Il vincolo di destinazione impresso alle aree destinate a parcheggio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21859.

Il vincolo di destinazione impresso alle aree destinate a parcheggio, interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942, non impedisce che il proprietario dell’area possa riservare a sé, o trasferire a terzi, il diritto di proprietà sull’area, o su parti di essa, fermo restando il diritto di uso da parte dei proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato nei limiti delle prescritte proporzioni di cubatura, mentre le aree eccedenti detta misura rimangono nella libera disponibilità del costruttore-venditore, sul quale grava l’onere di dimostrare l’eccedenza dei posti auto rispetto allo spazio minimo richiesto dalla richiamata disciplina.

Ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21859

Data udienza 2 luglio 2020

Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – CONDOMINIO – LIMITAZIONI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 5208/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 353/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 25/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

I. (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 353/2015 della Corte d’appello di Torino, depositata il 25 febbraio 2015.
La (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso.
I.1. La Corte d’appello di Torino, quale giudice di rinvio a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 19613 del 12 novembre 2012, ha rigettato l’appello formulato da (OMISSIS) contro la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Torino, sezione distaccata di Cirie’, in data 20 maggio 2003. Con citazione del 14 settembre 2001, la (OMISSIS) s.p.a. convenne dinanzi al Tribunale di Torino, sezione distaccata di Cirie’, (OMISSIS), assumendo di aver costruito l’immobile sito in corso (OMISSIS), che il condominio costituitosi si era poi dotato di un regolamento allegato ad ogni atto di compravendita degli appartamenti, che essa stessa, quale venditrice, si era riservata la proprieta’ esclusiva dei posti auto siti nel cortile del complesso immobiliare, contrassegnati con i numeri da 1 a 23 incluso, rimanendo proprietaria, in un secondo momento, a seguito della alienazione dei posti numeri 20- 23, dei restanti posti auto dal numero 1 al numero 19. La (OMISSIS) s.p.a. domando’ che venisse accertato che il condomino (OMISSIS) posteggiava la sua automobile sul fondo di proprieta’ dell’attrice e che gli venisse percio’ inibita tale condotta. (OMISSIS) oppose che le clausole del regolamento condominiale in tema di uso del cortile e posti auto fossero contrarie della L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41 sexies, chiedendo percio’ di dichiarare la nullita’ di tali previsioni regolamentari.
Il Tribunale accolse la domanda della (OMISSIS) s.p.a., rilevando che l’eccezione di nullita’ della L. 17 agosto 1942, n. 1150, ex articolo 41 sexies, fosse rimasta sprovvista di prova, non avendo (OMISSIS) dimostrato la violazione del rapporto legale tra superficie destinata a parcheggio e cubatura della costruzione.
La Corte d’appello di Torino respinse poi il gravame di (OMISSIS).
La Corte di cassazione, tuttavia, casso’ la pronuncia d’appello, in relazione alle censura di (OMISSIS) per violazione e falsa applicazione degli articoli 1418, 1419 cpv. c.c., articoli 1421, 2697 c.c., L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41 sexies, L. 6 agosto 1967, n. 765, articolo 18, L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 26, articoli 112 e 115 c.p.c., nonche’ per vizio di motivazione. La sentenza della Corte di cassazione n. 19613 del 12 novembre 2012, in particolare, affermo’:
“La Corte territoriale ha premesso che lo (OMISSIS), costituendosi in giudizio, non aveva contestato la deduzione dell’attrice secondo cui il convenuto da tempo posteggiava la propria autovettura sul terreno di esclusiva proprieta’ dell’attrice, limitandosi alla disamina del contenuto del regolamento condominiale ed eccependo la nullita’ della clausola 24 per violazione di legge; ha poi aggiunto che neppure era contestato che, in rapporto alla volumetria del fabbricato pari a mc. 7453,37, l’ (OMISSIS) aveva realizzato aree a parcheggio per mq. 1562,44, in misura quindi ben superiore alla riserva di legge che nella fattispecie era di mq. 745,33; neppure d’altra parte risultava che sulla base della licenza edilizia l’area di cortile in questione fosse destinata per legge a parcheggio dei singoli condomini; del pari l’appellante non aveva provato che tutti gli spazi esistenti nel complesso immobiliare e destinati a parcheggio fossero stati riservati dalla suddetta societa’ in sua esclusiva proprieta’, e neppure che gli incaricati della (OMISSIS) avessero garantito ai futuri acquirenti che, unitamente all’alloggio, sarebbe stato ceduto loro anche un posto macchina, mentre era indiscusso che nel rogito d’acquisto dello (OMISSIS) non vi fosse menzione di tale cessione; in definitiva quest’ultimo avrebbe dovuto rivolgere le proprie doglianze non nei confronti del regolamento di condominio ma, ricorrendone i presupposti, contro l’atto di acquisto dell’unita’ immobiliare. Tale convincimento non puo’ essere condiviso in quanto frutto di una non esatta individuazione e delimitazione della natura e dell’oggetto della controversia. Invero, in presenza della pretesa della (OMISSIS) di inibire allo (OMISSIS) di posteggiare la propria autovettura nel cortile dello stabile invocando la riserva di proprieta’ di tutti i posti auto siti nel suddetto cortile e della contestazione di tale domanda da parte del convenuto per fa ritenuta nullita’ di detta riserva di proprieta’ contenuta nel regolamento di condominio in quanto posta in violazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 8, nel testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, articolo 18, la sentenza impugnata avrebbe dovuto prendere le mosse dal principio di diritto che la norma ora richiamata si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprieta’ degli spazi in questione (…); pertanto la decisione della presente controversia comportava un accertamento non sulla proprieta’ dei suddetti posti auto (e dunque sulla legittimita’ o meno della riserva di proprieta’ di essi contenuta nel regolamento di condominio, come invece erroneamente dedotto da entrambe le parti), ma sulla presenza o meno nell’edificio condominiale di aree destinate a soddisfare l’esercizio di tale diritto d’uso da parte del condomino (OMISSIS), posto che, se questi non avesse potuto parcheggiare la propria auto in uno dei posti auto di cui la societa’ (OMISSIS) si era riservata il diritto di proprieta’ (circostanza comunque di per se’ non sufficiente ad escludere il diritto d’uso su di essi da parte dei condomini alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale), egli avrebbe avuto comunque il diritto di parcheggiare la sua auto nell’ambito di altri spazi all’interno dello stabile condominiale in virtu’ dell’evidenziato vincolo pubblicistico di destinazione. Da tale impostazione discende la conseguenza che la (OMISSIS), onde ottenere l’accoglimento della propria domanda, avrebbe dovuto provare la sussistenza di altre aree nell’ambito dell’edificio condominiale dove lo (OMISSIS) avrebbe potuto esercitare il suddetto diritto d’uso; sotto tale profilo e’ dunque erronea la diversa affermazione del giudice di appello che, ponendo a carico dell’attuale ricorrente tale onere probatorio, ha trascurato il rilievo che la prova della suddetta circostanza rientrava nel fatto costitutivo della domanda attrice, solo cosi’ risultando legittima la pretesa di inibire allo (OMISSIS) l’uso dei posti auto oggetto della riserva di proprieta’; ne’ a tal riguardo e’ evidentemente sufficiente il generico richiamo al fatto che l’ (OMISSIS) aveva realizzato aree a parcheggio in misura superiore alla riserva di legge, non essendo state richiamate le fonti probatorie di tale convincimento, e non essendo stata comunque specificata concretamente la ubicazione delle suddette aree, non senza comunque osservare che il riconoscimento della sussistenza di tali spazi puo’ avere come oggetto soltanto le aree che siano state destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti abilitativi all’edificazione, senza possibilita’ di ubicazioni alternative (…)”. La Corte d’appello di Torino, nel giudizio di rinvio, ha allora considerato come la sentenza di cassazione avesse unicamente individuato su quale soggetto incombeva l’onere della prova dell’esistenza di altre aree su cui lo (OMISSIS) avrebbe potuto esercitare il diritto di uso per parcheggio. In tale prospettiva, la Corte di Torino ha evidenziato come la (OMISSIS) s.p.a. avesse allegato, mediante produzione del Regolamento di condominio, che l’edificio comprendeva due piani interrati di autorimesse, nonche’ box e posti auto al piano terreno, per una cifra pari a mq. 1.562,44 