Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 25 giugno 2020, n. 19221.
Massima estrapolata:
Il termine di impugnazione della sentenza d’appello di conferma della sentenza di non luogo a procedere è quello di quindici giorni stabilito dall’art. 585, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. per i provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio, essendo ininfluente l’irrituale applicazione, da parte del giudice, dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen.
Sentenza 25 giugno 2020, n. 19221
Data udienza 26 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Torre piloti – Crollo – Genova – Ingegneri che si erano occupati rispettivamente del progetto e del collaudo – Posizione di garanzia – Esclusione – Assoluzione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRICCHETTI Renato Giusep – Presidente
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
Dott. TANGA Antonio L. – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI GENOVA;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) – imputato non ricorrente;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) – imputato non ricorrente;
inoltre (parti civili non ricorrenti):
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
ASSOCIAZIONE DELLE VITTIME DEL DOVERE ENTE GENERICO;
ASSOCIAZIONE NAZIONALE FRA LAVORATORI MUTILATI E INVALIDI DEL LAVORO;
ANMIL ENTE GENERICO;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/12/2018 della CORTE APPELLO di GENOVA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENCI DANIELE;
lette le conclusioni del P.G., Dott. PINELLI Mario, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova ricorre per la cassazione della sentenza con cui la Corte l’11 dicembre 2018 ha confermato la sentenza di non luogo a procedere per non aver commesso il fatto, pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova il 16 maggio 2018 nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in ordine ai reati loro ascritti di omicidio colposo plurimo, di lesioni colpose gravissime e di disastro colposo, fatti avvenuti il (OMISSIS).
2. Il (OMISSIS) la nave “(OMISSIS)”, in uscita di poppa dal Porto di (OMISSIS) tramite il canale (OMISSIS), una volta giunta nell’avamporto in cui avrebbe dovuto invertire la marcia, ruotando in senso antiorario, urtava la “Torre piloti”, collocata all’estremo del molo (OMISSIS), provocandone il crollo.
2.1. Va premesso che con sentenza del 17 maggio 2017 il Tribunale di Genova ha condannato per la morte e per le lesioni gravissime delle vittime e per disastro colposo il comandante della nave, un pilota, un ufficiale e il direttore di macchina della “(OMISSIS)” e per responsabilita’ amministrativa la societa’ armatrice.
2.2. Il G.i.p., all’esito dell’udienza preliminare, per quanto in questa sede rileva, ha prosciolto per la ritenuta estraneita’ ai fatti il progettista della struttura “Torre piloti”, ing. (OMISSIS), ed il collaudatore della stessa, ing. (OMISSIS).
Al progettista il P.M. contesta che nel progetto la Torre piloti fosse collocata a cavallo della banchina, senza tenere conto di azioni non ordinarie incidenti sulla struttura, quali il possibile urto da parte di navi, essendo la struttura adiacente ad un’area in cui si effettuavano manovre delle stesse, ed al collaudatore di non avere rilevato tale criticita’.
In estrema sintesi, il G.u.p. ha ritenuto non sussistente una specifica posizione di garanzia degli imputati, avendo avuto il progettista il compito, appunto, di progettare, secondo corretta tecnica, la struttura in cemento armato “Torre piloti”, la cui progettazione preliminare generale e la scelta della collocazione dell’opera nel porto erano state gia’ approvate; ne’ erano state contestate al professionista o accertate violazioni in punto di progettazione esecutiva dell’opera in cemento armato e di scelta o di qualita’ dei materiali impiegati.
Dalla esclusione della posizione di garanzia, nei termini precisati, in capo all’ing. (OMISSIS), discende anche, secondo il G.u.p., la esclusione della posizione di garanzia del collaudatore ing. (OMISSIS), cui competeva – si e’ detto – valutare l’edificio in se’ e la sua statica intrinseca, non gia’ sindacare la scelta della collocazione dello stesso nell’ambito portuale.
2.3. L’articolato ricorso avverso la sentenza ex articolo 425 c.p.p. proposto dal P.M., ricorso in cui, con vari argomenti, si contestava la esclusione della posizione di garanzia in capo agli imputati, e’ stato rigettato dalla Corte di appello con sentenza dell’11 dicembre 2018.
La Corte territoriale, in sintesi, ha condiviso in toto le argomentazioni del giudice di primo grado circa la insussistenza, in base sia alle disposizioni vigenti all’epoca dell’attivita’ svolta dagli ingegneri (OMISSIS) e (OMISSIS), essendo stata la Torre realizzata nel 1996, sia al contenuto di capitolati o contratti, di un obbligo di prevedere eventi non ordinari, ma eccezionali quali, ad esempio, esplosioni ovvero, come accaduto, un urto di una nave sull’opera in cemento armato.
In particolare, la Corte di merito ha escluso, tra l’altro, l’applicabilita’ del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008, recante “Nuove norme tecniche per le costruzioni”, entrato in vigore dodici anni dopo la realizzazione della Torre, nonche’ della circolare del Ministero dei lavori pubblici del 4 luglio 1996, successiva non solo al completamento dell’opera ma anche al suo collaudo, avvenuto nel giugno 1996, delle circolari dello stesso Ministero del 9 novembre 1978 e del 24 maggio 1982 (richiamate dell’appellante), in quanto imponevano di tenere conto di eventi eccezionali (quali uragani, urti ed esplosioni) soltanto quando cio’ fosse prescritto, escludendo la sussistenza di siffatte prescrizioni nel caso di specie, e della normativa spagnola, siccome non vigente nell’ordinamento, richiamata nella consulenza delle parti civili.
La Corte territoriale ha anche osservato (p. 13 della sentenza impugnata) che “Solo con il Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008 (successivo alla realizzazione dell’opera) il metodo semiprobabilistico agli stati limite e’ divenuto l’unico ammissibile (…) Peraltro, come gia’ ricordato (…), la stessa circolare 24 maggio 1982, n. 22631 disponeva l’obbligo di considerare azioni eccezionali quali uragani, urti, esplosioni ecc. solo quando prescritte (e nel caso in questione non lo erano). Conseguentemente non era fatto obbligo al progettista strutturale di considerare azioni non prescritte dal committente, non considerate dal metodo delle tensioni ammissibili applicato e in uso all’epoca, e siffatto obbligo correlativamente, non incombeva neppure sul collaudatore”.
La Corte di appello ha inoltre evidenziato: che il progetto della Torre piloti era stato approvato, all’esito di una complessa istruttoria, nel 1993 dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici, organismo che nel 1999, quindi dopo la realizzazione, in sede di parere sul piano regolatore portuale, aveva espressamente ritenuto scarsissima la probabilita’ di verificazione di azioni eccezionali; che la scelta della collocazione della Torre era stata decisa anche in base alle osservazioni degli stessi piloti perche’ consentiva la migliore visibilita’ e quindi la funzionalita’ operativa; che nello spazio d’acqua, detto avamporto, antistante l’edificio, non venivano eseguite manovre di rotazione; che negli anni successivi il porto di Genova aveva subito rilevanti modifiche che hanno ridotto gli specchi d’acqua ove eseguire le manovre delle navi; infine, che la manovra concretamente posta in essere dalla nave (OMISSIS) in uscita era vietata.
3. Ricorre per la cassazione della sentenza, come accennato, il Procuratore generale, che si affida a due motivi, con i quali lamenta violazione di legge.
3.1. In particolare, con il primo motivo denunzia inosservanza ed erronea applicazione della L. 5 novembre 1971, n. 1086, recante “Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”, articoli 1, 3 e 21.
Dovendo, infatti, ai sensi della disciplina richiamata, il progettista assicurare la perfetta stabilita’ e sicurezza delle strutture, evitando qualsiasi pericolo per la pubblica incolumita’, ad avviso del ricorrente apparirebbe strano che, a seconda del metodo liberamente scelto per la progettazione (metodo delle tensioni ammissibili ovvero metodo degli stati limite ultimi ovvero altro metodo), la sicurezza della costruzione e la tutela della pubblica incolumita’ possano essere significativamente differenti; come apparirebbe strano che l’azione derivante da urti prevedibili e catastrofici, quali quello in esame, possa essere indifferentemente considerata oppure non considerata nella progettazione a seconda di una scelta arbitraria del progettista.
In realta’, il rinvio ad opera della L. n. 1086 del 1971, articolo 21 a decreti ministeriali per la esecuzione di norme tecniche alle quali devono uniformarsi le costruzioni va inteso come operato, secondo il ricorrente, anche al Decreto Ministeriale 3 ottobre 1978, n. 18407 (recante “Criteri generali per la verifica della sicurezza delle costruzioni e dei sovraccarichi”), che ai punti n. 2.2. e n. 2.3. indica i corretti metodi di verifica ed i livelli di sicurezza, ai quali l’imputato progettista non si sarebbe attenuto. Si richiama al riguardo anche la circolare interpretativa del 9 novembre 1978, n. 18591 sullo scopo delle verifiche di sicurezza e sui metodi di verifica, per concludere che, conformemente alla ratio della legge, gia’ prima della realizzazione della Torre piloti di (OMISSIS) era compito preciso del progettista considerare, secondo il metodo delle tensioni ammissibili, e comunque a prescindere dalla scelta di un metodo di calcolo piuttosto che un altro, tutte le azioni prevedibili come incidenti sulla struttura, tra le quali non potrebbe non rientrare l’urto con una nave. Si richiamano anche il Decreto Ministeriale 3 ottobre 1978, n. 18407, articolo 3.1. ed i punti n. 1.4. e 1.5. della circolare integrativa del 9 novembre 1978, n. 18591.
