita’ della quota di ammortamento di un bene strumentale (o immobilizzazione materiale), il cui utilizzo sia stato interrotto per factum principis;
secondo il recente indirizzo della giurisprudenza di legittimita’ (Cass. 30/05/2018, n. 13588), che il Collegio condivide, in tema di deducibilita’ dei costi, l’inerenza, desumibile dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 109, comma 5, deve essere riferita all’oggetto sociale dell’impresa, in quanto non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensi’ una correlazione tra costo e attivita’ di impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile;
e’ chiaro, allora, che il costo del bene strumentale, registrato in bilancio in seguito alla sua acquisizione, e annualmente ammortizzabile nell’arco temporale della sua “vita utile”, e’ senz’altro “inerente”, per l’intrinseca potenzialita’ produttiva del bene medesimo, anche quando, per un fattore fortuito, ne sia temporaneamente impedito l’utilizzo;
escluso, percio’, che il concetto di inerenza sia la chiave di volta dell’intero ragionamento, neppure parrebbe dirimente fare riferimento alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, articolo 14, comma 4-bis, che esclude la deducibilita’ dei costi e delle spese riconducibili a fatti, atti o attivita’ qualificabili come reato, poiche’ non risulta ex actis – ossia dalla sentenza impugnata, dalle difese delle parti o dall’avviso di accertamento – che il fisco abbia contestato l’obiettiva rilevanza penale dell’uso dell’impianto di compostaggio;
sembra piu’ corretto, dunque, riportare la questione nell’alveo delle regole di redazione del bilancio dettate dal codice civile, valevoli, di norma, anche in ambito fiscale;
sin dalla L. delega n. 825 del 1971, articolo 2, n. 16, il legislatore, nella determinazione delle base imponibile delle societa’, si e’ ispirato al principio delle “dipendenza”, ovverosia della “derivazione” dal risultato del conto economico redatto secondo i criteri del codice civile;
tale principio e’ stato recepito dal TUIR, articolo 52 (attuale articolo 83), anche a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 344 del 2003;
secondo l’opinione unanime della dottrina, inoltre, la determinazione civilistica rappresenta quanto di piu’ approssimato all’effettivo incremento di ricchezza prodotto dall’attivita’ sociale, espressivo della capacita’ contributiva attribuibile al soggetto passivo collettivo;
nella dichiarazione fiscale, pertanto, l’imponibile e’ liquidato apportando all’utile o alle perdite di esercizio quelle sole variazioni previste in esecuzione dello stesso TUIR, per la basilare esigenza di contemperare i necessari margini di discrezionalita’ del prudente apprezzamento imprenditoriale – propri del sistema civilistico – con i canoni di certezza, semplicita’ e prevenzione anti-elusiva che modulano l’interesse fiscale;
una simile prospettiva – preme rimarcarlo – vale come parametro interpretativo di alcune disposizioni derogatorie del TUIR, in tema di rimanenze (articoli 92 e 93), interessi passivi (articoli 89 e 96), proventi immobiliari (articolo 90), spese di pubblicita’, propaganda etc. (articolo 108), svalutazioni e accantonamenti (articoli 106 e 107);
e’ anche possibile, ovviamente, che si verifichi il fenomeno della “derivazione rovesciata”, allorquando la societa’ adegui ab initio il bilancio civilistico ad esigenze tipicamente fiscali (Cass. 1699/1985);
in sintesi, le variazioni obbligatorie rispetto al conto economico non possono che essere unicamente quelle previste in esecuzione delle disposizioni del TUIR (sezione I, capo II, titolo II), come stabilisce esplicitamente il primo periodo del TUIR, articolo 83;
il TUIR, articoli 102, 102-bis, 103 e 104, , pongono si’ misure, soprattutto quantitative, per l’imputazione delle quote di ammortamento, di cui la piu’ rilevante e’ il rispetto del Decreto Ministeriale 31 dicembre 1988 sui coefficienti d’ammortamento;
nessuna norma prevede, invece, l’interruzione dell’ammortamento a causa della sospensione temporanea dell’attivita’ produttiva, meno che mai se disposta per l’effetto temporaneo di un factum principis, estraneo a scelte imprenditoriali volontarie;
ribadita, quindi, l’irrilevanza della sopravvenuta “non inerenza” del costo, il fulcro della complessa analisi e’ rappresentato dalle regole, recepite dal codice civile, di gestione dell’impresa nel rispetto del c.d. going concern, cioe’ la “funzione economica” dell’elemento considerato, per il vecchio testo dell’articolo 2423-bis c.c., comma 1, n. 1, ovvero, con maggiore precisione, “la prospettiva della continuazione dell’attivita’” (secondo l’ultima versione della norma), nonche’ i “criteri di valutazione (che) non possono essere modificati da un esercizio all’altro” (articolo 2423-bis c.c., comma 1, n. 6);
quest’approccio ermeneutico all’esame delle poste di bilancio e’ in sintonia con quanto stabilito, in tema di ammortamento, dai principi contabili nazionali (OIC-16, vedi infra), la cui impostazione giuridico-formale non si discosta neppure dall’orizzonte economico-sostanziale tratteggiato dai principi contabili internazionali (IAS n. 16 – § 55);
il formante giurisprudenziale, del resto, e’ nel senso di allineare, ove possibile, l’inquadramento fiscale ai criteri di redazione del bilancio civilistico, cosi’ come integrati ed esplicitati dai principi contabili nazionali (Cass. 1304/19; 16447/18; 25690/2016; 21621/15; 23330/2013; 400/2013, in diversi contesti fiscali);
1.3. svolte queste premesse d’ordine sistematico, e’ ius receptum della Corte – questo si’ conferente per la soluzione della fattispecie concreta -, da cui non v’e’ ragione per discostarsi, che: “ai fini della determinazione del reddito di impresa, la deduzione delle quote di ammortamento del costo dei beni strumentali deve avvenire in base alle inderogabili regole civilistiche di redazione del bilancio, operanti, in difetto di disposizioni specifiche di segno contrario, anche a fini fiscali. Con la conseguenza che, in sede di dichiarazione, il contribuente non puo’ procedere discrezionalmente alla determinazione delle quote di ammortamento, giacche’, stante la previsione dell’articolo 2426 c.c., comma 1, n. 2, l’ammortamento deve essere necessariamente improntato a criterio di sistematicita’ (Cass. 14/10/2015, n. 20680; vedi, anche, Cass. 17/10/2014, n. 22016);
ebbene, il citato principio contabile nazionale OIC-16, in tema di ammortamento dei beni strumentali, prevede che: “56. Il costo delle immobilizzazioni materiali, la cui utilizzazione e’ limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilita’ di utilizzazione. La quota di ammortamento imputata a ciascun esercizio si riferisce alla ripartizione del costo sostenuto sull’intera durata di utilizzazione. 57. L’ammortamento e’ calcolato anche sui cespiti temporaneamente non utilizzati.”;
1.4. in conclusione, la sentenza impugnata e’ viziata per essersi discostata dal principio di diritto – che occorre adesso rendere esplicito – per il quale la determinazione della base imponibile delle societa’ di capitali, ai fini della dichiarazione fiscale, di regola, e’ ispirata al criterio della “dipendenza”, ovverosia della “derivazione” dal risultato del conto economico, redatto in conformita’ dei canoni del codice civile e dei principi contabili nazionali, sicche’, nella stessa dichiarazione, la quota di ammortamento di un bene strumentale e’ senz’altro deducibile, anche per le annualita’ durante le quali, a causa di un factum principis, non ne sia stato possibile l’utilizzo;
2. alla stregua delle precedenti considerazioni, accolto l’unico motivo del ricorso, la sentenza e’ cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente;
3. le spese dei gradi di merito vanno compensate, tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
4. rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle entrate a corrispondere alla ricorrente le spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.600,00, a titolo di compenso, oltre a Euro 200,00 per esborsi, al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *