Il motivo di ricorso esula dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 luglio 2021| n. 19426.

Il motivo di ricorso esula dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio ex art. 395, n. 4 . c.p.c. quando investe profili valutativi in relazione ad atti che sono già stati esaminati nella sede del merito (la fattispecie riguarda l’inseparabilità strutturale dall’alveo del fiume di particella non separata dalle acque del fiume).

Ordinanza|8 luglio 2021| n. 19426. Il motivo di ricorso esula dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio

Data udienza 11 maggio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: IMPUGNAZIONI CIVILI – REVOCAZIONE – Il motivo di ricorso esula dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di sez.

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di sez.

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 7060-2020 proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, COMMISSARIO AD ACTA L. n. 289 del 2002, EX ART. 86 in persona del commissario pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrenti –
nonche’ contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI;
– intimati –
per revocazione dell’ordinanza n. 19366/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 18/07/2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Il motivo di ricorso esula dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio

RILEVATO

che:
Con ordinanza n. 19366, depositata il 18 luglio 2019, la Sezioni Unite civili di questa Corte dichiararono inammissibile il ricorso proposto dal Fallimento (OMISSIS) S.p.A., in persona del curatore pro-tempore, contro le Amministrazioni pubbliche di cui in epigrafe, avverso la sentenza n. 50/2017 resa inter partes dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (di seguito TSAP), depositata il 16 marzo 2017, che aveva respinto l’appello proposto dalla suddetta curatela fallimentare avverso la sentenza n. 1105 del 2016 del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (TRAP), presso la Corte d’appello di Napoli.
La pronuncia del TRAP aveva a sua volta rigettato la domanda proposta dal Fallimento medesimo, in riassunzione dall’originario giudizio introdotto dinanzi al TAR Campania – sezione Salerno, con la quale aveva chiesto pronunciarsi declaratoria di perdita della qualita’ di bene demaniale dell’intera particella n. (OMISSIS) di mq 19.450, gia’ integrante l’alveo del fiume Ofanto, per averla occupata e trasformata irreversibilmente fin dal 1988 nell’ambito della realizzazione di opere infrastrutturali a servizio di opificio sito nel nucleo industriale dell’anzidetto Comune.
Per la realizzazione di dette opere la societa’ era stata ammessa a godere di contributo Decreto Legge n. 8 del 1987, ex articolo 8 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 120 del 1987 e del D.P.C.M. 26 luglio 1988, n. 533 con assegnazione alla societa’ della medesima particella per il prezzo di Lire 200.000.000, come da decreto di approvazione del collaudo da parte del Ministero dell’industria, commercio e artigianato del 21 dicembre 2000, contributo poi revocato stante il sopravvenuto fallimento della societa’. Tuttavia, all’esito di espletata procedura arbitrale, essa si concludeva con lodo traslativo in favore del Fallimento della societa’ del lotto in questione, trasferimento quindi perfezionatosi con provvedimento n. 459 del 25 luglio 2008 del Commissario ad acta L. n. 289 del 2002, ex articolo 86. Cio’ nonostante, l’Agenzia del Demanio, con provvedimento del 22 dicembre 2011, riaffermava l’appartenenza della particella n. (OMISSIS) al demanio dello Stato – ramo idrico, a cio’ conseguendo l’annullamento, in via cautelativa, da parte del Commissario ad acta del decreto di acquisizione, con Det. 28 novembre 2011, n. 1012 che il Fallimento aveva impugnato dinanzi al TAR, che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
Avverso la succitata ordinanza di questa Corte n. 19366/19 il Fallimento (OMISSIS) ha proposto ricorso per revocazione ex articolo 391 bis c.p.c., sulla base di un unico articolato motivo.
Resistono con controricorso le Amministrazioni convenute, salvo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rimasta intimata, eccependo preliminarmente le controricorrenti l’inammissibilita’ dell’avverso ricorso, volto sostanzialmente, secondo la difesa delle Amministrazioni pubbliche, ad ottenere dinanzi a questa Suprema Corte “un quarto grado di giudizio, per di piu’ di merito”.
La controversia viene dunque all’esame di questa Corte in camera di consiglio ai sensi del combinato disposto dell’articolo 391 bis c.p.c., comma 4 e articolo 380 bis c.p.c., sulla proposta, formulata dal relatore designato, di declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso, a seguito della quale tanto il Fallimento ricorrente quanto le Amministrazioni pubbliche controricorrenti hanno depositato memoria.

 

Il motivo di ricorso esula dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio

 

 

CONSIDERATO

che:
1. Va preliminarmente dato atto che il Fallimento ricorrente ha depositato telematicamente, come allegato alla memoria depositata il 3 maggio 2021, notificandola alle controparti, relazione tecnica a firma del geom. (OMISSIS) del 14 aprile 2021, di descrizione dello stato dei luoghi per cui e’ causa all’attualita’, ad ulteriore sostegno della tesi esposta secondo cui le aree occupate dall’opificio ex (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS), in catasto al foglio (OMISSIS), (parziale ex (OMISSIS)- ex Demanio), erano, prima della realizzazione dell’intero immobile, costituite da terreni gia’ abbandonati dal (OMISSIS).
1.1. Detta produzione documentale risulta inammissibile, come eccepito dalle Amministrazioni controricorrenti, esulando dai limiti entro i quali la produzione di nuovi documenti e’ consentita, ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., dinanzi a questa Corte, trattandosi di relazione tecnica redatta successivamente al giudizio conclusosi con l’ordinanza della quale, in questa sede, si chiede la revocazione, e che non attiene alla valutazione dell’ammissibilita’ del ricorso.
2. Con l’unico motivo la curatela fallimentare ricorrente lamenta che l’impugnata decisione sia incorsa in errore di fatto revocatorio (articolo 395 c.p.c., n. 4), nella parte in cui ha affermato che la particella (OMISSIS) “pur non essendo permeata dalle acque del fiume, e’ inseparabile strutturalmente dall’alveo del fiume”, circostanza fattuale che sarebbe assolutamente smentita dalla consulenza tecnica redatta dal CTU ing. (OMISSIS), su incarico del giudice delegato al fallimento del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, e depositata nel giudizio originariamente azionato dalla curatela dinanzi al TAR Campania – sezione Salerno, dalla quale era dato evincersi che il c.d. lotto (OMISSIS) e’ ubicato ad una distanza di diciotto metri, maggiore quindi della fascia di rispetto di 10 metri dalla sponda esterna di sistemazione dell’alveo, mentre la strada realizzata e’ sopraelevata rispetto alla sede dell’alveo di cinque metri.
Il ricorrente Fallimento ha, come sopra detto, ulteriormente ribadito detto assunto, alla stregua della relazione tecnica di parte succitata, depositata in allegato alla memoria del 3 maggio 2021, sostenendo, dunque, che l’ordinanza n. 19366/19 resa da questa Corte nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza resa tra le parti dal TSAP, avrebbe applicato l’affermato principio di diritto, secondo cui le sponde o rive interne dei fiumi, comprese nel concetto di alveo, rientrano nell’ambito del demanio idrico, a differenza delle sponde o rive esterne, che, essendo soggette alle sole piene straordinarie, appartengono, invece, ai proprietari dei fondi rivieraschi e sulle quali puo’, pertanto, insistere un manufatto occupato da persone, sulla base del travisamento dei dati giuridico fattuali del giudizio definito con la pronuncia in oggetto, incorrendo in un errore di percezione relativamente alla circostanza, confermata dagli elaborati peritali richiamati, che l’area fosse sdemanializzata di fatto da decenni.
2.1. Ritiene la Corte che possa condividersi la proposta formulata dal relatore, nel senso che debba essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.
La censura di parte ricorrente, pur tentando di ricondurre all’errore di fatto revocatorio di cui all’articolo 395 c.p.c., n. 4, l’errore in cui lamenta che sia incorsa la pronuncia impugnata, non risulta riferibile a detto parametro normativo.
L’ordinanza impugnata, riferita peraltro a fatti controversi tra le parti nel giudizio di merito, investe inevitabilmente profili valutativi, in relazione a quegli atti – come la richiamata CTU dell’ing. (OMISSIS), svolta su incarico del G.D. al Fallimento (OMISSIS) e depositata agli atti del giudizio di merito – che sono stati gia’ quindi esaminati, o avrebbero dovuto esserlo, nella sede propria di merito, esulando quindi, come gia’ affermato da questa Corte, il motivo di ricorso, cosi’ come formulato, dal paradigma dell’errore di fatto revocatorio (cfr. Cass. sez. 1, 4 aprile 2019, n. 9527; Cass. sez. 1, ord. 22 ottobre 2018, n. 26643; Cass., SU, ord. 28 maggio 2013, n. 13181).
2.2. Peraltro, come d’altronde indirettamente confermato dall’ulteriore, inammissibile, per quanto sopra osservato, allegazione, di relazione tecnica di parte alla memoria depositata in atti, relativa allo stato dei luoghi, all’attualita’, la censura proposta da parte ricorrente avverso la sentenza impugnata si risolve, in sostanza, nella richiesta di un’ulteriore valutazione di merito rispetto a quella compiuta dal TSAP nella sentenza, sulla cui impugnazione e’ intervenuta l’ordinanza n. 19366/19 di questa Sezioni Unite in questa sede impugnata per revocazione, laddove quest’ultima ebbe gia’ a dichiarare inammissibile per “doppia conforme”, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, in relazione al comma precedente della citata norma, il motivo, in quella sede addotto dal Fallimento avverso l’impugnata sentenza del TSAP, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione attualmente vigente.
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, nel rapporto processuale tra il Fallimento ricorrente e le Amministrazioni pubbliche controricorrenti, come da dispositivo.
Nulla va disposto riguardo alle spese nel rapporto processuale tra il Fallimento ricorrente e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che non ha svolto difese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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