Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|19 gennaio 2022| n. 2216.

Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura.

In tema di misure cautelari, il termine previsto, a pena di inefficacia dell’ordinanza che dispone la misura, per la decisione sulla richiesta di riesame, decorre dal giorno in cui gli atti fondanti il provvedimento impugnato siano pervenuti al tribunale a cura dell’autorità giudiziaria procedente, a nulla rilevando che gli stessi siano stati già depositati dall’interessato. (Fattispecie, in tema di sequestro, in cui la difesa aveva autonomamente depositato, presso il tribunale del riesame, copia integrale del fascicolo del pubblico ministero). (Conf. Sez. Sez. 1, n. 2264 del 05/04/1996, Rv. 204821-01)

Sentenza|19 gennaio 2022| n. 2216. Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura

Data udienza 14 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola: Sequestro preventivo – Reati tributari – Sussistenza del “fumus” dei reati contestati – Possibile utilizzo di presunzioni – Legittimità del riferimento all’accertamento induttivo compiuto dagli Uffici finanziari mediante gli studi di settore – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filip – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) SRL;
(OMISSIS) SRL;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 07/04/2021 del TRIB. LIBERTA’ di PESCARA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANDREAZZA GASTONE;
lette le conclusioni del PG FIMIANI PASQUALE che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
lette le conclusioni dell’Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e dell’Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) con cui hanno chiesto l’accoglimento dei ricorsi;
Ricorso trattato ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.

Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l. nonche’ (OMISSIS) hanno proposto ricorso avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Pescara del 7/4/2021 di rigetto della richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto liquidita’, beni mobili e beni immobili per vari reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2, 3, 4, 5 e 8.
2. Con un primo motivo di ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l., e (OMISSIS) S.r.l. lamentano il rigetto dell’eccezione difensiva fondata sulla violazione dell’articolo 324 c.p.p., comma 7, essendo la data dell’udienza stata fissata ben oltre il termine di dieci giorni dalla trasmissione degli atti a seguito del deposito, presso la cancelleria del tribunale del riesame, di copia integrale del fascicolo del P.M.; in particolare contesta che la produzione difensiva potesse considerarsi non esaustiva e che alla difesa potesse considerarsi preclusa, sulla base dell’articolo 100 disp. att., la trasmissione al Tribunale degli atti in oggetto.
Con un secondo motivo lamentano la violazione degli articoli 192 e 321 c.p.p., in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2 e 8, per’ omessa motivazione’ o motivazione meramente apparente.
Deducono che, in relazione alle contestazioni di indicazione, per il 2015, di elementi passivi fittizi costituiti dalle fatture relative ad acquisti di autoveicoli e capi di animali (capi A e F), e di utilizzazione delle stesse, sarebbero stati prodotti documenti comportanti la reale effettuazione di dette operazioni, essendo invece irrilevante il fatto che societa’ cedente e societa’ cessionaria abbiano avuto uguale compagine sociale.
Con un terzo motivo deduce la violazione degli articoli 319 e 321 c.p.p., in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3; in particolare, se e’ vero che gli importi Iva contestati erano stati inseriti nelle rispettive dichiarazioni Iva annuali trasmesse, i relativi importi non erano pero’ stati poi versati, come risultato dai bilanci aziendali; e l’affermazione del tribunale in ordine alla fraudolenza insita nell’alterazione del registro riepilogativo snaturerebbe la fattispecie privandola dell’elemento essenziale rappresentato dall’indicazione nella dichiarazione.

 

Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura

Con un quarto motivo lamenta la violazione degli articoli 321, 324 e 192 c.p.p., 6 Convenzione Edu e articoli 24 e 111 Cost. essendo stata la prova dei fatti per cui e’ sequestro fondata sul metodo di accertamento induttivo puro, in contrasto con la costante giurisprudenza di legittimita’ che inibisce la valorizzazione delle presunzioni tributarie.
Con un quinto motivo lamenta la mancata motivazione sul fatto che il sequestro dei beni mobili, immobili e liquidita’ in capo agli indagati sia stato adottato senza prima procedere al sequestro diretto in capo alle societa’ o verificare l’incapienza dei beni delle stesse, beni invece realmente presenti e sui quali si poteva fare luogo a sequestro (numerosi automezzi, ovini, visure Pra ecc.).
Con un sesto motivo lamenta la violazione dell’articolo 240 c.p., articolo 321 c.p.p. e il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, per motivazione apparente in ordine alla sussistenza del rapporto pertinenziale tra beni, in realta’ frutto di crediti maturati successivamente ai fatti, e reati e, dunque, in ordine alla natura di profitto degli stessi; ne’ sarebbe corretta la impostazione che riconduce la questione alla fase meramente esecutiva del sequestro, trattandosi invece di elemento incidente sulla legittimita’ della misura.
Con un settimo motivo lamenta la violazione dell’articolo 321 c.p.p. e articolo 27 Cost. in relazione al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, in ordine alla omessa motivazione circa la mancata indicazione nel provvedimento di sequestro di elementi comprovanti il concorso di (OMISSIS) quale amministratore o gestore di fatto della (OMISSIS) Srl nella omessa presentazione della dichiarazione Iva per il 2015, essendo egli cessato dalla carica di amministratore il 13/03/2015.

 

Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura

Con un ottavo motivo lamenta la violazione degli articoli 192 e 321 c.p.p. e articolo 27 Cost., circa la omessa motivazione in ordine al concorso di (OMISSIS) hei reati di cui ai capi d), e) ed h) ravvisato nella veste di commercialista e consulente tributario di fiducia -e gestore della contabilita’ della predetta (OMISSIS) S.r.l. e fondato, in motivazione, sulla inammissibile “presupposizione” di un diretto intervento dello stesso nell’alterazione del registro Iva riepilogativo e senza considerare che tutta la documentazione contabile non era gestita dallo studio del Dott. (OMISSIS) ma era conservata presso la societa’ (OMISSIS) titolare di un software gestionale utilizzato quotidianamente in azienda dal personale addetto. Ne’ le due fatture emesse da (OMISSIS) per “elaborazione di dato contabili” possono costituire prova dell’asserito concorso nei reato, trattandosi di una dicitura generica usualmente utilizzata per le prestazioni professionali relative agli adempimenti connessi alla predisposizione dei modelli e/o certificazioni fiscali. Ne’ si comprende come la presenza dell’indagato durante l’accesso della Guardia di Finanza nel 2018, quale dato, peraltro, del tutto neutro, potrebbe assurgere ad elemento di correita’ attesa la risalenza dei fatti contestati agli anni 2015, 2016 e 2017.
2. (OMISSIS) ha presentato autonomo ricorso; dopo avere premesso che sulla eccepita natura lecita delle somme a lei sequestrate perche’ tutte afferenti a somme di denaro di natura alimentare versate dal marito come disposto in sede di separazione, il Tribunale ha ritenuto l’estraneita’ della questione al profilo di legittimita’ della misura, afferendo invece alla mera fase esecutiva cosi’ essendo il Tribunale “incompetente” a pronunciarsi, deduce la piena ammissibilita’ dell’eccezione dedotta alla stregua dei criteri giurisprudenziali sul punto dettati anche con riguardo ai limiti di pignorabilita’ e sequestrabilita’ di somme derivanti da trattamenti retributivi e pensionistici anche a fronte della nuova formulazione dell’articolo 545 c.p.c. e tenuto altresi’ conto della necessita’ che le somme aggredite, che non devono trovare la loro causale in fatti successivi alla consumazione del reato, rappresentino profitto del reato stesso.
3. In data 5/10/2021 (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) Srl, (OMISSIS) Srl hanno presentato memoria con cui, contrastando le conlcusioni del P.G. di inammissibilita’ del ricorso, hanno insistito nei motivi di ricorso.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Quanto anzitutto al ricorso proposto in nome delle societa’ (OMISSIS) S.r.l., e l’ (OMISSIS) S.r.l., lo stesso e’ inammissibile.
Va premesso che, per costante indirizzo di questa Corte, e’ inammissibile il ricorso per cassazione, avverso il provvedimento con cui e’ stato deciso il riesame del decreto di sequestro preventivo, presentato dal difensore di parte diversa dall’imputato o indagato che sia privo di procura speciale (tra le altre, Sez. 6, n. 11796 del 04/03/2010, Pilato, Rv. 246485).
Nella specie, invece, risulta agli atti unicamente nomina difensiva in favore dell’Avv. (OMISSIS), senza che sussista apposita procura speciale.
Ne’, come gia’ affermato sempre da questa Corte, puo’ condurre a diverso epilogo il fatto che il patrocinatore delle predette persone giuridiche ricorrenti sia nella specie anche il difensore di alcuni degli indagati legali rappresentanti di dette societa’ titolari dei beni caduti in sequestro, essendo comunque sempre necessario il conferimento, da parte del legale rappresentante, di apposita procura speciale, non essendo appunto sufficiente la mera nomina difensiva (tra le altre, Sez. 5, n. 2465/19 del 24/09/2018, Berna, Rv. 275257, Sez. 5, n. 9435/12 del 10/11/2011, Pambianchi, Rv.251997).
2. Con riguardo al ricorso presentato in nome e nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo motivo, di natura processuale, e volto a riproporre l’assunto, gia’ disatteso dal tribunale, della inefficacia del provvedimento cautelare per intervenuta maturazione del termine di dieci giorni senza che si sia avuta la decisione di riesame, lo stesso e’ manifestamente infondato.

