Il sostituto del difensore di fiducia

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 dicembre 2020| n. 34988.

Il sostituto del difensore di fiducia, cui l’imputato abbia rilasciato procura speciale per la presentazione dell’istanza di concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen. con facoltà di determinare l’entità della pena, può validamente perfezionare l’accordo sulla pena nella misura specificamente indicata dal procuratore speciale, perchè in tal caso il sostituto è mero “nuncius” della sua volontà.

Sentenza|9 dicembre 2020| n. 34988

Data udienza 6 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Concordato in appello – Inammissibilità di doglianze relative a motivi oggetto di rinuncia – Pena determinata dal procuratore speciale dell’imputato – Legittimità del perfezionamento dell’accordo da parte del sostituto – Configurabilità come mero “nuncius” – Illegalità sopravvenuta delle sanzioni accessorie di cui all’art. 216 l. fall. alla luce della sentenza Corte Cost. n. 222/2018 – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/01/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. PEZZULLO ROSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla pena accessoria; inammissibilita’ nel resto.
udito il difensore l’avvocato (OMISSIS) insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza emessa in data 22.1.2019, la Corte d’appello di Milano, in accoglimento della richiesta di concordato ex articolo 599 bis c.p.p. con rinuncia agli altri motivi di appello, ha rideterminato nei confronti di (OMISSIS), amministratore e liquidatore della societa’ (OMISSIS) s.r.l., la pena in anni tre di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva di cui alla L. Fall., articolo 223, articolo 216, comma 1, nn. 1 e 2 e articolo 219 con conferma delle ulteriori statuizioni, ivi comprese le pene accessorie ex L. Fall., articolo 216, u.c..
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avv.to (OMISSIS), affidato a due motivi, con i quali deduce:
2.1. con il primo motivo, il vizio di violazione di legge, in relazione agli articoli 122 e 599 bis c.p.p., per difetto di manifestazione della volonta’ dell’imputato; invero, all’udienza del 22.1.2019, nella quale e’ stato definito il giudizio con il concordato in appello ai sensi dell’articolo 599 bis c.p.p., l’avv. (OMISSIS) presente in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), non era munito di procura speciale rilasciata invece esclusivamente in favore dell’Avv. (OMISSIS); pertanto, la manifestazione di volonta’ dell’imputato per concordare la pena, con rinuncia ai motivi di appello, e’ stata effettuata in assenza di legittimazione del difensore presente in udienza;
2.2. con il secondo motivo, la violazione di legge in ragione della mancata riduzione delle pene accessorie, esito che avrebbe dovuto conseguire automaticamente e proporzionalmente alla riduzione della pena principale.
3. In data 5.4.2019 il ricorrente, a mezzo del difensore, ha depositato motivi aggiunti, con i quali, oltre a riproporre le questioni gia’ dedotte in ricorso, lamenta in primis la violazione di legge in relazione all’articolo 25 Cost., comma 1 e articolo 8 c.p.p., pero’incompetenza territoriale dell’organo giudicante; invero, i fatti di bancarotta contestati all’imputato sono stati commessi presso la sede operativa di (OMISSIS), benche’ il fallimento sia stato dichiarato dal Tribunale di Milano, di guisa che, alla luce dell’orientamento della
S.C. secondo cui la sentenza di fallimento e’ condizione obiettiva di punibilita’, la competenza doveva radicarsi nel Tribunale di Marsala; tale eccezione di incompetenza, proposta avverso la sentenza di primo grado, avrebbe dovuto essere accolta nonostante l’intervenuto concordato ex articolo 599 bis, essendo stata dalla difesa proposta in via preliminare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie ex articolo 216, u.c., L. Fall., laddove e’ inammissibile nel resto.
1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
1.1. Va premesso che con la modifica legislativa introdotta con la L. n. 103 del 2017 non e’ stata prevista per il concordato in appello una specifica ipotesi di censura ricorribile per cassazione, avendo stabilito il nuovo articolo 610 c.p.p., comma 5 bis, soltanto la declaratoria di inammissibilita’ de plano contro la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 599 bis c.p.p. (“…la corte dichiara senza formalita’ di procedura l’inammissibilita’ del ricorso. Allo stesso modo la corte dichiara l’inammissibilita’ del ricorso contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e contro la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 599 bis”). In assenza di specifiche previsioni, si ritiene di condividere l’indirizzo, secondo cui le uniche doglianze proponibili sono quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla formazione della volonta’ delle parti di accedere al concordato in appello ed all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio puo’ essere ammesso per quei vizi attinenti alla determinazione della pena e che non si siano trasfusi in una illegalita’ della sanzione inflitta. Ne consegue, in definitiva, che in tema di concordato in appello e’ ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex articolo 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volonta’ della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex articolo 129 c.p.p. ed, altresi’, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalita’ della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali, ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019 Rv. 276102; Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019 Rv. 278170). D’altra parte nel regime del gatteggiamento della pena in appello ai sensi dell’articolo 599 c.p.p., comma 4, (Sez, U, Rv. 226715) era stato gia’ affermato il principio, secondo cui le parti esercitano il potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non puo’ essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalita’ della pena concordata da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione.
1.2. Tanto premesso, si osserva che il ricorrente in sostanza lamenta nel caso di specie un vizio nella formazione della volonta’ dell’imputato per la stipula del concordato in appello ex articolo 599 bis c.p.p., atteso che, all’udienza del 22.1.2019, nella quale e’ stato definito il giudizio con il suddetto epilogo, l’avv. (OMISSIS), presente in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), non era munito di procura speciale rilasciata, invece, dall’imputato esclusivamente in favore dell’Avv. (OMISSIS); pertanto, la manifestazione di volonta’ dell’imputato, in relazione all’accordo sulla pena con rinuncia ai motivi di appello, sarebbe stata effettuata in assenza di legittimazione del difensore presente in udienza.
1.3.Dagli atti del processo di appello risulta che la formulazione dell’istanza di concordato ex articolo 599 bis c.p. con rinuncia agli altri motivi e’ stata avanzata e sottoscritta dall’avv. (OMISSIS) (munito di procura speciale per accedere al concordato in appello con facolta’ di determinare l’entita’ della pena, rilasciata dall’imputato in data 21.1.2019) con specifica indicazione e determinazione, ai fini dell’accordo, della pena in anni tre di reclusione (cfr. istanza in atti). Proprio sulla base di tale richiesta e sulla pena in essa indicata si e’ formato l’accordo delle parti, recepito nella sentenza di concordato oggetto di impugnazione.
1.4. Da tale sviluppo dell’accaduto si rileva che l’avv. (OMISSIS), sostituto del difensore di fiducia avv. (OMISSIS), non ha avuto alcuna discrezionalita’ nella determinazione della pena, riferendosi esclusivamente all’istanza dell’avv. (OMISSIS), facendo solo le veci del predetto difensore. L’avv. (OMISSIS), in particolare, non ha sostituito la propria volonta’ a quella dell’avv. (OMISSIS) – procuratore speciale dell’imputato che ha indicato, in base alla procura speciale all’uopo conferitagli, la pena da applicare all’imputato- sicche’ nessun vizio di formazione della volonta’ puo’ ritenersi configurabile nella fattispecie.
1.5. I principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di patteggiamento – secondo cui l’accordo per l’applicazione di pena su richiesta delle parti, concluso con il P.M. dal sostituto processuale nominato dal difensore, al quale l’imputato abbia rilasciato procura speciale, e’ nullo in quanto i poteri che derivano da tale procura si caratterizzano per il rapporto personale e non possono essere compresi fra quelli esercitabili dal sostituto processuale del difensore a norma dell’articolo 102 c.p.p. (Sez. 2, n. 17381 del 06/04/2011 – dep. 05/05/2011, Basile, Rv. 250073), derivandone l’inammissibilita’ della richiesta di patteggiamento formulata da difensore, sostituto per delega di quello di fiducia, ma sprovvisto di procura speciale (Sez. 1, n. 43240 del 04/11/2009 – dep. 12/11/2009, Barbini, Rv. 245081)- non si attagliano al caso di specie.
