Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 13 marzo 2018, n. 11378.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso ma se tali telefonate sono effettuate in un lasso di tempo limitato e non lungo si è in presenza non di una pluralità di reati ma di una sola ipotesi di peculato. L’utilizzo del telefono dell’amministrazione per finalità privata rappresenta quando la condotta è tenuta da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, il reato di peculato, ma al contempo precisa che tale delitto deve ritenersi unico – con possibile concessione della particolare tenuità del fatto – quando si sia in presenza di più telefonate ma in un lasso di tempo sostanzialmente unitario.
Sentenza 13 marzo 2018, n. 11378
Data udienza 12 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOGINI Stefano – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – Consigliere
Dott. VIGNA Maria S. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ANCONA;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 31/05/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PESARO;
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARIA SABINA VIGNA;
sentite le conclusioni del PG GIOVANNI DI LEO che conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Udito il difensore avvocato (OMISSIS) che si riporta alla memoria gia’ depositata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pesaro ha dichiarato, ai sensi dell’articolo 425 c.p.p. e articolo 131-bis c.p., non luogo a procedere nei confronti di (OMISSIS) per la particolare tenuita’ del fatto in relazione al reato di cui agli articoli 81 cpv. e 314 c.p..
All’imputata, dipendente, all’epoca dei fatti, della societa’ che aveva in concessione lo svolgimento dei servizi cimiteriali nel comune di Pesaro, e’ stato contestato il reato di peculato d’uso continuato in relazione a plurime telefonate effettuate a maggio, giugno e luglio 2011, con l’utenza assegnata alla societa’, non riconducibili in modo oggettivo e chiaro all’espletamento delle sue funzioni.
Il G.u.p, ritenendo tali telefonate limitate nel tempo e di durata non estesa, ha reputato l’offesa al bene giuridico protetto di particolare tenuita’ ed ha, conseguentemente, dichiarato non luogo a procedere per la non punibilita’ dell’imputata ex articolo 131-bis cod. pen..
2. Ricorre il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Ancona, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata per violazione di legge con riferimento all’articolo 131-bis c.p., deducendo che anche il reato continuato configura un’ipotesi di reato abituale e che la causa di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto non puo’ essere dichiarata in presenza di piu’ reati legati dal vincolo della continuazione.
3. Il 9/01/2017 e’ stata depositata memoria nell’interesse di (OMISSIS), nella quale si chiede venga dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso per l’inconsistenza della tesi accusatoria e per l’insussistenza del vincolo della continuazione. Si richiama, inoltre, il recente orientamento giurisprudenziale secondo il quale e’ possibile dichiarare la causa di esclusione della punibilita’ ex articolo 131-bis c.p. anche in presenza di piu’ reati legati dal vincolo della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ destituito di fondamento e deve essere disatteso.
2. Deve premettersi che il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale maggioritario secondo il quale la causa di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131-bis c.p. non puo’ essere dichiarata in presenza di piu’ reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un’ipotesi di “comportamento abituale” per la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, ostativa al riconoscimento del beneficio, essendo il segno di una devianza “non occasionale” (Sez. 5, n. 48352 del 15/05/2017, P.G. in proc. Mogoreanu, Rv. 271271; Sez. 2, n. 1 del 15/11/2016 – dep. 02/01/2017, Cattaneo, Rv. 26897001; Sez. 5, n. 4852 del 14/11/2016 – dep. 01/02/2017, De Marco, Rv. 26909201; Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015 dep. 30/10/2015, Amodeo, Rv. 26508401).
3. Nel caso in esame non si verte, pero’, nell’ipotesi di reato continuato, posto che, in considerazione delle peculiarita’ del reato contestato, deve ritenersi che le condotte ascritte all’imputata, per l’unitario contesto spazio – temporale nel quale si collocano, vadano di fatto a costituire una condotta inscindibile per l’unitario contesto.
3.1. E’ principio consolidato quello secondo il quale la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso (Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012, dep. 02/05/2013, Rv. 255296).
Considerata, poi, la struttura del peculato d’uso (che implica l’immediata restituzione della cosa), la valutazione in discorso deve di regola essere riferita alle singole condotte poste in essere, salvo che le stesse, per l’unitario contesto spazio-temporale, non vadano di fatto a costituire una unica condotta inscindibile.
3.2. Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, ricorra proprio tale ultima ipotesi, avendo l’imputata utilizzato il telefono dell’ufficio in un arco temporale assai ristretto.
Le singole telefonate poste in essere dall’imputata devono, quindi, essere considerata come un’unica condotta e non come condotte plurime, eventualmente unite dal vincolo della continuazione.
3.3. Alla luce di quanto sopra evidenziato, non si pone, pertanto, la questione afferente l’inapplicabilita’ al reato continuato della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p..
4. La condotta posta in essere dalla (OMISSIS), peraltro, ha prodotto un’offesa al bene giudico protetto sicuramente di particolare tenuita’ e, conseguentemente, bene ha fatto il G.u.p. di Pesaro a dichiarare non doversi procedere nei confronti della stessa ricorrendo la causa di non punibilita’ per la particolare tenuita’ del fatto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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