Il reato di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione

Corte di Cassazione, penaleSentenza|8 febbraio 2021| n. 4770.

Il reato di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall’art. 256, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non ha natura di reato proprio, realizzabile dai soli soggetti esercenti professionalmente un’attività di gestione di rifiuti, ma costituisce un’ipotesi di reato comune, che può essere commesso da chiunque svolga tale attività di fatto o in modo secondario, purché non del tutto occasionalmente, e che, per la sua natura istantanea, si perfeziona anche con una sola delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice. (Fattispecie relativa a rifiuti speciali, in cui la Corte ha escluso l’occasionalità dell’attività per la natura e la quantità dei rifiuti, destinati ad essere interrati con un mezzo meccanico in un fondo preso in affitto, nonché per il coinvolgimento nell’attività di due persone).

Sentenza|8 febbraio 2021| n. 4770

Data udienza 26 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Rifiuti – Attività di raccolta deposito e smaltimento – Attività non autorizzate – Reato ex art. 256 dlgs 152/2006 – Rifiuti speciali – Interramento con pala meccanica – Occasionalità delle condotte – Esclusione – Trattamento sanzionatorio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LIBERATI Giovanni – Presidente

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/09/2019 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gianni Filippo Reynaud;
lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Mastroberardino Paola, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv., con modiff., dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni trasmesse nell’interesse del ricorrente dall’avv. (OMISSIS), il quale ha richiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO


1. Con sentenza del 20 settembre 2019, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato l’odierno ricorrente alla pena di 1.800 Euro di ammenda in ordine al reato di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 1, lettera a), per aver effettuato un’attivita’ di raccolta, deposito e smaltimento non autorizzata, essendo stato in particolare sorpreso, unitamente ad altro soggetto che azionava una pala escavatrice, mentre effettuava una buca di circa mt. 2.0 di profondita’ al fine di interrare dei rifiuti speciali.
2. Avverso la sentenza, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo, con un unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione per essere stata la condotta erroneamente qualificata come reato, piuttosto che come illecito amministrativo ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 255.
In particolare, si deduce che il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256 costituirebbe un reato proprio, configurabile soltanto nei confronti di un soggetto che rivesta qualifica di imprenditore e che svolga un’attivita’ di gestione di rifiuti, essendo irrilevanti le condotte meramente occasionali. Per contro, il soggetto privato – qual e’ il ricorrente – che, con condotta occasionale, abbandoni in modo incontrollato un proprio rifiuto risponde del solo illecito amministrativo ex Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 255. Quand’anche non si volesse considerare, quale discrimen tra le due fattispecie, il possesso della qualifica di imprenditore in capo al soggetto agente, per riconoscere l’illecito penale sarebbe pur sempre necessario individuare nella condotta un minimum di organizzazione, cio’ che la sentenza impugnata non fa.

CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso e’ infondato.
Contrariamente a quanto opina il ricorrente, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, che va qui certamente ribadito, il reato di attivita’ di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione previsto dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, non ha natura di reato proprio integrabile soltanto da soggetti esercenti professionalmente una attivita’ di gestione di rifiuti, ma costituisce un’ipotesi di reato comune che puo’ essere pertanto commesso anche da chi svolge attivita’ di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attivita’ primaria diversa (Sez. 3, n. 29077 del 04/06/2013, Ruggeri e a., Rv. 256737; Sez. 3, n. 24431 del 25/05/2011, Grisetti, Rv. 250614; Sez. 3, n. 7462 del 15/01/2008, Cozzoli, Rv. 239011; Sez. 3, n. 16698 del 11/02/2004, Barsanti, Rv. 227956). Tenendo anche conto del pronome indefinito “chiunque”, contenuto nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, n. 152, articolo 256, comma 1, sarebbe infatti arbitrario introdurre surrettizie limitazioni interpretative fondate sui requisiti – non espressamente richiesti – di imprenditorialita’ e/o di professionalita’.
Trattandosi, peraltro, di illecito istantaneo, e’ sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma, purche’ costituisca un’attivita’ di gestione di rifiuti e non sia assolutamente occasionale (Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, Revello, Rv. 266305, che ha escluso l’occasionalita’ della condotta atteso che, pur essendo stato effettuato il trasporto in un’unica occasione, l’ingente quantita’ di rifiuti denotava lo svolgimento di un’attivita’ commerciale implicante un minimum di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali; nello stesso senso, Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836).
Quanto alle attivita’ di gestione dei rifiuti non autorizzate che la disposizione incriminatrice considera, occorre rifarsi alle norme definitorie contenute nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183, comma 1, la cui lettera n), riassuntivamente, le individua considerando “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti”, vale a dire le stesse condotte alternative richiamate – unitamente al commercio e all’intermediazione – dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1. Ai fini della valutazione di una minimale organizzazione che escluda la natura occasionale ed estemporanea della condotta, possono invece essere utilizzati indici quali il dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, la loro natura, la necessita’ di un veicolo adeguato e funzionale all’attivita’ concretamente svolta, il numero dei soggetti coinvolti nell’attivita’ (cfr. Sez. 3, n. 2575 del 06/11/2018 – dep. 2019, n. m), come pure la provenienza del rifiuto da una attivita’ imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneita’ dei rifiuti gestiti, la loro quantita’, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attivita’ preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito (Sez. 3, n. 36819 del 04/07/2017, Ricevuti, Rv. 270995).
2. Quanto alla diversa ipotesi di reato contenuta nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, la stessa e’ configurabile nei confronti di chi abbandoni rifiuti nell’esercizio, anche di fatto, di una attivita’ economica, indipendentemente dalla qualifica formale dell’agente o della natura dell’attivita’ medesima (Sez. 3, n. 56275 del 24/10/ 2017, Marcolini, Rv. 272356; Sez. 3, n. 38364 del 27/06/2013, Beltipo, Rv. 256387) e la responsabilita’ imputabile all’ente o all’impresa attiene anche al dipendente che abbia dato causa all’evento o abbia contribuito alla commissione della condotta stessa (Sez. 3, n. 11490 del 15/12/2010, dep. 2011, Fabbriconi, Rv. 249770). Rispetto all’illecito amministrativo previsto dall’articolo 255, comma 1, del medesimo decreto, le condotte di abbandono, deposito incontrollato e immissione che integrano gli estremi di reato si pongono in rapporto di specialita’ in ragione delle peculiari posizioni soggettive sostanzialmente rivestite dai suoi destinatari, che possono essere solo i titolari di imprese, anche di fatto, o i responsabili di enti (Sez. 3, n. 15234 del 23/01/2020, Lo Barolo, Rv. 278853). Da questo punto di vista, a differenza dell’ipotesi prevista dal comma 1, ben puo’ dirsi che il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, integri gli estremi di un reato proprio.
La differenza rispetto all’ipotesi punita dal comma 1 della disposizione, tuttavia, attiene non gia’ al profilo soggettivo, ma alla natura dell’attivita’ illecita, venendo qui sanzionate condotte – che possono essere anche occasionali (cfr. Sez. 3, n. 30133 del 05/04/2017, Saldutti e a., Rv. 270323) – di abbandono, deposito in modo incontrollato, immissione in acque superficiali o sotterranee di rifiuti. Con particolare riguardo all’ipotesi dell’abbandono, che integra un reato di natura istantanea con effetti eventualmente permanenti, la condotta implica una volonta’ esclusivamente dismissiva dei rifiuti che, per la sua episodicita’, esaurisce i propri effetti al momento della derelizione (Sez. 3, n. 6999 del 22/11/2017, Paglia, Rv. 272632; Sez. 3, n. 7386 del 19/11/2014, dep. 2015, Cusini e a., Rv. 262410; Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014, Ottonello, Rv. 260011).
3. Cio’ premesso in diritto, osserva il Collegio che, nel caso di specie, la condotta contestata all’imputato – ed al correo che insieme a lui manovrava una pala meccanica – non concerne condotte occasionali di derelizione penalmente punite ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, qualora ricorra la qualifica soggettiva specializzante di cui si e’ detto rispetto all’analogo illecito amministrativo, ma un’attivita’ di raccolta, deposito e smaltimento incontrollato di rifiuti speciali correttamente ricondotta al reato previsto dal comma 1 della citata fattispecie incriminatrice.
La ritenuta natura di attivita’ di gestione di rifiuti (dunque, non occasionale) trova in sentenza non illogica spiegazione (v. pag. 4) in base alla composizione e natura dei rifiuti (materiali edili misti, plastiche, pneumatici fuori uso e oggetti vari), alla loro quantita’ (ricavabile dalle consistenti dimensioni della buca realizzata per l’interramento: un’area di circa 13 mq. per 2 mt. di profondita’), al fatto che il terreno in questione era stato affittato dal ricorrente, all’utilizzo di un mezzo meccanico costoso di proprieta’ di un terzo (una pala meccanica), al fatto che nelle operazioni erano coinvolte due persone, tra cui l’operatore del mezzo meccanico.
La sentenza, dunque, ha fatto buon governo dei principi di diritto esposti supra, sub §. 1, mentre l’allegazione contenuta in ricorso – secondo cui si sarebbe trattato dell’interramento di rifiuti “propri” del ricorrente – e’ del tutto generica e non trova conferma nel provvedimento impugnato, dal quale neppure si ricava che l’imputato avesse in giudizio addotto tale spiegazione, ovvero in altro modo giustificato le ragioni della condotta nella cui flagranza era stato sorpreso
La ricostruzione fattuale – cosi’ come prospettata dal giudice di merito e non sindacabile da questa Corte in assenza di argomentazioni manifestamente illogiche o contraddittorie – e’ dunque sintomatica della non assoluta occasionalita’ della condotta contestata.
4. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *