Il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 gennaio 2021| n. 1616.

Il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronuncia, e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione. (La S.C., nell’enunciare il detto principio, ha escluso che ricorresse la violazione dell’art. 112 c.p.c. in un caso in cui il ricorrente si era lamentato che il giudice del merito, chiamato a decidere sull’osservanza dei termini previsti per l’azione di garanzia per i vizi, non aveva “fatto buon uso dei suoi poteri di indagine sui beni oggetto della compravendita”).

Ordinanza|26 gennaio 2021| n. 1616

Data udienza 25 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Fornitura – Pagamento – Merce viziata – Garanzia – Termini – Eccezione di decadenza – Prova dei vizi non raggiunta

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al NRG 10457/2016 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.n.c., (ora (OMISSIS) s.r.l.), rappresentata e difesa dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio degli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 40232015 pubblicata il 21 ottobre 2015.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti.

FATTI DI CAUSA

1. – La s.r.l. (OMISSIS) proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano a favore della (OMISSIS) s.n.c. per il mancato pagamento, da parte della (OMISSIS), della fornitura (comprovata da fatture e documenti di trasporto) di circa 1.400.000 buste in polietilene bianco stampate (ordini n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS)).
L’opponente lamentava l’inadempimento della societa’ opposta, in quanto la merce consegnata sarebbe stata palesemente viziata (stampa errata nella impaginazione della busta, pessima qualita’ dell’immagine, differenti misure di base e altezza del formato) e inadatta all’uso cui era destinata.
Costituitasi in giudizio, la societa’ opposta si difendeva eccependo la decadenza della opponente dalla garanzia, per il decorso del termine per la denuncia dei vizi della merce compravenduta, e comunque l’infondatezza dell’opposizione.
Con sentenza pubblicata il 31 dicembre 2014, il Tribunale di Milano respingeva l’opposizione, rilevando che era fondata l’eccezione di decadenza dalla garanzia e che, comunque, la prova dei vizi non risultava raggiunta.
2. – La Corte d’appello di Milano, pronunciando ex articolo 281-sexies c.p.c., con sentenza pubblicata il 21 ottobre 2015, ha rigettato il gravame interposto dalla (OMISSIS).
La Corte territoriale ha confermato il ritenuto, da parte del primo giudice, difetto di prova in ordine alla tempestivita’ della denuncia degli asseriti vizi della merce, cosi’ rigettando il motivo di appello avverso la pronuncia di decadenza dell’acquirente, ai sensi dell’articolo 1495 c.c., dal diritto alla garanzia per i vizi della cosa venduta.
La Corte distrettuale ha altresi’ condiviso la valutazione del Tribunale la’ dove aveva, ad abundantiam, anche ritenuto mancata un’offerta di prova idonea sulla rilevanza dei vizi lamentati.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la s.r.l. (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 20 aprile 2016, sulla base di quattro motivi.
L’intimata societa’ (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
4. – Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione camerale ex articolo 380-bis.1 c.p.c..
5. – In prossimita’ della Camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
La controricorrente ha altresi’ depositato l’atto (a rogito notaio (OMISSIS) di Milano n. (OMISSIS) racc. del 20 dicembre 2016) di trasformazione da societa’ in nome collettivo a societa’ a responsabilita’ limitata, con il quale ha assunto la denominazione di (OMISSIS) s.r.l..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente censura la nullita’ della sentenza per la diversa composizione del collegio, con violazione degli articoli 158 e 281-sexies c.p.c., deducendo che – come sarebbe dato riscontrare dalla diversa indicazione dei giudici che hanno composto il collegio in fase di discussione e cosi’ risultante dal verbale di udienza tenutasi in data 21 ottobre 2015 con quello risultante dall’epigrafe della sentenza – il terzo giudice, Dott.ssa (OMISSIS), non ha partecipato alla stesura della sentenza, ed in suo luogo compare invece il nome della Dott.ssa (OMISSIS).
1.1. – La censura e’ infondata.
La non corrispondenza del collegio, cosi’ come riportato nell’epigrafe della sentenza, con quello innanzi al quale e’ avvenuta la discussione orale, e’ causa di nullita’ della decisione solo in caso di effettivo mutamento del collegio medesimo; l’onere della prova di tale divergenza grava sulla parte che se ne dolga, dovendosi altrimenti presumere, in mancanza di elementi contrari ed in difetto di autonoma efficacia probatoria dell’intestazione della sentenza, che i magistrati che hanno partecipato alla deliberazione coincidano con quelli indicati nel verbale d’udienza, e che, pertanto, la pronunzia sia affetta da mero errore materiale (Cass., Sez. II, 6 dicembre 2016, n. 24951; Cass., Sez. I, 30 settembre 2019, n. 24427).
