Il no ai benefici penitenziari con la condanna all’ergastolo ostativo

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 8 ottobre 2019, n. 41235.

Massima estrapolata:

Il no ai benefici penitenziari con la condanna all’ergastolo ostativo, scatta anche quando l’aggravante del metodo mafioso per agevolare il clan non è stata formalmente contestata, ma verificata come sussistente dal Tribunale di sorveglianza, attraverso l’esame del contenuto della sentenza di condanna. Pesa, infatti, la qualificazione sostanziale dei delitti giudicati.

Sentenza 8 ottobre 2019, n. 41235

Data udienza 26 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 27/11/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere CAIRO ANTONIO;
Letta la requisitoria della Dott.ssa Marinelli Felicetta, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 27 novembre 2018 il Tribunale di sorveglianza per il distretto della Corte d’appello di Milano respingeva le richieste presentate nell’interesse di (OMISSIS), finalizzate ad ottenere l’accertamento sulla condotta di collaborazione impossibile, in funzione della concessione della liberazione condizionale (articolo 176 c.p.), dell’affidamento in prova al servizio sociale (articolo 47 O.P.), della semiliberta’ (articolo 50 O.P.) o della detenzione domiciliare (articoli 47-ter O.P. comma 1-bis), previo scioglimento del cumulo.
Premetteva il Tribunale di sorveglianza che era in esecuzione il provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Palmi che comprendeva la sentenza della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, per i reati di cui all’articolo 416-bis c.p., porto e detenzione di armi da guerra clandestine, con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e per duplice omicidio e duplice tentato omicidio, fatti per i quali era stata inflitta la pena dell’ergastolo, oltre alla decisione del Tribunale di Palmi con cui era stata inflitta la pena di anni tre di reclusione ed Euro 600,00 di multa, per i reati di porto d’armi, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale.
L’istante aveva richiesto le misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale, della semiliberta’, della liberazione condizionale o della detenzione domiciliare, previo accertamento della inesigibilita’ della sua collaborazione e scioglimento del cumulo. Cio’ indicando l’abitazione delle sorelle, positivamente accertata e un’offerta di lavoro presso la Cooperativa 83, offerta che non era, tuttavia, risultata concreta.
La difesa aveva, altresi’, depositato memoria con cui aveva eccepito l’incostituzionalita’ della L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4 bis, nella parte in cui escludeva che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis o al fine di agevolare l’associazione mafiosa potesse essere ammesso a misure alternative, in difetto dell’anzidetta collaborazione.
Il Tribunale di sorveglianza riteneva la questione non rilevante e manifestamente infondata non riguardando benefici che costituivano parte integrante del trattamento e, dall’altro, permanendo “l’ostativita’” derivante da reati commessi al fine di favorire il gruppo mafioso.
Lo stesso Tribunale osservava come, gli omicidi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e i tentati omicidi, di (OMISSIS) e di (OMISSIS), si inscrivevano nel contesto malavitoso locale e si legavano all’atteggiamento di costoro, che avevano rivendicato indipendenza dalle famiglie mafiose storiche dei (OMISSIS), dei (OMISSIS), dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS) tanto da porne in discussione il predominio, di guisa che si era reso necessario procedere alla loro eliminazione.
Emergeva nei fatti un ruolo di primo piano del (OMISSIS), confermato anche nel gruppo mafioso. Costui – proprio in ragione della posizione anzidetta- era stato latitante per otto anni, dal 1993 al 2001, e aveva beneficiato della rete di sostegno logistico, offertagli dalla struttura di âEuroËœndrangheta.
L’istante, si e’ osservato, non aveva mai collaborato ed avrebbe, contrariamente, potuto offrire un contributo non marginale alla ricostruzione dei fatti. Cio’ in ragione del ruolo rivestito nel gruppo e alla luce delle informazioni apprese durante la sua carcerazione.
Da cio’ il rigetto della richiesta di accertamento della collaborazione impossibile.
Quanto alla richiesta di scioglimento del cumulo ha osservato il Tribunale che la pena inflitta al (OMISSIS), previo riconoscimento del vincolo della continuazione, tra il delitto di cui all’articolo 416-bis c.p. e quelli di porto e detenzione di armi con finalita’ mafiosa (ritenuti ostativi) era pari ad anni cinque di reclusione.
La Corte di merito, ha osservato il Tribunale, non aveva provveduto alla continuazione con relativo cumulo, avendo inflitto separatamente la pena dell’ergastolo per gli omicidi e i per i tentati omicidi, con la conseguenza che, non essendo stato effettuato il cumulo, non v’era alcuno scioglimento da operare.
Pur avendo allora espiato il (OMISSIS) la pena di anni cinque residuava, comunque, quella relativa agli omicidi e ai tentati omicidi che sarebbe stata afferente a fatti cd. ostativi. Cio’ in ragione del principio di contestazione in fatto dell’aggravante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, conv. con mod. nella L. 12 luglio 1991, n. 203, per la successione degli eventi, per l’ambiente in cui erano maturati e per il contesto da cui essi avevano tratto scaturigine.
Questi aspetti, secondo il Giudice territoriale, rendevano le contestazioni comprensive dell’aggravante dell’uso del metodo mafioso e qualificavano tutti i delitti come fatti ostativi alla concessione dei benefici invocati, in difetto di una collaborazione che avesse assunto crismi di rilevanza.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), per mezzo del difensore di fiducia e lamenta quanto segue.
Premette il ricorrente di essere detenuto ininterrottamente dal 30/5/2001 e di aver beneficiato dell’indulto concesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi per anni tre di reclusione. Avrebbe, pertanto, espiato la pena per accedere ai benefici penitenziari invocati, previo scioglimento del cumulo.
2.1. Cio’ posto con il primo motivo di ricorso eccepisce il ricorrente l’illegittimita’ costituzionale della L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, in relazione agli articoli 3 e 27 Cost. e 3 Cedu, nella parte in cui esclude che il condannato all’ergastolo per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’articolo 416-bis c.p., possa essere ammesso alle misure alternative alla detenzione, in difetto di collaborazione con la giustizia.
La preclusione, lamenta il ricorrente, renderebbe di fatto vano il trattamento penitenziario e la regola di flessibilita’ della pena in funzione della rieducazione del condannato (Corte costituzionale 149/2018).
D’altro canto, la collaborazione con la giustizia ben potrebbe essere esclusa dalla decisione di salvare la propria incolumita’ o quella dei parenti ovvero dalla scelta di non accusare prossimi congiunti e non dalla volonta’ di tenere fermi i collegamenti originari con la criminalita’ organizzata.
Analoga questione di costituzionalita’ era stata ritenuta fondata, osserva il ricorrente, da questa Corte di cassazione in materia di permesso premio, richiesti da un condannato all’ergastolo, per delitto cd. ostativo (Sez. 1, 20 novembre 2018, Cannizzaro).
Ne’ sarebbe valso l’argomento secondo cui la collaborazione risultava un indice legale di cessazione della pericolosita’ sociale, poiche’ diversi erano i casi in cui la stessa collaborazione non si era accompagnata alla decisione effettiva di prendere le distanze dal contesto criminale di provenienza.
Anche la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, sulla pena perpetua, era stata interpretata nel senso di ritenere che detta pena dovesse essere strutturalmente “riducibile” e oggetto di periodica verifica, al fine di accertare se il detenuto avesse compiuto progressi trattamentali che ne ammettevano l’inserimento nel contesto della vita sociale (Corte edu,9 luglio 2013,Regno Unito c/ Vinter).
Nel caso in esame, al contrario, l’ergastolo cd. ostativo non avrebbe permesso alcuna rivalutazione, in difetto dell’anzidetta collaborazione.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, quanto alla ritenuta operativita’ dell’aggravante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, conv. con mod. nella L. 12 luglio 1991, n. 203.
Gli omicidi per i quali era stato inflitto l’ergastolo non erano caratterizzati dalla contestazione dell’aggravante indicata. Il Tribunale di sorveglianza aveva, tuttavia, rivalutato la sentenza di condanna, emessa dal giudice della cognizione, ed era giunto alla conclusione che sostanzialmente essa aggravante esistesse effettivamente, nonostante l’omessa formale contestazione.
A parte la disparita’ di trattamento tra i casi in cui la circostanza era stata contestata ed esclusa dal giudice della cognizione e quelli in cui quest’ultimo non si era espresso esplicitamente per omessa contestazione da parte del P.M., in giurisprudenza si registravano orientamenti contrastanti.
Nel merito essa circostanza aggravante non ricorreva per piu’ ragioni e, prima fra tutte, perche’ il (OMISSIS) non aveva alcuna posizione di vertice nell’associazione mafiosa.
Cio’ posto si e’ richiesto di rimettere la questione alle Sezioni unite di questa Corte di legittimita’.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento all’accertamento della collaborazione impossibile o irrilevante, previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 58-quater.
L’esclusione della collaborazione impossibile o irrilevante nel ragionamento seguito dal Tribunale di sorveglianza era viziata da un travisamento del fatto.
Il (OMISSIS) non era mai stato considerato elemento di vertice del gruppo âEuroËœndranghetista e, dopo l’operazione cd. tirreno, non era mai stato indagato per delitti di criminalita’ organizzata.
3. Il 10 giugno 2019 e’ stata depositata, nell’interesse di (OMISSIS), memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale, memoria a firma degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS). Il 20 giugno 2019, ancora, e’ stata depositata nota di produzione documentale con allegati ulteriori.

OSSERVA IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ manifestamente infondato e sottopone temi privi del crisma di decisivita’.
1.1. Quanto al divieto di concessione di benefici penitenziari, in caso di condanna per uno dei reati indicati dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4 bis, questa Corte ha osservato che esso opera anche quando l’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, convertito nella L. n. 203 del 1991, relativa a fatti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. o per agevolare l’attivita’ di un’associazione di tipo mafioso, non sia stata oggetto di formale contestazione, ma sia verificata come sussistente dal Tribunale di sorveglianza attraverso l’esame del contenuto della sentenza di condanna, dovendosi avere riguardo alla qualificazione sostanziale dei delitti giudicati (tra le altre, Sez. 1, n. 29379 del 27/6/2001, Mammoliti, Rv. 219593; Sez. 1, n. 34022 dell’11/7/2007, Saraceno, Rv. 237295; Sez. 1, n. 17816 del 9/4/2008, Sanfilippo, Rv. 240005; Sez. 1, n. 4091 del 7/1/2010, Dragone, Rv. 246053; Sez. 1, n. 40043 del 5/7/2013, Parabita, Rv. 257408; Sez. 1, n. 40394 del 24/9/2013, Russo, Rv. 257603).
Il principio si colloca nella linea interpretativa segnata dalla giurisprudenza di legittimita’, che riconosce al giudice dell’esecuzione, al Magistrato e al Tribunale di sorveglianza il potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne espliciti il contenuto e i limiti, ricavando dalla sentenza irrevocabile di condanna tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, che siano necessari per il normale esercizio delle attribuzioni loro conferite (tra le altre, Sez. 1, n. 36 del 9/1/1996, Morelli, Rv. 203816, in tema di applicazione di cause estintive e di revoca di benefici condizionati; Sez. 1, n. 4077 del 6/7/1995, Malacrino’, Rv. 202432, in tema di interpretazione del giudicato, ai fini dell’applicazione in executivis di misura di sicurezza disposta dal giudice della cognizione; Sez. 1, n. 132 del 5/12/2012, dep. 4/1/2013, Piccirillo, Rv. 253860, in tema di interpretazione del giudicato, ai fini della verifica delle condizioni normative per l’accoglimento dell’istanza di applicazione dell’indulto).
Si tratta di orientamento consolidato e maggioritario ribadito anche recentemente (Sez. 1, n. 473 del 10/07/2018 (dep. 08/01/2019), Iacovelli, Rv. 276156).
1.2. Sulla dedotta questione di legittimita’ costituzionale deve osservarsi come, pur a fronte dell’articolato sviluppo delle motivazioni che sorreggono la relativa prospettazione, essa e’ priva di rilevanza. Nella specifica vicenda procedimentale, infatti, ammesso per ipotesi che cadesse il profilo di ostativita’ dei delitti per i quali si e’ proceduto e che risultano in esecuzione, non sarebbe legittimato l’anzidetto (OMISSIS) ad invocare le misure di cui ha richiesto applicazione al Tribunale di sorveglianza.
Cio’ vale, innanzitutto, per la detenzione domiciliare e per l’affidamento in prova al servizio sociale, misure alle quali, per i limiti di pena decisamente ristretti e per il tipo di pena in esecuzione, non sarebbe possibile riconoscere l’accesso.
Quanto alla liberazione condizionale (articolo 176 c.p.), trattandosi di condannato alla pena dell’ergastolo,l’ammissione alla misura stessa sarebbe possibile solo dopo aver maturato un periodo d’espiazione pari ad almeno ventisei anni.
