Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 19 novembre 2019, n. 46895
Massima estrapolata:
Il libero consenso della vittima a farsi infliggere delle lesioni, in cambio di denaro, per truffare le assicurazioni o per evitare il servizio militare, non ha alcun valore scriminante.
Sentenza 19 novembre 2019, n. 46895
Data udienza 2 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella – Presidente
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/05/2019 del TRIBUNALE DELLA LIBERTA’ di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;
sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO che conclude per il rigetto del ricorso;
dato atto dell’assenza del difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Palermo, in funzione di tribunale del riesame, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 18 aprile 2019 con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il concorso nel delitto di lesioni personali pluriaggravate in danno di (OMISSIS), sostituendola con quella degli arresti domiciliari.
I giudici della fase cautelare hanno ritenuto sussistente la gravita’ indiziaria per il delitto di concorso, quale esecutore materiale, nelle lesioni personali aggravate, perche’ superiori a 40 giorni di prognosi, inflitte alla vittima consenziente in vista di una frode assicurativa.
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando:
– la violazione di legge, in riferimento all’articolo 50 c.p., e articolo 273 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla esclusione della esimente del consenso dell’avente diritto, risultando erroneo il richiamo all’articolo 5 c.c., poiche’ le lesioni non hanno avuto esiti permanenti e perche’, d’altra parte, l’eventuale sussistenza del diverso delitto di cui all’articolo 642 c.p., comma 2, non determina l’impossibilita’ di applicare la causa di giustificazione anche perche’ la vittima avrebbe potuto auto-infliggersi le lesioni, sicche’ il fatto non sarebbe punibile. Del resto, la vittima, che gia’ si era prestata in precedenza a porre in essere una analoga truffa ai danni dell’assicurazione, era ben consapevole delle conseguenze cui si esponeva facendosi colpire dal ricorrente, sicche’ deve escludersi che sia comunque venuto meno il consenso (primo motivo);
– la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza della gravita’ indiziaria perche’ gli elementi indicati dal tribunale del riesame non sono affatto convergenti (secondo motivo);
– la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla attualita’ e concretezza delle esigenze cautelari e alla sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio (terzo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato per le ragioni che saranno esposte.
2. Sono inammissibili perche’ estranei al devolutum il secondo e il terzo motivo di ricorso.
2.1. Il tribunale del riesame di Palermo ha dato atto che la richiesta di riesame non ha riguardato la gravita’ indiziaria, essendosi contestata unicamente la portata dell’efficacia scriminante del consenso dell’avente diritto, sicche’ e’ inammissibile il secondo motivo di ricorso che, senza dedurre l’inesatta ricapitolazione dell’impugnazione cautelare, contesta genericamente la gravita’ indiziaria.
2.2. E’ del pari inammissibile anche il terzo motivo di ricorso perche’ il tribunale del riesame ha dato atto che la richiesta di riesame era rivolta in via subordinata ad ottenere l’applicazione di una misura cautelare meno afflittiva rispetto a quella della custodia in carcere (richiesta, peraltro, accolta), sicche’ ogni questione relativa alla concretezza e alla attualita’ delle esigenze cautelari, come pure in merito all’inquinamento probatorio, e’ inammissibile perche’ estranea al devolutum.
3. Il primo motivo di ricorso e’ infondato laddove contesta le conclusioni cui e’ giunto il tribunale del riesame con riguardo alla causa di giustificazione di cui all’articolo 50 c.p., invocata dalla difesa sotto il profilo del consenso prestato dalla vittima alle lesioni personali materialmente causate dal ricorrente che la colpiva con una mazza di ferro alla caviglia, determinando la frattura scomposta del malleolo e del perone, con una incapacita’ di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a giorni 40.
Il tribunale del riesame ha escluso la rilevanza scriminante dell’ipotizzato consenso a norma dell’articolo 5 c.c., perche’, al di la’ dell’assenza di conseguenze invalidanti derivanti dalle lesioni ancorche’ gravi, ha ritenuto che il consenso prestato in cambio di un corrispettivo economico, al preciso fine di realizzare un programma criminoso dell’associazione e di commettere il delitto di cui all’articolo 642 c.p., non possa avere efficacia scriminante per contrarieta’ all’ordine pubblico interno e perche’ in violazione degli articoli 2 e 3 Cost..
3.1. E’ bene ricordare che a norma dell’articolo 5 c.c.: “gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrita’ fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”.
A seguito dell’approvazione della Carta costituzionale, il tradizionale approccio normativo, che conduceva a fare del corpo un “oggetto di diritti”, in quanto attributo della persona ed espressione della personalita’, e’ stato abbandonato a favore di una visione sociale e funzionale dell’essere umano, sulla base dei principi ricavabili dagli articoli 2, 3, 13 e 32 Cost..
Il punto di partenza di tale percorso e’ rappresentato, infatti, dalla parallela espansione del concetto di “salute”, che si differenzia dalla mera integrita’ fisica, e di quello di “liberta’ personale”: la salute dell’uomo, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (Preambolo della Costituzione OMS-WHO approvato in data 22 luglio 1946, recepito con Decreto Legislativo n. C.p.S. n. 1068 del 1947), e’ una condizione di perfetto benessere fisico, mentale e sociale e non significa soltanto assenza di malattia, sicche’ una disciplina che presuppone la coincidenza tra integrita’ fisica e salute risulta non piu’ adeguata a proteggere l’individuo nel suo diritto fondamentale.
In questo senso, del diritto alla salute, che trova nel rispetto della persona umana il suo limite e fine, puo’ apprezzarsi tanto un contenuto negativo (come non intrusione da parte di terzi nella propria sfera corporea), quanto l’aspetto positivo (inteso come diritto di liberta’) che trova riconoscimento specifico nell’attribuzione al singolo del potere di disporre del proprio corpo.
3.2. Non meno rilevante appare, con specifico riguardo agli atti dispositivi, il contributo offerto dalla Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignita’ dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina, sottoscritta ad Oviedo il 4 aprile 1997 (ratificata con L. n. 145 del 2001), che conduce a una ridefinizione dello “statuto del corpo”; l’articolo 21 di detta Convenzione pone un generale divieto di fare del corpo umano o delle parti che lo compongono “una fonte di profitto”; lo stesso precetto si trova poi riprodotto all’articolo 3 della Carta dei Diritti Fondamentali, sottoscritta dal Consiglio d’Europa a Nizza il 7 dicembre 2000, il cui valore normativo e’ stato riconosciuto nel Trattato dell’Unione Europea (articolo 1, punto 8, del Trattato di Lisbona), ove, in via generale, si afferma il diritto di ogni individuo all’integrita’ fisica e psichica della propria persona.
3.3. In conclusione, si puo’ affermare che, in forza dei richiamati principi, il problema degli atti di disposizione del proprio corpo non puo’ essere impostato nei termini di un potere di disporre, bensi’ quale liberta’ di disporre di se’ e sul presupposto del valore unitario e inscindibile della persona.
Si rende percio’ necessaria una rilettura costituzionalmente orientata dell’articolo 5 c.c., che ha condotto la dottrina e la giurisprudenza a mettere in disparte quelle diminuzioni permanenti dell’integrita’ fisica finalizzate al mantenimento o al ristoro della salute (mutamento di sesso), all’autodeterminazione procreativa (sterilizzazione) o di solidarieta’ disinteressata (donazioni di organi e tessuti), intesa quale benessere complessivo dell’individuo.
In definitiva, assume particolare rilievo la funzione sociale e (economicamente) disinteressata dalla menomazione fisica che costituisce la ragione giustificatrice della liberta’ dispositiva in una visione costituzionalmente orientata.
Infatti, una parte della dottrina ha evidenziato, con riguardo all’ipotesi di auto-lesione, che tali atti dovrebbero considerarsi illeciti quantomeno nel caso in cui vadano a ledere gli interessi di terzi estranei, come ad esempio accade nel caso di auto-lesione procuratasi per evitare il servizio militare o per frodare un’assicurazione contro gli infortuni.
In tale ottica, la dottrina ha ricordato che “l’ordine pubblico” richiamato dall’articolo 5 c.c., rappresenta una clausola generale soggetta a continue evoluzioni e condizionamenti storici e quindi avente contenuto relativo, tanto che e’ proprio tale elasticita’ che ne fa uno strumento in grado di garantire l’ordinata e coerente forza di coesione che unisce diversi istituti di uno stesso ordinamento giuridico in funzione dei generali e fondamentali interessi della collettivita’.
Pur non rinvenendosi particolari riflessioni sul punto in dottrina e giurisprudenza, si deve concludere per l’affermazione di una “versione mite” della predetta clausola generale che, percio’, non pone limiti ai diritti fondamentali dell’individuo in funzione delle superiori esigenze dello Stato, ma pone limiti all’autonomia dei privati per il rispetto di diritti fondamentali dell’individuo e del consesso sociale.
L’articolo 5 c.c., – che, in ottica costituzionale, fa assurgere al rango di “liberta’” il potere di disporre del proprio corpo – diviene espressione, in ragione della funzione sociale dell’individuo e della necessita’ di tutelare i fondamentali diritti costituzionali della liberta’ personale e della salute, del generale divieto dell’abuso del diritto, tanto che la clausola dell’ordine pubblico, insieme a quella del buon costume, operano come ostacolo a quegli atti dispositivi che risultino inaccettabili dal punto di vista dei parametri costituzionali perche’ mercificano il corpo umano, mediante la promessa o la corresponsione di denaro per la menomazione fisica, ovvero di tale corpo abusano per un fine di illecito vantaggio, essendo, dunque, la menomazione finalizzata a compiere un atto illecito e fraudolento.
4. Cosi’ chiariti i limiti propri del diritto di liberta’ di disporre del proprio corpo ex articolo 5 c.c., non resta che escludere, cosi’ come ha correttamente fatto il tribunale del riesame, la rilevanza scriminante del consenso prestato ex articolo 50 c.p., da (OMISSIS) alla grave lesione personale infertagli allo scopo di frodare l’assicurazione.
Il consenso e’ stato fornito non validamente, cioe’ in presenza di un divieto di legge, sicche’ non ha capacita’ scriminante, ne’ puo’ l’agente essere ritenuto in errore circa l’efficacia del consenso eventualmente prestato dalla vittima perche’ gli era ben nota la complessiva illiceita’ del progetto fraudolento in cui tale consenso s’inseriva.
5. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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