Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 gennaio 2024| n. 1259.

Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile

Il principio, in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile, concerne i limiti oggettivi del giudicato, il cui ambito di operatività è correlato all’oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi, non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia ed incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi ed a quelli comportanti un mutamento del “petitum” e della “causa petendi”, fermo restando il requisito dell’identità delle persone. I limiti oggettivi del giudicato, pertanto, anche con riguardo al deducibile, non si estendono a domande diverse per “petitum” e “causa petendi” da quella proposta, rispetto alle quali può porsi soltanto il problema di una eventuale preclusione. In particolare, la preclusione alla proposizione di una domanda in un nuovo giudizio non può tuttavia ritenersi sussistente in ragione del mero rapporto di connessione intercorrente con una domanda già proposta in un giudizio precedente, in quanto la connessione incide normalmente sulla competenza del giudice ma non postula il necessario cumulo delle domande connesse (Nel caso di specie, riaffermati gli enunciati principi, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata: nella circostanza, infatti, escluso, con efficacia di giudicato, il rapporto di identità tra le domande proposte nei due diversi giudizi di merito – e residuando la possibilità di individuare tra le stesse un mero rapporto di connessione – per un verso, la domanda risarcitoria dell’odierna ricorrente, proposta per la prima volta nel giudizio in corso, non era interessata dal giudicato formatosi sulla domanda formulata e decisa nel giudizio precedente, e, per altro verso, la sua proposizione “ex novo” nel giudizio successivamente introdotto non era preclusa, sicché la stessa avrebbe dovuto essere esaminata nel merito). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 9 novembre 2022, n. 33021; Cassazione, sezione civile II, sentenza 4 marzo 2020, n. 6091).

Ordinanza|11 gennaio 2024| n. 1259. Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile

Data udienza 9 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Cosa giudicata – Limiti oggettivi del giudicato – Ambito di operatività – Estensione – Domande diverse per “petitum” e “causa petendi” dalla domanda proposta – Esclusione – Proposizione domanda in un nuovo giudizio – Mero rapporto di connessione con una domanda già proposta in un giudizio precedente – Preclusione di giudicato – Insussistenza – Ragioni. (Cc, articolo 2909; Cpc, articoli 32 e 324)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31048/2020 R.G.,

proposto da

To.Na.; rappresentata e difesa dall’Avv. Co.En. (Omissis), in virtù di procura in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di

Tu.Ma.; elettivamente domiciliata in Roma, Viale …, presso lo Studio dell’Avv. Bl. Ge. (Omissis), che la rappresenta e difende, in virtù di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 1942/2020 della Corte D’Appello di Venezia, pubblicata il 27 luglio 2020 ;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dal Consigliere Spaziani Paolo.

Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2007, la società unipersonale Cramaida s.r.l. e la sua unica socia e amministratrice, To.Na., convennero l’INPS e Tu.Ma., ragioniera contabile incaricata di curare la contabilità fiscale e previdenziale della società, dinanzi al Giudice del lavoro del Tribunale di Venezia, domandando, in via principale, l’accertamento negativo del credito previdenziale accertato dall’INPS con verbale del 30 dicembre 2004 in confronto della To.Na. in relazione alla sua posizione contributiva di socia amministratrice; e, in via subordinata, la condanna della Turco alla rifusione, in favore della società, di tutti gli importi, ulteriori rispetto ai nudi contributi (dunque gli importi dovuti a titolo di sanzioni), che quest’ultima avesse dovuto versare all’INPS.

Il Giudice del lavoro adìto – ritenuto che fossero state proposte due diverse domande: l’una, soggetta al rito speciale lavoristico, di accertamento negativo del credito contributivo; l’altra, soggetta al rito ordinario, di accertamento della responsabilità contrattuale della ragioniera contabile –, previa separazione dei giudizi, rigettò la prima (tra l’altro, dichiarando il difetto di legittimazione attiva della Cramaida s.r.l., sul rilievo che il debito contributivo era un debito personale della socia amministratrice) e dispose il mutamento di rito per la seconda, che fu assegnata alla Sezione civile ordinaria.

Decidendo sulla domanda risarcitoria, il Tribunale – accertata la responsabilità della ragioniera contabile per la mancata iscrizione della socia amministratrice della società nella gestione previdenziale dei commercianti – condannò Tu.Ma. a pagare (non alla Cramaida s.r.l. ma) a To.Na. la somma di Euro 2.971,00, pari agli importi indicati nel verbale di accertamento dell’INPS a titolo di sanzioni.

La decisione fu appellata dalla Tu.Ma. per violazione dell’art.112 cod. proc. civ. e la Corte D’Appello di Venezia, con sentenza n. 226/2015, passata in giudicato, in accoglimento della censura, ritenuto che non fosse stata proposta una specifica domanda risarcitoria da parte di To.Na. nei confronti di Tu.Ma., dichiarò la nullità della statuizione di condanna emessa dal primo giudice per ultra-petizione.

2. Nel 2016, To.Na. convenne Tu.Ma. dinanzi al Tribunale di Venezia, domandandone la condanna al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, dell’importo pari all’ammontare delle sanzioni calcolate dall’INPS con il verbale ispettivo del 2004, sul presupposto che il contratto d’opera professionale stipulato dalla Cramaida s.r.l. con la ragioniera contabile, avente ad oggetto anche la tenuta della contabilità contributiva dell’amministratrice, aveva la natura di contratto a favore di terzo, sicché essa ben poteva dolersi, con domanda risarcitoria per responsabilità contrattuale, dell’inadempimento della professionista.

La domanda fu rigettata dal Tribunale, per essere la sua proposizione preclusa dal giudicato costituito dalla sentenza del 2015, e la Corte d’appello di Venezia, con sentenza 27 luglio 2020, n.1942, ha rigettato l’impugnazione della Tolomio.

La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:

I – in primo luogo, vi era identità tra le cause trattate nel giudizio in corso e quello definito con la sentenza del 2015, sia sotto il profilo dei soggetti (essendo state la To.Na. e la Tu.Ma. parti in entrambi i giudizi), sia sotto il profilo del titolo (consistente nella asserita responsabilità della Tu.Ma.) sia, infine, sotto il profilo dell’oggetto (corrispondente al rimborso di quanto dovuto all’INPS oltre i contributi ordinari);

II – in secondo luogo, stante tale identità negli elementi costitutivi delle domande, correttamente il giudice di primo grado aveva accolto l’eccezione di giudicato sollevata dalla convenuta Tu.Ma.: infatti, per effetto del giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione della sentenza del 2015, doveva ritenersi preclusa alla To.Na. la possibilità di riproporre, “in ragione del c.d. dedotto e deducibile”, tutte le questioni esercitabili in via di azione o di eccezione che, sebbene non dedotte specificamente, essa avrebbe potuto sollevare nel primo giudizio.

3. Propone ricorso per cassazione To.Na., sulla base di tre motivi. Risponde con controricorso Tu.Ma.

La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

La sola parte ricorrente ha depositato memoria.

Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene denunciata “violazione dei limiti soggettivi degli effetti del giudicato – Violazione del giudicato endoprocessuale sulla “non proposizione della domanda” nel presente giudizio promosso da Cramaida da parte dell’odierna ricorrente”.

To.Na. deduce che con la sentenza n. 226/2015 della Corte D’Appello di Venezia era stato accertato, con efficacia di giudicato, che essa non aveva proposto alcuna domanda risarcitoria nei confronti della Tu.Ma. nel giudizio (del quale neppure era stata parte) introdotto dinanzi al Giudice del lavoro e proseguito con il rito civile dinanzi alla Sezione ordinaria, sicché non poteva essere destinataria né dell’effetto di giudicato stabilito dalla relativa sentenza, né delle preclusioni pro iudicato in ordine alla possibilità di proporre la domanda medesima in altro giudizio.

2. Con il secondo motivo, sviluppando ulteriormente l’argomentazione già svolta con il motivo precedente, la ricorrente deduce che essa non aveva l’onere di introdurre nel primo giudizio la domanda risarcitoria nei confronti della Tu.Ma., non ricorrendo le ragioni (rapporto di durata tra le stesse parti; diritti di credito inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo) che, secondo la giurisprudenza di legittimità, impongono l’accertamento congiunto in funzione dell’esigenza di evitare la duplicazione di attività istruttoria e la dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale, in mancanza di un apprezzabile interesse del creditore agente alla tutela frazionata del credito.