Erronea sarebbe l’affermazione della Corte di merito che l’obbligo di considerare gli urti sussista solo in presenza di una prescrizione del committente, mentre, in realta’, esso sussisterebbe anche a prescindere: in base ad una lettura sistematica delle disposizioni, deve ritenersi – si assume da parte del Procuratore Generale – che le azioni derivanti da urti, esplosioni etc., pur in assenza di una richiesta del committente, da parte del progettista devono “essere considerate quando prescritto dalle concrete circostanze del caso” (p. 7 del ricorso) cioe’ ove “vi sia un verosimile scenario di rischio”.
La diversa conclusione cui perviene la Corte di appello sarebbe gravemente erronea, anche perche’ si e’ fatta prevalere, in difformita’ dalla gerarchia delle fonti, l’interpretazione contenuta in una circolare su norme di legge o decreti ministeriali.
3.2. Con l’ulteriore motivo si censura la violazione dell’articolo 425 c.p.p., avendo i giudici di merito disatteso la regola di giudizio che deve guidare il Giudice dell’udienza preliminare nel decidere il proscioglimento, regola che e’ stata anche recentemente puntualizzata dalla S.C. nella sentenza di Sez. 4, 32574 del 12/07/2016, P.C. in proc. Trimarchi e altri. Rv. 2567457-01, la cui massima ufficiale recita: “Ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non e’ l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilita’ del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti; ne consegue che, nell’ipotesi di diverse ed opposte valutazioni tecniche, non spetta al Gup decidere quale perizia sia maggiormente attendibile, dovendo egli solo verificare se gli elementi acquisiti a carico dell’imputato risultino irrimediabilmente insufficienti o contraddittori, in ragione di eventuali manifeste incongruenze del contributo dell’esperto posto a sostegno dell’accusa o dell’errata piattaforma fattuale assunta ovvero della palese insipienza tecnica del metodo o dell’elaborazione”.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
4. Il Procuratore Generale della S.C., nella sua articolata requisitoria del 2829 novembre 2019 ha chiesto il rigetto del ricorso.
5. Con memoria pervenuta il 7 febbraio 2020 i difensori dell’ing. (OMISSIS) hanno chiesto dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso. La memoria e’ articolata in quattro punti, che di seguito si sintetizzano.
5.1. In primo luogo, si ritiene inammissibile, siccome tardivo, il ricorso del Procuratore Generale, poiche’, alla stregua delle norme che disciplinano le impugnazioni, come interpretate dalla S.C. sia a Sezioni Unite (Sez. U, n. 31312 del 26/06/2002, D’Alterio, Rv. 222044-01 e 222043-01; Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670-01) che semplici (Sez. 4, n. 29654 del 21/04/2016, p.c. Vita in proc. Pappalardo, non mass.), avverso la sentenza camerale della Corte di merito dell’11 dicembre 2018, con termine – rispettato (8 marzo 2019) – di novanta giorni (scadente l’11 marzo 2019) per il deposito della motivazione, il Procuratore Generale, al quale non spettava comunicazione dell’avvenuto deposito, avendo partecipato all’udienza dell’11 dicembre 2018, avrebbe dovuto osservare il generale termine di quindici giorni per l’impugnazione, impugnazione che, invece, e’ stata depositata, come risulta dagli atti, al quarantaquattresimo giorno.
5.2. Il ricorso del Procuratore Generale sarebbe in ogni caso inammissibile, in tesi difensiva, siccome aspecifico, concentrandosi esclusivamente sull’aspetto dell’elemento soggettivo del reato, che risulta pero’ – si ritiene – eccentrico ed inconferente rispetto alla pronunzia di assoluzione, che e’ fondata sul rilievo della mancanza di un obbligo giuridico ex articolo 40 cpv. c.p. in capo all’imputato di impedire lo specifico evento oggetto della contestazione, cioe’ l’urto di una nave contro la struttura, punto centrale del ragionamento dei giudici di merito sul quale, tuttavia, il ricorrente non muove alcuna mirata, puntuale e specifica censura.
5.3. Ancora, in linea subordinata nella memoria si lamenta l’infondatezza della interpretazione del Procuratore Generale secondo cui l’imputato avrebbe dovuto prevedere tra le azioni agenti sull’erigenda opera anche eventi eccezionali, quali gli urti con le navi, difettando – si ritiene – nell’ordinamento qualsiasi attribuzione al progettista in tale senso, conclusione questa dei giudici di merito peraltro non impugnata tramite il ricorso, che, secondo la difesa dell’ing. (OMISSIS), si inerpica invece lungo la china di una non condivisibile, poiche’ eccessivamente lata, interpretazione della fonte della “prescrizione” di eventuali azioni eccezionali, potendo la prescrizione derivare o da una norma ovvero dalla committenza dell’opera, come confermato ex post dalla disciplina successiva ai fatti ( Decreto Ministeriale Ministero infrastrutture e trasporti del 17 gennaio 2018, punto n. 3.6. recante “Aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni”).
5.4. Da ultimo, nella memoria si sottolinea la ritenuta assoluta inconferenza del richiamo alla migliore interpretazione del canone decisorio ex articolo 425 c.p.p., in quanto nel caso di specie non si ha una questione su quale sia la preferibile valutazione tecnica tra valutazioni difformi ma si pone, invece, una questione squisitamente giuridica (la sussistenza o meno della posizione di garanzia) che, in realta’, non ha alcuna necessita’ della celebrazione del dibattimento ne’ di acquisizioni istruttorie per essere risolta.
Si chiede, dunque, dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso della parte pubblica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Procuratore Generale, come segnalato nella memoria difensiva, in cui si richiama pertinente giurisprudenza di legittimita’ (Sez. U, n. 31312 del 26/06/2002, D’Alterio, Rv. 222044-01 e Rv. 222043-01; Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670-01; Sez. 4, n. 29654 del 21/04/2016, p.c. Vita in proc. Pappalardo, non mass.), e’ tardivo.
2. La scansione temporale e’ stata nel caso di specie la seguente: decidendo, nelle forme del rito camerale, ai sensi dell’articolo 428 c.p.p., comma 3, che richiama l’articolo 127 c.p.p., sull’impugnazione da parte del P.M. della sentenza di proscioglimento emessa dal G.i.p. ai sensi dell’articolo 425 c.p.p., la Corte di appello all’esito dell’udienza dell’11 dicembre 2018 ha dato lettura, alla presenza delle parti, tra cui il P.G., del dispositivo, assegnandosi – irritualmente – un termine di novanta giorni per la decisione, in luogo di quello previsto, in linea generale, dall’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera a), di quindici giorni.
Tale termine, stabilito dal giudice, di novanta giorni, scadente marzo 2019, e’ stato rispettato, essendo stata la motivazione depositata l’8 marzo 2019.
Cio’ posto, il Procuratore Generale, cui non spettava comunicazione dell’avvenuto deposito, avendo partecipato all’udienza dell’11 dicembre 2018 ed avendo assistito alla lettura del dispositivo, avrebbe dovuto osservare il generale termine di quindici giorni per l’impugnazione, impugnazione che, invece, e’ stata depositata, come risulta dagli atti, il 24 aprile 2019 ossia al quarantaquattresimo giorno decorrente dall’11 marzo 2019, ergo: in ritardo.
Il chiaro ed inequivoco dettato dell’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera a) fissa, in via generale, in quindici giorni il termine per l’impugnazione dei provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio, fra i quali rientra sicuramente anche la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello a sensi dell’articolo 428 c.p.p., comma 2, quale quella oggetto del ricorso; ne’, ovviamente, tale regime puo’ essere mutato ove la Corte di merito faccia, come nella specie, irrituale applicazione dell’articolo 544 c.p.p., comma 3 (cfr. Sez. U, n. 31312 del 26/06/2002, D’Alterio, Rv. 222044-01 e 222043-01; Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670-01).
Infatti, “Il termine di impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere, pronunciate in grado d’appello (articolo 428 c.p.p., commi 2 e 8), e’ quello di quindici giorni stabilito dall’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera a) per i provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio, essendo ininfluente l’irrituale applicazione, da parte del giudice, dell’articolo 544 c.p.p., comma 3” (Sez. 6, ord. n. 1798 del 28/11/2002, dep. 2003, Vidoni, Rv. 223281 – 01).
3. Consegue la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
Nulla per le spese, attesa la natura di parte pubblica del ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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