Il termine di dieci giorni per l’adozione della decisione sul reclamo

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 dicembre 2020| n. 36304.

Il termine di dieci giorni per l’adozione della decisione sul reclamo avverso il provvedimento ministeriale di proroga del regime di detenzione differenziato ai sensi dell’art. 41-bis ord. pen., ha natura meramente ordinatoria e pertanto la sua inosservanza non è causa di inefficacia del provvedimento.

Sentenza|17 dicembre 2020| n. 36304

Data udienza 13 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Sorveglianza – Provvedimenti relativi al regime detentivo di cui all’art. 41 bis Ord. pen. – Sospensione di alcune regole – Accertamento prognostico di collegamenti con la criminalità organizzata – Insufficienza del mero decorso del tempo per escluderli – Indeducibilità di vizi diversi dalla violazione di legge – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente

Dott. BINENTI Roberto – rel. Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 24/01/2020 del TRIBUNALE SORVEGLIANZA di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere BINENTI ROBERTO;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Locatelli Giuseppe, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo proposto avverso il decreto ministeriale con il quale era stata applicata ad (OMISSIS) in espiazione della pena dell’ergastolo inflittagli con la condanna per ireati di associazione di tipo mafioso e sequestro di persona a scopo di estorsione – la proroga per anni due della sospensione di alcune regole del trattamento penitenziario secondo quanto previsto dall’articolo 41-bis, Ord. Pen..
2. Propone ricorso per cassazione (OMISSIS), tramite il proprio difensore, svolgendo doglianze affidate a tre motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 41-bis Ord. Pen. e l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato.
Deduce che non sono stati in alcun modo considerati i rilievi mossi con il reclamo supportati da ampie allegazioni, omettendosi in tal modo ogni verifica.
E’ stata asserita la permanenza dei presupposti del provvedimento in ragione dell’affiliazione alla mafiosa con riferimento all’articolazione di Cosa nostra della famiglia di (OMISSIS), ignorando che erano in atto detenuti tutti gli appartenenti a tale famiglia e le altre obiezioni difensive, quanto alle recenti operazioni, che deducevano l’estraneita’ di (OMISSIS) e dei suoi familiari alle indagini.
Dalle (richiamate) dichiarazioni dei collaboratori emergeva che il ruolo di “reggente” della famiglia mafiosa assegnato a (OMISSIS) a fronte di un generico apporto associativo, non avrebbe potuto spingersi oltre l’anno 2002, mentre lo stesso in seguito, fino all’arresto del 2011, non era stato raggiunto da addebiti o elementi a carico, pur essendosi trovato in stato di liberta’ per ben nove anni, a fronte di un contesto di appartenenti al nucleo familiare del tutto specchiato e di un comportamento carcerario corretto e rispettoso delle gravose regole imposte.
Sicche’, nessun controllo era stato svolto al fine di formulare la dovuta prognosi in ordine all’attualita’ del ripristino dei contatti con gli esponenti mafiosi.
2.2. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 3 e 6 CEDU.
Deduce che le modalita’ con cui e’ stata disposta la proroga di pongono contrasto con le succitate disposizioni convenzionali, tanto piu’ tenuto conto dei rilievi in materia formulati dalla Corte Edu nelle recenti pronunce con riguardo all’indeterminata permanenza delle limitazioni al reinserimento del condannato.
2.3. Il terzo motivo lamenta ancora la violazione dell’articolo 6 CEDU, sul rilievo che nella specie la verifica giurisdizionale a distanza di tempo dall’esecuzione della proroga, decretata dall’autorita’ amministrativa, si e’ posta in contrasto con le disposizioni convenzionali, tanto piu’ tenuto conto dei rilievi in materia formulati dalla Corte Edu nelle piu’ recenti pronunce, avuto riguardo all’indeterminata permanenza delle limitazioni al reinserimento sociale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato per le ragioni di seguito illustrate.
2. li controllo di legittimita’ affidato alla Corte di cassazione nella materia dei provvedimenti di applicazione e di proroga del regime detentivo di cui all’articolo 41-bis Ord. Pen. rimane circoscritto alla violazione di legge, cosicche’, quanto alla motivazione, gli unici rilievi che possono trovare ingresso sono quelli che ne rappresentano la mancanza – oltre che grafica – sotto il profilo dell’assenza dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicita’ in relazione agli elementi sui quali deve cadere la verifica dei presupposti di legge; in modo da risultare la motivazione per la mancanza dei suindicati requisiti solamente apparente, giacche’ assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito nel pervenire alla decisione (fra le altre, Sez. 1, n. 48494 del 9/11/2004, Rv. 230303; Sez. 1, n. 5338 del 14/11/2003, Rv. 226628).
Solamente in tali ipotesi e’ configurabile la violazione di legge, poiche’ il provvedimento risulta privo del requisito della motivazione richiesto dall’articolo 125 c.p.p. e dall’articolo 41-bis Ord. Pen., comma 2-sexies.
Restano, pertanto, estranei all’ambito della verifica di legittimita’ consentita in materia non solo tutti quei rilievi che evocano ogni diverso apprezzamento degli elementi acquisiti riservato alle valutazioni di merito, ma anche il controllo della motivazione sotto il profilo della mera contraddittorieta’ o illogicita’.
3. L’articolo 41-bis Ord. Pen., ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione, in tutto o in parte, delle ordinarie regole del trattamento penitenziario nei confronti dei soggetti condannati o imputati per taluno dei gravi reati ivi menzionati, richiede “elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva”, cosi’ esigendosi al riguardo, secondo la costante giurisprudenza di legittimita’ (fra le altre, Sez. 1, n. 4857 del 10/03/2016, Rv. 267248; Sez. 1, n. 39760 del 28/09/2005, Rv. 232684; Sez. 1, n. 46013 del 29/10/2004, Rv. 230136), non gia’ un giudizio di certezza secondo i parametri dell’accertamento probatorio ai fini dell’affermazione della responsabilita’ penale, ma la formulazione di una ragionevole previsione sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti, fra cui assumono primaria rilevanza, sempre in chiave di valutazione prognostica, quelli desumibili dai fatti di cui alle condanne gia’ intervenute o ai procedimenti ancora in corso.
E in tale ambito e’ appropriato apprezzare in via deduttiva, nell’ottica della verifica del citato collegamento con la criminalita’ organizzata (cosi’ da derivarne le particolari prescrizioni del regime speciale a tutela di primarie esigenze di ordine e sicurezza), elementi come quelli rappresentati dal ruolo assunto dal soggetto considerato in quel genere di fenomeno, dall’ampiezza delle relazioni che ne sono conseguite e dalle loro particolari modalita’ con riferimento alla plausibile stabilita’, a fronte di un’organizzazione criminale che appaia ancora presente (in tale senso, fra le altre, Sez. 1, n. 305 del 06/02/2015, Rv. 263508).
Si tratta di un accertamento prognostico del tutto particolare, poiche’ gli obiettivi perseguiti in ambito preventivo non attengono propriamente al pericolo di reiterazione delle medesime condotte delittuose, ma si fermano a un piu’ anticipato momento di tutela: quello in cui ci si propone di prevenire, tramite le funzionali prescrizioni del regime detentivo speciale, gia’ il solo collegamento con il contesto di criminalita’ organizzata nel quale sono maturati i fatti di grave allarme ragionevolmente riferiti ai delitti citati dall’articolo 41-bis (Sez. 1, n. 44149 del 19/04/2016, Rv. 268294; Sez. 5, n. 40673 del 30/05/2012, Rv. 253713).
4. Quanto in particolare ai requisiti della proroga del regime di cui all’articolo 41-bis Ord. Pen., cio’ che va apprezzato non e’ tanto il concreto realizzarsi di nuovi momenti di collegamento esterno con il contesto di criminalita’ organizzata in ragione dell’elusione delle particolari disposizioni gia’ predisposte per impedirli, quanto piu’ propriamente la necessita’ di rendere ancora vigenti tali disposizioni, riscontrandosi – non obbligatoriamente in considerazione di specifici elementi sopraggiunti – la permanenza di quelle apprezzabili condizioni di pericolo che avevano giustificato originariamente il regime speciale (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018 dep. 2019, Rv. 274912; Sez. 1, n. 41731 del 15/11/2005, Rv. 232892; Sez. 1, n. 40220 del 20/10/2005, Rv. 232466; Sez. 1, n. 39760 del 28/09/2005, Rv. 232684; Sez. 1, n. 36302 del 21/09/2005 Rv. 232114).
A tal riguardo l’articolo 41-bis Ord. Pen., comma 2-bis, indica appunto la verifica della “capacita’” di mantenere quei collegamenti a suo tempo riscontrati, “anche” tenendo conto di alcuni parametri elencati in termini non esaustivi: il profilo criminale, la posizione rivestita all’interno dell’associazione, la perdurante operativita’ della stessa, la sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, gli esiti del trattamento penitenziario, il tenore di vita dei familiari del sottoposto. Mentre si sottolinea che il mero decorso del tempo non costituisce elemento sufficiente a escludere la “capacita’” di cui sopra.
Si tratta di un ponderato apprezzamento di merito in ordine agli elementi che di volta in volta richiedono attenzione nel caso concreto, giacche’ in grado di incidere in senso positivo o negativo ai fini della verifica del presupposto di cui trattasi in termini di attualita’ (Sez. 1, n. 40673 del 30/05/2012, Rv. 253713).
Apprezzamento che ove accompagnato da motivazione, nei termini sopra descritti in cui possa ritenersi effettivamente rappresentata, rimane del pari esente da censure in sede di legittimita’ sotto il profilo della violazione di legge.
5. Quanto alle censure mosse con il primo motivo, va osservato che il provvedimento impugnato si e’ correttamente attenuto ai principi sopra illustrati.
La motivazione da’ conto dell’accertamento in sede di condanna del ruolo apicale rivestito dal ricorrente nella famiglia mafiosa di (OMISSIS). A fronte di cio’, rilievi oppongono altre letture smentite dal giudizio in sede di cognizione.
Il Tribunale evidenzia, inoltre, come la partecipazione di (OMISSIS) a Cosa nostra si sia manifestata in modo quanto mai allarmante, non solo per i rapporti da lui allacciati con esponenti di primo piano del sodalizio, ma anche per il suo coinvolgimento nel sequestro di (OMISSIS), rimasto segregato per piu’ di due anni e poi ucciso, con successivo scioglimento nell’acido del cadavere.
Risulta, per altro verso, rappresentato l’accertamento, a seguito di piu’ recenti indagini, della costante operativita’ della “famiglia” mafiosa di riferimento, rispetto alla quale viene pronosticato il pericolo degli attuali collegamenti.
A tale appropriata impostazione, che considera la rilevanza in chiave di previsione delle precedenti indicazioni tratte in concreto dalla condotta posta in essere e la ragionevole probabilita’ in atto di nuove manifestazioni di pericolosita’, derivante dalla medesima partecipazione al sodalizio mafioso ancora operante in quello stesso territorio, la difesa oppone ancora altre letture alternative che citano successivi comportamenti, fuori e dentro il carcere, senza che mai sia possibile trarre da essi l’univoca indicazione del distacco dal contesto associativo.
Analoghe considerazioni vanno svolte con riguardo agli apprezzamenti difensivi riservati ai familiari del ricorrente, cosi’ come al dato in se’ del tutto neutro del coinvolgimento in recenti indagini di altri sodali, prima non comparsi e noti come tali.
Fatto quest’ultimo che in se’ conferma solamente le condizioni in cui Cosa nostra si mantiene in vita sostituendo i compartecipi via via arrestati con nuovi adepti, onde supplire agli impedimenti operativi dovuti alla detenzione dei primi.
Le doglianze svolte nel primo motivo, pertanto, non dimostrano la violazione di legge nei termini suindicati, neppure sotto il profilo della mancanza di una motivazione idonea a far comprendere l’iter logico seguito dai giudici di merito.
6. Parimenti infondati risultano i rilievi svolti con il secondo motivo.
Al riguardo, si citano recenti pronunce della Corte Edu che non smentiscono l’osservanza nella materia di cui trattasi dei principi convenzionali, cosi’ come di quelli costituzionali via via citati dal ricorrente, tenuto conto del percorso illustrato in premessa, che si basa non sulla considerazione in se’ del titolo del reato, ma su apprezzamenti individualizzati e motivati ragionamenti prognostici che rimangono estranei a meri automatismi derivanti da presunzioni assolute.
7. Infine, con riguardo al ritardo della decisione come lamentato tramite il terzo motivo, va richiamato – nel senso dell’infondatezza della doglianza – quanto in proposito gia’ affermato da questa Corte (Sez. 1, 47950 del 22/11/2012, Rv. 253859), laddove e’ stato rilevato che in tema di reclamo avverso il provvedimento ministeriale di sospensione di alcune regole del trattamento ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis, il termine di dieci giorni per l’adozione della decisione ha natura meramente ordinatoria e, pertanto, la sua inosservanza non e’ causa di inefficacia del provvedimento (nella motivazione succitata sentenza e’ stata, peraltro, richiamata la pronuncia della Corte EDU n. 60915 del 2000 nel procedimento Bifulco c/Italia, secondo la quale non sussiste violazione dell’articolo 6 della CEDU se la decisione interviene prima della scadenza del periodo di validita’ del decreto impositivo del regime differenziato).
Pertanto, anche le censure mosse con il terzo motivo risultano infondate.
7. Ne discende il rigetto del ricorso, con la conseguente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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