Il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 10 settembre 2020, n. 25815. 

 Commette il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria, a norma dell’art. 132 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, chi pone in essere le condotte previste dall’art. 106 d.lgs. cit. inserendosi nel libero mercato e sottraendosi ai controlli di legge, purché l’attività, anche se in concreto realizzata per una cerchia ristretta di soggetti, sia rivolta ad un numero potenzialmente illimitato di persone. (Fattispecie relativa alla instaurazione di una prassi commerciale volta ad erogare finanziamenti a tassi di usura ai clienti, con dilazione dei pagamenti garantita dall’emissione di titoli di credito post-datati, da parte di partecipe ad una associazione per delinquere di stampo mafioso).

Sentenza 10 settembre 2020, n. 25815

Data udienza 27 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Abusiva attività finanziaria – Art. 132 TUB – Usura – Estorsione – Reato associativo – Esercizio abusivo di attività finanziaria – Elementi costitutivi – Attività svolta nei confronti del pubblico – Professionalità – Nozione – Intercettazioni – Ricorso per cassazione – Difetto di motivazione del decreto di autorizzazione e di proroga delle captazioni – Cassazione – Motivi di ricorso – Dedotta inutilizzabilità di atti compiuti tardivamente – Omessa indicazione degli stessi nonché della loro rilevanza probatoria – Genericità dell’impugnazione – Sussistenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATENA Rossella – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandri – rel. Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/01/2018 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRINA TUDINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso: articola le sue conclusioni nel modo seguente:
– Per (OMISSIS) – Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) – Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Rigetto;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
– Per (OMISSIS) -Inammissibilita’;
udito il difensore:
l’avv. (OMISSIS), difensore della parte civile COMUNE DI SIDERNO, conclude per la conferma del provvedimento impugnato. Deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese;
l’avv. (OMISSIS) insiste nell’accoglimento del ricorso;
l’avv. (OMISSIS) insiste nell’accoglimento del ricorso;
l’avv. (OMISSIS) insiste nell’accoglimento dei ricorsi;
l’avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso;
l’avv. (OMISSIS) insiste nell’accoglimento dei ricorsi a cui si riporta;
l’avv. (OMISSIS) insiste nell’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 gennaio 2018, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha, in parziale riforma della decisione, emessa all’esito del giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare in sede il 28 gennaio 2016, rideterminato – per quanto in questa sede rileva – la pena irrogata a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), confermando l’affermazione di responsabilita’ dei medesimi e di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre statuizioni accessorie.
Ha, altresi’, revocato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici applicata a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e revocato la confisca disposta a carico dell’ (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente a determinati beni.
2. Con la sentenza impugnata, (OMISSIS) e’ stato ritenuto responsabile dei reati di partecipazione alla cosca di âEuroËœndrangheta Commisso, escluse le aggravanti di cui agli articoli 416-bis c.p., comma 6 e L. n. 146 del 2006, articoli 3 e 4, oltre che del reato di esercizio abusivo dell’attivita’ finanziaria sub b) e del delitto di tentata violenza privata sub bb); (OMISSIS) del medesimo reato associativo sub a), oltre che del reato di esercizio abusivo dell’attivita’ finanziaria sub b) e di diversi fatti di usura ed estorsione; (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) del reato sub b), (OMISSIS), (OMISSIS), del medesimo reato, oltre che di diversi fatti di usura ed estorsione ai medesimi rispettivamente ascritti; (OMISSIS) e (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 378 c.p., comma 2, esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
Le statuizioni emesse dalla Corte d’appello di Reggio Calabria sono state rese sul presupposto dell’accertamento – in precedenti sentenze (procedimenti Crimine e Bene Comune Recupero) – dell’esistenza di una associazione di stampo mafioso, denominata “cosca Commisso”, insediata nel Comune di Siderno ed operativa nel circostante territorio, in diverse articolazioni locali, oltre che in Canada, nel cui ambito successive investigazioni avevano consentito di disvelare l’esercizio sistematico di attivita’ finanziaria, praticata anche a condizioni usurarie, attraverso un sistema accentrato, c.d. “bacinella”, finalizzato al reimpiego di ingenti risorse, di origine illecita, derivanti dalle diversificate attivita’ criminali consumate, anche all’estero, dall’associazione âEuroËœndranghetista predetta e dalle âEuroËœndrine affiliate.
Siffatto settore d’affari, gestito al vertice anche da (OMISSIS), si avvaleva della collaborazione di (OMISSIS) e (OMISSIS), ai quali il (OMISSIS) impartiva – anche nel corso della detenzione – direttive e disposizioni, e si articolava attraverso una vasta rete di soggetti, dediti all’esercizio abusivo di attivita’ finanziaria, anche usuraria, in taluni casi indotti dall’essersi rivolti ai medesimi finanziatori e da questi successivamente coinvolti per il procacciamento di nuovi clienti e per l’esazione della restituzione dei prestiti erogati, con modalita’ estorsive ed aggravate dal metodo mafioso e dall’agevolazione della cosca di riferimento.
Gli accertamenti investigativi, essenzialmente costituiti da un esteso compendio di captazioni e di verifiche patrimoniali, oltre che dell’assunzione a sommarie informazioni testimoniali dei soggetti coinvolti, sono stati integrati attraverso l’apporto informativo dei collaboratori di giustizia, ritenuti attendibili e tra loro convergenti, (OMISSIS) e (OMISSIS) e del testimone di giustizia (OMISSIS).
3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), in qualita’ di terzo inciso dal provvedimento di confisca emesso nei confronti di (OMISSIS).
3.1 Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola sette motivi.
3.1.1 Con il primo motivo, denuncia violazione della legge processuale e correlati vizi di motivazione in riferimento alla captazione ambientale RIT 2189/12, in assenza del relativo decreto autorizzativo, per avere al riguardo la Corte territoriale travisato la relativa censura.
Nel respingere la doglianza, attestando la esausitivita’ della motivazione, la Corte ha fatto riferimento al decreto autorizzativo in data 23 novembre 2012, emesso con il numero RIT 2189/12 nell’ambito del procedimento RGNR 7144/11, successivamente prorogato sino al 25 luglio 2013, quando le relative operazioni di ascolto si sono concluse, come risulta dal relativo verbale allegato al ricorso, con conseguente mancanza di copertura della captazione ambientale eseguita in carcere l’8 gennaio 2014, disponibile agli atti solo nella versione sintetica operata dalla Polizia Giudiziaria.
Donde l’inconferenza della motivazione rassegnata al riguardo e l’inutilizzabilita’ del relativo brogliaccio, peraltro tanto generico e frammentario da essere stato ritenuto elemento dimostrativo inidoneo nelle ordinanze cautelari e nelle sentenze, emesse nella stessa fase incidentale, nei confronti del (OMISSIS) e di (OMISSIS).
3.1.2 Con il secondo motivo, deduce analoga censura ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 3, in riferimento al rigetto di rinnovazione dibattimentale in appello, mediante perizia fonica relativa all’identificazione del ricorrente riguardo l’intercettazione ambientale RIT 571/10 (progr. 19068 e 19069), eseguita nell’autovettura del coimputato (OMISSIS) il 3 gennaio 2013, fondata sulla ricognizione vocale operata dalla Polizia giudiziaria; mezzo di prova, invece, decisivo, tenuto conto della frammentarieta’ degli indizi (rilevamento a mezzo GPS dell’auto a circa 400 metri dall’agenzia “(OMISSIS)” riferita al (OMISSIS); ignoto interlocutore salutato come (OMISSIS); mancanza di precedenti intercettazioni a carico del (OMISSIS) tali da fondare, ragionevolmente, l’identificazione della voce per esperienza diretta dalla PG) e degli esiti della consulenza a discarico, prodotta all’udienza del 25 luglio 2017, mentre la Corte territoriale ne ha ritenuto la tardivita’ rispetto alla richiesta di definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato e, comunque, la superfluita’, a fronte del “riconoscimento effettuato con sicurezza dagli operanti”, con motivazione apodittica e contraddittoria rispetto ai dati emergenti dalla stessa conversazione captata, ed anzi smentita in riferimento alla circostanza – richiamata nell’avversata sentenza – che il giorno prima di quel colloquio l’ignoto avesse fatto visita in carcere a (OMISSIS), mentre per la data del 2 gennaio 2013 non risultavano visite al predetto detenuto, ne’ (OMISSIS) ebbe ad effettuarne altre nel gennaio di quell’anno (informativa della Questura di Reggio Calabria, sezione investigativa del Commissariato di Siderno del 7 settembre 2013).
3.1.3 Con il terzo, articolato, motivo, deduce analoga censura relativamente all’articolo 192 c.p.p., commi 1, 2 e 3, articoli 125, 546, 530 e 533 c.p.p., in punto di valutazione della prova in ordine al delitto di partecipazione all’associazione mafiosa sub a).
Stigmatizzata la tecnica redazionale adottata dalla Corte ed il reiterato richiamo testuale alla sentenza di primo grado, a sua volta tralatiziamente conformata sulla motivazione del provvedimento di fermo, evidenzia il ricorrente il travisamento dei due episodi (rispettivamente riferiti a due intercettazioni del settembre 2009 e del gennaio 2013 all’interno delle autovetture di (OMISSIS) e del coimputato (OMISSIS)), dai quali e’ stata tratta l’adesione del ricorrente alla consorteria criminale (OMISSIS) in disamina, unitamente alle dichiarazioni eteroaccusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS).
Nel quadro dei principi di diritto rilevanti in punto di tipicita’ del delitto di partecipazione, il ricorrente ne censura la sussistenza, richiamando il capo a) dell’imputazione, che descrive una ramificazione del consesso criminale abusivamente operante nel settore dell’erogazione del credito, a tassi usurari, mentre ne’ nel procedimento noto come “Bene Comune-Recupero”, ne’ nel procedimento “Crimine”, ne’ negli ulteriori processi da questi generati e celebrati in riferimento alla cosca (OMISSIS) era mai emerso alcun coinvolgimento del clan nel predetto settore economico-finanziario, nonostante le estese captazioni, durate anni; cosi’ come, nel presente procedimento, alcun contatto diretto e’ stato rilevato tra (OMISSIS) e i ricorrenti al credito, ne’ tra il predetto e (OMISSIS), in tesi d’accusa posto al vertice dell’organizzazione di tale settore; elementi, in tal senso, valutati anche nelle sentenze d’annullamento delle misure cautelari emesse a carico di (OMISSIS) e del ricorrente.
Ed affetta da analoga inconducenza – secondo il ricorrente – e’ tanto la ricostruzione del preteso ruolo di tramite di (OMISSIS), ascritto all’imputato alla stregua della gia’ richiamata conversazione in carcere dell’8 gennaio 2014, ex se non chiara e inframmezzata da linguaggio labiale per la presenza di persone affette da sordita’ ( (OMISSIS), coniuge del (OMISSIS) e zia del (OMISSIS)) e, comunque, enfatizzata per il sol rilievo che si fosse fatto riferimento al verbo “ammazzare”, con elusione delle censure difensive articolate sul punto e travisamento della data delle visite in carcere al (OMISSIS); quanto all’ulteriore profilo inerente la messa a disposizione in favore del sodalizio nel settore finanziario, risultano ingiustificatamente disattese le alternative prospettazioni ricostruttive, in termini di liceita’ commerciale, in relazione alla “vicenda (OMISSIS)” (attivita’ professionale svolta da (OMISSIS) nel medesimo settore; testimonianza di (OMISSIS), titolare di (OMISSIS)), ed impropriamente richiamata la sentenza Bene Comune (in cui (OMISSIS), fratello del ricorrente, era stato coinvolto in riferimento alla medesima intercettazione); quanto, infine, alla vicenda oggetto della contestata intercettazione del 3 gennaio 2013, non risulta argomentativamente confutata la ricostruzione del dialogo oggetto di consulenza a discarico e – come rilevato – impropriamente enfatizzata la vicenda, pur ammettendo la Corte come il relativo dialogo potesse non attenere ad un problema associativo.