Pertanto, in mancanza di detto onere, non poteva considerarsi preclusa la possibilità di introdurre la domanda risarcitoria, mai prima proposta, in un successivo giudizio.

2.1. I primi due motivi di ricorso – da trattarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione – sono anzitutto ammissibili, in quanto, sebbene non venga indicata la norma violata, denunciano chiaramente un error in iudicando per violazione dell’art.2909 cod. civ.

Essi, inoltre, sono fondati, per quanto di ragione.

2.1.a. Il primo rilievo della Corte D’Appello – secondo cui nel giudizio definito con la sentenza n. 226/2015 e nel giudizio in corso erano state introdotte due domande identiche in tutti gli elementi costitutivi (personae, petitum e causa petendi) – è manifestamente erroneo, in quanto la sentenza n.226/2015, passata in giudicato, aveva accertato, tutt’al contrario, che la To.Na., nel corso del primo giudizio,

non aveva proposto in confronto della Tu.Ma. alcuna domanda risarcitoria, la quale era stata quindi proposta per la prima volta nel giudizio in corso.

La domanda risarcitoria proposta nel giudizio in corso, lungi dall’identificarsi in tutti i suoi elementi costitutivi con quella formulata nel giudizio precedente, era pertanto da considerarsi una domanda proposta per la prima volta, la quale non poteva ritenersi precedentemente proposta, sicché doveva escludersene l’inammissibilità per bis in idem, non essendosi sulla stessa già deciso con efficacia di giudicato nel precedente giudizio.

2.1.a. La circostanza che la domanda non fosse stata già precedentemente proposta e decisa con efficacia di giudicato – e dunque non fosse inammissibile per violazione del divieto di bis in idem – non esclude che la sua proposizione potesse essere comunque preclusa, in quanto la parte fosse stata onerata di proporla nel precedente giudizio.

In tal senso depone il secondo rilievo svolto dalla Corte di merito nella sentenza impugnata, la quale, sul presupposto che il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ha affermato che fosse precluso alla To.Na. la possibilità di riproporre tutte le questioni, esercitabili in via di azione o di eccezione che, sebbene non dedotte specificamente, avrebbero potuto essere sollevate nel primo giudizio.

Anche questo secondo rilievo è, però, inesatto.

Il principio, in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile, concerne i limiti oggettivi del giudicato, il cui ambito di operatività è correlato all’oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi, non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (ex multis, Cass. 4/03/2020, n. 6091) ed incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del petitum e della causa petendi, fermo restando il requisito dell’identità delle personae (da ultimo, Cass. 9/11/2022, n. 33021).

I limiti oggettivi del giudicato, pertanto, anche con riguardo al deducibile, non si estendono a domande diverse per petitum e causa petendi da quella proposta, rispetto alle quali può porsi soltanto il problema di una eventuale preclusione.

La preclusione alla proposizione di una domanda in un nuovo giudizio non può tuttavia ritenersi sussistente in ragione del mero rapporto di connessione intercorrente con una domanda già proposta in un giudizio precedente, in quanto la connessione incide normalmente sulla competenza del giudice ma non postula il necessario cumulo delle domande connesse (arg. ex artt.32 ss. cod. proc. civ.).

Nel caso di specie, essendo stato escluso, con efficacia di giudicato, il rapporto di identità tra le domande proposte nei due giudizi – e residuando la possibilità di individuare tra le stesse un mero rapporto di connessione – per un verso, la domanda risarcitoria della To.Na., proposta per la prima volta nel giudizio in corso, non era interessata dal giudicato formatosi sulla domanda formulata e decisa nel giudizio precedente; per altro verso, la sua proposizione ex novo nel giudizio

successivamente introdotto non era preclusa, sicché essa avrebbe dovuto essere esaminata nel merito.

3. L’accoglimento, per quanto di ragione, dei primi due motivi di ricorso comporta l’assorbimento del terzo, con cui è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art.1411 cod. civ.

4. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti nei sensi appena precisati, con rinvio della causa alla Corte D’Appello di Venezia, in diversa composizione, la quale, rigettata l’eccezione di giudicato sollevata da Tu.Ma., provvederà ad esaminare nel merito la domanda risarcitoria proposta da To.Na.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).

Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte D’Appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 9 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria l’11 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *