Il reato di violenza privata e quello di lesioni personali

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 3 aprile 2020, n. 11298.

Massima estrapolata:

Tra il reato di violenza privata, di cui all’art. 610 cod. pen., e quello di lesioni personali volontarie, di cui all’art. 582 cod. pen., è configurabile il concorso formale, in ragione della diversità dei beni giuridici tutelati: la libertà morale nel primo reato, e l’integrità fisica nel secondo.

Sentenza 3 aprile 2020, n. 11298

Data udienza 9 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Violenza privata – Lesioni personali – Concorso formale – Ammissibilità per diversità dei beni giuridici tutelati – Notifica presso il difensore ex art. 161 comma 4 cpp – Legittimità anche in caso di temporanea assenza del destinatario – Diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena – Diniego delle attenuanti generiche

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. BELMONTE Maria T. – rel. Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/11/2018 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BELMONTE MARIA TERESA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SPINACI SANTE;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna riformava parzialmente la decisione del G.U.P. del Tribunale di Rimini – solo con riferimento alla esatta qualificazione della recidiva e alla conseguente rideterminazione della pena – confermando per il resto la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di anni due di reclusione cadauno, per i reati di violenza privata e lesioni personali.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati con il ministero del medesimo difensore che svolge sette motivi.
2.1. Violazione dell’articolo 161 c.p.p., comma 4. Espone la difesa che l’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi alla Corte di appello per la celebrazione del giudizio di secondo grado era stato erroneamente notificato con le forme di cui alla predetta disposizione di legge, ovvero considerando) il quale irreperibille’; laddove, nel caso di specie, si era trattato di una solo momentanea assenza dal domicilio degli imputati, non essendo stato compiuto, dall’ufficiale notificatore, alcun accertamento circa il trasferimento altrove o la sussistenza di altre cause che rendevano impossibile la notificazione al domicilio.
2.2. Con riguardo al reato di violenza privata ci si duole del mancato assorbimento in quello di lesioni personali – dal momento che la condotta degli agenti era finalizzata esclusivamente alla aggressione -, e dell’erronea qualificazione del fatto come consumato anziche’ quale tentativo compiuto. Osserva la difesa che lo stesso denunciante ha riferito di essersi immediatamente reso conto dell’intenzione degli aggressori di caricarlo a bordo della loro autovettura, sicche’ non essendosi verificato l’evento voluto dagli agenti, per la resistenza della persona offesa, che riusciva a fuggire e a nascondersi, il fatto non ha raggiunto la soglia della consumazione voluta dagli agenti.
2.3. Gli ultimi quattro motivi contengono doglianze in ordine al trattamento sanzionatorio. Ci si duole dell’eccesiva afflittivita’ della pena, commisurata discostandosi immotivatamente dal minimo edittale, nonche’ dell’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziale. Secondo la difesa, la sentenza gravata ha omesso di assolvere puntualmente all’onere motivazionale negando i predetti benefici con motivazione contraddittoria, e carente quanto alla non menzione, pur a fronte di specifici motivi di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non e’ fondato. I motivi prospettati, peraltro, sono anche in parte inammissibili, quando reiterano doglianze gia’ esposte nell’appello, e affrontate dalla sentenza impugnata, con i cui argomenti, invece, il ricorrente omette di confrontarsi, cosi’ formulando motivi che scontano il vizio della genericita’, in quanto, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con aggiunta di espressioni incidentali di censura alla sentenza impugnata, meramente assertive e apodittiche, in assenza di critica argomentata avverso il provvedimento impugnato e l’indicazione delle ragioni della loro decisivita’ rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 5, n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584). Infatti, il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le medesime ragioni gia’ discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, e’ inammissibile perche’ trattasi di motivi non specifici. La mancanza di specificita’ del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’, conducente, a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’ (Sez. 4 n. 47170 dell’811/2007, Nicosia,; Sez. 4 n. 256/1998, Rv. 210157; Sez. 4 n. 1561/1993, Rv 193046.).
2. Cosi’, quando la difesa insiste nel riproporre la questione dell’assorbimento del reato di violenza privata in quello di lesioni, sulla base di argomenti gia’ vagliati sia del Tribunale che dalla Corte di appello, i quali hanno richiamato l’indirizzo giurisprudenziale che ravvisa il concorso formale tra le due fattispecie, in ragione dei diversi beni giuridici tutelati: la liberta’ morale nel primo reato, e l’integrita’ fisica nel secondo (ex plurimis: Sez. 3, n. 5327 del 03/04/1984 Rv. 164655 Sez. 2, n. 17767 del 07/03/2017 Rv. 269568; Sez. 5, n. 21530 del 08/02/2018, Rv. 273024). Inoltre, i giudici di merito hanno rilevato che la condotta degli imputati non si era limitata a esercitare violenza nel confronti del Kotlyarov, all’interno del capannone in cui questi si trovava, ma, per quanto riferito dalla stessa vittima, dopo averlo minacciato perche’ li seguisse all’esterno e non allertasse le forze di polizia, lo trascinavano a forza per le braccia e poi sul pavimento, con la condotta violenta come descritta sub a), dalla quale conseguivano le lesioni sub b). In tale condotta, sono stati correttamente ravvisati gli estremi oltre che della violenza privata, anche delle lesioni volontarie, giacche’, effettivamente, il contesto descritto in sentenza e le ragioni dell’aggressione, cosi’ come genericamente riferite dalla stessa vittima, e riportate nella sentenza di primo grado, rimandano ad un comportamento rivolto a costringere la vittima a fare qualcosa contro la sua volonta’, andare fuori dal capannone con gli aggressori, i quali, a fronte della reazione della vittima, nel tentativo di fuggire, lo colpivano violentemente. Il motivo e’ quindi manifestamente infondato.
3. Quanto al vizio processuale denunciato, si osserva che, dalla consultazione del fascicolo, al quale il giudice di legittimita’ accede in virtu’ del vizio dedotto (error in procedendo) l’avviso di udienza per la celebrazione del processo dinanzi alla Corte di appello fu notificato presso il domicilio eletto dagli imputati in primo grado, ovvero presso il difensore domiciliatario, appunto. A seguito di eccezione difensiva, formulata alla prima udienza, facendo notare, invece, che nell’atto di appello, entrambi gli imputati avevano modificato l’elezione di domicilio, indicandolo in via (OMISSIS) (nei pressi di un maneggio), la Corte di appello disponeva la rinnovazione della notifica presso il nuovo domicilio. Qui, tuttavia, nessuno dei due imputati veniva rinvenuto e l’ufficiale notificatore redigeva il verbale di vane ricerche del 21/10/2018, nel quale si legge che egli aveva acquisito notizie presso l’Ufficio anagrafe comunale, da cui emergeva che il (OMISSIS) era iscritto come residente in via (OMISSIS), ma il (OMISSIS) non era stato mai residente ne’ censito. In ogni caso, come detto, essi non venivano rinvenuti; si acquisivano poi notizie presso il maneggio adiacente all’abitazione di via (OMISSIS), gia’ di proprieta’ del (OMISSIS), contattando l’amministratrice, la quale riferiva che il (OMISSIS) si era allontanato da oltre un mese per ignota destinazione, mentre il (OMISSIS) era stato notato nell’abitazione circa 10 giorni prima. Questi veniva, altresi’, ripetutamente contattato, anche il giorno seguente, sul recapito telefonico fornito dalla predetta, senza risposta. Le Sezioni Unite “Tuppi” hanno chiarito che l’impossibilita’ della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l’esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall’articolo 161 c.p.p., comma 4, e’ integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo, non occorrendo alcuna indagine che attesti l’irreperibilita’ dell’imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall’articolo 157 c.p.p. (Sez. Unite, n. 58120 del 22/06/2017 Rv. 271772). In motivazione si e’ chiarito che, in siffatte ipotesi, deve presumersi che l’imputato abbia avuto conoscenza del procedimento in virtu’ del rapporto fiduciario che lo lega al difensore nominato nel procedimento. In sostanza, secondo l’indirizzo accreditato dalla predetta pronuncia, la dichiarazione e l’elezione di domicilio possono essere ritenute “inidonee”, non solo quando risulti praticamente “impossibile” la notificazione nel luogo indicato, ma anche quando, per cause diverse dal caso fortuito o dalla forza maggiore, le stesse si rivelino non “funzionali” ad assicurare il pronto ed efficace esito positivo dell’adempimento comunicativo.
Nel caso in esame, la temporanea assenza dei ricorrenti dal domicilio dichiarato ha, di fatto, reso impossibile, per l’ufficiale notificatore, come attestato nel verbale a sua firma, la notificazione, e quindi legittimo il ricorso alla procedura prevista dall’articolo 161 c.p.p., comma 4, (Sez. 6, n. 52174 del 06/10/2017 Rv. 271560). Correttamente, dunque, l’ufficiale notificatore ha fatto ricorso alla notifica sostitutiva al difensore ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4.
4. Sono altresi’ infondati i motivi con i quali ci si duole del trattamento sanzionatorio.
4.1. Lo e’, in modo manifesto, la denuncia del vizio di motivazione in ordine al discostamento dal minimo edittale, per omessa esplicitazione delle ragioni di tale operato, dal momento che, invece, esse erano state gia’ esposte dal primo giudice, in considerazione della gravita’ del fatto, risultato essere una sorta di spedizione punitiva, con modalita’ brutalmente intimidatorie, oltre che per le personalita’ allarmanti dei prevenuti, entrambi molto gravati. Si e’ fatto, inoltre, riferimento alla sostanziale ininfluenza delle dichiarazioni ammissive rispetto alla prova dei fatti, gia’ in precedenza acquisita, donde la loro strumentalita’ in quanto finalizzata a conseguire benefici sanzionatori.
4.2. L’assenza di elementi positivamente valutabili ha, inoltre, indotto la Corte di appello ad escludere le circostanze attenuanti generiche, con giudizio che resiste alle censure di legittimita’ dei ricorrenti, atteso che, trattandosi di valutazione di merito, essa si sottrae alle censure di legittimita’ in quanto, secondo costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’, la loro applicazione, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalita’ del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di applicazione delle circostanze in parola. (Sez. 2 -, n. 9299 del 07/11/2018, dep. 2019, Rv. 275640). L’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta. ((Sez.1, n. 3529 del 22/09/1993, Rv.195339; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv.242419; Sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro, Rv. 245241; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Rv. 260610).
4.3. D’altro canto, il beneficio della non menzione nel certificato rilasciato dal casellario penale puo’ ritenersi implicitamente negato dalla motivazione con cui il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche, richiamando i profili di pericolosita’ del comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall’articolo 133 c.p. (Sez. 3 -, n. 26191 del 28/03/2019 Rv. 276041; n. 7794 del 15/03/1989,Rv. 181431 e n. 8308 del 26/09/1984, Rv. 166005; Conf. n. 1540 del 20/11/1969, Rv. 110826).
4.4. Quanto alla mancata sospensione condizionale delle pene, dalla sentenza impugnata si desume la presenza di una pluralita’ di precedenti che, di per se’, risultano gia’ ostativi al riconoscimento del beneficio; inoltre, e’ correttamente richiamato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui ostano alla sospensione condizionale della pena anche le condanne a pene successivamente estinte, perche’ interamente condonate per intervenuta concessione dell’indulto che, cumulata con quella da infliggere, determini il superamento dei limiti di cui all’articolo 163 c.p. (Sez. 4, n. 31614 del 29/03/2018 Rv. 273080; cfr anche Sez. 1, n. 32428 del 04/05/2016 Rv. 267479, con riferimento a reati poi estinti ai sensi dell’articolo 460 c.p.p., comma 5, in cui si afferma che la relativa condanna puo’ legittimamente essere valutata dal giudice come elemento ostativo alla presunzione che il colpevole si asterra’, per il futuro, dal commettere ulteriori reati) oppure a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova, (Sez. 1, n. 32428 del 04/05/2016 Rv. 267479, in cui si e’ affermato che il giudice dell’esecuzione puo’ revocare, ai sensi dell’articolo 168 c.p., u.c., il beneficio della sospensione condizionale della pena concessa, in violazione dell’articolo 164 c.p., comma 2, n. 1, in favore dell’imputato che aveva riportato precedente condanna per un delitto a pena detentiva, anche ove sia intervenuta declaratoria di “estinzione della pena e di ogni altro effetto penale” ai sensi dell’articolo 47 dell’Ord. pen., a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, cui il condannato medesimo era stato ammesso, precisandosi che la declaratoria di estinzione di ogni “effetto penale” della condanna non puo’ eliminare il vizio genetico che ha determinato la concessione del beneficio.).
Al rigetto dei ricorso consegue, ex lege, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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