Il sequestro probatorio di tutta la documentazione del professionista

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 22 aprile 2020, n. 12685.

Massima estrapolata:

Il sequestro probatorio di tutta la documentazione del professionista coinvolto in un caso di corruzione insieme al giudice fallimentare che lo avrebbe favorito negli incarichi va comunque giustificato con la pertinenza al reato. Non basta l’affermazione confermata dai giudici che sarebbe comunque potuto risultare utile ai fini dell’indagine.

Sentenza 22 aprile 2020, n. 12685

Data udienza 21 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Decreto di perquisizione e del sequestro probatorio della pg – Corruzione in atti giudiziari – Onere di specificazione del rapporto tra i beni oggetto del sequestro e incolpazione provvisoria – Vizio di motivazione – Principio di proporzionalità ed adeguatezza – Rinvio per nuovo esame

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RICCIARELLI Massimo – Presidente

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – rel. Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 18/11/2019 del Tribunale del riesame di Firenze;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio Costantini;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Angelillis Ciro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avvocato (OMISSIS), che si e’ riportata ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), per mezzo del difensore avvocato (OMISSIS), impugna l’ordinanza del Tribunale di Firenze che, in funzione di Tribunale del riesame, ha rigettato il ricorso proposto e ha confermato il decreto di perquisizione in data 23 ottobre 2019 ed il conseguente sequestro probatorio del 25 ottobre 2019 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze; beni sequestrati asseritamente riconducibili a plurimi delitti di concorso in corruzione in atti giudiziari connessi al conferimento di incarichi da parte del collegio del Tribunale fallimentare di Perugia, concorrente individuato nel giudice (OMISSIS), di cui agli articoli 81, 110, 319, 319-ter e 321 c.p. commesso in (OMISSIS).
2. Il ricorrente deduce i motivi di seguito indicati.
2.1. Carenza assoluta di motivazione in ordine all’enunciazione dei fatti per i quali si procede ed erronea applicazione degli articoli 324 c.p.p., comma 7 e articolo 309 c.p.p., comma 9.
Il ricorrente rileva come assolutamente vago e non comprensibile sarebbe il fatto contestato al (OMISSIS) che e’ genericamente accusato di essere concorrente nel delitto di corruzione con il giudice (OMISSIS), in servizio presso il Tribunale fallimentare di Perugia. Imprecisati sarebbero i fatti di corruzione che avrebbero visto quale partecipe il ricorrente, come non evidenziati sarebbero i criteri di rotazione asseritamente violati nel conferimento degli incarichi, non potendosi comprendere se il ricorrente risulti coinvolto, in quanto corrotto ovvero corruttore.
Meramente assertiva, quindi, risulterebbe la motivazione che non risponde alle critiche rivolte in sede di gravame circa il vincolo imposto sui beni oggetto di sequestro, se non attraverso un non pertinente riferimento agli “atti di indagine” ed ai “rapporti personali di particolare contiguita’” tra alcuni professionisti ed il giudice, circostanze che evidenziano non significativi rapporti di amicizia e fatti di lecita frequentazione.
Il Tribunale del riesame, inoltre, avrebbe integrato le carenze motivazionali del provvedimento genetico che non espliciterebbe il contenuto delle indagini a cui fa generico rinvio; integrazione della motivazione ammessa nelle sole ipotesi di sua insufficienza, rivelandosi invece preclusa allorche’, come nel caso in esame, risulti lacunosa la necessaria enunciazione dei fatti.
L’omessa motivazione sul punto e la conseguente violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3, si desumerebbe, altresi’, dalla mancata enunciazione del preliminare necessario profilo in ordine all’individuazione del fatto di reato, cio’ dimostrato anche dalla circostanza che l’unico soggetto (dottor (OMISSIS)) che aveva riferito di illecite proposte di corruzione non avrebbe fatto cenno alla posizione del ricorrente; mentre i punti della motivazione che evidenziavano i vantaggi conseguiti, quali cene, passaggi in auto ed acquisti di capi di abbigliamento (che non si comprende se siano o meno pervenuti al giudice (OMISSIS)), risulterebbero inconferenti ai fini della integrazione del delitto di corruzione.
