Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 gennaio 2024| n. 453.

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, anche nel regime processuale di cui all’art. 38 disp. att. c.c., come sostituito dall’art. 3 della l. n. 219 del 2012, nel quale era applicabile, in quanto compatibile, il rito camerale ex artt. 737 e ss. c.p.c., è quello ordinario previsto dagli artt. 325 e 327 c.p.c. e non quello di dieci giorni di cui all’art. 739, comma 2, c.p.c., non valendo le regole idonee ad arrecare un vulnus ai diritti della difesa, tenuto conto della particolare rilevanza dei diritti e degli interessi in gioco, richiedenti una elaborazione di strategie difensive anche di una certa complessità, sicché, in caso di provvedimento notificato, opera il termine di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c.

Ordinanza|8 gennaio 2024| n. 453. Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

Data udienza 29 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Provvedimenti dei giudici ordinari (impugnabilita’) – In genere affidamento di figli nati fuori dal matrimonio – Regime processuale ex art. 38, disp. att., c.p.c., come sostituito dall’art. 3, l. n. 219 del 2012 – Rito camerale – Termine di impugnazione – Applicazione del termine ordinario ex artt. 325 e 327 c.p.c. – Sussistenza – Ragioni – Conseguenze.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. RUSSO Rita E. A. – Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6437/2023 R.G. proposto da:

Az.Gi., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE …, presso lo studio dell’avvocato SC.AR.RA. che lo rappresenta e difende

-ricorrente-

Contro

Fr.Be., elettivamente domiciliato in SIENA VIA …, presso lo studio dell’avvocato MI.NI. ((Omissis)) che lo rappresenta e difende

– contro ricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 47/2022 depositata il 11/01/2023 .

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Consigliere RITA E. A. RUSSO.

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FATTO

RILEVATO CHE

Az.Gi. e Fr.Be. hanno generato due figli: Gi.Be. ((Omissis)) e Ni.Be. ((Omissis)). Il Tribunale di Siena ha regolamentato i rapporti dei genitori con i figli disponendo l’affidamento condiviso di Nicolò (dopo il suo ascolto) con collocamento prevalente presso la madre, diritto di visita del padre e assegno di mantenimento in favore di entrambi i figli di euro 1.000,00 (in ragione di euro 500,00 ciascuno).

Fr.Be. ha impugnato il provvedimento chiedendo disporsi l’affidamento con collocamento paritetico, onerando il genitore collocatario di provvedere al mantenimento diretto del minore e, per l’effetto, revocarsi l’assegno disposto a favore della Az.Gi. e rideterminarsi l’assegno di mantenimento della figlia Gi.Be.; in subordine rideterminarsi l’assegno in misura inferiore a quella statuita dal Tribunale di Siena al fine di attuare il principio di proporzionalità dello stesso. La Az.Gi. non si è costituita in appello, il Procuratore Generale ha apposto un “visto”.

La Corte ha confermato la decisione del Tribunale in punto di collocamento prevalente presso la madre del figlio, riducendo l’assegno di mantenimento disposto per i figli (da euro 1.000,00 ad euro 600,00).

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Az.Gi. affidandosi a sei motivi. Si è costituito con controricorso Fr.Be.. La ricorrente ha depositato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata dal 29 novembre 2023.

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MOTIVI

RILEVATO CHE

1. – Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 739 e 741 c.p.c. (ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.) per essere stato proposto reclamo con ricorso, oltre il termine perentorio di dieci giorni; nonché la violazione o falsa applicazione degli artt. 156 c.p.c. e 2964, 2966 e 2969 c.c. e la violazione o falsa applicazione degli artt. 739 e 741 c.p.c. per il mancato rilievo d’ufficio della decadenza dall’azione tardivamente proposta. La ricorrente deduce che con ricorso in appello, iscritto in data 21/01/2022, parte appellante ha dichiarato di volere impugnare “il decreto del Tribunale di Siena emesso in Camera di Consiglio in data 25/11/2021, nel procedimento di volontaria giurisdizione n. 1280/2020 V.G. notificato in data 24/12/2021”. Il reclamo alla Corte d’Appello avrebbe dovuto essere proposto ex art. 739 c.p.c. entro e non oltre il termine perentorio di dieci giorni decorrenti dalla notificazione del decreto emesso dal Tribunale senese che è avvenuta il giorno 24.12.21.

