Il requisito reddituale e permesso di soggiorno

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 17 settembre 2019, n. 6211.

La massima estrapolata:

Il requisito reddituale deve essere oggetto di una valutazione non rigidamente ancorata al conseguimento nel pregresso periodo di validità del permesso di soggiorno di redditi non inferiori alla soglia prevista dall’art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998, bensì comprensiva della capacità reddituale futura desumibile da nuove opportunità di lavoro, se formalmente e tempestivamente documentate.

Sentenza 17 settembre 2019, n. 6211

Data udienza 4 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4142 del 2019, proposto da
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2019 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Da. su delega dichiarata di Ba. e l’avvocato dello Stato At. Ba.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellata, cittadina -OMISSIS- in Italia dal 2002, dal 2014 presta servizio come collaboratrice domestica alle dipendenze di un cittadino italiano, si è vista negare il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato con decreto del Questore di Sassari in data 5 aprile 2018.
2. Il diniego è motivato con l’insufficienza del requisito reddituale, sottolineandosi che nel 2016 ha percepito euro 5.400 (inferiore alla soglia ex art. 29 del d.lgs. 286/1998, pari ad euro 5.824) e nel 2017, pur allegando la certificazione unica d’imposta per euro 6.600 e la dichiarazione con cui il suo datore di lavoro si è reso disponibile ad aumentare l’orario di servizio e la conseguente retribuzione, il dato sarebbe privo di riscontri oggettivi e smentito dalle risultanze dall’estratto conto previdenziale INPS (euro 5.436).
3. Il TAR Sardegna, con la sentenza appellata (I, n. -OMISSIS-), ha accolto il ricorso avverso il diniego, osservando che lo scostamento del dato relativo al 2017 sarebbe potuto derivare da un incompleto pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro o da una parziale mancata registrazione dell’avvenuto pagamento dei contributi, e che, comunque, la Questura avrebbe dovuto considerare anche le prospettive reddituali future, che apparivano favorevoli.
Il TAR ha anche osservato l’irrilevanza della condanna inflitta alla ricorrente in primo grado dal Tribunale di Treviso in data 17 marzo 2016, segnalata dall’Avvocatura dello Stato, in quanto circostanza non oggetto di valutazione nel provvedimento impugnato.
4. Nell’appello, il Ministero dell’interno:
– sostiene che il requisito reddituale debba essere valutato esclusivamente rispetto alla soglia minima di legge;
– sostiene che il dato reddituale dichiarato nel procedimento era inattendibile, non rilasciando il datore di lavoro un vero e proprio CUD;
– ribadisce la rilevanza della condanna per il reato di cui all’art. 5, comma 8-bis, del d.lgs. 286/1998, riportata dall’appellata.
5. L’appellata si è costituita in giudizio ed ha controdedotto puntualmente.
6. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
Il TAR ha correttamente applicato gli orientamenti consolidati di questa Sezione.
Non è ormai più dubbio che il requisito reddituale debba essere oggetto di una valutazione non rigidamente ancorata al conseguimento nel pregresso periodo di validità del permesso di soggiorno di redditi non inferiori alla soglia prevista dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. 286/1998, bensì comprensiva della capacità reddituale futura desumibile da nuove opportunità di lavoro, se formalmente e tempestivamente documentate (cfr., tra le tante, Cons. Stato, III, n. 2335/2018; n. 2585/2017; n. 1971/2017; n. 843/2017).
Nel caso in esame, lo scostamento rispetto alla soglia per il 2016 è minimo (400 euro), e a supportare favorevoli prospettive reddituali risulta allegato prima della conclusione del procedimento un formale impegno del datore di lavoro, in relazione ad un rapporto protrattosi nel tempo, ad estendere la durata (e quindi la remunerazione) della prestazione.
Inoltre, l’insufficienza rispetto alla soglia per il 2017 è tutta da verificare.
Infatti, per quanto la dichiarazione sui redditi erogati non assuma (essendo ciò consentito per il rapporto di lavoro domestico) la veste formale del CUD, si tratta pur sempre di una dichiarazione impegnativa per il datore di lavoro (in quanto, ad esempio, presupposto per ogni eventuale pretesa del lavoratore), e per superarne la rilevanza probatoria sarebbe stato necessario verificare in concreto l’esistenza e la consistenza della prestazione lavorativa, eventualmente contestando il parziale inadempimento previdenziale una volta riscontratane l’effettività .
In particolare, ai fini dell’onere probatorio, non si può imputare allo straniero la non esibizione del cedolino (parte ricognitiva) del MUD INPS, trattandosi di documento che viene reso disponibile da parte del datore di lavoro e comunque riguardante dati inseriti nella banca dati INPS.
Se, poi, ad originare il diniego di rinnovo è stata l’esistenza di una denuncia per produzione di documenti falsi, ex art. 5, comma 8-bis, del d.lgs. 286/1998, poi divenuta condanna in corso di causa, occorre che detta circostanza (in ordine ai cui contenuti specifici dagli atti del giudizio non possono desumersi ulteriori elementi) venga indicata nel provvedimento e corredata da adeguate valutazioni.
Senza contare che il TAR l’aveva già qualificata come irrilevante, in quanto non menzionata nel provvedimento, e che sotto questo profilo la sentenza non è stata specificamente censurata.
7. Le spese del grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza respinge il ricorso come in epigrafe proposto.
Spese compensate.
Ordina che la sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

 

 

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