2.2. Violazione di legge con riferimento all’articolo 125 c.p.p., comma 3, e carenza assoluta di motivazione in ordine alle finalita’ probatorie sottese all’apposizione del vincolo sui beni.
Palese risulterebbe l’insussistenza del presupposto in considerazione del contenuto della documentazione sequestrata che riguarda vicende estranee all’attivita’ giudiziaria in genere ed all’attivita’ giudiziaria svolta al giudice (OMISSIS). La documentazione che riguarda il giudice (OMISSIS) sarebbe costituita da atti comunque rinvenibili presso gli uffici giudiziari di Perugia senza che sussista la necessita’ di apprendere detti beni attraverso il sequestro.
Erronea risulterebbe la motivazione del Tribunale nella parte in cui avrebbe giustificato l’apprensione della documentazione per consentire il futuro vaglio di pertinenza delle finalita’ probatorie, circostanza che oltre ad integrare la motivazione, attivita’ che sarebbe preclusa, fa emergere la sproporzione, conformemente a giurisprudenza di questa Corte e della Corte EDU, tra l’oggetto del sequestro ed il delitto di corruzione su cui si indaga.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il secondo motivo di ricorso risulta fondato, motivo che impone l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
2. Deve, preliminarmente rilevarsi la manifesta infondatezza e genericita’ del primo motivo connesso alla carenza di elementi da cui desumere l’oggetto della contestazione, attraverso il quale il ricorrente reitera identica censura a cui il Tribunale ha fornito corretta risposta.
Deve rinviarsi all’ormai pacifico principio di diritto espresso da questa Corte, a mente del quale il sindacato del Tribunale del riesame avverso il decreto di sequestro probatorio deve essere limitato all’astratta possibilita’ di sussumere, in una determinata ipotesi di reato, il fatto attribuito ad un soggetto ed alla qualificazione dell’oggetto del provvedimento come “corpus delicti”, ossia alla esistenza della relazione di immediatezza tra la cosa e la fattispecie penale; e’ stato, infatti, precisato che il sindacato del Giudice del riesame non puo’ spingersi sino a sollecitare approfondimenti e valutazioni nel merito dell’imputazione, dal momento che il sequestro e’ un mezzo di ricerca della prova e, quindi, non puo’ richiedersi che tale prova sia gia’ sussistente all’atto della imposizione del vincolo (Sez. 5, n. 23240 del 18/05/2005, Zhu, Rv. 231901). Inoltre, sempre in materia di sequestro probatorio ed al fine di valutare entro che limiti il provvedimento che dispone il vincolo sul bene debba palesare l’oggetto della contestazione, questa Corte di legittimita’ ha ritenuto sufficiente la circostanza che l’oggetto del vincolo, per come enunciato, riguardi cose pertinenti al reato, anche in difetto della completa formulazione di un capo di imputazione che, in considerazione della fase in cui interviene il provvedimento ablativo, ben puo’ essere esplicitato con il solo titolo del reato per cui si procede e attraverso il rinvio agli atti redatti dalla polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727).
Corretta risulta, pertanto, la motivazione del Tribunale di Firenze che ha dato conto dell’accusa relativa alle indagine aventi ad oggetto ipotesi di corruzione giudiziaria che vedevano quali autori un giudice della sezione fallimentare che, in violazione di regole di rotazione e dietro la contropartita di illecite utilita’ e vantaggi, affidava incarichi a professionisti, tra cui vi sarebbe il ricorrente; contestazione provvisoria di cui si e’ dato conto anche per mezzo di un esplicito rinvio al contenuto delle intercettazioni telefoniche ed ambientali da cui erano desumibili i rapporti tra il giudice ed i vari professionisti.
Non risulta conferente il riferimento all’asserita preclusa possibilita’ di integrare la motivazione, posto che, per quanto esposto, risulta idoneamente delineato, per quanto occorre in questa sede, il tema che e’ alla base delle indagini in relazione agli elementi fin qui acquisiti e al quale deve correlarsi la tipica finalita’ del sequestro probatorio.
3. Proprio tale ultima considerazione impone per contro di ritenere fondato il secondo motivo, in specie nella parte in cui censura il provvedimento che non ha, nonostante le deduzioni in tal senso, specificato quale fosse il necessario rapporto tra i beni oggetto di sequestro e la contestazione provvisoria.
Ed invero, se e’ consentito al Tribunale di specificare meglio le esigenze probatorie che possano dirsi alla base del provvedimento genetico, in quanto da esso comunque gia’ risultanti, con conseguente legittimita’ di una dettagliata illustrazione della relazione pertinenziale tra quanto oggetto di sequestro e contestazione provvisoria, nondimeno risulta nel caso in esame lacunosa la risposta fornita in concreto dal provvedimento impugnato.
Ed invero, il decreto di sequestro probatorio – cosi’ come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalita’ perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548).
Inoltre, in stretta connessione con tale affermazione, deve ritenersi illegittimo, per violazione del principio di proporzionalita’ e adeguatezza, il sequestro a fini probatori, qualora esso conduca a una indiscriminata apprensione di beni, senza che siano indicati specificamente quali di essi siano realmente funzionali all’accertamento dei fatti oggetto di indagini (in tal senso in materia di sequestro indiscriminato dell’intero archivio di documentazione cartacea di un’azienda, v. Sez. 6, n. 43556 del 26/09/2019, Scarsini, Rv. 277211).
Cio’ premesso, si osserva che il provvedimento del Tribunale fa generico riferimento alla sola possibilita’ che l’oggetto del sequestro possa essere utile alle indagini, seppur esso sia relativo a fatti che non riguardano i rapporti del ricorrente con l’autorita’ giudiziaria ovvero inerisca semmai remoti, tanto da non interessare gli incarichi conferiti dal giudice (OMISSIS), magistrato in servizio presso il Tribunale fallimentare di Perugia e al centro dell’ipotesi corruttiva.
In realta’ la decisione impugnata, pur dando atto della problematicita’ del profilo attinente proprio all’estensione del vincolo apposto sulla documentazione cartacea ed informatica sequestrata (pag. 4), ha ritenuto complessivamente sussistente la sua legittimita’ in ragione della necessita’ di un preliminare vaglio di verifica da parte degli inquirenti, tanto da affermare, senza dare risposta in ordine alla pertinenza della documentazione personale del professionista, di non poter “escludere che elementi utili all’accertamento dei fatti e dei rapporti tra indagati possano emergere anche da documentazione risalente del tempo”.
Motivazione della decisione che, oltre a palesarsi di fatto inesistente in quanto apodittica, si pone in aperto contrasto con la necessita’ di evidenziare la pertinenzialita’ tra oggetto della contestazione e bene soggetto a vincolo di cui, in concreto, non viene indicata la funzione probatoria; requisito necessario la cui verifica non puo’ essere demandata a non meglio precisate valutazioni differite nel tempo che proprio il Collegio, compulsato ex articoli 324 e 257 c.p.p., avrebbe dovuto effettuare.
Ne’ risulta conferente il riferimento effettuato dal Tribunale della cautela reale alla giurisprudenza di questa Corte, che ha avuto modo di evidenziare la legittimita’ del sequestro operato su contenuti molto estesi, provvedendo, se del caso, nel rispetto del principio di proporzionalita’ ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti (Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016, Amores, Rv. 268489); vicenda processuale, quella che ha dato spunto alla enunciazione del principio di diritto in questione, che aveva ad oggetto il sequestro di interi archivi informatici e che, pertanto, era connessa all’impossibilita’ di comprendere quale fosse l’esatta consistenza di quanto sottoposto a vincolo, la cui necessita’ di esaminare si e’ ritenuto necessario differire.
Ed invero cio’ si correla al rispetto del principio di proporzionalita’, in specie per quel che concerne il profilo dell’adeguatezza della durata del vincolo, da commisurarsi alla concreta ricerca di elementi di prova attraverso l’esame di una notevole mole di dati, sempreche’, peraltro, gli stessi risultino tutti potenzialmente rilevanti a priori e l’accertamento non possa essere efficacemente svolto nel luogo in cui gli stessi sono stati appresi.
Solo in tal caso, allora, il contemperamento tra le contrapposte esigenze dell’accertamento penale – cui e’ preordinata l’indagine – e del privato sottoposto all’ablazione puo’ essere assicurato attraverso un sequestro della res da esaminare successivamente (in ordine alla rilevanza, ai fini della valutazione della correttezza di un sequestro, ex articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione E.D.U., v., Corte E.D.U., 7 giugno 2007, Smirnov c. Russa, n. 71362/01, Corte E.D.U., 19 giugno 2014, Draghici c. Portogallo, n. 43620/10); mentre, nell’ipotesi in cui la specificazione e consistenza del bene risulti apprezzabile all’atto della sua apprensione, deve escludersi che una valutazione di pertinenzialita’ del bene possa essere demandata ad indefinita, futura ed incerta valutazione da parte degli investigatori, circostanza che svuoterebbe in concreto il necessario presupposto che deve essere alla base delle finalita’ del sequestro probatorio, finalita’ che deve essere presente all’atto dell’impresso vincolo.
Fondate, pertanto, risultano le censure del ricorrente che ha rilevato come in ordine a numerosi documenti specificamente enunciati nello stesso verbale di sequestro (circostanza che rendeva palese l’avvenuta consultazione del relativo carteggio da parte del personale di polizia giudiziaria che ebbe ad eseguire l’atto), ed in particolare quelli che erano relativi a fatti remoti, all’attivita’ privata del professionista indagato e comunque non coinvolgenti i soggetti implicati nella vicenda processuale oggetto di accertamento, il Tribunale abbia omesso di evidenziare le ragioni che davano conto sia della correlazione all’accertamento del fatto, oggetto di indagine, sia della necessaria proporzionalita’ e non esorbitanza del vincolo probatorio imposto, in assenza di una immediata attinenza con i fatti contestati di corruzione giudiziaria.
Circostanza che avrebbe imposto al Tribunale, qualora avesse voluto integrare il provvedimento, di specificare le precise ragioni che facevano ritenere detta documentazione pertinente, non consentendo certo di demandare a future e non definite valutazioni la sussistenza del nesso di pertinenzialita’ del sequestro rispetto alle ipotesi investigative formulate.
Lacuna che denota la carenza del presupposto di legittimita’ dell’atto di indagine da cui e’ conseguito il sequestro dei beni specificamente evidenziati nel ricorso, che impone l’annullamento del provvedimento con rinvio al Tribunale del riesame di Firenze che dovra’ motivare in ordine al rapporto di pertinenzialita’ dei beni in questione.
Ai fini della decisione il Tribunale, oltre ad adeguarsi ai principi di diritto sopra evidenziati in ordine al rapporto di pertinenzialita’, dovra’ tenere presente che secondo l’insegnamento piu’ volte ribadito da questa Corte, le “cose pertinenti al reato” sono costituite da quelle che sono in rapporto indiretto con la fattispecie criminosa concreta e risultano strumentali all’accertamento dei fatti, ovvero quelle necessarie alla dimostrazione del reato e delle sue modalita’ di preparazione ed esecuzione, alla conservazione delle tracce, all’identificazione del colpevole, all’accertamento del movente ed alla determinazione dell’ante factum e del post factum comunque ricollegabili al reato, pur se esterni all’iter criminis, purche’ funzionali all’accertamento del fatto ed all’individuazione dell’autore (Sez. 4, n. 2622 del 17/11/2010, dep. 2011, Rossini, Rv. 249487).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuove esame al Tribunale di Firenze.
Il presente provvedimento, redatto dal Consigliere Antonio Costantini, viene sottoscritto dal solo Consigliere anziano del Collegio, Emilia Anna Giordano, per impedimento alla firma del Presidente e dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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