La controparte si oppone osservando che il provvedimento, notificato il 24/12/2022, regolando diritti soggettivi e avente natura decisoria sugli stessi, deve essere considerato ed equiparato ad una vera e propria sentenza emessa in un procedimento contenzioso e come tale soggetto all’impugnativa entro trenta giorni dalla sua notifica e non entro dieci come vorrebbe controparte.

2. – Il motivo è infondato.

È pacifico che il provvedimento di primo grado è stato notificato il 24/12/2022 e che il ricorso è stato iscritto a ruolo il 21/01/2022, decorsi quindi dieci giorni ma non ancora il termine di trenta giorni invocato dal controricorrente.

Al presente procedimento si applica l’articolo 38 disp. att. c.c. come sostituito dall’art. 3 della legge 219/2012, ratione temporis vigente, che stabilendo la competenza del Tribunale ordinario per i procedimenti in materia di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio – in precedenza attribuiti alla competenza del Tribunale per i minorenni – dispone(va) che ai predetti procedimenti si applicassero, “in quanto compatibili”, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Al procedimento in questione è quindi applicabile il rito camerale, che si caratterizza per la particolare celerità e semplicità di forme (Cass. n. 29865 del 12/10/2022; Cass. I, 28/04/2023, n.11294).

Nella norma – oggi modificata dall’art. 1, comma 28, della L. 26 novembre 2021, n. 206 e successivamente, dal D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come pure modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, che ha introdotto il rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie – vi è (era) tuttavia una clausola di compatibilità, cui si deve porre particolare attenzione, poiché il rito camerale, originariamente limitato alla volontaria giurisdizione, ha assunto, in un determinato arco temporale, le caratteristiche di un “contenitore neutro” da applicare anche a quella giurisdizione contenziosa che necessitava di particolare speditezza (appunto, nelle questioni familiari); a condizione tuttavia che sia “rispettosa dei limiti imposti all’incidenza della forma procedimentale dalla natura della controversia che in quanto relativa a diritti o status gode di apposite garanzie costituzionali” (Cass. sez. un n. 5629 del 19/06/1996).

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

Per tale ragione la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che la scelta normativa in favore del rito camerale, ispirata a immediatezza e concentrazione, non poteva distogliere – “in materia di diritti o status” – “lo stesso legislatore ordinario” dal “rispettare quel minimo di garanzie procedimentali in funzione della struttura del rapporto in contestazione. Il che comporta che la giurisdizione volontaria si espande e quindi si allontana dal precedente rito camerale per ammantarsi di forme tipiche del giudizio ordinario, disegnando un nuovo tipo di processo a contenuto oggettivo che, non incidendo sul rapporto sostanziale controverso, rispetta le garanzie delle parti, in ordine alla competenza per territorio (su cui già Cass. sez un.7.2.1992 n. 1323), al diritto di difesa e di prova, all’applicazione dei termini ordinari previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. (e non quello di dieci giorni previsto dall’art. 739, co. 2 c.p.c.)” (Cass. sez. un.5629/1996).