di aree destinate a parcheggio, superiore alla misura imposta dalla L. n. 122 del 1989, articolo 9 (pari, nella specie, a mq. 745,33). Per questo, ad avviso della Corte d’appello, doveva dirsi altresi’ provato che gli spazi auto esistenti nel cortile ed occupati incontestatamente dallo (OMISSIS) con la propria autovettura, costituissero “spazi ulteriori rispetto alla riserva ex lege, sui quali dunque non puo’ insistere il diritto d’uso dei condomini sussistente solo sugli spazi riservati ex lege”, spazi, dunque, realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla normativa pubblicistica, in quanto tali ad utilizzazione e circolazione libere. La sentenza n. 353/2015 della Corte d’appello di Torino ha peraltro specificato che gli spazi adibiti ad autorimesse ai due piani interrati erano stati indicati espressamente sia nel regolamento di condominio che nella concessione edilizia del 13 giugno 1995; si e’ altresi’ aggiunto dai giudici di rinvio che lo (OMISSIS), producendo la nota di trascrizione dell’acquisto del suo immobile, aveva attestato di aver acquistato anche una autorimessa al secondo piano interrato, potendo cosi’ fruire del diritto di parcheggiare proprio nell’area a cio’ destinata urbanisticamente. In tal senso, seppur con diversa motivazione, i giudici di rinvio hanno confermato la decisione di primo grado.
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..
II. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1418 c.c., articolo 1419 c.c., comma 2, articoli 1421, 2697 c.c., L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41 sexies, come modificato dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, articolo 18 e L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 26, nonche’ degli articoli 112, 115 c.p.c., articolo 345 c.p.c., comma 3, articolo 384 c.p.c., comma 2 e dell’articolo 143 disp. att. c.p.c., ed ancora omessa, insufficiente motivazione, vizio logico di ragionamento ed omesso esame circa un fatto decisivo. La censura, che si sviluppa da pagina 16 a pagina 26 di ricorso, assume il mancato rispetto della decisione della Corte di cassazione da parte del giudice di rinvio, non avendo la sentenza impugnata richiamato le fonti di convincimento in ordine alla ubicazione delle aree destinate a parcheggi nei titoli abilitativi all’edificazione. Viene anche denunciata l’inammissibilita’ dei documenti prodotti dalla (OMISSIS) s.p.a. con la comparsa di costituzione del 26 marzo 2013. Il ricorrente afferma come sia rimasta comunque indimostrata l’esistenza nell’edificio condominiale di altre aree destinate a parcheggio, che potessero essere utilizzate senza alcuna necessita’ di posteggiare le autovetture nel cortile.
Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) (pagine 26-35) deduce la violazione e falsa applicazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41 sexies, come modificato dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, articolo 18 e L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 26, articoli 1419 e 2697 c.c., nonche’ degli articoli 112, 115, 116 e 167 c.p.c., nonche’ omessa, insufficiente motivazione, vizio logico di ragionamento ed omesso esame circa un fatto decisivo. Si ribadisce che la (OMISSIS) s.p.a. non avrebbe indicato dove sarebbero ubicati gli spazi destinati a parcheggio in conformita’ ai vincoli di legge.
II.1 I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano infondati.
Va premesso che, nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non e’ piu’ configurabile il vizio di “omessa, insufficiente motivazione” della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. Sono altrettanto inammissibili le doglianze del ricorrente che censurano la ricostruzione della fattispecie concreta operata dalla Corte d’Appello sulla base dell’apprezzamento delle emergenze istruttorie, ricostruzione che e’ sindacabile soltanto nei limiti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lo stesso parametro dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contemplando il vizio di omesso esame di un fatto storico avente carattere decisivo, suppone un dato materiale che, se esaminato dal giudice, avrebbe ex se portato ad una diversa soluzione della controversia; per converso, l’omesso esame di elementi istruttori non si risolve mai nella corretta prospettazione di un vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove i fatti storici siano stati comunque presi in considerazione nella sentenza impugnata.
Quanto alla ipotizzata violazione dell’articolo 115 c.p.c., essa puo’ essere dedotta come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; mentre la violazione dell’articolo 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) e’ idonea ad integrare il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4 quando il giudice di merito abbia disatteso tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892). A sua volta, la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma.
In realta’, i due motivi di ricorso, strutturati con richiamo in rubrica di una pluralita’ di norme di diritto asseritamente violate o inosservate, nei loro contenuti non lamentano una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle indicate previsioni normative, ne’ un’impropria sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, e richiedono, piuttosto, alla Corte di cassazione di sostituirsi ai giudici del merito per procedere ad un nuovo esame degli apprezzamenti di fatto a quelli spettanti.
La statuizione finale della sentenza della Corte d’appello di rigetto del gravame proposto da (OMISSIS) contro la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda della (OMISSIS) s.p.a., inibendo al convenuto di posteggiare la sua autovettura nel cortile del fabbricato condominiale, e’ comunque rispettosa dei limiti posti al giudice di rinvio, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, dalla sentenza rescindente di questa Corte n. 19613 del 12 novembre 2012. La sentenza della Corte di cassazione n. 19613 del 12 novembre 2012, accogliendo il ricorso sia per vizi di motivazione, sia per violazione di legge, aveva affermato, come visto, che la domanda della (OMISSIS) poteva essere accolta ove la medesima attrice avesse provato la sussistenza di altre specifiche aree, nell’ambito del complesso condominiale, dove lo (OMISSIS) avrebbe potuto esercitare il diritto d’uso a parcheggio. Quando, del resto, come nel caso in esame, la sentenza di cassazione abbia accolto il ricorso sia per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, che per vizi di motivazione, la “potestas iudicandi” del giudice di rinvio, oltre a tener conto, a norma dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, del principio enunciato dalla cassazione (non in via meramente astratta, ma agli effetti della concreta decisione della lite), puo’ certamente comportare altresi’ la valutazione “ex novo” dei fatti gia’ acquisiti, nonche’ estrinsecarsi nella valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di Cassazione, sia pur sempre nel rispetto delle decadenze e preclusioni pregresse (Cass. 6 aprile 2004, n. 6707; Cass. 7 agosto 2014, n. 17790). In tal senso, il giudice di rinvio ha proceduto ad un apprezzamento complessivo delle risultanze istruttorie, rilevando dal regolamento condominiale che l’edificio comprendesse due piani interrati di autorimesse, oltre a box e posti auto al piano terreno, per una superficie complessiva di mq. 1.562,44 destinati a parcheggio, superiore alla misura imposta dalla legge, pari a mq. 745,33, essendo il volume totale del fabbricato di mc. 7.453,37. Al riguardo, la Corte di Torino espone che lo (OMISSIS) aveva soltanto replicato che nel “cortile angusto” non vi fossero altri spazi destinati al parcheggio dei condomini. La sentenza impugnata, avendo poi accertato, in base ad apprezzamento delle emergenze probatorie, sindacabile in sede di legittimita’ soltanto nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che gli spazi adibiti ad autorimesse ai due piani interrati erano stati indicati espressamente sia nel regolamento di condominio che nella concessione edilizia del 13 giugno 1995 quale area da destinare a parcheggio “ex lege”, percio’ gravata dal vincolo pubblicistico di servizio con il fabbricato, ha concluso che il cortile (ove la (OMISSIS) s.p.a. era rimasta proprietaria dei posti auto dal numero 1 al numero 19, e dove (OMISSIS) posteggiava abitualmente la propria autovettura) costituiva una superficie eccedente a quella vincolata.
La decisione dei giudici di rinvio si conforma, pertanto, al consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, articolo 41 sexies, in base al testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, articolo 18, norma di per se’ imperativa, non puo’ subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono percio’ sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprieta’, che puo’ essere fatta valere, con l’assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l’esistenza e l’efficacia. La normativa urbanistica, dettata dalla L. n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies, si limita, tuttavia, a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l’epoca dell’edificazione (parametri nella specie modificati dalla L. n. 122 del 1989, articolo 2). Ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall’articolo 41 sexies citato, il rapporto tra la superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria del fabbricato, cosi’ come richiesto dalla legge, va dunque effettivamente verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia (Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393). L’articolo 41 sexies della Legge urbanistica opera, pertanto, come norma di relazione nei rapporti privatistici e come norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., la quale non puo’ autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di dette aree, costituendo l’osservanza della norma condizione di legittimita’ della licenza (o concessione) di costruzione, e alla quale esclusivamente spetta l’accertamento della conformita’ degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro idoneita’ ad assicurare concretamente la prevista destinazione. Sempre questa Corte ha affermato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex articolo 41 sexies, possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalita’ entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la rado della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961). In ogni caso, il vincolo di destinazione impresso alle aree destinate a parcheggio, interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, di cui alla L. n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies, non impedisce che il proprietario dell’area possa riservare a se’, o trasferire a terzi, il diritto di proprieta’ sull’intera area, o su parti di essa, fermo restando il succitato diritto d’uso da parte dei proprietari delle unita’ immobiliari site nel fabbricato nei limiti delle indicate proporzioni di cubatura, mentre le aree eccedenti detta misura rimangono nella libera disponibilita’ del costruttore – venditore (Cass. 9 novembre 2001, n. 13857; Cass. 24 novembre 2003, n. 17882; Cass. 23 gennaio 2006, n. 1221; Cass. 27 dicembre 2011, n. 28950; Cass. 3 febbraio 2012, n. 1664; Cass. 8 marzo 2016, n. 8220; Cass. 8 marzo 2017, n. 5831; Cass. 25 settembre 2018, n. 22709).
Avendo, dunque, la (OMISSIS) s.p.a. proposto azione negatoria per far dichiarare l’inesistenza del diritto di (OMISSIS) di posteggiare la sua autovettura nel cortile del fabbricato di (OMISSIS), i giudici di rinvio, nel riesaminare la causa in conformita’ ai limiti dettati da Cass. n. 19613/2012, hanno accertato che l’attrice avesse dato prova della insussistenza su tale area del diritto reale di uso a parcheggio della L. n. 1150 del 1942, ex articolo 41-sexies, in capo a (OMISSIS), atteso che i posti auto ricavati nel cortile erano stati realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 24 marzo 1989, n. 122, articolo 2, ed erano percio’ del tutto sottratti alla richiamata disciplina, diversa essendo, in base alla concessione edilizia, l’area destinata a parcheggio secondo la prescrizione della concessione edilizia, e percio’ soggetta alla speciale normativa urbanistica.
Circa la dedotta violazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, per la produzione di “nuovi documenti da parte della (OMISSIS) nel giudizio di rinvio… con la comparsa di costituzione in data 26/3/2013” (cosi’ pagina 21 di ricorso), la censura e’ carente di specificita’, agli effetti dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in quanto non vengono indicati nel motivo quali documenti erano stati allegati tardivamente, quale fosse il relativo contenuto e quale rilevanza decisiva essi abbiano svolto nella sentenza impugnata. L’unico riferimento vien fatto dal ricorrente alla concessione edilizia del 12 giugno 1995, ma la Corte di Torino a pagina 13 di sentenza ha affermato che sin dalla sua costituzione in giudizio l’attrice aveva prodotto “la conformita’ dell’edificio alla concessione edilizia nella quale si dava atto che la costruzione comprende due piani di autorimessa interrati”. La censura e’ viepiu’ inammissibile in quanto invoca quale norma di diritto violata l’articolo 345 c.p.c., comma 3, il quale, in realta’ non opera nel giudizio di rinvio, stante la speciale disposizione contenuta dell’articolo 394 c.p.c., comma 3, che non consente, in tale sede, la modificazione delle conclusioni, unitamente alla produzione di nuovi documenti ed alla richiesta di nuovi mezzi di prova, salvo che ne sorga la necessita’ dalla sentenza di cassazione (Cass. 28 aprile 1988, n. 3214).
III. Consegue il rigetto del ricorso, regolandosi le spese del giudizio di cassazione secondo soccombenza in favore della controricorrente nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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