Con ulteriore, articolato, argomento, il ricorrente censura violazione del protocollo valutativo delle dichiarazioni accusatorie de relato rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) e correlata preterizione delle censure difensive sotto un triplice profilo: a) quanto alla valutazione di credibilita’ soggettiva, per essere stati del tutto genericamente richiamati ulteriori apporti dichiarativi, resi dal medesimo dichiarante in diversi procedimenti non circostanziati, in violazione della massima d’esperienza che esclude la conoscenza di circostanze rilevanti da parte di soggetti estranei alla compagine associativa, in presenza di generiche ed aspecifiche affermazioni di intraneita’ del (OMISSIS), del difetto di prova di rapporti o frequentazioni di questi con le fonti dirette di conoscenza, delle circostanze della propalazione, resa solo in esito al fermo del (OMISSIS) e con dichiarazioni sovrapponibili a quelle gia’ rese a carico di (OMISSIS); b) in punto di attendibilita’, per non avere la Corte territoriale valutato i tempi della chiamata in reita’, effettuata, per la prima volta, a carico di (OMISSIS) solo nel 2014, a quattro anni di distanza dalle primigenie dichiarazioni collaborative e senza che dell’odierno ricorrente fosse stata effettuata alcuna menzione nel procedimento Bene Comune, in assenza di apporti individualizzanti dotati della necessaria specificita’, con improprio richiamo ai provvedimenti cautelari; c) quanto ai riscontri, per avere tratto elementi di corroborazione da fatti controversi (visite a (OMISSIS) in carcere; rete di sostegno della latitanza, in presenza della caducazione del fermo in conseguenza della sua mancata esecuzione e della omessa motivazione riguardo la rilevanza delle circostanze della cattura), in un quadro complessivo che non aveva mai evidenziato la figura del ricorrente nei diversi procedimenti richiamati.
3.1.4 Con il quarto motivo, deduce vizio della motivazione, anche sub specie di travisamento della prova, in riferimento al reato di esercizio abusivo del credito, avendo al riguardo la Corte territoriale rassegnato un percorso giustificativo meramente apparente.
Quanto alla c.d. “vicenda T Line” – di cui la stessa sentenza di primo grado aveva escluso la riconducibilita’ al capo b) – rispetto alla quale la difesa aveva dedotto la liceita’ della pretesa di GB CAI (societa’ gestita dal ricorrente, sebbene formalmente intestata alla cognata, (OMISSIS)), per essere state valorizzate, in punto di esistenza di un’operazione simulata di concessione del credito, circostanze inconferenti (tramite chi il titolare del Bar Delizie avesse conosciuto l’architetto (OMISSIS)), incomprensibili (rinvenimento di una sola fattura emessa da T Line per progettazione dell’arredamento del locale), singolari (eccessivita’ della provvigione percepita da GB CAI, invece calcolata sulle spese di ristrutturazione complessive) e aspecifiche (incasso dei titoli da parte di (OMISSIS)), con conseguente preterizione delle prove documentali e della consulenza di trascrizione delle intercettazioni prodotte dalla difesa.
E ad analoga censura si espone – ad avviso del ricorrente – la ricostruzione dell’ulteriore vicenda, relativa al ristorante “Il Tempio”, essendo stata sul punto travisata una mera operazione di cessione del credito relativo ad un contratto pubblicitario stipulato dai titolari del predetto ristorante con la ditta Pubblicita’ e Servizi di (OMISSIS) – in favore dell’interlocutore della captazione contestata dalla difesa, risultando sul punto del tutto omessa la valutazione del debito di costui verso i fratelli Racco, risultante da altra intercettazione del 5 luglio 2012 e confermata dallo stesso creditore (OMISSIS), che aveva giustificato le ragioni, di mera opportunita’, per le quali questi aveva contestato al (OMISSIS) la cessione del credito. Siffatti profili, gia’ apprezzati dal Gip nell’ordinanza di reiezione della richiesta di applicazione di misure cautelari, risultano del tutto ignorati, cosi’ come dalla mera esistenza di un debito del (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS) e’ stata impropriamente tratta la prova di un finanziamento illecito. Donde il travisamento della prova, in special modo delle decisive intercettazioni ambientali del 3 luglio, intercorse tra il ricorrente e (OMISSIS), creditore del primo, con conseguente errata ricostruzione delle reciproche posizioni di dare-avere e della conseguente operazione di cessione del credito del (OMISSIS) nei confronti dei (OMISSIS), in linea con le successive intercettazioni del 5 luglio e le dichiarazioni testimoniali, mentre l’esistenza di un debito per prestazioni pubblicitarie svolte dal ricorrente a beneficio dei (OMISSIS) e’ statcv esclusqton motivazione apodittica, fondata irragionevolmente sulla esclusione della capacita’ patrimoniale a farvi fronte in conseguenza della percezione di redditi non dichiarati.
In riferimento agli assegni rinvenuti in possesso della (OMISSIS) all’atto dell’esecuzione del fermo del (OMISSIS), ritenuti esplicativi di modalita’ di pagamento sospette in quanto esulanti dalla prassi commerciale, risulta omessa la disamina della natura pluriennale dei contratti ai quali i medesimi accedevano, trascurando il rilievo che trattasi di soli quattro rapporti commerciali tra gli oltre cento censiti dalla PG, con conseguente erronea valutazione degli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 132 TUB, in punto di professionalita’ ed organizzazione dell’offerta al pubblico di finanziamenti, ed improprio richiamo ai principi di legittimita’ (Sez. 2 n. 47559 del 2012) declinati in fattispecie non sovrapponibile a quella in disamina.
3.1.5 Con il quinto motivo, deduce analoga censura in riferimento al delitto di tentata violenza privata sub bb), tanto per avere la sentenza impugnata ricostruito una condotta violenta non contestata, sovrapponendo i diversi episodi oggetto dell’originaria imputazione, che per avere valorizzato una minaccia, rivolta a (OMISSIS), invece smentita dall’esito della prova testimoniale e senza che della medesima fosse fatta menzione nella relazione di servizio degli operanti intervenuti, in tal guisa eludendo le specifiche deduzioni difensive rassegnate al riguardo.
3.1.6 Il sesto motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella duplice declinazione ivi prevista, riguardo l’esercizio abusivo del credito.
Risultano, al riguardo, impropriamente utilizzate a carico del ricorrente le generiche dichiarazioni di (OMISSIS) sulla provenienza delle risorse finanziarie utilizzate dall’ (OMISSIS) nell’erogazione dei prestiti, in un quadro processuale che smentisce l’esercizio di attivita’ creditizia da parte della cosca (OMISSIS) e, in particolare, le direttive impartite da (OMISSIS) al nipote (OMISSIS) nel corso dei colloqui carcerari, ed in violazione dei principi declinati dalla giurisprudenza di legittimita’ in punto di agevolazione, mentre la motivazione e’ del tutto omessa in riferimento al metodo mafioso.
3.1.7. Il settimo motivo – del tutto sovrapponibile al ricorso avanzato da (OMISSIS) in qualita’ di terzo – deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento alla disposta confisca ex L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies, per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente un rapporto di sperequazione patrimoniale tra risorse e impieghi disattendendo le deduzioni defensionali tanto riguardo ai criteri adottati, che alla documentazione prodotta.
Risulta, al riguardo, non adeguatamente contrastata la ricostruzione difensiva inerente le fonti lecite documentate, erroneamente ricostruita la spesa familiare (numero dei familiari conviventi; risorse derivanti da evasione fiscale) ed impropriamente applicata una sperequazione progressiva, senza tener conto della distinzione tra redditi e patrimonio e della distribuzione dell’onere della prova, in violazione dei criteri enucleati dalla giurisprudenza di legittimita’.
Ricostruisce, pertanto, il ricorrente, con cadenza annuale, il rapporto risorse-impieghi, evidenziano errori ed omissioni rilevanti tanto in riferimento alla confisca immobiliare che della societa’ facenti capo alla (OMISSIS) e della ditta individuale del (OMISSIS).
3.2 Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola un unico motivo, declinato in piu’ punti, con il quale deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento al reato di esercizio abusivo del credito sub b).
3.2.1. Richiamate le censure gia’ rivolte all’opzione di metodo dell’avversata sentenza in punto di (mancata) prova dell’esercizio di attivita’ di finanziamento da parte della cosca (OMISSIS), il ricorrente lamenta preterizione delle censure svolte in merito alla ricostruzione della posizione di (OMISSIS), in tesi posto al vertice di siffatto settore, servendosi – nel corso della detenzione – del figlio (OMISSIS) (assolto dal capo a)) e dell’ (OMISSIS), avendo la Corte territoriale liquidato siffatta prospettazione defensionale senza confrontarsi con la produzione documentale ed in presenza di apporti intercettivi del tutto generici ed incompleti, senza che siano state acquisite captazioni relative a colloqui del ricorrente con i coimputati, ne’ giustificata adeguatamente la riconducibilita’ del nome ” (OMISSIS)” al predetto. Donde il travisamento dei colloqui captati in punto di riconducibilita’ dello pseudonimo al ricorrente.
Censura, dunque, la riferibilita’ al ricorrente delle intercettazioni del 15 giugno 2010, relative alla cd. “Vicenda (OMISSIS)” ed al ruolo di garante mafioso svolto in favore dell’ (OMISSIS), evidenziando, sotto plurimi aspetti, la fallacia del ragionamento giudiziale rispetto alle censure devolute con l’appello riguardo i luoghi, il contenuto dei dialoghi tra l’ (OMISSIS) e (OMISSIS) e la riferibilita’ temporale dei medesimi (2010) alla vicenda in discorso (2011), l’assenza di riferimenti al cognome (OMISSIS) ed il coinvolgimento dei coimputati, invece, con tale (OMISSIS), restando pertanto le proposte censure senza risposta.
Lamenta analoghi vizi riguardo il ruolo di finanziatore dell’ (OMISSIS), attribuito al ricorrente, nonostante sia emerso come il predetto (OMISSIS) ricorresse alle risorse dell’ (OMISSIS) e stigmatizza l’interpretazione data ad alcune intercettazioni (17 settembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), effettivamente riferibile ad un documentato rapporto tra il ricorrente ed il primo per forniture di carburante; 6 maggio 2010, tra l’ (OMISSIS) e soggetto non identificato, interessato ad un prestito; 6 maggio e 11 dicembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), relative ad un credito vantato da quest’ultimo nei confronti di tale (OMISSIS) ed ai lavori edili eseguiti dal secondo in favore del primo; tutti dialoghi collegati a rilevamenti GPS), ignorando la trascrizione eseguita dalla difesa e richiamando l’acritica adesione della sentenza di primo grado, che aveva a sua volta recepito le trascrizioni della polizia giudiziaria.
3.3. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola quattro motivi.
3.3.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizi della motivazione in riferimento al rigetto della richiesta di definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato condizionato e dell’esame del teste (OMISSIS), persona offesa del delitto sub I), richiesto ex articolo 441 c.p.p. al Gup e ai sensi dell’articolo 630 c.p.p. alla Corte territoriale, oltre che in relazione agli elementi costitutivi del reato.
In relazione al primo profilo, evidenzia la difesa come l’esame del (OMISSIS) fosse assolutamente necessario, in presenza di irriducibili contrasti tra le sommarie informazioni testimoniali rese dal medesimo e quanto, invece, risultante dai colloqui captati, trascritti a cura del consulente di parte, in merito alla pattuizione di un interesse usurario, nonche’ di una prova sopravvenuta (trascrizione delle dichiarazioni testimoniali rese dal medesimo (OMISSIS) in altro procedimento a carico di (OMISSIS) ed altri all’udienza del 22 marzo 2016). Per altro verso, deduce il ricorrente violazione dei criteri che presiedono alla valutazione della prova, non avendo la Corte territoriale esplicitato le ragioni alla cui stregua ha confermato il giudizio di credibilita’ delle sole dichiarazioni rese dal teste alla PG, nonostante specifiche censure inerenti l’identita’ del debitore, l’ammontare del debito, la somma restituita dai (OMISSIS) all’imputato, le (sole) spese di protesto richieste, e senza procedere alla necessaria valutazione d’attendibilita’.
3.3.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizi della motivazione in riferimento all’imputazione di usura sub G), avendo al riguardo la Corte territoriale omesso di disaminare – nel quadro dell’annullamento senza rinvio pronunciato da questa Corte in riferimento alla misura cautelare (n. 18291 del 27 gennaio 2016) – la consulenza trascrittiva delle intercettazioni prodotta dalla difesa, intesa a contrastare un prestito di Euro 1300 da restituire, nella misura di Euro 1500, dopo cinque giorni, ricostruendo del tutto irragionevolmente un interesse pari ad Euro cento per il prestito di Euro 900 attraverso la lettura travisata del progr. 10623 del 12 luglio 2011 ed omettendo la valutazione del progr. 9190 nel quale, conversando con l’ (OMISSIS), l’ (OMISSIS) – beneficiario del prestito – ne attesta la gratuita’.
3.3.3. Con il terzo motivo, deduce analoga censura in relazione al delitto sub b), anche sotto tale profilo risultando la motivazione apparente e contraddittoria, oltre che elusiva del dictum di questa Corte nella sentenza di annullamento gia’ richiamata (n. 18291 del 27 gennaio 2016) in riferimento alla qualita’ soggettiva del ricorrente, iscritto all’albo di cui all’articolo 106 TUB in quanto mediatore finanziario. Sotto altro profilo, si censura la motivazione in riferimento alla valutazione del contenuto di intercettazioni, ritenute neutre e, pur tuttavia, esplicative di un rapporto illecito con il (OMISSIS), non altrimenti dimostrato. Si ribadiscono, nel resto, le stesse censure gia’ svolte in relazione alla posizione di (OMISSIS), rimarcando come l’unica intercettazione inerente un colloquio tra il ricorrente e l’ (OMISSIS) sia inintelligibile e solo congetturalmente interpretata in termini di subordinazione gerarchica di questi, ignorando i rapporti di fornitura di carburante effettuati dall’ (OMISSIS) in favore dei (OMISSIS). Quanto ai rapporti con il (OMISSIS), l’avversata sentenza omette in toto la disamina delle confutazioni difensive, intese a giustificare l’erogazione di somme, a titolo di pagamento per opere in corso, da parte dell’imputato.
3.3.4. Il quarto motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella duplice declinazione ivi prevista, avendo anche al riguardo la Corte d’appello enfatizzato elementi neutri, gia’ ritenuti inidonei nel procedimento incidentale cautelare, in punto di successione nella posizione del padre (OMISSIS), e, comunque, in violazione dei criteri ermeneutici declinati da questa Corte.
3.4. Con il ricorso, avanzato per mezzo dei difensori Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) articola sette motivi.
3.4.1. Con il primo, deduce violazione di legge e correlato vizio di motivazione in riferimento all’imputazione sub a), per avere la Corte territoriale affermato la responsabilita’ del ricorrente per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa (OMISSIS) e, piu’ specificamente, alla âEuroËœndrina di Donisi valorizzando esclusivamente i pretesi rapporti usurari, consumati in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS), con motivazione apodittica ed elusiva degli esiti dei diversi procedimenti celebrati a carico dei predetti concorrenti, che non avevano mai evidenziato il coinvolgimento della cosca in interessi usurari, facendo discendere la partecipazione del ricorrente dal solo status del (OMISSIS) e ricostruendo del tutto congetturalmente la provenienza delle risorse finanziarie e la finalita’ di riciclaggio. Risultano, sul punto, travisati i rapporti correnti tra il ricorrente e (OMISSIS) in relazione all’interpretazione delle intercettazioni ed all’intercessione richiesta a quest’ultimo per la dilazione di pagamenti, oltre alle propalazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) e del testimone di giustizia (OMISSIS), chiaramente esplicative di una mera millanteria riguardo l’origine della provvista finanziaria impiegata per l’erogazione di prestiti, utilizzata a fini di sollecitazione alla restituzione, con conseguente elusione delle censure difensive svolte con l’appello, al quale si rimanda. La Corte territoriale non avrebbe, pertanto, affrontato e risolto le segnalate incongruenze riguardo la sola conoscenza dei coimputati (OMISSIS) ed (OMISSIS) e il ricorso alla mediazione dell’usurato (OMISSIS) per l’intercessione presso (OMISSIS) a fini di concessione di un prestito allo stesso ricorrente, respingendo con motivazione apparente la prospettazione di un’ipotesi di mero concorso nel reato, mentre ad analoghe censure si espone la lettura degli esiti delle intercettazioni anche riguardo la ricostruzione della c.d. questione (OMISSIS), che restituisce un atteggiamento meramente millantatorio del ricorrente, non contraddetto, ma anzi confermato dalle dichiarazioni di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS). La sentenza impugnata non avrebbe, altresi’, esplorato l’elemento soggettivo del reato, anche tenuto conto degli interessi di mora e delle spese versate dal ricorrente e della origine della provvista riferibile a tale (OMISSIS), estraneo a contesti associativi.
3.4.2. Con il secondo motivo, deduce analoga censura in riferimento al reato sub b), sia in relazione ai postulati richiesti dall’articolo 132 TUB, che all’erronea ripetizione del requisito dell’organizzazione dalla condotta di partecipazione di cui al capo a).
3.4.3. Il terzo motivo censura la valutazione probatoria relativamente al capo O) e l’ingiustificata esclusione della qualificazione del fatto ex articolo 393 c.p., in considerazione della ricostruzione della vicenda sottostante quale vendita immobiliare gravata da ipoteca, rispetto alla quale il ricorrente avrebbe esercitato la conseguente tutela.
3.4.4. Con il quarto motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella duplice declinazione ivi prevista, apoditticamente ritratta dai rapporti del ricorrente con (OMISSIS) ed omettendo la necessaria verifica del dolo specifico riguardo la finalita’ agevolatrice, la direzione del medesimo al vantaggio dell’associazione e non gia’ di un suo affiliato, e il travisamento, in termini di metodo mafioso, della tipiche modalita’ sollecitatorie del credito impagato.
3.4.5. Con il quinto motivo, si prospetta violazione di legge in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 4, riguardo la dotazione di armi, solo presunta e comunque oggettivamente estesa al ricorrente.
3.4.6. Con il sesto motivo, si deduce violazione di legge e mancanza o insufficienza della motivazione riguardo la confisca per avere sul punto la Corte territoriale liquidato acriticamente le analitiche deduzioni difensive con le quali erano stati evidenziati errori nella valutazione del rapporto risorse-impieghi, anche alla luce della reiezione della richiesta di produzione di consulenza tecnica a motivo della scelta del rito e del mancato esercizio dei poteri di integrazione probatoria ex articolo 603 c.p.p., comma 3. Donde restano indimostrati tanto l’accertamento della correlazione temporale tra gli acquisti ed i contestati reati di usura, invece riferita al reato sub a), che la necessaria individuazione degli introiti leciti, non risultando che i beni sottoposti a confisca costituissero il profitto dei delitti di usura.
3.4.7. Con il settimo motivo, si censura la determinazione del trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle attenuanti generiche.
3.5. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola quattro motivi.
3.5.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’affermazione di responsabilita’ per il concorso nel reato di cui all’articolo 132 TUB sub b), fondata sulla collaborazione prestata all’ (OMISSIS) omettendo tanto la verifica del requisito dell’organizzazione che del dolo, escluso dall’essere il ricorrente egli stesso vittima di usura.
3.5.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella duplice declinazione ivi prevista, avendo la Corte territoriale ignorato le deduzioni difensive riguardo l’assenza di esplicazione del metodo mafioso ed il travisamento delle intercettazioni relative a (OMISSIS), oltre che del dolo specifico richiesto per l’agevolazione del clan (OMISSIS), restando sul punto irrilevanti meri vantaggi.
3.5.3. Con il terzo motivo, si censura la determinazione del trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle attenuanti generiche, fondati su una valutazione generalizzante ed eludendo gli elementi favorefoli prospettati con l’appello.
3.5.4. Con il quarto motivo, si deduce violazione di legge e mancanza o insufficienza della motivazione riguardo la confisca – sia immobiliare che della ditta individuale del ricorrente – per avere sul punto la Corte territoriale aderito acriticamente alla sentenza di primo grado, pur in presenza di dati mancanti relativi al nucleo familiare, alla redazione di una tavola sinottica risorse-impieghi immotivata ed all’erronea applicazione di una sproporzione progressiva.
3.6. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola tre motivi.
3.6.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’affermazione di responsabilita’ per il concorso nel reato di cui all’articolo 132 TUB sub b), tanto per l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato, che del dolo di concorso a carico del ricorrente: quanto al primo profilo, per essere insussistenti i requisiti dell’attivita’ professionalmente organizzata e della proiezione indiscriminata al pubblico, non soccorrendo al riguardo l’esercizio di attivita’ usuraria; quanto al secondo, per non aver adeguatamente esplorato il concorso per necessita’ nel solo reato di usura, con conseguente difetto di prova dell’elemento psicologico del reato contestato.
3.6.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella forma dell’agevolazione ritenuta a carico del ricorrente, avendone la Corte territoriale apoditticamente motivato la sussistenza, nonostante il ruolo di vittima del ricorrente, usurato dall’ (OMISSIS) e dal medesimo coinvolto nel procacciamento di nuovi clienti, che esclude dal fuoco del dolo ogni conseguenza indiretta vantaggiosa. Non risulta, invece, ritenuta l’aggravante in riferimento all’esercizio del metodo mafioso, comunque insussistente.
3.6.3. Con il terzo motivo, si censura la determinazione del trattamento sanzionatorio e degli incrementi di pena a titolo di continuazione, avendo al riguardo la sentenza trascurato il ruolo di vittima del ricorrente.
3.7. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola tre motivi.
3.7.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento in riferimento all’affermazione di responsabilita’ per il concorso nel reato di cui all’articolo 132 TUB sub b), per l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato, in assenza di un’attivita’ professionalmente organizzata e della proiezione indiscriminata al pubblico, non soccorrendo al riguardo l’esercizio di in’unico reato di usura in danno di (OMISSIS).
3.7.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella duplice forma contestata, avendone la Corte territoriale apoditticamente motivato la sussistenza, richiamando la consapevolezza dei metodi praticati dall’ (OMISSIS) nella successiva attivita’ di usura, peraltro in danno del solo (OMISSIS), e la conseguente agevolazione della cosca di riferimento, pur non essendo ne’ il ricorrente, ne’ l’ (OMISSIS) collegati alla predetta
3.7.3. Con il terzo motivo, si censura la determinazione della pena, prossima al massimo edittale, e la mancata concessione delle attenuanti generiche, fondati su una valutazione generalizzante ed eludendo gli elementi favorevoli prospettati con l’appello.
3.8. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola tre motivi.
3.8.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’affermazione di responsabilita’ per il concorso nel reato di cui all’articolo 132 TUB sub b), per l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato, in assenza di un’attivita’ professionalmente organizzata e della proiezione indiscriminata al pubblico, non soccorrendo al riguardo le generiche conversazioni captate con (OMISSIS), riferibili a crediti vantati da questi per lavori edili effettivamente in corso presso l’abitazione del fratello del ricorrente
3.8.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., nella duplice forma contestata, avendone la Corte territoriale apoditticamente motivato la sussistenza, richiamando – quanto al metodo – la consapevolezza delle modalita’ esattive praticate da (OMISSIS), travisando sul punto un unico passaggio delle intercettazioni tra i due, in una contestazione che avvince diversi imputati non collegati tra loro e, quanto all’agevolazione, omettendo di rispondere alla censura difensiva riguardo il riferimento, in altra intercettazione, al padre del (OMISSIS), in difetto della prova di una finalizzazione effettiva a beneficio della cosca.
3.8.3. Il terzo motivo deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento alla disposta confisca ex L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies, per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente un rapporto di sperequazione patrimoniale tra risorse e impieghi disattendendo le deduzioni defensionali tanto riguardo ai criteri adottati, che alla documentazione prodotta, in violazione dei principi delineati da Sez. U. Montella.
Risulta al riguardo non adeguatamente contrastata la ricostruzione difensiva inerente le fonti lecite documentate, erroneamente ricostruita la spesa ed impropriamente applicata una sperequazione progressiva, senza tener conto della distinzione tra redditi e patrimonio e della distribuzione dell’onere della prova, in violazione dei criteri enucleati dalla giurisprudenza di legittimita’.
Ricostruisce, pertanto, il ricorrente, con cadenza annuale, il rapporto risorse-impieghi, evidenziano errori ed omissioni rilevanti tanto in riferimento alla confisca immobiliare che dei beni mobili registrati.
3.9. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola tre motivi.
3.9.1. Con il primo, deduce violazione di legge e vizio della motivazione in riferimento agli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 378 c.p., in assenza della attribuibilita’ a (OMISSIS) dello status di latitante, per essere il fermo, emesso a suo carico il 19 agosto 2014, rimasto ineseguito e, pertanto, inefficace, avendo sul punto la Corte territoriale rassegnato una motivazione inconferente rispetto all’imputazione, richiamando una generica condizione di sottrazione alle ricerche.
3.9.2. Con il secondo motivo, deduce analoga censura in relazione all’aggravante ex articolo 378 cpv. c.p., ritenuta sussistente in via assiomatica e congetturale.
3.9.3. Il terzo motivo lamenta la mancata applicazione delle attenuanti generiche.
3.10. Con il ricorso, avanzato per mezzo del difensore, Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) deduce tre motivi, in sostanza sovrapponibili alle censure del ricorso (OMISSIS). specificare ruolo della (OMISSIS).
RITENUTO IN DIRITTO
La sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame, quanto all’imputazione sub a) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS); quanto all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora articolo 416-bis.1 c.p.), contestata in relazione al capo b), in riferimento a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); quanto all’aggravante di cui all’articolo 378 cpv. c.p. in relazione a (OMISSIS) e (OMISSIS).
La medesima sentenza deve essere annullata in relazione alla confisca per (OMISSIS) ed il terzo ricorrente (OMISSIS), oltre che per (OMISSIS).
Sono, nel resto, complessivamente infondati i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed inammissibili le impugnazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS).
1.Inammissibile per genericita’ la questione prospettata nel primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) in riferimento all'(in)utilizzabilita’ dell’intercettazione ambientale in data 8 gennaio 2014 per mancanza del relativo decreto autorizzativo.
1.1.1. Il ricorrente censura la mancanza, nel fascicolo processuale, del decreto autorizzativo delle intercettazioni ambientali (R.I.T. 2189/2012) eseguite nel procedimento RGNR 7144/21, deducendo anche il travisamento della questione gia’ posta alla Corte territoriale che, con argomentazioni non pertinenti, ha affrontato il diverso tema della motivazione del decreto, pur a fronte della dimostrazione della cessazione delle operazioni il 25 luglio 2013.
Le censure sono inammissibilmente formulate.
Va, sul punto, innanzitutto rilevato – ed il rilievo e’ assorbente – come dal testo della sentenza impugnata (f. 331), il colloquio sia datato l’8 gennaio 2013 (successivamente ad una precedente visita del medesimo (OMISSIS) in carcere, cosi’ come confermato dal progr. 19069 del 3 gennaio 2013), e dunque entro l’arco temporale delle intercettazioni circoscritto dalla stessa difesa, che ne ha indicato la conclusione il 25 luglio 2013.
Trattasi, pertanto, di un errore che trova nel corpo della motivazione la sua emenda, e che il ricorrente non ha contrastato mediante allegazione di una data diversa.
Invero, la parte che deduce l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche, ha l’onere di indicare specificamente gli atti sui quali l’eccezione si fonda e di allegare tali atti qualora non facciano parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimita’. E’, infatti, inammissibile il ricorso con cui l’indagato eccepisce la mancanza di un atto in ragione dell’omessa integrale allegazione in quanto, a fronte dell’affermazione del giudice di merito che attesti – come nel caso in esame, in cui la Corte territoriale ha delibato la questione inerente la motivazione del decreto, che ne presuppone l’esistenza e l’estensione temporale – la allegazione del medesimo, ove non risulti prodotta idonea certificazione di cancelleria in ordine alla presenza o meno dell’atto, si sollecita la Corte a verificare il fascicolo al quale, tuttavia, il giudice di legittimita’ non puo’ accedere (Sez. 6, n. 18187 del 14/12/2017 – dep. 2018, Nunziato, Rv. 273007, N. 41142 del 2013 Rv. 257336, N. 46070 del 2015 Rv. 265535).
Il principio per cui, allorche’ sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), la Corte di cassazione e’ giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, puo’ accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), non si traduce nell’obbligo di consultazione di atti defluiti in diversi fascicoli processuali, separati o dal pubblico ministero – come avvenuto nel caso in esame proprio in riferimento alla posizione dei coimputati separatamente giudicati – o in seguito allo stralcio di diverse posizioni processuali – come pure avvenuto nel caso in esame – quando non risulti dedotto che l’istante abbia svolto l’integrale verifica e, all’esito, il medesimo atto non sia stato rinvenuto. In tal senso, nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullita’ o inutilizzabilita’ collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perche’ appartenenti ad altro procedimento), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l’eccezione si accompagna l’ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali – positive o negative – addotte a fondamento del vizio processuale (Sez. U. n. 39061 del 16/07/2009, De Iorio, Rv. 244329).
1.1.2. Va, per altro verso, rilevato come, se e’ vero che, in tema di intercettazioni, l’inutilizzabilita’ degli esiti delle operazioni captative derivante dalla mancanza dei decreti di autorizzazione e di proroga o dalla motivazione di questi assume carattere assoluto, non sanabile in virtu’ della richiesta di accesso al rito abbreviato perche’ derivante dalla violazione dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione (ex multis Sez. 4, n. 47803 del 09/10/2018, B., Rv. 274034), nondimeno e’ onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilita’ di atti processuali indicare, pena l’inammissibilita’ del ricorso per genericita’ del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi’ la incidenza sul complessivo compendio indiziario gia’ valutato, si’ da potersene inferire la decisivita’ in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416).
Nel caso in esame, siffatti oneri sono rimasti inevasi, non avendo il ricorrente specificamente dedotto ne’ di aver compulsato i diversi fascicoli processuali, ne’ quale incidenza decisiva sull’epilogo decisorio abbia dispiegato l’intercettazione segnalata, ponendo la doglianza nell’alveo dell’aspecificita’.
1.2. E’, invece, manifestamente infondata la seconda censura.
1.2.1. Nel giudizio abbreviato di appello, le parti non hanno diritto all’assunzione di prove nuove, ma hanno solo il potere di sollecitare l’esercizio dei poteri istruttori di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 3, essendo rimessa al giudice la valutazione dell’assoluta necessita’ dell’integrazione probatoria richiesta (Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, PG c/ Graziano, Rv. 278061, N. 17103 del 2017 Rv. 270069, N. 37901 del 2019 Rv. 276913, N. 44324 del 2013 Rv. 258320, N. 12928 del 2019 Rv. 276318, N. 8316 del 2016 Rv. 266145).
S’appalesa, pertanto, insindacabile la motivazione di rigetto dell’acquisizione di una consulenza fonica inerente l’intercettazione ambientale (RIT 57110, progr. 19068 e 19069), fondata sulla natura del rito e sul difetto di un’assoluta ed inderogabile necessita’ acquisitiva, apprezzabile ex officio, dell’apporto tecnico, peraltro preesistente.
1.2.2. Per altro verso, ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice ben puo’ utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, cosi’ come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario (Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017, De Cicco, Rv. 269900, N. 24438 del 2005 Rv. 231856, N. 17619 del 2008 Rv. 239725, N. 14556 del 2011 Rv. 249730, N. 18453 del 2012 Rv. 252712, N. 13085 del 2014 Rv. 259478); onere che non puo’ dirsi assolto mediante richiesta di rinnovazione istruttoria in appello che – come rilevato – rimette alla delibazione di inderogabile necessita’ integrativa del giudice l’acquisizione di elementi di prova ulteriori rispetto alla base cognitiva sulla quale l’imputato si e’ determinato a richiedere il giudizio abbreviato.
Donde la manifesta infondatezza della proposta censura, peraltro argomentata attraverso deduzioni in fatto, precluse al controllo di legittimita’ di questa Corte in quanto frontalmente mirate alla rivalutazione delle prove.
2. Alla disamina dei motivi di ricorso vanno anteposte, in quanto di generale interesse, talune indicazioni di metodo.
2.1. Secondo il consolidato insegnamento di legittimita’, autorevolmente espresso (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715) ed unanimemente seguito (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 – dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558, N. 38915 del 2007 Rv. 237994, N. 11189 del 2012 Rv. 252190, N. 7465 del 2013 Rv. 259516), in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’. Sicche’ e’ possibile, in sede di legittimita’, prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita’ risulti decisiva ed incontestabile.
2.2. La deducibilita’ della questione, sub specie di vizio di travisamento della prova, incorre nei limiti di ammissibilita’ della censura, nel senso che, il predetto vizio, quando sia desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e’ ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilita’ della valutazione nel merito del risultato probatorio (ex multis Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758), e sempre che abbia un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita’ tra il senso intrinseco della singola prova assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto, ed e’ pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 – dep. 2013, Maggio, Rv. 255087).
In particolare, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”; il vizio di travisamento della prova puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie, acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018). A seguito della modifica apportata all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), dalla L. n. 46 del 2006, articolo 8, comma 1, il legislatore ha esteso l’ambito della deducibilita’ del vizio di motivazione anche ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, cosi’ introducendo il travisamento. della prova quale ulteriore criterio di valutazione della contradditorieta’ estrinseca della motivazione/il cui esame nel giudizio di legittimita’ deve riguardare uno o piu’ specifici atti del giudizio, e non il fatto nella sua interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911); cio’ in quanto esula dai poteri del giudice di legittimita’ quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/04/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369; Sez. 5, n 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 07/12/2012, Consorte, Rv. 254063).
3. Nel quadro cosi’ delineato, non colgono nel segno le censure, variamente articolate nei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rivolte al capo b) della rubrica.
3.1. I ricorrenti contestano, in primis, la ricorrenza dei requisiti postulati dalla norma incriminatrice di cui al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 in riferimento alle caratteristiche dell’attivita’ di finanziamento ricostruita nella sentenza impugnata.
3.1.1. Nella delineata prospettiva, mette conto rilevare come il reato di abusiva attivita’ finanziaria punisce “chiunque svolge, nei confronti del pubblico una o piu’ attivita’ finanziarie previste dall’articolo 106, comma 1, in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 107 o dell’iscrizione di cui all’articolo 111 ovvero dell’articolo 112”.
I due requisiti richiesti dalla fattispecie incriminatrice, pertanto, concernono lo svolgimento dell’attivita’ nei confronti del pubblico e l’esercizio delle attivita’ finanziarie previste dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 106 che, a sua volta, subordina all’iscrizione nell’apposito albo “l’esercizio nei confronti del pubblico dell’attivita’ di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”; il successivo l’articolo 106, comma 3, peraltro, rinvia all’apporto tecnico di un decreto ministeriale l’individuazione del contenuto delle attivita’ di concessione di finanziamenti riservate agli iscritti all’albo e dei requisiti di pubblicita’ dell’attivita’ (“Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, specifica il contenuto delle attivita’ indicate nel comma 1, nonche’ in quali circostanze ricorra l’esercizio nei confronti del pubblico”).
3.1.2. Al riguardo, l’integrazione della norma penale in bianco, mediante definizione delle “attivita’ di finanziamento” riservate, e’ stata dapprima disposta dal Decreto Ministeriale 6 luglio 1994, articolo 2, secondo cui “Per attivita’ di finanziamento sotto qualsiasi forma si intende la concessione di crediti ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma. Tale attivita’ ricomprende, tra l’altro, ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di (..) f) rilascio di fidejussioni, avalli, aperture di credito documentarie, accettazioni, girate nonche’ impegni a concedere credito. Fanno eccezione le fideiussioni e altri impegni di firma previsti nell’ambito di contratti di fornitura in esclusiva e rilasciati unicamente a banche e intermediari finanziari”.
Successivamente, il Decreto Ministeriale 17 febbraio 2009, n. 29, che ha abrogato il Decreto Ministeriale del 1994 (articolo 24, comma 1, lettera a), ha disciplinato i due requisiti dell’attivita’ finanziaria riservata; l’articolo 3, invero, definisce le “attivita’ di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”: “Per attivita’ di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma si intende la concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma. Tale attivita’ comprende, tra l’altro, ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di: (…) il rilascio di fideiussioni, l’avallo, l’apertura di credito documentaria, l’accettazione, la girata, l’impegno a concedere credito, nonche’ ogni atra forma di rilascio di garanzie e di impegni di firma. Sono esclusi le fideiussioni e gli altri impegni di firma previsti nell’ambito di contratti di fornitura in esclusiva e rilasciati unicamente a banche e intermediari finanziari”; l’articolo 9 definisce, invece, l-esercizio di attivita’ nei confronti del pubblico”, disponendo, al comma 1, che “le attivita’ indicate negli articoli 3, 4 e 5 sono esercitate nei confronti del pubblico qualora siano svolte nei confronti di terzi con carattere di professionalita’”.
3.2. Tale essendo il quadro normativo di riferimento, emerge all’evidenza come la sistematica attivita’ di erogazione di prestiti – a condizioni usurarie – rientri senz’altro tra le attivita’ finanziarie riservate, per lo svolgimento delle quali, ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 106 e del Decreto Ministeriale 17 febbraio 2009, n. 29, articolo 3, e’ necessaria l’iscrizione all’albo degli intermediari finanziari.
3.2.1. Affinche’ possa configurarsi il reato di abusiva attivita’ finanziaria di cui al Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 132 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e’ indispensabile che l’agente ponga in essere una delle condotte indicate dall’articolo 106 del medesimo decreto (concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, assunzione di partecipazioni, prestazione di servizi a pagamento, intermediazione in cambi, tutte meglio specificate nel Decreto Ministeriale Tes. 6 luglio 1994) inserendosi abusivamente nel libero mercato (cosi’ sottraendosi ai controlli di affidabilita’ e stabilita’) ed operando indiscriminatamente fra il pubblico. Cio’ comporta che e’ necessario che la predetta attivita’ sia professionalmente organizzata con modalita’ e strumenti tali da prevedere e consentire la concessione sistematica di un numero indeterminato di mutui e finanziamenti, rivolgendosi ad un numero di persone potenzialmente vasto e realizzandosi cosi’ quella latitudine di gestione tale da farla trasmigrare dal settore privato a quello pubblico e ricondurla, quindi, nell’ambito di operativita’ della legge bancaria (ex multis Sez. 5, n. 18317 del 16/12/2016 – dep. 2017, Kienesberger, Rv. 269616; Sez. 2, n. 5285 del 02/10/1997, dep. 1998, Nasso, Rv. 209597).
3.2.2. Quanto al requisito dell’esercizio dell’attivita’ nei confronti del pubblico, va osservato come le censure proposte dai ricorrenti siano manifestamente infondate, oltre che inammissibili, nella parte in cui si propone una lettura alternativa del compendio probatorio.
La destinazione al pubblico dell’attivita’ finanziaria, infatti, ricorre allorquando l’attivita’, anche se in concreto destinata ad una cerchia ristretta di persone, sia rivolta ad un numero potenzialmente illimitato di soggetti. In tal senso, la giurisprudenza di questa Corte e’ pacifica: commette il reato di esercizio abusivo di attivita’ finanziaria, a norma del Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 132, chi pone in essere le condotte previste dall’articolo 106 del medesimo Decreto Legislativo inserendosi nel libero mercato e sottraendosi ai controlli di legge, purche’ l’attivita’, anche se in concreto realizzata per una cerchia ristretta di soggetti, sia rivolta ad un numero potenzialmente illimitato (Sez. 5, n. 21927 del 17/04/2018, Gigantini, Rv. 273017, Sez. 2, n. 10795 del 16/12/2015, dep. 2016, Di Silvio, Rv. 266164; Sez. 2, n. 41142 del 19/09/2013, Rea, Rv. 257337); integra il delitto di esercizio abusivo di attivita’ finanziaria previsto dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 lo svolgimento verso una platea indeterminata di soggetti dell’attivita’ di finanziamento, attraverso la monetizzazione di titoli di credito (Sez. 6, n. 36759 del 20/06/2012, Caforio, Rv. 253469); ai fini dell’integrazione del reato di esercizio abusivo di attivita’ finanziaria (Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132) e’ necessario che l’attivita’ di erogazione di prestiti e finanziamenti sia svolta nei confronti del pubblico, da intendersi, in senso non quantitativo, ma qualitativo come rivolta ad un numero non determinato di soggetti (Sez. 5, n. 2404 del 16/09/2009, dep. 2010, Sganga, Rv. 245832); ai fini della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 132 del Testo Unico bancario emanato con Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e’ qualificabile come abusivo esercizio di un’attivita’ finanziaria anche la condotta posta in essere da un soggetto il quale abitualmente eroghi ad un numero indeterminato di persone (nella specie, clienti di un supermercato gestito dalla moglie) somme di danaro a fronte della cessione di assegni e cambiali (Sez. 5, n. 10189 del 06/02/2007, Montessoro, Rv. 235846).
In tal senso, anche la sistematica fornitura a credito di merci necessarie per lo svolgimento dell’attivita’ di impresa, concedendo agli acquirenti ripetute dilazioni di pagamento, integra la condotta in disamina (Sez. 2, n. 47559 del 27/11/2012, Cardo, Rv. 253941), costituendo una forma di finanziamento nella misura in cui lascia nella disponibilita’ del debitore le risorse vincolate all’adempimento dell’obbligazione solutoria (V, Sez. 6 n. 5118 del 12/2/1999, Rv. 213674).
3.2.3. Sotto il profilo soggettivo, va poi rilevato come integri il reato di abusivismo, previsto dal D.Lgs 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 166, la condotta dell’intermediario e promotore finanziario che, anziche’ limitarsi ai compiti a lui ordinariamente spettanti (quali la promozione dei prodotti finanziari e le connesse attivita’ materiali volte a favorire la conclusione del contratto tra cliente e intermediario, per conto del quale opera, nonche’ la limitata attivita’ di consulenza, intesa ad orientare le scelte del risparmiatore), stipuli con il cliente un contratto di gestione degli investimenti finanziari e percepisca le somme all’uopo destinate.
Il reato in questione e’ fattispecie di pericolo, inteso a tutelare l’interesse degli investitori a trattare soltanto con soggetti affidabili nonche’ l’interesse del mercato mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ad escludere la concorrenza di intermediari non abilitati (Sez. 5, n. 22419 del 02/04/2003, Castelli, Rv. 224951).
Infine, non ricorre l’ipotesi del reato complesso – ma e’ configurabile il concorso materiale – tra il reato di usura e quello di esercizio abusivo di attivita’ finanziaria di cui al Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 132, in quanto il reato di cui all’articolo 644 c.p. non si realizza esclusivamente mediante l’erogazione di un finanziamento in violazione delle norme che regolano l’attivita’ creditizia, ma anche attraverso la prestazione di utilita’ diverse dal denaro e con la corresponsione di vantaggi usurari diversi dal pagamento di interessi di somme concesse in prestito (Sez. 2, n. 43916 del 04/10/2019, Abbate, 277740).
3.3. Nel quadro cosi’ delineato, generiche si rivelano le censure formulate da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che si limitano a contestare il difetto del carattere della professionalita’ e del dolo, anche nella forma concorsuale, omettendo di confrontarsi con la sentenza impugnata che ha ampiamente argomentato, con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita’, e dunque insindacabile in sede di legittimita’, come l’attivita’ di erogazione finanziaria svolta, a piu’ livelli, dagli imputati fosse rivolta ad un numero indeterminato di soggetti, e dunque attraverso una struttura organizzativa di carattere professionale e destinata ad un numero potenzialmente illimitato di utenti.
3.4. Del resto, i ricorrenti non contestano i capi della sentenza relativi ai reati di usura ed estorsione, salvo, per l’ (OMISSIS), rivendicare del tutto assertivamente – con il terzo motivo di ricorso che e’, pertanto, inammissibile – la qualificazione dei fatti sub e) ai sensi dell’articolo 393 c.p., senza neppure introdurre profili differenziali, involgenti l’elemento materiale ovvero l’elemento psicologico, posti a fondamento dell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite della relativa questione (Sez. 2, 6 dicembre 2019, n. 50696), ne’ si confrontano con gli specifici indicatori di consapevole compartecipazione con l’ (OMISSIS), sia quale finanziatore (l’ (OMISSIS)), che quali intermediari con i ricorrenti al credito (il (OMISSIS) ed il (OMISSIS)), apportando un contributo essenziale nelle illecite attivita’ finanziarie gestite dal primo.
Dal testo della sentenza impugnata non e’ dato, pertanto, ravvisare alcuna omissione valutativa delle ragioni dell’impugnazione, ne’ alcuna disarticolazione del ragionamento giustificativo, con il quale i ricorrenti omettono di confrontarsi (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).
4. Sono, invece, infondate le doglianze svolte da (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.1. Non coglie nel segno il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
4.1.1. Anche al netto della questione – irrisolta, per come si dira’ dell’attrazione o meno nell’orbita della cosca (OMISSIS) dell’esercizio di attivita’ finanziarie, la sentenza impugnata dispiega un percorso motivazionale autosufficiente ed insindacabile riguardo l’abusivo esercizio del credito e dell’usura da parte del ricorrente, mentre la difesa ripropone la tesi alternativa dell’equivocita’ del nome (OMISSIS) – pseudonimo in uso a (OMISSIS) – e della frammentarieta’ delle intercettazioni, gia’ respinta in appello, con argomentazioni che non evidenziano macroscopiche aporie. In tal guisa, il ricorrente finisce per esibire una lettura alternativa delle prove, indugiando sui dati fattuali che ne sosterrebbero la fondatezza (circostanze spazio-temporali delle intercettazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS) progr. 1497 e 1505 e tra (OMISSIS) e (OMISSIS) progr. 723, 4810, 4811, 4812 e 4814; causale del rapporto di credito con (OMISSIS), progr. 3088 e 525) e riproponendo una diversa portata semantica delle captazioni e delle dichiarazioni testimoniali.
4.1.2. Ne’ la sentenza impugnata patisce il vizio di preterizione di deduzioni difensive decisive, in ipotesi suscettibili di determinare un diverso epilogo decisorio, che, per quanto attiene la posizione di (OMISSIS), risultano ampiamente disaminate e confutate con ragionamento non illogico, nei limiti del controllo demandato a questa Corte di legittimita’, in presenza di una motivazione resa in conformita’ ai criteri della razionalita’ e delle massime di esperienza.
4.2. Analoghe considerazioni meritano il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
4.2.1. E’ infondata, nella sua duplice articolazione, la censura processuale rivolta, sub specie di preterizione del relativo motivo d’appello, al rigetto di giudizio abbreviato condizionato e della rinnovazione istruttoria in appello mediante esame del teste (OMISSIS) in ordine all’imputazione sub I).
Quanto al primo profilo, il ricorrente non ha interesse alla relativa deduzione per essere il motivo d’appello, asseritamente trascurato, inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza e, pertanto, l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv. 276745). E’, invero, preclusa all’imputato che, dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato, abbia optato per il rito abbreviato “secco”, la possibilita’ di contestazione successiva della legittimita’ del provvedimento di rigetto, in quanto la sua opzione per il procedimento senza integrazione probatoria e’ equiparata al mancato rinnovo “in limine litis”, ai sensi dell’articolo 438 c.p.p., comma 6, della richiesta di accesso al rito subordinata all’assunzione di prove integrative (Sez. 2, n. 13368 del 27/02/2020, Ruggiero, Rv. 278826); in altri termini, qualora l’imputato, a seguito del rigetto da parte del g.u.p. della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad una integrazione probatoria, non riproponga tale richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 169 del 2003, dichiarativa della parziale incostituzionalita’ dell’articolo 438 c.p.p., comma 6), ma chieda, invece, di definire il processo con giudizio abbreviato non condizionato, la mancata ammissione della prova cui era subordinata l’iniziale richiesta non puo’ essere dedotta come motivo di gravame, ferma restando la facolta’ di sollecitare l’esercizio dei poteri di integrazione istruttoria “ex officio” ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 3, (Sez. 3, n. 7012 del 05/12/2017 – dep. 2018, B., Rv. 272579).
Ne consegue che, nel giudizio abbreviato di appello, le parti non hanno diritto all’assunzione di prove nuove, ma hanno solo il potere di sollecitare l’esercizio dei poteri istruttori di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 3, essendo rimessa al giudice la valutazione dell’assoluta necessita’ dell’integrazione probatoria richiesta (Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, PG Graziano, Rv. 278061, cit.), sindacabile solo nei limiti della congruenza della motivazione.
Sul punto, il ricorrente attribuisce – con incursione diretta al fatto – il crisma di decisivita’ all’escussione orale del (OMISSIS), a confutazione del contenuto delle sommarie informazioni rese dal medesimo alla PG ed alle captazioni, che da un lato e’ meramente preteso e, dall’altro, comunque superato dal complessivo apprezzamento reso dalla Corte territoriale all’esito dell’acquisizione dei verbali di prova del separato giudizio (ordinario) a carico dei coimputati, acquisiti ex articolo 238 c.p.p. e valutati, al pari degli altri elementi investigativi, per la complessiva delibazione di attendibilita’ del dichiarante (Sez. 5, n. 15396 del 28/01/2020, M., Rv. 279159).
Di guisa che l’opzione formulata per le prime dichiarazioni, ritenute coerenti con i risultati obiettivi delle captazioni, rispetto a quelle rese nel separato giudizio – e finalizzate a paludare di una causale lecita e di termini finanziari non illegali l’operazione – sfugge alle censure che le sono rivolte, anche in tal caso sostenute da un ampio, articolato ed insistito confronto diretto con la prova; modalita’ replicata anche nel secondo motivo – relativo al capo g) – che rivendica un’alternativa – lecita ricostruzione dell’operazione intercorsa con (OMISSIS), enfatizzando il riferimento ad un pregresso prestito senza interessi.
4.2.2. E’ generica e, comunque, manifestamente infondata la violazione di legge dedotta nel terzo motivo, in riferimento alla qualifica di mediatore creditizio esibita dal ricorrente.
Come gia’ rilevato (§ 3.2.3.), la condotta dell’intermediario e promotore finanziario che, anziche’ limitarsi ai compiti a lui ordinariamente spettanti (quali la promozione dei prodotti finanziari e le connesse attivita’ materiali volte a favorire la conclusione del contratto tra cliente e intermediario, per conto del quale opera, nonche’ la limitata attivita’ di consulenza, intesa ad orientare le scelte del risparmiatore) eroghi direttamente il credito, integra il reato previsto dal D.Lgs 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 166, a nulla rilevando il mancato riscontro di controlli da parte di organismi di vigilanza.
Nel resto, il motivo indugia nel rivendicare un rapporto economico sottostante con il (OMISSIS), il tenore essenzialmente neutro delle captazioni e, nello specifico, ripercorre le argomentazioni gia’ rese a sostegno dell’impugnazione di (OMISSIS), percio’ connotandosi della medesima inconducenza.
4.3. E’, del resto, di analogo tenore il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
Anche in tal caso, il ricorrente – dopo generiche doglianze sui criteri di valutazione della prova – ripropone, del tutto assertivamente, una causale lecita alternativa, tale da giustificare il rapporto corrente con (OMISSIS), omettendo anche solo di attingere di criticita’ i passaggi argomentativi rassegnati al riguardo.
4.4. Il quarto motivo proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ infondato.
Il ricorrente deduce travisamento delle operazioni contestate, prospettato con l’appello e invece riprodotto dalla Corte territoriale, che ne avrebbe contraddittoriamente ed illogicamente ribadito la natura di finanziamento, pur a fronte dell’allegazione di puntuali elementi, atti a ricondurre le medesime operazioni a leciti rapporti commerciali.
4.4.1. Quanto alla provvigione dovuta da T-Line a GB CAI – di fatto amministrata dal ricorrente – per l’intermediazione relativa a lavori di progettazione e ristrutturazione del bar Delizie, la Corte avrebbe valorizzato elementi (quali l’esclusione di un’intermediazione di GB CAI; l’entita’ della provvigione rispetto al valore della progettazione, non comprensiva del costo degli arredi; l’incasso dei titoli da parte di (OMISSIS)), invece smentiti dalle produzioni difensive, chiaramente dimostrative della congruita’ dell’importo della provvigione rispetto al valore complessivo del progetto e dell’allestimento, rispettivamente curati da T-Line e da CMA, e del ricorso al (OMISSIS) per la monetizzazione dei titoli per non avere GB CAI la disponibilita’ di conti correnti; in riferimento alla c.d. “vicenda il Tempio”, la Corte territoriale avrebbe escluso la ricostruzione, in termini di cessione di un credito vantato dal (OMISSIS) nei confronti dei fratelli (OMISSIS), gestori del ristorante, relativo ad un contratto pubblicitario, a tale (OMISSIS) ( (OMISSIS)), del quale il medesimo (OMISSIS) era debitore, travisando i rapporti di dare-avere correnti tra i medesimi e ritenendo, del tutto illogicamente, ingiustificato il credito preteso dal (OMISSIS) verso i fratelli (OMISSIS) a ragione del volume d’affari del locale dai medesimi gestito.
Sennonche’ e’ la stessa prospettazione del ricorrente che, nell’addentrarsi in una capillare ricostruzione di dialoghi e rapporti tra i soggetti coinvolti, elabora una speculare narrazione delle sottese vicende commerciali, rivendicandone la maggiore plausibilita’, al di fuori dello standard dell’errore travisante deducibile in sede di legittimita’ che, come gia’ ribadito, deve connotarsi in termini di macroscopica evidenza: quanto alla prima operazione, finendo con il richiedere a questa Corte di rideterminare la congruita’ di titoli emessi con l’apparente causale dell’intermediazione rispetto a prestazioni (progettazione e/o forniture di arredi) e, quanto alla seconda, di operare la stessa valutazione sulla adeguatezza dei redditi dei (OMISSIS) rispetto al contratto pubblicitario, indicato quale titolo di un credito rispetto al quale neppure l’interpretazione delle captazioni, prospettata dal ricorrente, introduce profili di evidente disarticolazione della motivazione censurata.
4.4.2. E’, invece, manifestamente infondato il rilievo critico rivolto alla qualificazione, in termini di abusivo finanziamento, delle dilazioni di pagamento, sottese ai titoli – post-datati rispetto alle prestazioni – rinvenuti in possesso di (OMISSIS) all’atto dell’esecuzione del fermo del ricorrente, e comunque accertate come prassi commerciale riservata ad una vasta platea di clienti.
Sul punto – come gia’ rilevato – la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto espresso da Sez. 2., n. 47559 del 2012, cit. (§ 3.3), di cui il ricorrente contesta la pertinenza al di fuori dei casi – in quella decisione esaminati – di prezzi significativamente piu’ elevati, a tal fine lamentando il mancato accertamento delle condizioni commerciali praticate dal ricorrente – che e’, invece, elemento non essenziale al fine della qualificazione dell’operazione e comunque valorizzato, nella specifica fattispecie concreta esaminata nella sentenza citata, quale condizione comunque accettata, pur di ricorrere alla predetta forma di credito – e, comunque di considerare come l’emissione di titoli a garanzia di pagamenti differiti rispetto alla prestazione erogata costituisca una forma di finanziamento, assicurando al debitore la disponibilita’ finanziaria delle somme non versate, e come siffatta modalita’ – ove generalmente praticata in un numero indeterminato di casi – si connoti del carattere dell’abusivita’.
4.5. E’, invece, manifestamente inconducente il quinto motivo proposto nell’interesse di (OMISSIS) in riferimento al reato di tentata violenza privata sub BB), come qualificata in primo grado l’originaria contestazione di estorsione, aggravata dal metodo mafioso.
Il ricorrente contesta la condotta ritenuta, sotto forma di violenza e non gia’ di minaccia, finalizzata a costringere (OMISSIS) a non sporgere denuncia riguardo l’aggressione subita dal medesimo (OMISSIS), sovrapponendo critiche all’attendibilita’ della teste, di cui e’ stata disposta l’audizione in appello, a presunte immutazioni della materialita’ del fatto, mentre la sentenza impugnata delinea, con ragionamento immune da censure e solo apoditticamente contrastato, l’esercizio di una forma di coartazione comunque presidiata dall’intervento di un’ambulanza e delle forze dell’ordine – in danno della persona offesa, finalizzata alla desistenza della medesima a denunciare la condotta violenta gia’ dispiegata in suo danno, idonea ad incutere timore e diretta a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volonta’, la condotta pretesa dall’agente (Sez. 5, n. 34124 del 06/05/2019, C., Rv. 276903).
In tal guisa, la censura – oltre alla genericita’ rilevata – fonda su pretesi e non esplicitati indicatori di inattendibilita’ che, da un lato, non si confrontano con l’obiettivita’ dei rilievi di Pg e con il tenore delle contestazioni nell’esame dibattimentale della teste, reso a notevole distanza temporale dai fatti; e che, dall’altro, pretendono di prospettare una prova negativa delle minacce solo in quanto non riferite dalla polizia giudiziaria intervenuta.
5. Sono, invece, fondate – ed assorbenti degli ulteriori motivi – le censure svolte dai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) in riferimento al reato sub a), nonche’ le doglianze inerenti l’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., contestata nelle ulteriori imputazioni.
5.1. L’intera architettura accusatoria fonda sulla ritenuta esistenza di un ramo finanziario della cosca (OMISSIS), di cui sarebbe stato referente (OMISSIS), unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS) le attivita’ di esercizio abusivo del credito e di usura sarebbero state eseguite – sotto le direttive di (OMISSIS) nel corso della sua carcerazione – dal figlio (OMISSIS) (assolto in primo grado dall’imputazione sub a)), dal nipote (OMISSIS) e da (OMISSIS), partecipi all’associazione.
Sennonche’ l’esistenza di un ramo finanziario della cosca, finalizzato al riciclaggio dei proventi illeciti di altre attivita’ (c.d. “bacinella”) mediante l’erogazione abusiva del credito, anche a tassi usurari – esistenza che costituisce un prius logico tanto per la dimostrazione della condotta di partecipazione al reato associativo, che dell’aggravante contestata in riferimento ai reati fine – risulta solo apoditticamnete affermata nelle conformi sentenze di merito.
E cio’ non solo – e non tanto – perche’ nelle sentenze irrevocabili che hanno attestato esistenza e composizione della cosca (OMISSIS) e della locale di Siderno non si rinviene traccia di siffatta area di interessi, bensi’ in quanto gli elementi indicati (ff. 63 ss.gg. sentenza impugnata) non consentono, con il necessario grado di certezza, di discriminare tra un’ipotesi di intermediazione finanziaria, anche usuraria, gestita da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a fini di reimpiego di capitali di provenienza illecita, sotto il protettorato, effettivo o millantato, dell’associazione, ovvero – come contestato – di una vera e propria attivita’ riferibile a questa ex articolo 416-bis c.p..
5.2. Sul punto, innanzitutto la Corte territoriale opera un’impropria ed anodina equazione tra il concetto di bacinella, evocativo di una unitaria confluenza di risorse finanziarie, e la pratica abituale dell’esercizio abusivo del credito, che ne costituisce il posterius.
A fronte di siffatta premessa, i richiami rivolti all’ (OMISSIS) da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per le modalita’ violente esercitate nella esazione dei crediti usurari, e valorizzati in termini di dimostrazione del vincolo associativo, esprimono, al piu’, un rapporto di sudditanza del primo, piuttosto che di paritetica partecipazione e di riferibilita’ comune della provvista finanziaria; la “vicenda (OMISSIS)”, come ricostruita nelle conformi sentenze di merito, esprime ancora un’iniziativa assolutamente personale dell’ (OMISSIS), autoritativamente risolta da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); il finanziamento della bacinella e’ solo apoditticamente asserito per (OMISSIS), mentre si da’ atto, contraddittoriamente, dell’esercizio in proprio di attivita’ finanziaria da parte di Riccardo (OMISSIS) (come emerge dal richiamo alle vicende di (OMISSIS) e (OMISSIS)); le intercettazioni richiamate (ff. 66 ss.gg. sentenza impugnata) assumono valenza ambigua, laddove prospettano in futuro lo scenario che si delineera’ quando “saranno loro (vale a dire i vertici della âEuroËœndrina) a finanziare l’erogazione dei prestiti in mano allo stesso (OMISSIS)”; le dichiarazioni meramente assertive e prive sul punto di ogni riscontro, del collaboratore di giustizia (OMISSIS) e di (OMISSIS), non indicano quali fonti di conoscenza autorizzino la riferibilita’ alla cosca dell’esercizio del credito, tanto da discriminare, opportunamente, tra meri sospetti e fondate deduzioni.
Dalla trama di siffatta agomentazione, sinteticamente riportata, sulla premessa essenziale del costrutto accusatorio, ripreso analiticamente nei capi della sentenza relativi ai reati satellite, resta sostanzialmente indimostrato se l’attivita’ di finanziamento rientri nel focus associativo o se, invece, sia semplicemente posta in essere da partecipi dell’associazione.
Del resto, se siffatto incedere del percorso giustificativo trova una qualche plausibilita’ in riferimento alla posizione di (OMISSIS), separatamente giudicato per il reato associativo sub a), lo stesso non puo’ ritenersi appagante, anche in correlazione all’assoluzione di (OMISSIS) dal reato associativo, riguardo la dimostrazione della partecipazione dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), che resta affidata ad una sorta di circolarita’ probatoria, che pretende di trarre dall’esercizio di attivita’ finanziaria una dimostrazione inequivoca di affiliazione, pur nell’incertezza irrisolta della riferibilita’ alla cosca o a singoli associati della provvista finanziaria movimentata.
Ed il rilievo non e’ di poco momento anche ai fini dell’identificazione dell’associazione di cui si postula la partecipazione dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS).
5.3. Secondo il consolidato orientamento di legittimita’ e’, invero, utilizzabile come “fatto notorio”, ai sensi dell’articolo 238-bis c.p.p., l’accertamento dell’esistenza e del radicamento territoriale di un’associazione mafiosa, contenuto in una decisione irrevocabile, nel caso in cui il sodalizio criminale oggetto di prova coincida, nei profili strutturali, temporali e finalistici, con quello ritenuto esistente (Sez. F., n. 56596 del 03/09/2018, PG C/Balsebre Nicola Francesco, Rv. 274753, N. 55359 del 2016, Rv. 269039, N. 50057 del 2009 Rv. 245831, N. 34491 del 2012 Rv. 253653), quando il nuovo giudizio verta su fatti avvenuti nelle medesime realta’ territoriali, non emerga una variazione delle finalita’ perseguite dal sodalizio e vi sia una, quanto meno parziale, identita’ soggettiva tra la formazione storica e la attuale, e quando il tempo trascorso non sia di entita’ tale da aver determinato nella memoria dei consociati l’oblio della connotazione mafiosa del gruppo storico (Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, P.G. in proc. Pesce, Rv. 269039, N. 50057 del 2009 Rv. 245831, N. 34491 del 2012 Rv. 253653, N. 28602 del 2015 Rv. 264138, N. 34874 del 2015 Rv. 264647).
Alle enunciate condizioni, l’onere di motivazione del giudice e’ significativamente attenuato in relazione all’esistenza del sodalizio, che trova conferma in decenni di storia giudiziaria, soprattutto in riferimento a sodalizi insediati nelle aree storiche d’origine, mentre non subisce alcuna incisione in relazione alla partecipazione dei singoli alla consorteria, che deve sempre essere dimostrata con i parametri di giudizio tipici della fase: ragionevole probabilita’ di colpevolezza nella fase cautelare o certezza non incisa dal ragionevole dubbio nella fase di merito (Sez. 2, n. 28602 del 06/05/2015, Pappada’, Rv. 264138, N. 50057 del 2009 Rv. 245831, N. 34491 del 2012 Rv. 253653). Ex adverso, non comportano soluzione di continuita’ nella vita dell’organizzazione criminosa: a) l’eventuale variazione della compagine associativa per la successiva adesione di nuovi membri all’accordo originario o per la rescissione del rapporto di affiliazione da parte di alcuni sodali; b) l’estensione dell’attivita’ criminosa alla commissione di reati di altra specie; c) l’ampliamento dell’ambito territoriale di operativita’, in quanto, una volta individuata l’esistenza di una data associazione mafiosa, per affermare che ad essa ne sia susseguita una diversa occorre la prova che la seconda sia scaturita da un diverso patto criminale, oppure che quella originaria abbia definitivamente cessato di esistere a causa di un ben determinato evento traumatico, che abbia generato discontinuita’ nel programma associativo, ad esempio una faida oppure una scissione (Sez. 2, n. 28644 del 26/04/2012, Moccia, Rv. 253416).
5.4. Nel delineato contesto, la finalita’ associativa si pone quale elemento ineludibile al fine di verificare, nel caso in disamina, se l’attivita’ finanziaria s’appartenga ai fini della cosca di Siderno, costituisca scopo di un nuovo consesso, perseguito da taluni soltanto dei sodali storici, o ci si trovi in presenza di un’ipotesi di concorso nei reati contestati, esorbitanti rispetto ai fini dell’associazione, gia’ storicamente accertata in quel territorio alla stregua di sentenze irrevocabili.
E solo dopo lo scioglimento di tali nodi potra’ passarsi alla valutazione delle singole condotte associative, non potendosi evincere sic et simpliciter, ed in modo autoreferenziale, dai reati di esercizio abusivo di attivita’ finanziarie ed usura, come accertati, il postulato, rimasto irrisolto, della estensione dell’associazione alle medesime finalita’.
Ed invero, se la consumazione di reati fine dell’associazione non e’ condizione sufficiente ne’ essenziale per la dimostrazione della partecipazione (Sez. 5, n. 32020 del 16/03/2018, Capraro, Rv. 273571, n. 4864 del 2017 Rv. 269207, N. 6882 del 2015 Rv. 266064, N. 12554 del 2016 Rv. 267418, N. 50864 del 2016 Rv. 268445, N. 55359 del 2016 Rv. 269040), nondimeno le modalita’ di consumazione delle fattispecie dispiegano rilevante portata dimostrativa del delitto associativo quando ne costituiscano realizzazione degli scopi criminosi (Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670, N. 486 del 1999 Rv. 212251, N. 2740 del 2013 Rv. 254233), soprattutto nei casi in cui le forme di manifestazione del reato abbiano raggiunto, per la loro intrinseca peculiarita’, una notoria cifra di attribuibilita’.