Non avendo la ricorrente dato la prova dell’effettivo mutamento del collegio, la semplice erronea indicazione, nell’epigrafe della impugnata sentenza della Corte d’appello di Milano, della Dott.ssa (OMISSIS) come componente del collegio al posto della Dott.ssa (OMISSIS), e’ da ritenersi frutto di un mero refuso.
2. – Il secondo motivo e’ rubricato “violazione dell’articolo 24 Cost., articoli 112, 281-sexies c.p.c., in quanto la sentenza impugnata e’ stata redatta – verosimilmente – prima della discussione”. La societa’ (OMISSIS) deduce: (a) che la Corte d’appello, all’udienza del 16 settembre 2015, aveva rinviato la causa per la discussione all’udienza del 21 ottobre 2015, ore 12.15, disponendo procedersi ex articolo 281-sexies; (b) che alle ore 12.15 del 21 ottobre 2015, presenti i procuratori delle parti, la causa veniva discussa oralmente e, dopo circa 5/10 minuti, il Collegio si ritirava in Camera di consiglio; (c) che successivamente, alle ore 12.30, il Collegio rientrava in aula e, alla presenza delle parti, dava lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza che veniva allegata al verbale. La ricorrente osserva che, poiche’ la sentenza si compone di 17 pagine, nel breve volgere di pochi minuti, dalla conclusione della discussione alla lettura della sentenza, sussisterebbe l’impossibilita’ oggettiva e materiale, per qualsivoglia collegio giudicante, di potere scrivere una sentenza di tale ampiezza. Secondo la ricorrente, la sentenza sarebbe stata gia’ redatta dal Collegio prima dell’udienza e letta in aula dopo la discussione; d’altra parte – si osserva – la sentenza scritta prima dell’udienza reca il nome del giudice che sarebbe dovuto intervenire in aula ma che il giorno dell’udienza e’ rimasto poi assente ed e’ stato sostituito dal giudice Dott.ssa (OMISSIS). Ad avviso della ricorrente, la sanzione della nullita’ della sentenza redatta prima dell’udienza di discussione, discenderebbe dal non essere stato consentito al difensore di svolgere il proprio mandato e dal non essere stato riconosciuto alla parte il diritto di difesa costituzionalmente garantito. La sentenza – si sostiene conclusivamente – deve essere pensata, motivata e scritta successivamente alla conclusione del processo, per evitare compressioni al diritto di difesa.
2.1. – Il motivo, con cui ci si duole che la decisione sia stata “assunta prima ancora della discussione”, oltre ad essere inammissibile la’ dove presume un fatto senza darne riscontro, risolvendosi, dunque, in una mera illazione, si appalesa comunque infondato.
Infatti, alla decisione resa ai sensi dell’articolo 281-sexies c.p.c., il collegio ben puo’ addivenire, senza che si determini con cio’ alcuna nullita’ della sentenza, sulla base della previa predisposizione, da parte del relatore, di una bozza di soluzione, suscettibile di conferma o modifica all’esito della discussione delle parti (Cass., Sez. III, 21 maggio 2014, n. 11259).
Invero, come questa Corte ha chiarito (Cass., Sez. I, 14 maggio 2014, n. 10453), al giudice non e’ preclusa, dopo il doveroso studio preliminare della causa, la preparazione di un testo provvisorio, che riassuma, sotto forma di sentenza, i risultati dello studio delle questioni e degli argomenti sino a quel momento prospettati e che, naturalmente, e’ suscettibile di tutte le modifiche e gli aggiustamenti resi necessari dal successivo sviluppo della causa. Malgrado la redazione in forma di sentenza, quel testo non differisce, infatti, quanto al suo valore ed alla sua legittimita’, da un semplice appunto. Al giudice non e’ consentito, invece, di rendere inutile l’attivita’ difensiva delle parti successiva al suo studio preliminare della causa, rendendo definitiva quella bozza di sentenza quando la discussione abbia evidenziato questioni ed argomenti dei quali la decisione deve necessariamente tenere conto.
Nella specie, la societa’ ricorrente lamenta, con il motivo di censura, che – poiche’ “nel breve volgere di pochi minuti, dalla conclusione della discussione alla lettura della sentenza, sussiste l’impossibilita’ oggettiva e materiale, per qualsivoglia collegio giudicante, di poter scrivere una sentenza di 17 pagine” – questa sarebbe stata gia’ redatta “prima dell’udienza e letta in aula dopo la discussione”.
Sennonche’, la ricorrente non deduce che la previa predisposizione si sia tradotta nel mancato esame di questioni di fatto e di diritto da essa prospettate nella discussione o in un pregiudizio concreto per la difesa.
Ne consegue che non ricorre alcuna ipotesi di nullita’ nel fatto che la Corte d’appello abbia assunto, quale testo definitivo della sentenza, il testo provvisorio predisposto dal relatore prima della discussione.
3. – Con il terzo motivo la ricorrente censura violazione degli articoli 1495 e 1511 c.c., anche in rapporto agli articoli 112 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che quelli di specie fossero “vizi apparenti” senza alcuna motivazione e comunque senza alcun esame dei beni prodotti in giudizio. Ad avviso della ricorrente, i vizi, nel caso di specie, potevano essere rilevati solo al momento dello “spacchettamento” finalizzato alla utilizzazione: la qualita’ delle parti e la natura dei beni non potevano consentire un esame sommario o a campione, come sostenuto dalla Corte di Milano. Premesso di non avere mai sostenuto che tutte le buste consegnate fossero viziate ma che il gran numero e la rilevanza dei vizi non ne aveva consentito la vendita a terzi, la ricorrente deduce che un’indagine a campione non avrebbe potuto essere compiuta, ma “neppure sarebbe stata dirimente se, il campione, avesse riguardato la parte di buste con la stampa esatta”. La societa’ (OMISSIS) si duole che la Corte d’appello abbia motivato la sentenza “senza esaminare lo specifico caso, ma “ragionando” per principi generali e senza alcuna aderenza ai fatti di causa”: “la specificita’ e la peculiarita’ del caso avrebbe imposto viceversa che la Corte dichiarasse e accertasse che quelli in oggetto fossero vizi che, alla stregua della “non apparenza” o comunque della specificita’ e della natura dei beni (… quelli degli ordini n. (OMISSIS)), avrebbero potuto e dovuto essere denunziati non al momento della consegna, bensi’ al momento della loro scoperta”. La Corte di Milano – osserva conclusivamente la ricorrente – dimostrerebbe di non aver visto, ne’ esaminato, alcuna delle buste viziate e depositate nel fascicolo di parte attrice.
3.1. – La doglianza e’ priva di fondamento.
Va premesso che la Corte d’appello ha motivato il rigetto del gravame della (OMISSIS) osservando:
che in relazione agli ordini (OMISSIS) la denuncia dei vizi era stata fatta dall’acquirente in data 5 dicembre 2011 e 7 dicembre 2011, ovvero circa tre mesi dopo la prima consegna della merce presso i depositi di (OMISSIS) della societa’ di spedizioni ( (OMISSIS)) nei giorni 12 settembre 2011 e 15 settembre 2011, e quindi ben oltre il termine di decadenza previsto per la denuncia dei vizi della merce compravenduta di cui all’articolo 1495 c.c., che, trattandosi nel caso di specie di vizi apparenti, decorreva dalla consegna della merce;
che il termine ex articolo 1495 c.c., non decorre dalla data di consegna della merce alle farmacie subacquirenti, cio’ essendo esatto solo per gli esercenti di queste ultime, per la denuncia di eventuali vizi della merce da essi acquistata: riguardo alla (OMISSIS), il termine per la denuncia dei vizi era da intendersi, ai sensi dell’articolo 1511 c.c., decorrente dal momento del ricevimento della merce presso i depositi di (OMISSIS) della (OMISSIS), giacche’ gia’ da tale momento la merce era comunque nella disponibilita’ del compratore, costituendo onere di minima diligenza da parte della societa’ opponente controllare la merce prima della rivendita a terzi, proprio per la specializzazione nel settore della (OMISSIS);
che il fatto che le buste fossero imballate non costituisce una valida giustificazione, giacche’ ben potevano gli imballaggi (scatole di cartone) essere agevolmente aperti per un controllo, se del caso anche a campione, della merce.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la sentenza della Corte territoriale, congruamente motivata, non sia incorsa nelle violazioni di legge che ad essa vengono addebitate.
Occorre innanzitutto rilevare, al riguardo, che in materia di denunzia dei vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine di decadenza di cui all’articolo 1495 c.c., si deve distinguere tra vizi apparenti ed occulti: per i primi detto termine decorre dalla consegna della cosa, mentre per i secondi dal momento in cui essi sono riconoscibili per il compratore (Cass., Sez. II, 30 agosto 2000, n. 11452; Cass., Sez. II, 10 marzo 2011, n. 5732).
Va inoltre considerato che l’accertamento dell’apparenza e riconoscibilita’ dei vizi della cosa compravenduta compiuto dalla Corte d’appello costituisce un apprezzamento di fatto, come tale sottratto a sindacato in sede di legittimita’ per tutto cio’ che non attiene al procedimento logico seguito o ai principi di diritto eventualmente presupposti (Cass., Sez. II, 23 luglio 1983, n. 5075; Cass., Sez. II, 2 dicembre 2016, n. 24731).
Nella specie, esente da censure si appalesa l’affermazione della Corte di Milano secondo cui l’apparenza non poteva essere esclusa per il fatto che le buste oggetto della vendita fossero imballate. Va, infatti, ricordata la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. II, 5 gennaio 1996, n. 49) che ha ritenuto l’apparenza del vizio di merce confezionata per la spedizione in una scatola non trasparente, con ogni consequenziale effetto ai fini della tempestivita’ della denuncia. In sostanza, poiche’ la ratio della disciplina in esame consiste nel non lasciare incerta la sorte del contratto e non gia’ nel dare anche la dimostrazione dei vizi, necessaria soltanto piu’ tardi, allorche’ la contestazione sia insorta, il termine de quo decorre dal giorno in cui il compratore e’ stato in grado di esaminare la merce, vale a dire dal giorno in cui questa e’ stata posta nella sua disponibilita’ mediante la consegna. Obliterando l’onere di diligenza del compratore nell’esaminare la merce acquistata, viene procrastinato il dies a quo della denuncia dei vizi, lasciando alla discrezionalita’ del compratore la scelta del tempo di esame della cosa in ipotesi di merce non direttamente visionabile in quanto imballata (Cass., Sez. II, 10 aprile 2000, n. 4496).
E neppure rileva la circostanza che “la consegna della merce non avveniva per il tramite dell’acquirente bensi’ a mezzo di un terzo trasportatore”. Infatti, in tema di vendita di cose mobili da trasportare da un luogo ad un altro, l’articolo 1511 c.c., che fa decorrere il termine per la denunzia dei vizi dal ricevimento, impone un onere di diligenza a carico del compratore, consistente nel dovere di esaminare con tempestivita’ la cosa, ponendosi cosi’ in grado di rilevare i difetti eventuali all’occorrenza anche con un’indagine a campione (Cass., Sez. II, 10 aprile 2000, n. 4496, cit.).
D’altra parte, l’accertamento della apparenza dei vizi denunciati dall’acquirente non puo’ essere messo in discussione sulla base della generica asserzione che la Corte d’appello “non avrebbe visto, ne’ esaminato, alcuna delle buste viziate e depositate nel fascicolo di parte attrice”.
Occorre inoltre ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’articolo 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) ricorre solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass., Sez. VI-3, 31 agosto 2020, n. 18092). Tale disposizione, pertanto, non puo’ essere invocata per dolersi che il giudice del merito – nello stabilire che i lamentati vizi della merce compravenduta erano apparenti (di talche’ avrebbero dovuto essere denunciati al momento della consegna) – non abbia colto le peculiarita’ del caso.
Non pertinente e’, infine, il richiamo all’articolo 112 c.p.c..
Invero, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato) (Cass., Sez. I, 11 aprile 2018, n. 9002; Cass., Sez. II, 21 marzo 2019, n. 8048).
A sua volta, il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex articolo 112 c.p.c., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volonta’ di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1853; Cass., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7653; Cass., Sez. VI-5, 27 novembre 2017, n. 28308).
Poiche’, dunque, il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’articolo 112 c.p.c., riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronunzia e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (Cass., Sez. II, 21 aprile 1976, n. 1397), non ricorre la violazione di tale disposizione allorche’ si lamenti che il giudice del merito, chiamato a decidere sull’osservanza dei termini previsti per l’azione di garanzia per i vizi, non abbia “fatto buon uso dei suoi poteri di indagine sui beni oggetto della compravendita”.
Nel complesso il motivo di censura, al di la’ della formale deduzione dei vizi di violazione di legge, qui non riscontrati, si appalesa rivolto a richiedere alla Corte di cassazione una, non consentita, rivalutazione nel merito delle conclusioni assunte dai giudici della Corte di Milano.
4. – Con il quarto motivo si censura omesso esame di un fatto decisivo ovvero violazione degli articoli 112 e 116 c.p.c., per avere la Corte distrettuale erroneamente e deliberatamente ignorato sia la data di consegna della merce di cui all’ordine (OMISSIS) e della conseguente tempestiva denuncia dei vizi, nonche’ per avere erroneamente ritenuto che gli ordini di merce distinti nel tempo e relativi a prodotti diversi tra loro e da clienti diversi, integrassero invece “consegne ripartite della stessa merce”. La critica della ricorrente si appunta in primo luogo contro l’affermazione della Corte d’appello (a pag. 6/7 della sentenza) secondo cui, quanto all’ordine (OMISSIS), “l’appellante non ha neppure specificamente contestato l’affermazione del Tribunale “che la documentazione prodotta dalla opponente non sia idonea per la genericita’ a paralizzare l’eccezione di decadenza anche con riferimento all’ordine (OMISSIS)”. Al riguardo, la societa’ ricorrente sostiene che, dai passi dell’atto di appello riportati (pag. 3 e pag. 12/13), risulterebbe che la consegna della merce e’ avvenuta in data 1 dicembre 2011 e che con il fax del 7 dicembre 2011 “e’ stata piu’ che tempestivamente denunciata”. Secondo la ricorrente, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, “in merito al separato e distinto contratto di compravendita di cui all’ordine (OMISSIS)” sarebbe “stata dimostrata e provata la tempestiva e documentale contestazione del vizio riscontrato sulla merce”. Ad avviso della ricorrente, la Corte di merito sarebbe caduta nell’errore di ritenere che i tre ordini di merce fossero un unico contratto a consegne ripartite, laddove “l’ordine contraddistinto con il n. (OMISSIS) riguardava beni distinti e diversi”. La ricorrente sottolinea inoltre che la stessa conformazione, dimensione e consistenza delle buste era completamente diversa: e poiche’ “le merci e il contratto di cui al numero 2 non” potrebbero “essere confusi con gli altri due ordinativi di merce”, sarebbe erronea l’applicazione del principio, richiamato a pag. 5 della sentenza impugnata, secondo cui “nella vendita a consegne ripartite se un medesimo difetto inficia tutta la merce il termine per la relativa denuncia e’ unico e decorre dalla consegna o scoperta iniziali”. D’altra parte – rileva conclusivamente la ricorrente per il contratto di cui all’ordine (OMISSIS) anche il vizio che afferiva la merce era diverso (“la differenza di misurazione delle buste”).
4.1. – Il motivo e’ inammissibile perche’ non coglie la ratio decidendi.
4.1.1. – La prima censura rivolta alla sentenza della Corte di Milano consiste nell’avere “deliberatamente ignorato”, con riferimento all’ordine (OMISSIS), la data di consegna della merce (avvenuta in data 1 dicembre 2011) e la “conseguente tempestiva denuncia dei vizi” (con il fax del 7 dicembre 2011): nel non avere dunque considerato che “era stata dimostrata e provata la tempestiva e documentale contestazione del vizio riscontrato sulla merce”.
Sennonche’, la ragione che ha indotto la Corte territoriale a disattendere il motivo di gravame sta altrove: (a) nel non avere l’appellante “neppure specificamente contestato l’affermazione del Tribunale che la documentazione prodotta dalla opponente non sia idonea, per la sua genericita’, a paralizzare l’eccezione di decadenza anche con riferimento all’ordine (OMISSIS), essendosi la societa’ (OMISSIS) limitata a eccepire che le prove orali e testimoniali invocate dall’acquirente avrebbero potuto integrare eventuali genericita’ e lacune esistenti nelle prove documentali; (b) nell’avere fatto bene “il Tribunale a non ammettere la prova orale offerta in relazione alla (asserita) denunzia dei vizi della merce relativa all’ordine supra indicato, giacche’ questa appariva inidonea quale mezzo di prova…”.
Poiche’, dunque, la Corte ambrosiana non ha affrontato la questione circa la tempestivita’ o tardivita’ della contestazione della merce raffrontando la data di denuncia rispetto alla data di consegna della merce, la deduzione della data del fax in rapporto alla data di consegna della merce non appare, in se’, decisiva.
4.1.2. – Parimenti inconferente e’ l’altra censura mossa alla sentenza della Corte d’appello, articolata sul rilievo che all’ordine (OMISSIS), relativo a separato e distinto contratto di compravendita, non poteva applicarsi il principio di diritto secondo cui, nella vendita a consegne ripartite, se un medesimo difetto inficia tutta la merce, il termine per la relativa denuncia e’ unico e decorre dalla consegna o scoperta iniziali.
In realta’, diversamente da quanto prospetta la ricorrente, la Corte di Milano ha richiamato ed applicato il principio relativo alla vendita a consegne ripartite, non con riferimento alla vendita di cui all’ordine (OMISSIS), ma esclusivamente con riguardo alla vendita che si e’ tradotta negli ordini (OMISSIS). Cio’ risulta in modo evidente dalla pag. 5 della sentenza impugnata.
5. – Il ricorso e’ rigettato.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
6. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 5.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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