 

Il termine previsto dell’ordinanza che dispone la misura

L’ordinanza impugnata ha infatti correttamente disatteso l’assunto difensivo incentrato sul fatto che, depositata in data 8/3/2021 la richiesta di riesame e, depositata dalla stessa difesa, in data 17/3/2021, copia integrale del fascicolo del P.M., la decisione era intervenuta solamente il 06/04/2021, cosi’ essendo dunque stato superato il termine suddetto; sul punto deve infatti richiamarsi quanto affermato da Sez. 1, n. 2264 del 05/04/1996, Baldassar, Rv. 204821, che, sempre in fattispecie relativa a misure cautelari reali, ha valutato come irrilevante, ai fini della decorrenza di detto termine, la trasmissione degli atti ad opera dell’interessato; del resto, ancor prima della disposizione dell’articolo 100 disp. att. c.p.p., (secondo cui “la cancelleria o segreteria della autorita’ giudiziaria procedente trasmette, in originale o in copia, al giudice competente gli atti necessari per decidere sull’impugnazione”), specificamente valorizzata dall’arresto appena ricordato, e’ lo stesso articolo 324 c.p.p., comma 3, a stabilire, a ben vedere, che gli atti debbano essere trasmessi al tribunale dall’autorita’ giudiziaria procedente senza che da alcuna altra previsione possa desumersi la prospettata equipollenza alla stessa (che’ tale e’, appunto in definitiva, la impostazione difensiva in oggetto) di una “trasmissione” irrituale da parte dello stesso interessato.
Ne’ tale equipollenza puo’ evidentemerite ritenersi imposta pe’r effetto del principio secondo cui, a norma dell’articolo 111 Cost., “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizione di parita’” come vorrebbero i ricorrenti. Parimenti, sempre tale equipollenza non appare inevitabile conseguenza dell’invocato principio della ragionevole durata del processo, atteso che lo stesso articolo 324 c.p.p., comma 3, prevede che gli atti debbano essere trasmessi, sia pure con l’indicazione di un termine di natura non perentoria (tra le altre, sulla scia di Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv. 255581; Sez. 3, n. 44640 del 29/09/2015, Zullo, Rv. 265571, anche a seguito della affermata, inapplicabilita’, al riesame “reale”, del termine di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 5), entro il giorno successivo all’avviso ricevuto dal tribunale.
2.1. Anche il secondo motivo, inerente al fumus dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2 e 8, e’ inammissibile.
Premesso che, per effetto dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, il sindacato in ordine alle misure cautelari reali e’ esercitabile in sede di legittimita’ solo invocando il vizio di violazione di legge, l’ordinanza impugnata, nel riportarsi al processo verbale di constatazione del 13/11/2018, ha sottolineato che: la societa’ cedente, ovvero (OMISSIS), aveva la stessa compagine sociale di quella cessionaria, ovvero la (OMISSIS) Srl; (OMISSIS) non ebbe a presentare dichiarazioni ne’ ad assolvere ad imposte; non risultava essere avvenuto il pagamento di alcuna delle fatture emesse; il prezzo indicato nella fattura relativa alla vendita di capi di bestiame recava un prezzo unitario di 250 Euro pari al triplo rispetto al prezzo medio risultante dagli acquisti effettuati da altri fornitori.
E tale complessiva argomentazione, che non deve attingere un grado di valutazione degli elementi fattuali di grado analogo a quello della gravita’ indiziaria (relativa alle sole misure personali) ma unicamente, appunto, il fumus dei reati per cui si procede, non puo’ non ritenersi certamente assimilabile ad una motivazione assente od “apparente”, con conseguente possibile prospettabilita’ del vizio di violazione di legge, per il solo fatto di non avere espressamente considerato i documenti indicati dalla difesa, tanto piu’ in quanto rivolti, in definitiva, ad ottenere una diversa, e piu’ favorevole, lettura degli elementi in atti.
2.2. Allo stesso modo e’ inammissibile il terzo motivo di ricorso, proposto in ordine ai reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3, di cui ai capi D), E) e H): il tribunale ha spiegato infatti, leggendo correttamente la complessiva condotta contestata a pag. 3 dell’ordinanza, che l’iscrizione a bilancio dedotta dai ricorrenti non e’ idonea far venire meno il fumus degli stessi a fronte dell’inserimento nei registri Iva di Iva detraibile in conseguenza di acquisti “gonfiati” rispetto alle reali risultanze’ delle fatture e del registro acquisti, da cio’ gia’ derivando la condotta “decettiva” richiesta per l’integrazione della fattispecie.
2.3. Anche il quarto motivo di ricorso, con cui si lamenta l’indebita valorizzazione del metodo di accertamento induttivo, e’ inammissibile.
Questa Corte ha gia’ chiarito in piu’ occasioni che, per il principio di atipicita’ dei mezzi di prova nel processo penale, di cui e’ espressione l’articolo 189 c.p.p., il giudice puo’ avvalersi dell’accertamento induttivo, compiuto mediante gli studi di settore dagli Uffici finanziari, per la determinazione dell’imposta dovuta, ferma restando l’autonoma valutazione degli elementi emersi secondo i criteri generali previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 1, (da ultimo, Sez. 3, n. 36207 del 17/04/2019, Menegoli, Rv. 277581); e cio’, si e’ aggiunto, tanto piu’ nel procedimento cautelare reale, nel quale e’ sufficiente l’oggettiva sussistenza del “fumus” del reato sicche’ si puo’ prescindere da qualsiasi profilo che riguardi la colpevolezza del suo autore (Sez.3, n. 36302 del 15/03/2019, Damiano, Rv. 277553) con la conseguente possibilita’ di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza.
2.4. E’ inammissibile poi, per manifesta infondatezza, anche il quinto motivo.
Premesso che, per costante affermazione di questa Corte, la possibilita’ di prospettare in sede di legittimita’ motivi di censura non sollevati innanzi al tribunale del riesame e’ preclusa ove essi non siano rilevabili d’ufficio (tra le altre, Sez. 4, n. 44146 del 03/10/2014, Parisi, Rv. 260952), non risulta, nella specie, dal contenuto dell’ordinanza, che detto motivo sia stato appunto svolto a suo tempo dinanzi al Tribunale di Pescara, cosi’ incorrendo nell’inammissibilita’ di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 3.
In ogni caso, come dallo stesso ricorrente affermato, e come confermato dallo stesso provvedimento cautelare del G.i.p., il sequestro e’ stato, proprio nella prospettiva delineata dal ricorrente, disposto in principalita’ nei confronti delle due societa’ interessate e, solo in subordine, e dunque, proprio nel presupposto dell’impossibilita’ di aggredire beni societari, nei confronti delle persone fisiche. E la legittimita’ dell’articolazione delle misure, secondo tale gradata successione, gia’ nella richiesta del P.M. e, conseguentemente, anche nel provvedimento del giudice, ha condotto questa Corte ad affermare che, in caso di decreto di sequestro preventivo che presenti una struttura “mista”, la verifica della infruttuosita’ del sequestro diretto o dell’incapienza del patrimonio della persona giuridica colpita da tale vincolo, che consente di disporre, in subordine, il sequestro per equivalente nei confronti della persona fisica che ne ha la rappresentanza, non deve essere necessariamente eseguita prima dell’adozione del provvedimento, ben potendo, tale accertamento, essere demandato, contrariamente a quanto nella specie prospettato dai ricorrenti,- al pubblico ministero in fase di esecuzione (Sez. 3, n. 29862 del 01/12/2017, Lorandi e altro, Rv. 273689).
2.5. Quanto al sesto motivo di ricorso, l’assunto difensivo secondo cui alcune delle liquidita’ colpite dal provvedimento e presenti sul conto corrente delle due societa’, sarebbero affluite in esso in data precedente alla commissione dei reati si’ che non sarebbero state per nulla derivanti da detti illeciti, in tal modo non avendo natura di profitto del reato, oltre ad essere genericamente formulato, e’ stato proposto in termini meramente confutatori rispetto al passaggio dell’ordinanza che attesta, invece, a pag. 5, il contrario. Cio’ che, dunque, gia’ di per se’ rende inammissibile il motivo senza necessita’ di valutarne il merito.
2.6. Anche il settimo motivo appare inammissibile: eccentrica rispetto alla stessa veste di amministratore “di fatto” addebitata all’indagato (OMISSIS) e’ infatti la circostanza, posta col motivo, secondo cui egli sarebbe cessato dalla carica formale di amministratore alcuni mesi prima della scadenza di legge prevista per la presentazione della dichiarazione Iva del 2015.
2.7. Infine e’ inammissibile anche l’ottavo e ultimo motivo di ricorso.
Deve infatti rilevarsi che, a fronte del requisito del fumus delicti come elemento di per se’ sufficiente a giustificare l’adozione del sequestro, la motivazione fornita dal tribunale circa il ruolo di concorrente di (OMISSIS) tratto dalla sua partecipazione all’alterazione del registro Iva riepilogativo, alterazione necessaria per far divergere il suo contenuto da quello del registro acquisti, non puo’ certo dirsi essere motivazione apparente, come tale legittimante il ricorso per cassazione, proponibile per sola violazione di legge.
3. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ inammissibile.
Va rilevato infatti che il decreto di sequestro preventivo dell’8/10/2020 aveva disposto il sequestro preventivo, in principalita’, direttamente con riguardo alle liquidita’ della S.r.l. (OMISSIS) e della S.r.l. (OMISSIS) e, in subordine, con riferimento ai beni mobili ed immobili e alle liquidita’ nelle disponibilita’, tra gli altri, di (OMISSIS).
Sicche’, in altri termini, nessuna specifica individuazione dei suddetti beni e delle suddette liquidita’ e’ stata-, nella specie, effettuata dal Tribunale, che si e’ semplicemente limitato ad una generica indicazione, cosi’ lasciando detta individuazione, necessariamente, alla fase esecutiva.
Ne’ la ricorrente, una volta instaurato il sequestro, ha formulato istanza di restituzione delle somme aggredite assumendo la non sequestrabilita’ delle stesse in quanto soggette ai limiti di pignorabilita’ dell’articolo 545 c.p.c., pretesamente operanti anche in caso di sequestro preventivo.
Ne deriva che, correttamente, il provvedimento impugnato ha valutato la questione posta con il ricorso come attinente la fase esecutiva. Cosi’ come, per le medesime ragioni, correttamente e’ stato ritenuto rientrare nella fase esecutiva del sequestro l’ulteriore profilo dedotto col ricorso, segnatamente riguardante la necessita’ che le somme aggredite, che non devono trovare la loro causale in fatti successivi alla consumazione del reato, rappresentino il profitto del reato stesso.
Ed in effetti va ricordato come questa Corte abbia gia’ affermato che le controversie in ordine alla identificazione dei beni da sottoporre a vincolo, che non si traducano in istanze di restituzione correlate alla ritenuta sproporzione tra il quantum oggetto di sequestro ed i beni vincolati, devono essere proposte al giudice dell’esecuzione, mentre le contestazioni sulla corrispondenza fra il valore complessivo indicato nel decreto di sequestro ed il valore effettivo dei predetti beni, che si risolvano in istanze di restituzione parziale, devono essere rivolte al pubblico ministero che, in caso di mancato accoglimento, deve trasmettere la richiesta, corredata di parere ex articolo 321 c.p.p., comma 3, al giudice per le indagini preliminari, il cui provvedimento e’, solo a quel punto, impugnabile dinanzi al tribunale per il riesame delle misure coercitive (Sez. 2, n. 17456 del 4/4/2019, Cerea, Rv. 276951).
In definitiva, le doglianze in oggetto, lungi dal dare luogo a richiesta di riesame nei confronti direttamente del provvedimento di sequestro, avrebbero dovuto essere sottoposte anzitutto al vaglio dello stesso giudice, in sede esecutiva, mediante apposita richiesta di restituzione.
4. Tutti i ricorsi proposti vanno dunque dichiarati inammissibili, da cio’ discendendo la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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