A tal fine, occorre la dimostrazione di un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare non gia’ uno “status” di appartenenza, bensi’ un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale gli imputati hanno “preso parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (recentemente Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180, che riprende ed attualizza i principi espressi da Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670, N. 12554 del 2016 Rv. 267418, N. 6882 del 2016 Rv. 266064), secondo le rispettive attribuzioni operative costantemente replicate. In altri termini, occorre un ruolo di effettiva partecipazione organica al sodalizio, avente carattere di stabilita’ tanto da permanere inalterato pur nell’alternanza delle posizioni dirigenziali, che si caratterizza per la valenza qualitativa del contributo causale (Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, P.G in proc. Agostino, Rv. 264625) rispetto ad una generica attivita’ di rafforzamento esterno, dispiegato con carattere continuativo e fiduciario, tale da risolversi in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio, nonche’ alla conservazione ed al rafforzamento di quest’ultimo (Sez. 5, n. 35277 del 16/06/2017, Panebianco, Rv. 270654).
5.5. Ricorre, nei principi direttivi sinteticamente enunciati, il continuo richiamo al fine associativo, quale proiezione teleologica del reato plurisoggettivo, capace di fungere da criterio selettivo onde verificare la qualita’ della partecipazione, ovvero qualificarne il contributo causale in termini di concorso eventuale nel reato associativo o, ancora, di ravvisare ipotesi concorsuali solo aggravate ex articolo 416-bis 1 c.p., con le conseguenze che ne derivano sul piano strutturale delle fattispecie.
Va, al riguardo, appena rilevato – nel solco dell’elaborazione progressiva della piu’ autorevole giurisprudenza di legittimita’ (Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199386, Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002 -dep. 2003, Carnevale, Rv. 22418, Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, cit., Rv. 231671, Sez. U, n. 8544 del 24/10/2019 – dep. 2020, Genco, Rv. 278054) – come nei rapporti tra partecipazione ad associazione mafiosa e mero concorso esterno, la differenza tra il soggetto “intraneus” ed il concorrente esterno sia di tipo qualitativo (Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, P.G in proc. Agostino, Rv. 264625) e risieda nel fatto che quest’ultimo, sotto il profilo oggettivo, non e’ inserito nella struttura criminale, pur fornendo ad essa un contributo causalmente rilevante ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione, e, sotto il profilo soggettivo, e’ privo della “affectio societatis”, laddove il partecipe “intraneus” e’ animato dalla coscienza e volonta’ di contribuire attivamente alla realizzazione dell’accordo e del programma delittuoso in modo stabile e permanente (ex multis Sez. 5, n. 26589 del 23/02/2018, V., Rv. 273356, Sez. 5, n. 30133 del 05/06/2018, Bacchi, Rv. 273683, Sez. 6, n. 49757 del 27/11/2012, Trapani, Rv. 254112); elementi tutti che postulano la chiarificazione delle incerte premesse rilevate.
In tal senso, il segnalato vulnus motivazionale non s’allinea ai principi di diritto enunciati in riferimento allo standard probatorio della condotta di partecipazione ed alla diversa ipotesi del concorso nel reato associativo, precludendo in radice la valutazione della corretta applicazione della legge penale e della congruita’ della motivazione riguardo il reato sub a), rendendo/ pertanto necessario l’annullamento della sentenza sul punto ed un nuovo esame.
6. I superiori rilievi dispiegano effetto anche sulla ricostruzione dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., accessoria ai reati fine in contestazione.
6.1. Se, invero, ricorre la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, di cui all’articolo 416-bis. 1 c.p., quando l’azione incriminata, posta in essere evocando la contiguita’ ad una associazione mafiosa, sia funzionale a creare nella vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che di un criminale comune (ex multis Sez. 2 n. 39424 del 09/09/2019, Pagnotta, Rv. 277222), come ampiamente significato nella sentenza impugnata, nondimeno il tema della finalizzazione dei reati satellite all’agevolazione dell’associazione mafiosa si dipana lungo tutto il costrutto motivazionale, riproponendo – anche sotto tale profilo – il nodo irrisolto dei fini associativi.
6.2. Ed il vulnus sul punto rimarcato e’ tanto piu’ rilevante alla luce della natura soggettiva dell’aggravante, nella declinazione agevolatrice non estranea alla valutazione dei giudici di merito, affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 8545 del 19/12/2019 – dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734), e delle implicazioni che ne derivano in punto di prova nel concorso di persone nel reato.
Anche al riguardo, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame sul punto, restando in tale statuizione assorbite le censure rivolte al trattamento sanzionatorio.
7. Sono fondati solo in parte i ricorsi proposti nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) in riferimento ai capi s) e t).
7.1. Sono inconducenti le censure rivolte all’affermazione di responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 378 c.p., in riferimento al favoreggiamento della sottrazione alle ricerche di (OMISSIS).
Se e’ vero – come rilevato dai ricorrenti, in linea all’orientamento di legittimita’ espresso dalle Sezioni Unite (n. 9 del 11/05/1993, M., Rv. 193748) di questa Corte – che la mancata esecuzione del fermo disposto dal pubblico ministero per essersi l’indiziato dato alla fuga comporta la immediata e definitiva caducazione del relativo decreto, essendo venuta a mancare in ordine ad esso la condizione tipica (ossia il pericolo di fuga) richiesta dalla legge per la sua adozione, con conseguente improprio riferimento gia’ nella contestazione alla figura della latitanza, nondimeno deve essere ribadito come, ai fini della sussistenza del delitto di favoreggiamento personale, la sottrazione alle ricerche sussiste tutte le volte che un atto di coercizione (fermo, arresto o accompagnamento) venga in qualsiasi modo ostacolato e, quindi, anche quando sia solo ritardato, tanto da determinarne (come visto per il caso del fermo), la successiva caducazione. Ne’ si esige che le ricerche siano in atto al momento in cui si ponga in essere la condotta favoreggiatrice, essendo sufficiente uno stato di fatto che renda probabile l’inizio delle ricerche (Sez. 1, n. 8245 del 11/05/1987, Piga, Rv. 176393, conf. Rv. 156741).
Ne deriva l’infondatezza della proposta censura, risultando ampiamente ricostruite le diverse e convergenti condotte di ausilio rispettivamente prestate dai ricorrenti a (OMISSIS), sottrattosi all’esecuzione del fermo per circa quaranta giorni, trovando riparo presso l’abitazione messa a disposizione dal (OMISSIS) e coadiuvato, anche nella cura degli affari, dalla (OMISSIS) (ex multis Sez. 6, n. 53735 del 02/12/2014, Costa, Rv. 261692), resistendo la sentenza impugnata anche alle critiche rivolte all’accertamento del dolo – generico – richiesto dalla norma incriminatrice.
7.2. Sono, invece, fondati – ed immediatamente discendenti dalle considerazioni rassegnate supra al § 5 – i rilievi svolti nel secondo motivo rispettivamente dei ricorsi a firma dell’Avv. (OMISSIS) e dell’Avv. (OMISSIS) (con assorbimento del terzo) in riferimento all’elemento specializzante aggravante previsto dall’articolo 378 cpv. c.p., in conseguenza delle statuizioni inerenti l’imputazione sub a) a carico del (OMISSIS), con conseguente devoluzione al giudizio di rinvio anche dell’aggravante in parola.
8. Il medesimo effetto assorbente, derivante dall’annullamento della sentenza impugnata per il capo a), investe i ricorsi proposti da (OMISSIS) e dalla terza interessata (OMISSIS) in riferimento alla confisca disposta per lo stesso reato – peraltro statuita in assenza di un apparato giustificativo che si confronti, superandoli, con i rilievi svolti in appello dalle medesime parti, sia in riferimento al rapporto tra risorse ed impieghi, sia in correlazione all’origine dei beni ablati – e per (OMISSIS) in relazione all’aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p..
9. Sono, invece, inammissibilmente formulate le censure rivolte alle statuizioni patrimoniali con il sesto motivo del ricorso proposto dall’ (OMISSIS) e con il quarto motivo del ricorso (OMISSIS).
I motivi proposti dal (OMISSIS) e dall’ (OMISSIS) sono aspecifici ed astrattizzanti, risolvendosi nella mera critica del provvedimento impugnato, senza specificare quali elementi, potenzialmente suscettibili di un diverso esito decisorio, sarebbero stati introdotti con l’appello ed ingiustificatamente sottovalutati o travisati.
Le censure dell’ (OMISSIS), in particolare, rivendicano solo assertivamente la liceita’ dell’origine del patrimonio e contestano la ravvisata sproporzione mediante riferimento ad accumulo derivante da evasione fiscale, rimasto indimostrato (Sez. 2, n. 49498 del 11/11/2014, Pucillo, Rv. 261046), ponendo anche sotto tali profili la doglianza nell’alveo della genericita’. Cosi’ come s’appalesa incensurabile la statuizione relativa al rigetto di perizia, formulata ex articolo 603 c.p.p., in difetto di novum ed anche solo della prospettazione di elementi deponenti – nel giudizio d’appello a prova contratta – per l’assoluta necessita’ di approfondimento istruttorio, si’ da connotare di irragionevolezza il mancato esercizio del potere discrezionale della Corte,di merito (Sez. 1, n. 12928 del 07/11/2018 – 2019, P., Rv. 276318; Sez. 5, n. 11908 del 23/11/2015 – dep. 2016, Rallo, Rv. 266158).
10. Alla luce di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria, limitatamente al reato sub a) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed alla circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora articolo 416 bis.1 c.p.), contestata nei residui capi d’imputazione, nonche’ nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) limitatamente alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 378 c.p., comma 2, con assorbimento delle censure inerenti il trattamento sanzionatorio e le statuizioni patrimoniali, perche’ il giudice del merito, in piena liberta’ di giudizio ma facendo applicazione degli enunciati principi, proceda a nuovo esame.
11. Riserva all’esito del definitivo la condanna alle spese del procedimento, nonche’ la liquidazione e la condanna alla rifusione, alle parti civili costituite, delle spese di assistenza nel grado.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato sub a), alla circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora articolo 416-bis.1 c.p.),contestata in relazione al capo b), nonche’ in relazione alla confisca, con rinvio per nuovo esame sui punti ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria e rigetta, nel resto, il ricorso del (OMISSIS); annulla la medesima sentenza nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria; annulla la predetta sentenza, nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato sub a) ed alla circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora articolo 416-bis.1 c.p.), contestata in relazione al capo b), con rinvio per nuovo esame sui punti ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria e dichiara inammissibile, nel resto, il ricorso dell’ (OMISSIS); annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora articolo 416-bis.1 c.p.), con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria e dichiara inammissibile, nel resto, il ricorso dell’ (OMISSIS); annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), limitatamente alla circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora articolo 416-bis.1 c.p.), con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria e rigetta, nel resto, i ricorsi dei predetti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), limitatamente alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 378 c.p., comma 2, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria e rigetta, nel resto, i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Spese di parte civile al definitivo.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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