Anche per la liberazione condizionale, dunque, non consta che si siano concretizzate le condizioni legittimanti, ne’ che esso ricorrente abbia gia’ raggiunto un tetto d’espiazione (pari a 26 anni),che, in astratto, potrebbe autorizzargli l’accesso alla misura in esame.
Ne’ sul punto si allega un estratto esecutivo o altro dato certo che dia conto a questa Corte della sussistenza, in concreto, della condizione anzidetta, pur prescindendo dalla natura del delitto in esecuzione e dalla sua ostativita’.
Non mutano, infine, i termini del ragionamento per la misura della semiliberta’. Essa si potrebbe riconoscere anche in favore del condannato all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno 20 anni e nel concorso delle condizioni di legge.
Anche per la semiliberta’, della quale in tesi potrebbe ricorrere la condizione d’espiazione del periodo minimo -stando all’affermazione del (OMISSIS) di una detenzione ininterrotta dal 2001- si profila come ulteriore fattore ostativo, a prescindere dalla collaborazione, la mancanza di un lavoro certo.
Ai fini del riconoscimento della misura in questione, invero, occorre che il detenuto disponga di una attivita’ lavorativa, che costituisce una condizione di ammissibilita’.
Il Giudice di merito ha escluso l’esistenza di una attivita’ lavorativa ed ha aggiunto come essa non fosse dimostrata.
Il ricorso sul punto non si confronta in maniera critica, ne’ confuta con argomentazioni ed elementi risolutivi quell’affermazione che resiste come elemento dirimente che escluderebbe, in ogni caso, per difetto di uno dei presupposti legali, la concessione della semiliberta’, pur nel concorso dell’avvenuta espiazione dei venti anni e pur la’ dove dovesse cadere il profilo di ostativita’ che caratterizza il delitto in esecuzione.
Cio’ detto,si intende come rispetto al tema decidendum la prospettata questione di legittimita’ costituzionale non abbia il crisma necessario della rilevanza e, per quanto anticipato, finirebbe per divenire non decisiva, ai fini della decisione del caso sottoposto al Giudice territoriale.
1.3. Le deduzioni sviluppate nel terzo motivo di ricorso sono parimenti inammissibili.
Si e’ anticipato come si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento all’accertamento della collaborazione impossibile o irrilevante, previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 58-quater.
A parte il rilievo che l’esclusione della collaborazione impossibile o irrilevante nel ragionamento seguito dal Tribunale di sorveglianza non risultava affatto viziata,e l’irrilevanza del ruolo direttivo, ritenuto in ragione delle mansioni che erano state svolte dal (OMISSIS) in concreto, si deve osservare che la collaborazione impossibile, se riconosciuta, avrebbe potuto avere un possibile rilievo solo per la misura della semiliberta’.
Si e’, tuttavia, anticipato come, in ogni caso, non si sarebbe potuta riconoscere la misura in questione, per mancanza di un’attivita’ lavorativa certa. La carenza condizionava la concessione della semiliberta’ e sulla specifica affermazione il ricorso non si e’ soffermato con argomenti convincenti.
Prive di decisivita’, pertanto, risultano le argomentazioni sviluppate nel ritenere non ricorrenti i presupposti della collaborazione cd. impossibile o inesigibile.
Quanto alla liberazione condizionale valgono a supporto della mancanza di decisivita’ le considerazioni gia’ esplicitate e la mancanza di ogni certezza che il detenuto avesse espiato una pena pari a 26 anni che potesse permettergli in astratto l’accesso alla liberazione anzidetta.
1.4. Manifestamente infondati risultano anche i rilievi sviluppati sull’invocato scioglimento del cumulo. Si e’ osservato che al (OMISSIS) era stata inflitta la pena dell’ergastolo per i due omicidi e tentati omicidi e di anni cinque per la violazione della legge sul controllo delle armi e per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa.
Il cumulo non era stato, pertanto, effettuato, con la conseguenza che non v’era alcuno scioglimento da praticare. Aveva, infatti, espiato il ricorrente la pena dei reati meno gravi, ma residuava in esecuzione quella dell’ergastolo per gli omicidi da ritenere ostativi, per quanto si e’ avuto modo di anticipare.
Alla luce di quanto detto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non ricorrendo ipotesi di esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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