Ai suddetti principi la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha dato seguito, nella vigenza dell’art. 317 – bis c.c., prima della sua sostituzione operata dall’art. 42, del D.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, quando cioè regolava l’esercizio della “potestà” sui figli “naturali” riconosciuti, affermando che il decreto emesso ai sensi dell’art. 317 – bis cod. civ. ha natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della decisorietà, risolvendo una controversia tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, e della definitività, con efficacia assimilabile, “rebus sic stantibus” a quella del giudicato; di conseguenza, in relazione a tale decreto, debbono applicarsi i termini di impugnazione dettati dagli art. 325 e 327 cod. proc. civ., trattandosi di appello mediante ricorso, e non di reclamo ex art. 739 cod. proc. civ. (Cass. n. 6319 del 21/03/2011).

In atto, e per effetto della ricordata riforma del codice di procedura civile, a tutti i procedimenti che riguardano i minori è applicabile il rito unico, disegnato dagli artt. 473 – bis e segg. c.p.c., vale a dire che: il procedimento si conclude con sentenza e si applicano i termini ordinari di impugnazione.

In definitiva, può dirsi che tanto la giurisprudenza di questa Corte quanto il legislatore, si sono orientati, in epoche diverse e con diverso regime normativo, in senso conforme sull’individuazione dei termini di impugnazione e cioè, allo scopo di assicurare le esigenze difensive in materia di status e diritti relativi ai minori, ha stabilito che il termine di impugnazione debba essere quello ordinario, pur dovendosi al contempo assicurare una maggiore celerità proprio per tali processi.

Pertanto, la clausola di compatibilità prevista nell’articolo 38 disp. att. c.c., nel testo qui rilevante ai fini di regolare la fattispecie processuale, deve intendersi nel senso che, del rito camerale disegnato dagli artt. 737 e segg. c.p.c. non possono essere applicate quelle regole che potrebbero arrecare un vulnus ai diritti della difesa, tenendo conto della particolare rilevanza dei diritti e degli interessi che sono in gioco e che richiedono una elaborazione di strategie difensive anche di una certa complessità.

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio non può quindi che essere quello ordinario, anche nel regime processuale disegnato dall’art 38 disp att. c.c., come sostituito dall’art. 3 della legge 219/2012, vale a dire, in caso di provvedimento notificato, il termine di trenta giorni previsto dall’art 325 c.p.c.

L’appello presentato dall’odierno contro ricorrente è pertanto tempestivo.

3. – Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 101 (principio del contraddittorio), 152 (termini legali e termini giudiziari), 153 (improrogabilità dei termini perentori), 164 (nullità della citazione), 291 (contumacia del convenuto), 350 (trattazione) c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., in ragione delle plurime notifiche plurime dell’ atto introduttivo oltre i termini e per le concesse rimessioni in termini in assenza dei presupposti. La ricorrente deduce che nella sentenza oggi impugnata, all’esito dei ripetuti rinvii di udienza e dei ripetuti termini ri-assegnati per notificare l’atto introduttivo, si sarebbe dovuto dare conto della circostanza secondo la quale, sin dalla prima richiesta, l’istanza di rimessione in termini sarebbe stata accoglibile solamente nel caso di sussistenza dei requisiti per concederla e, quindi per errore scusabile, il che non è stato dimostrato.

3.1. – Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 24 Cost. ed anche 101 (principio del contraddittorio), 171 (ritardata costituzione delle parti) e 291 (contumacia del convenuto), 347 (forma e termini della costituzione in appello) c.p.c. (ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.) per rilevabilità d’ufficio del superamento dei termini perentori e conseguente lesione del diritto di difesa. La ricorrente deduce che l’ordine di rinnovazione della notifica del ricorso non era stato eseguito la prima volta (per riferito errore materiale), non era stato eseguito la seconda volta (per mancato rispetto del termine perentorio assegnato) e non era stato eseguito neanche la terza volta (per reiterato mancato rispetto del termine per il rinnovo della notificazione). Pertanto, ferma la non accoglibilità, nel caso di specie, delle istanze di rimessione in termini, a fronte della ripetuta mancata esecuzione nel rispetto dei termini perentori assegnati, la causa andava cancellata dal ruolo ed il processo doveva estinguersi senza possibilità alcuna di sanatoria.

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3.2. – Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento per essere in contrasto con gli artt. 24 Cost. (inviolabilità del diritto di difesa) e anche con gli artt. 739 e 741 c.p.c., con gli artt. 156 c.p.c. e 2964, 2966 e 2969 c.c. e con gli artt. 101 (principio del contraddittorio), 152 (termini legali e termini giudiziari), 153 (improrogabilità dei termini perentori), 171 (ritardata costituzione delle parti), 350 (trattazione della causa avanti la Corte d’appello) c.p.c., ai sensi dell’ art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. perché non è stato accertato il regolare instaurarsi del giudizio e del contraddittorio. La ricorrente deduce che la decisione oggi impugnata è maturata in assenza di una puntuale verifica sulla regolare costituzione del giudizio nel quale ella non si è costituita, dal suo insorgere sino alla sua conclusione perché introdotto tardivamente, perché proseguito con rimessioni in termini ed ordini di rinotifica dell’atto introduttivo entro termini perentori mai rispettati. Il processo, pertanto, è iniziato e poi proseguito in assenza di una declaratoria di contumacia che, a partire dalla verifica iniziale sulla regolare costituzione del giudizio, presupponeva una verifica sulla sussistenza dei presupposti per il “superamento” di quella “criticità” processuale data dall’esigenza di accertare la regolare instaurazione del giudizio.

3.3. – Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la nullità del procedimento per essere in contrasto con gli artt. 24 Cost. (inviolabilità del diritto di difesa), 101 (principio del contraddittorio), 291 (contumacia del convenuto), 309 (mancata comparizione all’udienza), 348 (improcedibilità dell’appello), 350 (trattazione) c.p.c., ai sensi dell’ art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. La ricorrente osserva che in occasione della prima udienza fissata per il giorno 6.5.22, nessuno è comparso, neanche il reclamante costituitosi. Risulta dall’elenco degli “eventi” del fascicolo telematico, infatti, una “annotazione” di rinvio “ex art. 309 c.p.c.”. Non risulta, però dal fascicolo telematico del giudizio di Corte d’appello, alcun provvedimento di rinvio per mancata comparizione delle parti alla prima udienza del 6.5.22 né il verbale dell’udienza stessa; invece la Corte, constatata la mancata presenza del reclamante, avrebbe dovuto emettere una ordinanza non impugnabile di rinvio.

4. – Con il sesto motivo si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5. La ricorrente deduce che la Corte d’appello ha omesso di esaminare l’ISEE da lei prodotto con la conseguenza che la valutazione della capacità economica/del livello economico della diade figlia-padre, si traduce de facto nella valutazione del livello economico del solo soggetto padre, con la conseguenza che la capacità economica/il livello economico del Fr.Be. equivale ad Euro 65.379,91 a fronte di quello della ricorrente di Euro 20.878,81; La Corte d’appello ha altresì omesso di valutare che il Berni nell’anno 2020 ha avuto a disposizione altri redditi, derivanti dalla vendita di titoli su dossier (Fondi “Anima Geo”) dei quali, sebbene cointestati con essa ricorrente, egli ha disposto in autonomia il disinvestimento per un controvalore in denaro di circa Euro 30.653,70, senza dare notizia se in seguito egli avesse operato un loro re-investimento, sempre nella forma della co-intestazione; la Corte d’appello inoltre ha omesso di valutare che la Giannini nell’anno 2020 era gravata da più ratei di mutuo. Infine la Corte ha omesso di valutare anche il fatto storico eccepito e dedotto dalla ricorrente e non contestato da controparte, che quest’ultimo, stante il reddito di cui disponeva, dall’anno 2016 sino alla presentazione del ricorso al Tribunale di Siena, aveva contribuito al mantenimento dei figli con il versamento mensile di Euro 1.000,00 sul conto corrente coi-intestato con l’altro genitore.

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

5. – I motivi secondo, terzo, quarto e quinto, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, risultano fondati nei termini di cui appresso.

Il fatto processuale è così ricapitolato dallo stesso controricorrente, il quale dopo aver dedotto che la prima notifica di ricorso e decreto di comparazione non è andata a buon fine per errore nella trascrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, espone: “con istanza 19/04/2022 il Fr.Be. chiedeva di essere rimesso in termini; all’udienza del 06/05/2022 nessuno compariva e la causa veniva rinviata al 10/06/2022; a detta udienza l’istanza di remissione in termini veniva ribadita e la Corte rimetteva il ricorrente in termini onerandolo di effettuare la notifica entro il termine del 20/06/2022 e la causa veniva rinviata all’udienza del 8/07/2022. Non appena il provvedimento era reso disponibile al Berni lo stesso veniva prontamente notificato a controparte in data 21/06/2022” …. “Tuttavia, all’udienza dell’8/07/2022 questa difesa rilevava che non sussistevano i termini a difesa e pertanto, onde non incorrere in nullità chiedeva di essere autorizzato a rinotificare l’atto di impugnazione. La Corte, appurato ciò, autorizzava l’appellante a rinotificare l’impugnazione entro il termine del 13/07/2022 per l’udienza di comparizione del 9/12/2022. Ancora una volta, non ricevendo alcuna comunicazione pec, il provvedimento veniva notificato non appena visibile in pct, ovvero in data 15/07/2022.

All’udienza del 9/12/2022 la causa veniva trattenuta in decisione”

Pertanto, vi è stato un primo errore di notifica, rispetto al quale – all’evidenza – la Corte ha ritenuto di avvalersi del generale istituto della restituzione in termini, ritenendo giustificata l’errore di notifica, e va qui ribadito che la valutazione, circa la non imputabilità dell’errore per cui la parte è incorsa in decadenza, è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito (Cass. n. 30514 del 18/10/2022). Tuttavia, la restituzione in termini è stata data più volte, perché dopo il primo errore (il ricorrente ha sbagliato a scrivere l’indirizzo pec del difensore) vi è stata un’udienza in cui non è comparso nessuno; la Corte ha rinviato ad altra udienza alla quale il difensore del ricorrente ha chiesto una ulteriore restituzione in termini; accolta anche questa istanza, la notifica è stata eseguita ma oltre il termine assegnato dalla Corte e ciò – secondo quanto afferma il difensore del Fr.Be. – perché non aveva ricevuto alcuna comunicazione del provvedimento della Corte e l’aveva eseguito solo nel momento in cui il provvedimento era divenuto visibile; analoga prospettazione è esposta per la seconda notifica, anch’essa tardiva. La Corte però, dopo la seconda (terza, se si considera la prima effettuata in una casella di posta sbagliata) notifica, ha comunque assunto la causa in decisione senza però nulla dire sulla regolarità dell’ultima notifica, nonostante fosse, pacificamente, fuori termine; essendosi limitata a rilevare che la Az.Gi. non si era costituita, evidentemente dando per assodato, posto che è passata ad esaminare il merito, che il contraddittorio fosse stato regolarmente instaurato; questa decisione implicita è oggi contestata, facendo riferimento (anche) alle norme sulla dichiarazione della contumacia.

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

Quest’ultimo rilievo è fondato.

In effetti, posto che il primo termine per notificare non era stato rispettato, ben poteva la Corte, trattandosi di rito camerale, assegnare un nuovo termine, ma quest’ultimo è perentorio, perché fissato in applicazione analogica dell’art 291 c.p.c.. E’ infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, nei giudizi camerali che si introducono con ricorso, l’omessa notifica di quest’ultimo e del decreto di fissazione dell’udienza, entro il termine ordinatorio assegnato dal giudice, non comporta l’improcedibilità della domanda o dell’impugnazione, poiché, in assenza di una espressa previsione in tal senso, vanno evitate interpretazioni formalistiche delle norme processuali che limitino l’accesso delle parti alla tutela giurisdizionale, ma solo la necessità dell’assegnazione di un nuovo termine, perentorio, in applicazione analogica dell’art. 291 cod. proc. civ., sempre che la parte resistente o appellata non si sia costituita, così sanando il vizio della notificazione (Cass. sez. un n. 5700 del 12/03/2014; Cass. n. 19203 del 11/09/2014; Cass. n. 16335 del 04/08/2016 Cass. n. 26267 del 16/10/2019). Nella fattispecie è pacifico che anche l’ultimo (in ordine di tempo) termine per rinotificare l’atto, perentorio, non è stato rispettato e che nonostante ciò la Corte ha deciso la causa in difetto di costituzione della controparte. Come sopra si è detto, la parte espone che “all’udienza dell’8/07/2022 questa difesa rilevava che non sussistevano i termini a difesa e pertanto, onde non incorrere in nullità chiedeva di essere autorizzato a rinotificare l’atto di impugnazione. La Corte, appurato ciò, autorizzava l’appellante a rinotificare l’impugnazione entro il termine del 13/07/2022 per l’udienza di comparizione del 9/12/2022. Ancora una volta, non ricevendo alcuna comunicazione pec, il provvedimento veniva notificato non appena visibile in pct, ovvero in data 15/07/2022.All’udienza del 9/12/2022 la causa veniva trattenuta in decisione”. È quindi lo stesso controricorrente che ammette di avere superato i termini perentori dati dalla Corte per (ri)notificare l’atto, ma non deduce né di avere chiesto una ulteriore restituzione in termini, né risulta che la Corte l’abbia accordata, perché la causa è stata assunta in decisione e la Corte si è limitata – come sopra si è detto – a prendere atto della non costituzione della controparte ed è passata senz’altro ad esaminare il merito. Deve peraltro qui rilevarsi, per completezza, che in ogni caso nei procedimenti camerali attivati su ricorso – quale quello di cui si discute – il giudice adito è tenuto a fissare con decreto l’udienza di comparizione con termine per la notifica del ricorso stesso e del decreto alle controparti, ed è, altresì, tenuto al deposito di tale provvedimento, ma non anche a disporne la sua comunicazione a chicchessia, non sussistendo, infatti, un obbligo del giudice normativamente disciplinato in tal senso (Cass. n. 23456 del 10/11/2011).

Pertanto – e senza entrare nelle ragioni che hanno indotto il giudice di merito a ritenere giustificati i primi due errori del ricorrente (trascrizione non corretta dell’indirizzo di posta del destinatario, notifica tardiva del ricorso e del decreto) – a fronte di una terza notifica effettuata oltre il termine perentorio concesso, la Corte avrebbe dovuto dichiarare che il procedimento non poteva essere proseguito, in difetto di costituzione della controparte, perché il contraddittorio non era stato correttamente instaurato e non poteva più esserlo, essendo scaduto un termine perentorio.

Ne consegue, in accoglimento per quanto di ragione dei motivi secondo, terzo, quarto e quinto, assorbito il sesto, respinto il primo, la cassazione della sentenza impugnata, senza necessità di rinvio perché il processo di secondo grado non poteva essere proseguito e, di conseguenza, con il passaggio in giudicato, rebus sic stantibus, del provvedimento di primo grado.

Considerando che il primo motivo del ricorso è questione che presenta profili di novità, ricorrono i presupposti per compensare le spese del giudizio di legittimità.

Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio

P.Q.M.

Accoglie, per quanto di ragione, i motivi secondo, terzo, quarto e quinto del ricorso, assorbito il sesto e respinto il primo, e cassa senza rinvio il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art 382 c.p.c., perché il processo non poteva essere proseguito per la sua tardiva instaurazione.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria l’8 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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