1.5.1. Invero, il sostituto avv. (OMISSIS), come gia’ evidenziato, non ha presentato autonoma richiesta di concordato, ne’ ha comunque indicato una pena diversa per l’imputato da quella di tre anni di reclusione, determinata dal procuratore speciale, sicche’ la sua posizione e’ stata, dunque, quella di un mero nuncius. Nel caso in cui ricorra tale figura questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare- con riguardo al caso specifico all’applicazione di pena ex articolo 444 c.p.p. – il principio secondo cui il sostituto del difensore di fiducia, al quale l’imputato abbia rilasciato procura speciale per il patteggiamento, puo’ validamente perfezionare l’accordo sulla pena specificamente determinata dal procuratore speciale, perche’ in tal caso il sostituto e’ mero “nuncius” della volonta’ del procuratore speciale (arg. ex Sez. 1, Sentenza n. 43045 del 25/09/2012, Rv. 253785).
1.5.2. Non vi e’ ragione per non applicare tale principio anche al concordato in appello, con la conseguenza che non versandosi in quest’ipotesi in un vizio di formazione della volonta’ in merito alla determinazione della pena oggetto di concordato il motivo di ricorso in questione e’ inammissibile.
2. Inammissibile, altresi’, si presenta il motivo aggiunto relativo all’incompetenza territoriale dell’organo giudicante, atteso che, come gia’ evidenziato, con la richiesta di concordato ritualmente proposta, l’imputato ha rinunciato a tutti i motivi di appello e alle questioni anche processuali relative ai due gradi di giudizio, non potendo, come detto, che dedurre vizi riconducibili alla formazione della volonta’ della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, ovvero all’illegalita’ della sanzione inflitta.
3. Fondato, nei limiti di cui si dira’, si presenta il secondo motivo di ricorso. Al ricorrente sono state applicate di diritto le pene accessorie di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 4 e alla stregua della declaratoria di illegittimita’ costituzionale dell’articolo 216, u.c. L.F. – nella parte in cui prevede pene accessorie (l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacita’ di esercitare uffici direttivi nelle imprese) di durata fissa decennale, anziche’ di durata fino a dieci anni, per coloro che siano condannati per bancarotta fraudolenta- giusta sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2018, e’ necessario esaminare il profilo del trattamento sanzionatorio, in relazione alle indicate pene accessorie. Invero, ai sensi dell’articolo 136 Cost., comma 1, e Legge Costituzionale 11 marzo 1953, n. 87, articolo 30, comma 3, il testo della norma, risultante dalla dichiarazione di illegittimita’ costituzionale, si applica con efficacia ex tunc, anche nei processi in corso e la mancata articolazione da parte dell’imputato di specifiche censure in punto di pene accessorie non impedisce l’esame officioso della questione, afferendo la stessa al tema del trattamento sanzionatorio divenuto illegale. All’uopo trova, infatti, applicazione la sentenza n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264207, secondo cui nel giudizio di cassazione l’illegalita’ della pena conseguente a dichiarazione di incostituzionalita’ di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio e’ rilevabile d’ufficio anche in caso di inammissibilita’ del ricorso, tranne che nel caso di ricorso tardivo. L’illegalita’ sopravvenuta della previsione della durata fissa delle pene accessorie rende, pertanto, necessario l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in punto di trattamento sanzionatorio, al fine di consentire alla Corte di rinvio di quantificare la durata delle suddette pene accessorie, quantificazione che non puo’ essere operata da questa Corte, implicando considerazioni commisurative in fatto inibite al Giudice di legittimita’. Cio’ vieppiu’, tenuto conto del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale la durata delle pene accessorie per le quali la legge stabilisce, in misura non fissa, un limite di durata minimo ed uno massimo, ovvero uno soltanto di essi, deve essere determinata in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’articolo 133 c.p. e non rapportata, invece, alla durata della pena principale inflitta ex articolo 37 c.p. (Sez.Un. 28910 del 28/02/2019, Rv. 276286).
4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al punto delle pene accessorie, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano, mentre il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano; dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

 

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